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Autonomia, Consulta boccia il referendum: “Oggetto e quesito non risultano chiari”
Secondo i giudici della Corte Costituzionale verrebbe "pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore". L'Fdi Balboni: "Strada chiara, fare correttivi"
Bocciato dalla Consulta il referendum sull'Autonomia differenziata dichiarato inammissibile. "La Corte costituzionale ha deciso oggi in camera di consiglio il giudizio sull’ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo denominata 'Legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione: abrogazione totale'. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sua sentenza n. 192 del 2024", si legge in una nota dell'ufficio stampa della Corte.
"La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore", si legge ancora nella nota.
"Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni".
Da cittadinanza a Jobs Act, i referendum ammissibili
La Corte costituzionale ha deciso oggi in camera di consiglio anche i giudizi sull’ammissibilità dei 5 referendum tra cui quelli su cittadinanza e Jobs Act. Ammissibili dunque la "richiesta di referendum abrogativo denominata 'Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana'", si legge in una nota dell'ufficio stampa della Corte.
Inoltre, sono ammissibili: la "richiesta di referendum abrogativo denominata 'Contratto di lavoro a tutele crescenti - disciplina dei licenziamenti illegittimi'"; la "richiesta di referendum abrogativo denominata 'Piccole imprese - Licenziamenti e relativa indennità'"; la " richiesta di referendum abrogativo denominata 'Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi'"; la "richiesta di referendum abrogativo denominata 'Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici'. In attesa del deposito delle sentenze, previsto nei prossimi giorni, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto ammissibili i quesiti referendari perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario".
L'Fdi Balboni: "Strada chiara, fare correttivi"
"Il referendum sull'autonomia bocciato? Mi pare di capire che la legge resta valida, vanno fatti dunque quei correttivi chieste dalla Corte in precedenza, va applicata la sentenza dei giudici per i 7 punti indicati, quindi integrare dove la corte richiede di farlo", commenta all'AdnKronos Alberto Balboni, senatore di Fdi e presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, dopo lo stop dei giudici al referendum abrogativo sul'autonomia differenziata. "L'iter, si accorcia, ora il Parlamento può intervenire, recependo i rilievi precedenti, sulla parziale illegittimità della legge, ora è chiaro il percorso", sottolinea il senatore di Fdi.
Politica
Pd, Parisi: “Milano e Orvieto? Schlein non promuove...
"E' un suo fallimento. Ma dalle due riunioni, molto diverse, non ho visto alcun segno esplicito di contestazione del suo ruolo"
Del gran parlare attorno alle due riunioni del week end, quella di Milano di Comunità democratica e quella a Orvieto di Libertà Eguale, il professor Arturo Parisi trae una considerazione univoca: l'aver dimostrato "ancora una volta che nel Pd è più facile discutere dei problemi comuni fuori dal partito che all'interno". E per l'ideatore dell'Ulivo questa mancanza di confronto va imputata alla segretaria del Pd, a Elly Schlein: il fatto che "non riesca a promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del partito è implicitamente il segno di un suo fallimento". A meno che "non ritenga che le conte nelle primarie di partito abbiano risolto alla radice ogni confronto tra i contenuti".
Quanto agli scenari, a una eventuale Margherita 2.0, Parisi che dalla Margherita, quella originale, è stato presidente mette in guardia da chi tifa pro e contro l'ipotesi. Piuttosto "una volta chiarito" che si sta nello stesso campo o nello stesso partito, "ognuno ha il diritto e il dovere di mettere in discussione la linea che guida la coalizione". Una discussione sulla linea perchè, sottolinea Parisi, "non ho trovato per il momento alcun segno della contestazione del ruolo" di Schlein.
Professor Parisi, si è appena concluso un movimentato week end tra la riunione 'catto-dem' di Milano e quella di Libertà Eguale a Orvieto. Che idea se ne è fatto? "Che pur muovendosi ambedue senza incertezze nel perimetro del Pd si è trattato di riunioni del tutto diverse. È stata la coincidenza temporale, in buona parte casuale, a favorire la narrazione della comune appartenenza ad una supposta area di ‘centro del centrosinistra’, se non addirittura a proporle come due varianti della componente cattolica. Peccato! Questa confusione ci ha infatti privato della considerazione del contributo portato distintamente dalle due diverse riunioni. Comunque il loro svolgimento ha dimostrato ancora una volta che nel Pd è più facile discutere dei problemi (che dovrebbero essere) comuni fuori dal partito piuttosto che all’interno degli organi deputati dallo Statuto al confronto politico e alle conseguenti decisioni".
Le due riunioni hanno aperto una discussione tra chi sostiene un Pd a vocazione maggioritaria e chi, Matteo Renzi tra gli altri, la necessità di un nuovo soggetto 'centrista' che affianchi il Pd e allarghi il campo del centrosinistra, una Margherita 2.0. Quale è la sua opinione? "Lasciamo da parte il chi e il cosa. Chi ha la pazienza di seguire queste cose -osserva Parisi- non ha infatti difficoltà a ricordare che sono troppi quelli che nel tempo hanno sostenuto, con le parole e ancor di più nei comportamenti, prima una tesi e dopo, quella esattamente opposta".
"Quanto a me, penso che una volta confermata la stabile appartenenza almeno allo stesso campo se non proprio allo stesso partito, ognuno ha il diritto e il dovere di mettere in discussione la linea che guida la coalizione oggi all’opposizione e che la guiderà in un domani nella competizione per il governo. È infatti evidente che è la linea che risulta prevalente a imprimere il proprio segno politico a tutti quelli che dichiarandosi appartenenti alla stessa coalizione si impegnano a sostenerla. A meno che, tornando definitivamente al proporzionale, ognuno fa per proprio conto".
Alcuni commentatori hanno rilevato in entrambe le assemblee una messa in discussione del ruolo di Elly Schlein come possibile federatrice e quindi candidata premier del centrosinistra. Hanno ragione, Schlein non sarebbe la candidata giusta per palazzo Chigi? "Di certo il solo fatto che Elly Schlein non riesca a promuovere il confronto tra le diverse posizioni all’interno del partito è implicitamente il segno di un suo fallimento. A meno che non ritenga che le conte nelle primarie di partito abbiano risolto alla radice ogni confronto tra i contenuti. Dico, implicitamente. A stare alle dichiarazioni esplicite non ho tuttavia trovato per il momento alcun segno della contestazione del suo ruolo. Non ad Orvieto dove si sono riuniti quelli che attorno a Veltroni hanno da sempre sostenuto la tesi che vuole il Segretario del Partito Democratico automaticamente candidato alla guida del governo. Ma neppure a Milano visto che Delrio ha chiarito previamente che non si intende mettere in discussione questa regola, limitandosi a chiedere attenzione alle richieste dei 'catto-dem' e il riconoscimento della loro presenza e del loro spazio".
Politica
Trump presidente, Meloni: “Amicizia con...
La presidente del Consiglio al giuramento del 47esimo presidente Usa: "Affronteremo insieme le sfide globali, costruendo un futuro di prosperità e sicurezza per i nostri popoli"
"Auguri di buon lavoro al presidente Donald Trump per l'inizio del suo nuovo mandato alla guida degli Stati Uniti d'America" scrive sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. "Sono certa che l'amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa, affrontando insieme le sfide globali e costruendo un futuro di prosperità e sicurezza per i nostri popoli -prosegue la premier -. L'Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
Politica
Caso Visibilia, Santanchè a processo: M5S deposita mozione...
In entrambe le Camere. Conte: "Metteremo governo con spalle al muro"
"Torniamo a chiedere ancora una volta che la ministra Santanchè lasci il suo incarico e per questo abbiamo depositato, sia alla Camera, sia al Senato, una mozione di sfiducia individuale". Così in una nota i capigruppo M5S di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli dopo il rinvio a giudizio nel caso Visibilia.
"Il rinvio a giudizio della ministra evidenzia per l'ennesima volta l'inopportunità politica e la gravità della sua condotta - sottolineano - Il Parlamento ha il dovere di non chiudere gli occhi davanti a comportamenti di questo tipo. Giorgia Meloni, salvando Santanchè già una volta, ha leso la reputazione del Paese. Ora basta". Così in una nota i capigruppo M5S di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli.
Conte: "Metteremo governo con spalle al muro"
"Ora basta. Abbiamo presentato una nuova mozione di sfiducia contro il Ministro Santanchè, metteremo di nuovo il Governo con le spalle al muro di fronte al Parlamento e agli italiani. Se pensano di far finta di nulla come al solito si sbagliano di grosso", scrive sui social Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle.
"Meloni che urlava allo scandalo e chiedeva dimissioni per tutti ha perso di nuovo la voce di fronte ai suoi amichetti di partito? È da mesi che deve imporre a Santanchè di uscire dal Governo. Non possiamo permetterci alla promozione del Turismo e del nostro Paese una Ministra rinviata a giudizio per falso in bilancio e con una pesantissima inchiesta per truffa allo Stato sui fondi Covid. Fratelli d'Italia - insiste Conte - ci dava dei criminali sulla gestione della pandemia ora restano in silenzio di fronte a pesanti accuse che riguardano esponenti del loro partito e l'uso che hanno fatto dei soldi che noi abbiamo stanziato per lavoratori e imprese. Sono senza vergogna", conclude l'ex premier.
Chi potrebbe votarla
"Noi la voteremo" dice Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Anche il Pd con Elly Schlein ha chiesto un passo indietro alla ministra dopo il rinvio a giudizio. Sulla mozione M5S, fanno sapere fonti parlamentari Dem, non c'è ancora una decisione. "Non se ne è parlato". Ma è probabile, si spiega, che quando sarà votata ci sarà anche il sostegno dei gruppi Pd che quindi non dovrebbero presentare una propria mozione al riguardo.