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Cause ‘lontane’ per problemi infrastrutture ferroviarie, in 2024 investimenti +270% su 2014

Nel 2014 gli investimenti infrastrutturali effettuati da Rfi si attestavano a circa 2,7 miliardi di euro (+23% su 2013) ma molto lontani dagli oltre 10 miliardi di euro di investimenti del 2024

Cause 'lontane' per problemi infrastrutture ferroviarie, in 2024 investimenti +270% su 2014

Il gruppo Fs è finito al centro delle polemiche per alcuni guasti e per ritardi che si sono verificati negli ultimi mesi e dall’inizio dell’anno ma le cause di questi disagi arrivano da lontano. I numerosi cantieri aperti per migliorare la circolazione dei treni (1.200 al giorno) creano problemi di non facile risoluzione - se escludiamo "incidenti anomali" che hanno portato il gruppo nei giorni scorsi a depositare un esposto denuncia alle autorità competenti - soprattutto quando si guarda al traffico giornaliero: sono circa 9 mila i treni che viaggiano ogni giorno su circa 17 mila chilometri di rete gestita da Rfi. Ma se guardiamo ai dati osserviamo che il gruppo non ha mai investito così tanto come in questi anni. Rispetto a 10 anni fa, il gruppo ha quasi quadruplicati i suoi investimenti (+270%).

Come emerge dalla relazione finanziaria del 2015, infatti, nel 2014 gli investimenti infrastrutturali effettuati da Rfi si attestavano a circa 2,7 miliardi di euro (+23% su 2013) ma molto lontani dagli oltre 10 miliardi di euro di investimenti del 2024, che tra l’altro hanno superato la previsione di budget che prevedeva 9 miliardi di investimenti.

A trainare l'over performance gli investimenti per la manutenzione (per il 30%) che nel 2024 si sono attestati a circa 3,5 miliardi di euro, il potenziamento tecnologico della rete e l'investimento sulle stazioni. Ma non solo. Dal 2022 a oggi i soli investimenti in nuove opere ferroviarie strategiche, per recuperare una situazione di mancati investimenti che viene da lontano, sono quasi raddoppiati, passando da 2,8 miliardi di euro a 5,6 miliardi di euro nel 2024.

Ad oggi risultano aperti mediamente 1.200 cantieri al giorno, circa 700 per nuove opere e i restanti 500 per attività di manutenzione della rete. Lavori, questi, indispensabili per raggiungere gli obiettivi del Pnrr e rendere la rete ferroviaria più moderna, efficiente e sicura. I cantieri attivi erano 983 nel 2020, 1.001 nel 2021, 1.016 nel 2022 e 1.000 nel 2023. E sebbene il numero di cantieri sia variato poco è aumentata invece enormemente la grandezza e la complessità dei cantieri stessi, ne è riprova il notevole maggiore volume economico.

Il valore medio degli ultimi 5 anni in risorse spese per manutenzione straordinaria ammonta a 2,9 miliardi di euro, con un picco di 3,3 nel 2023. La previsione per il 2024 è di 2,8 miliardi di euro, quindi in linea con i precedenti anni. A questi si aggiungono circa 1,2 miliardi di euro che vengono contabilizzati ogni anno per la manutenzione ordinaria.

Con circa 9 mila treni che viaggiano ogni giorno su circa 17 mila chilometri di rete gestita da Rfi il gruppo Fs è impegnato a limitare al massimo i disagi per i passeggeri ma, come ha spiegato nei giorni scorsi l'ad di Fs, Stefano Donnarumma, "se si considera la dimensione di questa rete, non si può pretendere che non ci siano guasti". Limitare i disagi per i viaggiatori e nello stesso tempo realizzare le opere non è un'impresa da poco: basta pensare che nel 2024 circa mezzo miliardo di passeggeri hanno viaggiato su Frecce, Intercity e Regionale.

Per quanto riguarda le opere finanziate dal Pnrr "abbiamo un’accelerazione di un normale trend di investimenti, che è comunque molto alto per le ferrovie, associato ai 25 miliardi che nel giro di pochi anni si sono dovuti mettere in campo, cosa molto positiva perché ci troveremo con strutture che prima non abbiamo, negativa se si pensa all’affollamento", ha spiegato Donnarumma. E nonostante questa situazione difficile nel 2024, il segmento del trasporto alta velocità ha registrato una puntualità del 74,1%. Il settore intercity, invece, si è attestato all’82,6%, mentre il servizio regionale all’88,9%. E nel primo periodo del 2025 si assiste ad un incremento generalizzato della puntualità per tutti i segmenti viaggiatori: dal primo al 12 gennaio sull'alta velocità la puntualità si è attestata all'81,8%, sul servizio universale al 90,1% e per il trasporto regionale al 92,2%.

Cantieri e crescenti volumi di traffico generano inevitabili effetti sulle performance del servizio di trasporto con riflessi sulla puntualità. Le cause di ritardo per il traffico alta velocità sono riferite per circa il 34% all’affidabilità dell’infrastruttura e per circa il 25% all’affidabilità del materiale rotabile. La restante quota dei ritardi ha come origine cause esterne al sistema ferroviario (meteo, terremoti, estranei in linea, investimenti) e le ripercussioni sulla circolazione dovute ad anomalie rientranti nelle cause sopra descritte. Ma non solo. Ci sono anche le cause esterne, che da sole determinano circa il 18% delle cause di ritardo, con due fenomeni che negli ultimi due hanno avuto una crescente importanza: la presenza di persone estranee sui binari e gli investimenti di persone che attraversano indebitamente la ferrovia (la maggior parte suicidi).

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Economia

Come migliorare la ricerca di un nuovo lavoro nel 2025? I...

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Affrontare un mercato del lavoro competitivo come quello attuale non è semplice: per questo è cruciale concentrarsi sulla capacità di adattarsi, per aprire nuove opportunità di crescita professionale

Come migliorare la ricerca di un nuovo lavoro nel 2025? I consigli

Come migliorare la ricerca di una nuova occupazione nel corso del 2025? Ecco i consigli che arrivano da Olga Farreras Casado, LinkedIn career expert. Mettere al primo posto la capacità di adattarsi. Affrontare un mercato del lavoro competitivo come quello attuale non è semplice: per questo è cruciale concentrarsi sulla capacità di adattarsi, per aprire nuove opportunità di crescita professionale. Durante il processo di selezione, è importante evidenziare le soft skill, come flessibilità e capacità di comunicazione, e dedicare del tempo a svilupparle.

LinkedIn sostiene lavoratrici e lavoratori alla ricerca di nuove opportunità anche attraverso i LinkedIn learning courses, tra cui building career agility and resilience in the age of ai e landing a job as a skills-first candidate, gratuiti fino al 31 marzo 2025.

Tenere aggiornato il profilo LinkedIn. Mai come oggi è essenziale mantenere il profilo LinkedIn aggiornato, poiché è spesso il primo luogo dove i recruiter cercano nuovi talenti e reperiscono le informazioni sui candidati. Per distinguersi, è utile evidenziare le competenze nella sezione Esperienza. Chi inserisce cinque o più competenze nel proprio profilo riceve fino a 5,6 volte più visualizzazioni da parte dei reclutatori e 24 volte più messaggi InMail.

Trovare il giusto match. Il nuovo strumento 'job match' di LinkedIn aiuta i candidati a capire rapidamente se le proprie competenze e qualifiche corrispondono agli annunci di lavoro, così da identificare facilmente i ruoli più adatti e a concentrare meglio il tempo e gli sforzi. Cercare in sicurezza. Per offrire tranquillità e sicurezza nella ricerca di nuove opportunità, gli annunci verificati su LinkedIn ora mostrano un badge di avvenuta verifica. Questi rappresentano circa la metà delle offerte di lavoro sulla piattaforma.

Scoprire nuove opportunità. Esplorare su LinkedIn i ruoli emergenti – come quelli nella lista 'Jobs on the rise' – permette di ottenere informazioni pratiche sulle posizioni emergenti, disponibilità di lavoro da remoto, competenze più richieste per ciascun ruolo, principali città dove avvengono le assunzioni e altro ancora, a sostegno della ricerca di impiego.

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Economia

Bper, alla veneziana ‘L’insalata...

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Il riconoscimento è stato consegnato lo scorso martedì a Bologna, nella prestigiosa sede di Palazzo Re Enzo

Bper, alla veneziana 'L'insalata dell'Orto' il premio Green Innovation 2025

L’azienda veneziana L’insalata dell’Orto si è aggiudicata il premio 'Bper Green Innovation 2025'. La cerimonia di premiazione è avvenuta lo scorso martedì a Bologna, nella prestigiosa sede di Palazzo Re Enzo, nell’ambito della manifestazione 'Protagonisti dell’ortofrutta italiana', promossa dalla rivista di settore Corriere ortofrutticolo e da Fruitimprese, Cso Italy, Italia ortofrutta unione nazionale, Confagricoltura e Fedagromercati, con il sostegno di Bper Banca. A consegnare il riconoscimento all'amministratore delegato Cinzia Busana, al direttore generale Raffaella Busana e a Sara Menin, product development manager di L'Insalata dell’Orto, dinnanzi ad una platea di 200 imprenditori e manager, è stato il responsabile del servizio Agri Banking di Bper Banca, Marco Lazzari.

L’Insalata dell’Orto è un’azienda attiva da 25 anni, fortemente innovativa, a trazione femminile, radicata a Mira, nel Veneziano, focalizzata nella produzione di verdure per la IV gamma, diventata primo produttore europeo di fiori commestibili che per la prima volta nel 2024 ha esportato anche in America. Il fatturato deriva per il 70% dalle esportazioni. Le coltivazioni sono per il 70% a regime biologico. La parte agricola, organizzata in Op, conta su 370 ettari tra Veneto, Lombardia e Campania.

"Il comparto agroalimentare - ha dichiarato Lazzari - con le sue filiere rappresenta un settore strategico dell’economia e conta numerose eccellenze del made in Italy, che hanno necessità di essere sostenute e tutelate. Bper Banca vuole essere un partner attivo per le aziende del comparto: ha istituito un servizio dedicato, Agri Banking, che offre consulenze specialistiche, propone finanziamenti e agevolazioni per l’agricoltura e le imprese attive nelle filiere agroalimentari, con l’obiettivo di sostenere gli investimenti e la gestione delle aziende. La partnership con 'Protagonisti dell'Ortofrutta' è coerente con gli obiettivi della banca, inoltre il premio Bper conferito a L’Insalata dell'Orto è un’ulteriore testimonianza della nostra volontà di riconoscere e promuovere il 'saper fare', in particolare sull'innovazione e la sostenibilità".

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Economia

Clima ed energia, la tecnologia CCS per decarbonizzare i...

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A Ravenna il primo progetto italiano

Clima ed energia, la tecnologia CCS per decarbonizzare i settori hard to abate

A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica.

Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO)

Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage).

“La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni.

Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate.

La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato.

Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040.

Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia.

Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale.

La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari.

La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.

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