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Israele-Hamas, da oggi la tregua: in giornata il primo scambio di ostaggi

Tre donne dovrebbero essere i primi rapiti a tornare a casa. Ma la tensione è altissima. Netanyahu avverte: "Pronti a tornare in guerra se l'intesa non viene rispettata"

Gaza - Afp

Scatta nella mattinata di oggi, 19 gennaio, la tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Il cessate il fuoco temporaneo entrerà in vigore alle 8.30 ora locale (le 7.30 in Italia). Seguirà in giornata, secondo quanto previsto dall'intesa siglata venerdì 17, il primo scambio tra ostaggi e prigionieri palestinesi.

Tre donne i primi ostaggi a tornare a casa

L'incognita sui nomi dei primi 3 dei 33 israeliani rapiti da Hamas che verranno riconsegnati oggi a Israele è stata ieri al centro delle prime tensioni su quella che appare come una tregua molto fragile. "Non andremo avanti con l'accordo finché non riceveremo una lista degli ostaggi che verranno liberati, come concordato", ha tuonato il premier israeliano Benjamin Netanyahu avvertendo che "Israele non tollererà violazioni dell'accordo. La sola responsabilità ricade su Hamas".

In base all'accordo, le prime a essere rilasciate dovrebbero essere tre donne civili israeliane. Israele ''riporterà a casa ostaggi vivi grazie alla nostra determinazione'' e li ''riporterà a casa tutti'', ha assicurato ieri sera Netanyahu nel primo discorso pubblico dopo l'intesa. ''Siamo riusciti a raddoppiare il numero degli ostaggi vivi che torneranno a casa nella prima fase'' dell'accordo, abbiamo ottenuto ''un incremento'' rispetto a quanto era stato proposto da Hamas.

Ma le varie fasi dell'intesa preoccupano i parenti degli ostaggi che hanno chiesto al governo di accelerare sui negoziati delle fasi successive. "Chiediamo con urgenza accordi rapidi per garantire che tutte le fasi dell'accordo siano attuate e sottolineiamo che i negoziati per le prossime fasi dovrebbero iniziare prima del sedicesimo giorno", il messaggio inviato dai familiari a Netanyahu.

1.904 i palestinesi che verranno scarcerati

Da parte israeliana, secondo l'accordo, è prevista invece nel complesso la scarcerazione di 1.904 palestinesi. Secondo il governo israeliano, tra i palestinesi ci sono 1.167 persone, abitanti della Striscia di Gaza, che sono state arrestate, ma che non hanno avuto alcun ruolo nell'attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. Si ritiene siano per lo più considerati combattenti di Hamas catturati durante i 15 mesi di guerra. Tra gli altri 737 palestinesi ci sono persone condannate per reati minori, come possesso illegale di armi o attraversamento illegale del confine, ma anche palestinesi condannati a lunghe pene detentive e c'è anche Zakaria Zubeidi, comandante a Jenin del braccio armato di Fatah, le Brigate di Al-Aqsa, durante la seconda Intifada. Nell'elenco figurano anche i nomi di Mahmoud Atallah, condannato all'ergastolo per l'uccisione di una donna palestinese accusata di collaborare con Israele, e Wael Qassem e Wissam Abbasi, accusati di aver avuto un ruolo in attacchi in Israele.

Tensione alle stelle

Intanto cresce la tensione a Gaza. A poche ore dall'entrata in vigore del cessate il fuoco i militari israeliani hanno chiesto a chi vive nell'enclave palestinese di evitare le zone dove sono presenti le Idf, chiedendo in particolare di stare lontani dal corridoio Netzarim che divide la Striscia in due, annunciando che verrà comunicato quando sarà sicuro tornare al nord della Striscia di Gaza dal sud.

L'esercito israeliano fa sapere di essere in stato di massima allerta per vari scenari che potrebbero verificarsi dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco. Durante la notte, il Comando meridionale dell'Idf ha lavorato per ridisporre le truppe all'interno della Striscia di Gaza, ritirandosi dalle aree urbane e posizionandole sulle linee concordate tra Israele e Hamas. Un gran numero di forze si è mosso durante la notte e le prime ore del mattino. Anche nelle ore che precedono l'entrata in vigore del cessate il fuoco, l'Idf ha comunicato che continuerà ad effettuare attacchi e a distruggere le infrastrutture utilizzate da Hamas a Gaza.

L'avvertimento di Netanyahu: pronti a tornare in guerra

Il premier ieri è stato chiaro: se l'accordo dovesse fallire in qualcuna delle sue parti, Israele è pronto a tornare in guerra con il sostegno deglo Usa. Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald ''Trump farà in modo che noi avremo tutte le armi e le munizioni necessarie perché se non riusciamo a raggiungere questo obiettivo adesso, lo faremo con tremenda forza più avanti'', ha avvertito il premier israeliano. ''Dobbiamo mantenere la capacità di tornare a combattere se necessario'', ha aggiunto confermando l'appoggio degli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden e il futuro inquilino della Casa Bianca Trump ''hanno parlato entrambi con me e si sono congratulati sottolineando che questa prima fase dell'accordo è un temporaneo cessate il fuoco prima della prossima fase. Sia Biden sia Trump hanno pienamente appoggiato questo obiettivo'', ha evidenziato Netanyahu.

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Esteri

Trump, ecco la ‘prima agenda’: “Via alle...

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Il presidente si prepara a giurare: "Dopo il discorso, firmerò oltre 100 atti esecutivi"

Donald Trump

Subito le deportazioni degli immigrati illegali e il viaggio in California. Donald Trump si insedierà come presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio e nella prima settimana del suo mandato lascerà il segno con un numero "record" di azioni esecutive. E' il presidente a illustrare la prima pagina del suo programma, a poche ore dal giuramento al Campidoglio, in un'intervista telefonica a Nbc News. Trump preannuncia un discorso all'insegna di "unità e forza", con passaggi che comprenderanno "anche la parola equità. Perché bisogna trattare le persone in modo equo. Non basta semplicemente dire, 'Oh, andrà tutto bene'. Abbiamo passato l'inferno per quattro anni con queste persone", dice riferendosi all'amministrazione di Joe Biden. "E quindi bisogna fare qualcosa al riguardo. Non puoi permettere che ciò accada, non dovremmo permetterlo"

Il giuramento sarà 'indoor', all'interno del Campidoglio: troppo freddo per una cerimonia all'aperto. "Credo che abbiamo preso la decisione giusta. Le previsioni meteo sembrava davvero pessimo in termini di freddo, e penso che sarebbe stato pericoloso per molte persone, la folla e tutto il resto. Quindi penso che abbiamo preso la decisione giusta. Ora saremo molto comodi".

La prima pagina dell'agenda

Dopo la cerimonia, si comincerà a lavorare. In cima all'agenda, come ampiamente chiarito in campagna elettorale, le deportazioni di immigrati irregolari. "Comincerà subito, molto rapidamente. Non posso dire da quali città" si partirà "perché la situazione è in evoluzione. E non credo che diremo quali sono le città. Lo vedrete direttamente", afferma. "Dobbiamo cacciare i criminali dal nostro paese e credo che sarete d'accordo: non so come qualcuno potrebbe dissentire". Il presidente si affiderà a ordini esecutivi dopo l'insediamento. Non c'è un'indicazione prercisa sul numero, ma Trump fa riferimento ad una cifra "record. Più di 100. Abbiamo un numero record di documenti che firmerò dopo il discorso".

Trump prospetta l'ipotesi di congelare per 3 mesi la messa al bando di TikTok negli Usa, confermato dalla Corte Suprema. "Penso che sarebbe, certamente, un'opzione che prenderemo in considerazione. La proroga di 90 giorni è qualcosa che molto probabilmente verrà fatta, perché è appropriata. Dobbiamo esaminarla attentamente. E' una situazione molto importante", dice Trump. "Se decido di farlo, probabilmente lo annuncerò lunedì", aggiunge il presidente, che venerdì ha avuto anche un contatto telefonico con il presidente cinese Xi Jinping.

Il viaggio a Los Angeles

La prima settimana da presidente potrebbe essere caratterizzata da un viaggio in California, nella contea di Los Angeles devastata dagli incendi. "Chiederemo che l'acqua venga fatta fluire dal nord verso il sud della California", dice riferendosi alla gestione delle dighe. "Stavo per andare" venerdì "ma ho pensato che sarebbe meglio farlo da presidente. Ora è un po' inappropriato, temo", afferma.

Il messaggio per Netanyahu

L'intervista avviene a poche ore dall'entrata in vigore della tregua a Gaza. L'accordo tra Israele e Hamas reggerà? "Lo vedremo presto, sarà meglio se reggerà". Al premier israeliano Benjamin Netanyahu rivela di aver detto di "continuare a fare quello che deve. 'Fai quello che devi fare. Vogliamo che tutto questo finisca ma continua a fare quello che è necessario'", dice Trump, che "a breve" incontrerà Netanyahu.

Il presidente eletto evidenzia che ''gli Stati Uniti devono essere rispettati di nuovo e devono esserlo in fretta. Ma rispetto è la parola principale che uso". Insomma, "se ci rispettano" l'accordo "reggerà. Se non ci rispettano, scoppierà l'inferno".

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Esteri

Israele, slitta avvio tregua a Gaza: Hamas ritarda elenco...

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Tregua slittata per ritardo consegna lista elenco ostaggi da liberare da parte di Hamas. Migliaia di profughi in viaggio per tornare. Nuovi raid nella Striscia di Gaza, "10 morti"

Alcune decine di sfollati palestinesi camminano lungo una strada nell'area Saftawi di Jabalia, mentre lasciano le aree vicino a Gaza City dove si erano rifugiati, verso la parte più settentrionale della Striscia di Gaza dopo l'accordo per il cessate il fuoco - (Afp)

E' entrata in vigore alle 11.15 ora locale (10.15 in Italia) la tregua a Gaza dopo più di 15 mesi di guerra. Ad annunciarlo l'ufficio del premier israeliano dopo aver confermato di aver ricevuto i nomi dei tre ostaggi, tre giovani donne, che saranno rilasciate nelle prossime ore. Le tre donne non dovrebbero essere rilasciate prima delle quattro di questo pomeriggio, scrivono i media israeliani.

Il cessate il fuoco sarebbe dovuto entrare in vigore alle 8.30 ora locale (le 7.30 in Italia) di questa mattina ma Hamas ha denunciato "problemi tecnici" per giustificare il ritardo nella consegna dei nomi. In queste ore Israele ha lanciato nuovi raid su Gaza in cui sono 13 i morti, secondo fonti palestinesi.

I nomi dei tre ostaggi rilasciati oggi

Le Brigate Ezzedine al Qassam hanno deciso di liberare oggi, Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher. Israele, scrive il Jerusalem Post, ha confermato di aver ricevuto la lista dei nomi, ma non i nomi diffusi da Hamas. Gonen era stata sequestrata al rave Nova, Damari, che ha doppia cittadinanza Gb, e Steinbrecher erano state rapite dalle loro case nel kibbutz di Kfar Aza.

Romi Gonen aveva 23 anni quanto è stata presa in ostaggio da Hamas il 7 ottobre del 2023: aveva partecipato al rave Nova. Era stata catturata mentre cercava di scappare in auto con amici, proprio mentre era al telefono con la madre Meirav. "Mi hanno colpito mamma, sto perdendo sangue. Tutti in macchina stanno perdendo sangue", erano state le ultime parole alla madre quel giorno. Poco dopo, le forze israeliane hanno trovato l'auto vuota. E il telefono di Romi è stato tracciato a Gaza. Un ostaggio rilasciato lo scorso novembre aveva rivelato alla famiglia che Romi era viva, ma non in buone condizioni di salute.

Cosa è successo

Alle 8.30 ora locale (le 7.30 in Italia), l'ora fissata per l'entrata in vigore della prima fase dell'accordo, Hamas non aveva ancora inviato l'elenco dei tre ostaggi che dovrebbero essere liberati oggi, come chiesto da Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha condizionato l'attuazione dell'accordo, quindi della tregua, alla consegna dell'elenco dei nomi dei tre ostaggi - tre donne secondo il Jerusalem Post - che, secondo i termini dell'intesa raggiunta con la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti, avrebbe dovuto essere consegnato 24 ore prima del rilascio, inizialmente atteso intorno alle 16.30. "Hamas non sta rispettando i suoi impegni a questa mattina, e contrariamente agli accordi, non ha fornito i nomi degli ostaggi. Su direttiva del premier, il cessate il fuoco non entrerà in vigore fino a che Hamas avrà rispettato i suoi impegni. Le forze israeliane continuano a colpire Gaza, fino a che Hamas non lo farà", ha dichiarato il portavoce delle forze militari israeliane Daniel Hagari.

Hamas, in un comunicato diffuso dopo le dichiarazioni di Netanyahu, ha citato "ragioni tecniche" per la mancata consegna dell'elenco. La lista, aveva spiegato una fonte di Hamas a YNet, sarà consegnata solo dopo che sarà stata approvata dal leader del movimento, Muhammad Sinwar.

Migliaia di profughi in viaggio per tornare

Migliaia di profughi nella Striscia di Gaza hanno iniziato a spostarsi, con tende, vestiti e i pochi altri oggetti personali che erano riusciti a portare via dalle loro case, per tornare ai loro luoghi di residenza, dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco alle 11.15 di questa mattina (le 10.15 in Italia). Gli spostamenti, testimoniano i giornalisti dell'Afp sul campo, avvengono a bordo di camion, su carrette trascinate da asini o a piedi.

Inoltre 4mila camion di aiuti umanitari sono pronti a entrare nella Striscia di Gaza, rende noto l'Unrwa precisando che la metà contengono alimenti essenziali e farina. Già 160 camion si stanno muovendo dal valico di Rafah verso quello di Kerem Shalom, ha reso noto Al-Qahera. Fra questi ci sono anche cinque o sei camion con combustibile.

Idf colpisce con artiglieria e droni obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza

Nel frattempo le forze militari israeliane hanno reso noto di aver colpito con artiglieria e droni obiettivi di Hamas nel nord e nel centro della Striscia di Gaza, dopo lo slittamento della tregua. "Idf continua a operare nella Striscia di Gaza", precisano i militari.

Fonti della difesa civile di Gaza denunciano che nei raid sono state uccise 13 persone e ferite 25.

Recuperato corpo del soldato ucciso a Gaza nel 2014

Le forze israeliane e Netanyahu hanno inoltre annunciato il recupero, in una "operazione speciale" condotta nella notte insieme allo Shin Bet a Gaza, il corpo del soldato Oron Shaul ucciso in combattimento nel 2014 e da allora conservati da Hamas. La famiglia è stata informata dopo che vi è stato il riconoscimento certo da parte degli specialisti dell'Istituto di medicina forense israeliano.

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Esteri

Italia-Usa, Tirelli (Cpi): “Rafforzare asse...

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(foto dall'account X del presidente del Consiglio Giorgia Meloni)

“L’Italia ha l’opportunità di assumere un ruolo più incisivo nella politica estera del Mediterraneo, grazie a una ritrovata intesa e collaborazione strategica con Washington. Questo potrebbe consolidare la posizione italiana come interlocutore privilegiato nell’area, in un contesto dove Francia e Regno Unito continuano a essere percepiti da molti paesi mediorientali come vecchie potenze coloniali, con tutte le difficoltà diplomatiche che ne derivano”. E' questo il punto di vista di Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, nonché dell’Istituto di Politica Internazionale e Studi Geostrategici (Ipisg), centro di ricerca dedicato all’analisi degli sviluppi geopolitici globali e delle dinamiche di sicurezza internazionale. Tirelli, in una intervista all'Adnkronos, prova a tracciare una prospettiva sui nuovi possibili equilibri in Medio Oriente, nel Mediterraneo e il ruolo dell’Italia che potrebbe assumere all'indomani dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

“Nonostante l’Italia rimanga una forza di ‘terza fila’ dietro Stati Uniti, Francia e Regno Unito, il nostro paese ha la possibilità di distinguersi nella competizione per l’influenza nel Mediterraneo - spiega Tirelli - La vera sfida geopolitica nella regione, infatti, non è più tra le vecchie potenze coloniali, ma tra l’Italia e la Turchia, che si sta affermando come una forza regionale di primo piano". Secondo il presidente di Ipisg "la Turchia sta consolidando la propria presenza in maniera aggressiva: in Albania, Ankara sta ristrutturando le forze armate di Tirana e ha un forte appeal sulla popolazione albanese, rafforzando il proprio peso nei Balcani. In Libia, la Turchia ha stabilito basi militari e una presenza significativa, contribuendo alla frammentazione politica e militare del paese, ma anche proiettando il proprio potere sul Mediterraneo centrale. Questa strategia evidenzia come Ankara non si limiti più a un ruolo balcanico, ma aspiri a una posizione dominante anche nel Mediterraneo. Il governo guidato da Giorgia Meloni, da parte sua, sta cercando di contrastare questa espansione turca attraverso un’opera meritoria di rilancio della presenza italiana nel Mediterraneo. L’obiettivo è non solo limitare l’influenza di Ankara, ma anche riaffermare il ruolo dell’Italia come forza stabilizzatrice nella regione".

"La Turchia, pur essendo un partner nella Nato, rimane un paese con fragilità democratiche e un crescente pericolo di islamizzazione politica, che potrebbe destabilizzare ulteriormente il Mediterraneo. In questo contesto, l’Italia potrebbe rappresentare per gli Stati Uniti un alleato più affidabile e democratico, capace di bilanciare l’ascesa turca”, precisa Tirelli. In questo contesto "il rafforzamento dell’asse Roma-Washington, all’interno dell’armonia della Nato, è una mossa strategica che gli Stati Uniti potrebbero favorire per mantenere la stabilità della regione. L’Italia, infatti, grazie alla sua storia e alla sua posizione geografica, potrebbe fungere da interlocutore credibile e non percepito come minaccioso dai paesi arabi. In definitiva, il rilancio del ruolo italiano nel Mediterraneo è una sfida cruciale per contrastare la crescente islamizzazione politica e per preservare gli equilibri nella regione. Un’alleanza più stretta con gli Stati Uniti rappresenta una grande opportunità per rafforzare la posizione dell’Italia e garantire un Mediterraneo più stabile e sicuro”.

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