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Commerzbank, Berlino contro Unicredit: “Condotta opaca”
Il ministro delle Finanze Joerg Kukies critica le mosse del gruppo italiano e avverte: "I takeover ostili non funzionano per le banche sistemiche"
Il governo rossoverde tedesco attacca Unicredit per le grandi manovre su Commerzbank. Il ministro delle Finanze Joerg Kukies ha detto, a margine dell'Eurogruppo a Bruxelles, che la banca guidata da Andrea Orcel, acquistando azioni Commerzbank, ha tenuto una condotta "non trasparente, molto opaca" e ha ribadito che il governo tedesco resta profondamente "convinto" che le acquisizioni "ostili" non sono il modo corretto di procedere, quando si parla di banche di "rilevanza sistemica" come l'istituto di Francoforte. Kukies, iscritto all'Spd fin dalla gioventù, è subentrato al liberale Christian Lindner, considerato un alleato di Unicredit nel possibile takeover su Commerzbank, quando la coalizione semaforo è andata in frantumi, all'indomani della vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali Usa.
Kukies, nato a Magonza nel 1968, è un economista e ha lavorato a lungo per Goldman Sachs, sia a Londra che a Francoforte, dove ha diretto per quattro anni la filiale tedesca della banca d'affari americana. E' poi diventato il principale consigliere economico del cancelliere Olaf Scholz e oggi dirige il Ministero delle Finanze. E' considerato l'ispiratore della svolta 'Hamiltoniana' che la Germania ha compiuto nel 2020, dando via libera a Next Generation Eu, con Angela Merkel cancelliera e Scholz ministro delle Finanze. Quindi, la critica a Unicredit arriva da un ministro che sa bene di cosa parla.
Pur scontando il fatto che in Germania le elezioni sono alle porte, le parole di Kukies confermano la forte irritazione dell'Spd per le mosse di Unicredit. A chi gli ha chiesto perché una compagnia aerea tedesca possa comprare una compagnia italiana, come ha fatto Lufthansa entrando nel capitale di Ita, nata dalle ceneri di Alitalia, mentre ad una banca italiana non è concesso acquisire una concorrente tedesca, Kukies ha risposto che "questo è fattualmente non vero, perché Unicredit ha comprato una delle maggiori banche tedesche, la HypoVereinsBank", acquisita nel 2005 da Alessandro Profumo.
"Siamo un mercato bancario molto, molto aperto - ha continuato Kukies - recentemente una banca olandese ha comprato una delle maggiori banche private tedesche". Nel maggio scorso, Abn Amro ha concordato l'acquisto della Hauck Aufhäuser Lampe (Hal) dal gruppo cinese Fosun. Non solo: "Una banca francese ha comprato una grande banca privata tedesca", ha sottolineato il ministro, riferendosi al recente acquisto delle attività di private banking in Germania di Hsbc da parte di Bnp Paribas.
"Compagnie assicurative di Francia e Italia - ha proseguito Kukies - sono molto attive, hanno acquisito compagnie tedesche. Lo stesso vale per le società di gestione del risparmio. Il mercato finanziario tedesco è generalmente molto, molto aperto. Quello di cui siamo preoccupati in questo caso specifico è la condotta molto non trasparente e opaca della banca" acquirente, cioè Unicredit, "perché siamo profondamente convinti che i takeover ostili non sono una ricetta per il successo, quando si tratta di banche di rilevanza sistemica". Intende dire che il management di Unicredit dovrebbe parlare dell'operazione con il governo tedesco? "Questo sta a loro" deciderlo, ha tagliato corto Kukies.
Insomma, il ministro ha fatto chiaramente capire che il governo in carica non ha affatto gradito il modo in cui Unicredit si è mossa in Germania. Il gruppo bancario milanese, sotto la guida del Ceo Andrea Orcel, è salito al 28% circa del capitale di Commerzbank, tramite strumenti derivati. Il governo tedesco, a guida Spd, ha detto più volte di non gradire l'iniziativa della banca italiana, che tra l'altro è anche impegnata anche in una operazione domestica, l'Ops su Banco Bpm, che ha visto reazioni negative da parte del leader della Lega Matteo Salvini e del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Alcuni vedono in Banco Bpm l'acquirente ideale per mettere al sicuro Banca Mps, salvata dallo Stato con una ricapitalizzazione precauzionale approvata dall'Ue a condizione che la presenza del Mef nel capitale sia temporanea.
In Germania si vota tra poco più di un mese e l'Spd è tradizionalmente molto sensibile agli umori dei sindacati tedeschi: i rappresentanti dei bancari hanno accolto con dichiarazioni ostili la prospettiva di finire acquisiti da Unicredit. Il gruppo bancario italiano è gestito assai meglio della banca tedesca, che dovette essere salvata dallo Stato nel 2010, non appena la crisi finanziaria iniziata negli Usa per via dei mutui subprime esplose in Europa: Commerzbank ha un rapporto costi/ricavi intorno al 60%, molto superiore a quello del gruppo di piazza Gae Aulenti (sotto il 40%). Tanto che il Financial Times ha riportato che Commerzbank starebbe preparando un piano che prevedrebbe il taglio di migliaia di posti di lavoro.
L'operazione Unicredit-Commerzbank è comunque non da oggi guardata con speciale attenzione a Bruxelles: come ha spiegato un alto funzionario Ue, viene considerata una vera "prova del nove" per l'Unione Bancaria ed è già stata esplicitamente menzionata come tale nelle discussioni tra i ministri delle Finanze. Il futuro dell'operazione appare legato anche al risultato delle prossime elezioni in Germania e agli equilibri politici che ne scaturiranno: bisognerà vedere, in particolare, cosa ne pensa Friedrich Merz, leader della Cdu, che allo stato appare come il più probabile successore di Scholz alla Cancelleria.
Il leader cristianodemocratico ha criticato il governo per la gestione "dilettantesca" della cessioni di azioni Commerzbank a Unicredit (lo Stato è azionista della banca dal 2010). Intanto, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti oggi a Bruxelles ha avuto un colloquio proprio con Kukies, a margine dell'Eurogruppo. Nell'incontro, definito "cordiale", si è registrata una "condivisione di vedute su semplificazione, competitività e sulle comuni prospettive economiche e finanziarie". Il titolo Unicredit oggi in piazza Affari ha chiuso a 43,12 euro, in rialzo dell'1,54%, sovraperformando l'indice di settore Ftse Italia All Share Banks (+0,8%), in una giornata fiacca per la Borsa milanese, dove il Ftse Mib ha chiuso in calo dello 0,34% a 36.143 punti.
(di Tommaso Gallavotti)
Finanza
Generali e Natixis, nasce una joint venture nel risparmio...
Philippe Donnet: “Perdita sovranità finanziaria? E' uno scherzo: il risparmio degli italiani è e resterà nelle compagnie assicurative italiane"
È ufficiale: Generali e Natixis hanno siglato l’accordo (un Memorandum of Understanding non vincolante) per la creazione di una joint venture che segna una svolta epocale nel settore del risparmio gestito. L’intesa, approvata dal consiglio di amministrazione del Leone di Trieste, rappresenta una pietra miliare nella strategia di internazionalizzazione delle piattaforme di asset management delle due realtà, con numeri che promettono di ridefinire gli equilibri globali del settore.
I numeri della joint venture
La nuova entità gestirà asset under management (Aum) per un totale di circa 1.900 miliardi di euro, con una gamma completa di strategie che coprono tutte le asset class: reddito fisso (65%), azionario (21%), mercati privati e altri franchise (14%). Le sinergie pre-tasse stimate raggiungono i 210 milioni di euro, cui si aggiungono ulteriori 70 milioni derivanti dalle recenti operazioni su Conning e MGG. Sul fronte economico, la joint venture può vantare ricavi pro forma 2023 di 4,1 miliardi di euro e un utile netto adjusted di 700 milioni, con un cost/income ratio del 74%.
Un progetto di portata globale
L’operazione prevede una presenza globale fortemente radicata in Europa (61% degli Aum), con focus su Italia e Francia, e un’importante penetrazione in Nord America (34%). Non manca, inoltre, una crescente presenza nei mercati asiatici e in altre aree internazionali (5%). I clienti saranno principalmente compagnie assicurative e fondi pensione (61% degli AUM), seguiti da investitori istituzionali, retail e wholesale.
Governance condivisa
La governance riflette l’equilibrio tra le due parti: Nicolas Namias, Ceo di BPCE (controllante di Natixis), sarà il presidente del consiglio di amministrazione, mentre il Ceo di Generali, Philippe Donnet, ricoprirà la carica di vicepresidente. Alla guida operativa della nuova società ci sarà Woody Bradford, attuale Ceo di Generali Investment Holdings, affiancato da Philippe Setbon, oggi Ceo di Natixis Investment Managers, in qualità di vice-Ceo.
Un piano strategico ambizioso
Philippe Donnet ha sottolineato che l’accordo è “pienamente in linea con la strategia di crescita di Generali” e con il piano industriale 2027, che sarà presentato ufficialmente a Venezia nei prossimi giorni. Tra i pilastri del progetto, l’espansione internazionale e il consolidamento della leadership nel settore dell’asset management. Gli asset conferiti da Generali nella joint venture ammontano a oltre 630 miliardi di euro, evidenziando il peso significativo del Leone di Trieste nell’accordo.
Rassicurazioni sul risparmio italiano
In merito alle preoccupazioni sulla perdita di sovranità finanziaria, Donnet ha liquidato le polemiche come infondate: “E' uno scherzo: il risparmio degli italiani è e resterà nelle compagnie assicurative italiane. I nostri clienti continueranno a possedere gli asset e a decidere gli investimenti” (di Andrea Persili).
Finanza
Unicredit, Orcel ribadisce: “Siamo una banca...
"Siamo una banca italiana, abbiamo radici italiane. Crediamo nell'Italia ma anche nell'Europa e vogliamo portare il meglio che l'Italia ha all'estero". L'amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel in occasione della conferenza stampa di presentazione della partnership tra Unicredit e Ferrari a Milano ribadisce l'italianità dell'istituto bancario di Piazza Gae Aulenti e allo stesso tempo rivendica l'apertura ai mercati internazionali: "Se questo vuol dire non essere italiani mi dispiace molto - dice - perché la nostra industria crede molto in questo".
L'amministratore delegato parla poi della presunta contrapposizione tra Intesa e Unicredit. "Credo che abbiamo modelli di business e ambizioni simili - dice - ma anche diversi. Intesa ha un modello molto focalizzato sul nostro Paese. Noi abbiamo un modello di business molto più internazionale".
Orcel ribadisce che "in un Paese come il nostro ci sia molto valore aggiunto nell'accompagnare le imprese fuori dal nostro Paese" e in questo - prosegue ancora l'Ad - "l'accompagnamento non si fa con una filiale di rappresentanza, si fa con una leadership nel Paese di arrivo". Non manca una stoccata all'Unione europea: "Passa troppo tempo a esasperare le diversità e troppo poco tempo a unirsi per creare un blocco economico che crei opportunità per tutti".
Finanza
Intesa Sp, l’altolà di Messina al risiko:...
L'analisi di Giorgio Vintani: "Per Intesa Sp è molto difficile trovare dei target che siano così grandi da avere un impatto sui ricavi e sugli utili"
Evitare casini con operazioni di M&A. Il Ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina si sfila dal risiko del consolidamento bancario, conferma la strategia di stand alone e sembra avvisare Orcel e compagnia: “Sento tanto parlare di consolidamento bancario -afferma - ma l’Italia è Intesa Sanpaolo: più farai M&A, più sarai preso nei casini dell'integrazione e quindi anche per il futuro il riferimento sarà Intesa Sanpaolo". Giorgio Vintani, analista finanziario, osserva all'Adnkronos che "L'istituto è arrivato ad avere la forma che ha oggi e, a questo punto, il management dice basta", chiosa l'esperto.
Secondo Vintani il Ceo oggi ha voluto dire tre cose: "Chiamarsi fuori da qualsiasi possibile attività di M&A italiano in un momento in cui il mercato ribolle, e quindi prendere le distanze dai dossier Banco Popolare di Milano e Monte Paschi; ricordare che, a prescindere dai multipli dell’acquisito e dell’acquirente, le fusioni portano risultati solo dopo un certo periodo e se eseguite correttamente; l’execution risk in una fusione è molto alto; rimarcare che, considerata la dimensione di Intesa Sanpaolo, è molto difficile trovare dei target che siano così grandi da avere un impatto sui ricavi e sugli utili; e quindi riaffermare l’intenzione della Banca di crescere in modo organico e sul territorio Italiano".
"Una possibile fusione abbastanza grande da impattare sui conti di Intesa - dice Vintani - potrebbe essere quella con Unicredit, o con una grande banca straniera (Bnp Paribas, Santander) ma a questo punto queste ipotesi sono totalmente da escludere", sottolinea. "Quindi avanti così: banca Italiana, crescita organica e niente acquisizioni che potrebbero anche essere guidate dalla politica, (soprattutto nel caso del Monte Paschi dove il Tesoro è netto venditore)." (di Andrea Persili)