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Divieti di fumo in Italia bocciati dal web, 10 post negativi contro 1: la ricerca

La ricerca Socialdata per Adnkronos: quello di Milano è il più discusso, con 20 mila post e 1 milione di reazioni, accompagnato dal sentiment più negativo

Sigaretta -

I divieti di fumo sono stati un tema di costante discussione durante tutto il 2024, con un incremento significativo dell’attenzione verso la fine dell’anno e l’inizio del 2025. Nella ricerca sul tema realizzata in esclusiva per Adnkronos tramite la piattaforma Socialdata, il team di analisi di Socialcom ha analizzato circa 40 mila post pubblicati e oltre 3 milioni di reazioni.

Sentiment negativo sui divieti

Il sentiment della rete nei confronti dei divieti di fumo è nettamente negativo, con un rapporto di 10 a 1 tra post negativi (44%) e positivi (4%). In pratica, meno di un cittadino su 20 mostra online un atteggiamento favorevole al provvedimento, mentre quasi la metà degli utenti esprime posizioni critiche. Il restante 52% delle reazioni è neutrale, riflettendo il ruolo delle fonti informative tradizionali che si limitano a descrivere i provvedimenti con imparzialità.

Tra i divieti introdotti, quello di Milano è il più discusso, con 20 mila post e 1 milione di reazioni, accompagnato dal sentiment più negativo (41%). A Torino, il volume delle conversazioni scende nettamente a 2600 post e 620 mila reazioni, con un sentiment negativo inferiore (35%). L’iniziativa a Capri, invece, è passata quasi inosservata, con un sentiment negativo che si ferma al 18%.

Sì ma perché?

I concetti chiave nei commenti includono temi apparentemente positivi come sicurezza e salute, che tuttavia veicolano un sentiment prevalentemente negativo. A Milano, la sicurezza è il tema più citato, ma viene spesso usato per criticare il provvedimento, considerato una distrazione rispetto a problemi più gravi come la gestione dei migranti e delle baby gang. La salute, pur essendo un valore positivo, è frequentemente affiancata al concetto di libertà personale, che invece gode di una connotazione più favorevole.

Altri temi, come leggi, provvedimenti, sanzioni e polizia, suscitano sentiment negativo. Si dubita della possibilità per le forze di polizia di applicare le norme, considerandole già sovraccariche nella gestione della sicurezza pubblica. Il criterio della distanza minima, come i 10 metri richiesti a Milano, è percepito come irrealistico, generando ulteriore scetticismo.

I temi meno contestati

Non emergono temi con un sentiment largamente positivo. Tuttavia, analizzando i commenti neutri, si trovano alcune aree di maggiore accettazione. Ambiente: il divieto è percepito come utile per la protezione di spazi naturali come parchi e aree verdi. Minori: la tutela dei giovani dal fumo, sia attivo che passivo, raccoglie più consensi, confermati dal sentiment meno negativo durante le raccomandazioni Ue.

Le leggi sui divieti di fumo all’aperto introdotte a Torino e Milano sono percepite dalla rete come provvedimenti demagogici, considerati una distrazione rispetto a temi ritenuti prioritari, come la sicurezza", sostiene Luca Ferlaino, fondatore di Socialcom. "A Milano, in particolare, emerge un forte bisogno di interventi legati alla gestione di fenomeni complessi come i migranti e le baby gang. Inoltre, molte voci rivendicano la libertà personale come un valore che, secondo loro, dovrebbe prevalere sulla salute pubblica".

Al centro del dibattito web

Il primo picco rilevante nelle conversazioni si è registrato tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, in corrispondenza dell’entrata in vigore del divieto di fumo all’aperto a Torino. Tuttavia, il picco più consistente è arrivato a fine dicembre, legato all’annuncio del divieto a Milano, entrato in vigore il 1° gennaio 2025. Questo provvedimento, pur rappresentando un inasprimento di norme già esistenti, era stato anticipato da tempo e aveva generato commenti lungo tutto l’anno. Un terzo picco, di minore entità, si è verificato nella seconda metà di settembre, quando l’Unione Europea ha avanzato la proposta di introdurre divieti di fumo nelle aree frequentate da minori.

Anche in assenza di notizie di grande rilievo, il tema si è dimostrato capace di scatenare discussioni virali, come accaduto a settembre su Twitter riguardo al fumo nei dehors dei ristoranti. d agosto, l’introduzione del divieto di fumo sull’Isola di Capri per proteggere spiagge e mare non ha invece generato un dibattito significativo online.

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Cronaca

Roma, inchiesta su false testimonianze: Ricucci e altri 10...

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L'imprenditore lo scorso dicembre era stato condannato a sei anni per l’accusa di corruzione in atti giudiziari

Stefano Ricucci  - Fotogramma

Stefano Ricucci rinviato a giudizio. E’ stato fissato per il prossimo 26 marzo il processo per l'imprenditore e per un'altra decina di persone accusate di falsa testimonianza. Oggi il gup di Roma ha rinviato a giudizio l’imprenditore e gli altri indagati in relazione all’inchiesta sulle testimonianze, ritenute false, rese in aula da alcuni testimoni, in suo favore nell'ambito di un procedimento che lo vedeva imputato per corruzione in atti giudiziari.

Il processo si terrà davanti ai giudici della seconda sezione collegiale del tribunale della Capitale. Ricucci lo scorso dicembre era stato condannato a sei anni per l’accusa di corruzione in atti giudiziari.

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Cronaca

Pronto soccorso, l’attesa in barella raddoppia il...

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Lo rivelano i dati raccolti dall'Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito. Allarme degli esperti: "Serve azione urgente"

Barelle in corridoio del pronto soccorso - Fotogramma

Le attese infinite in barella in pronto soccorso possono lasciare un segno profondo. A mettere in luce il pericolo sono i freddi numeri: secondo un'analisi statistica, infatti, per i pazienti che hanno trascorso più di 12 ore nei reparti di emergenza urgenza degli ospedali il rischio di morte entro 30 giorni risulta essere più che doppio rispetto a chi invece è stato visitato entro 2 ore, e questa osservazione resta confermata anche dopo aver considerato un'ampia gamma di fattori sociodemografici e clinici.

I dati britannici

I dati sono britannici, e la scoperta dell'Office for National Statistics (Ons) arriva mentre il Servizio sanitario nazionale (Nhs) in Gb sta vivendo uno degli inverni più impegnativi mai registrati, fra ospedali sovraffollati e messi sotto stress dal mix di più infezioni respiratorie che stanno colpendo la popolazione, dall'influenza al virus respiratorio sinciziale Rsv, e segnalazioni di pazienti in attesa fino a 30 ore per le cure in reparti di pronto soccorso sommersi di casi. I dati di dicembre, si legge nell'analisi pubblicata sul 'British Medical Journal' (Bmj), mostrano che solo il 71,1% dei pazienti è stato visitato entro la soglia delle 4 ore, fissata come obiettivo.

La situazione in Italia

Anche in Italia in questo periodo clou della stagione influenzale sono salite alla ribalta delle cronache storie come quella di una paziente 94enne rimasta per 60 ore su una barella dell'ambulanza in un pronto soccorso.

Più attesa più morti

Tornando al Regno Unito, l'Ons ha analizzato le cartelle cliniche di 6,7 milioni di persone in Inghilterra, che sono andate in un pronto soccorso almeno una volta tra il 21 marzo 2021 e il 30 aprile 2022 e non sono decedute durante la loro permanenza. Di queste, 88.657 persone - l'1,3% - sono morte entro 30 giorni da quando sono uscite dal reparto di pronto soccorso per essere ricoverate in degenza o tornare a casa. I dati mostrano poi che, tra coloro che hanno trascorso al massimo fino a 2 ore in pronto soccorso dal loro arrivo, lo 0,02% dei pazienti di età pari o superiore a 20 anni è deceduto dopo la dimissione. Questa cifra è salita allo 0,1% nei pazienti di età pari o superiore a 40 anni, allo 0,3% nei pazienti da 60 anni in su e allo 0,8% nei pazienti over 80. Il rischio di morte entro 30 giorni dalla dimissione aumentava quanto più a lungo il paziente rimaneva in pronto soccorso.

Rispetto ai pazienti che necessitavano di assistenza non immediata e che trascorrevano massimo 2 ore in pronto soccorso, tra i pazienti che trascorrevano 3 ore in pronto soccorso le probabilità di morte post-dimissione erano 1,1 volte più alte; erano poi 1,6 volte più alte per chi di ore di attesa in Ps ne faceva 6; 1,9 volte più alte per i pazienti che avevano dovuto aspettare 9 ore, e 2,1 volte più alte per chi raggiungeva quota 12 ore in attesa. "Questo è un lavoro fondamentale dell'Ons, voce nazionale autorevole sui dati, che convalida e rafforza ciò che sappiamo: le lunghe attese in pronto soccorso sono estremamente pericolose e una minaccia significativa per la sicurezza del paziente", commenta Adrian Boyle, presidente del Royal College of Emergency Medicine.

Allarme degli esperti: serve azione politica urgente

"Deve esserci un punto - prosegue la riflessione di Boyle - in cui andiamo oltre l'analisi e accettiamo che questo è un problema serio che necessita di un'azione politica urgente. Questi dati sono troppo convincenti per essere ignorati e devono essere il catalizzatore del cambiamento".

La relazione tra il tempo totale trascorso in area emergenza urgenza e la morte post-dimissione tra i pazienti che necessitavano di cure non immediate variava in base all'età, alla regione, allo stato al momento dell'ammissione, ha rilevato l'analisi dell'Ons. Ad esempio, tra i pazienti di 20 anni le probabilità erano 4,6 volte più alte fra coloro che facevano 12 ore di attesa in pronto soccorso, rispetto a 2 ore. L'Ons ha anche precisato che non tutti i fattori relativi al tempo trascorso in emergenza urgenza e alla mortalità post-dimissione a 30 giorni potevano essere corretti. Ad esempio, i dati sul sovraffollamento non erano disponibili e alcuni pazienti potrebbero aver aspettato più a lungo perché avevano bisogno di accedere a trattamenti specialistici, consulenza o servizi.

Il periodo dello studio si colloca durante la pandemia di Covid, quando i reparti di emergenza urgenza hanno introdotto ulteriori misure di controllo per la prevenzione delle infezioni, il che significa che i risultati non riflettono necessariamente l'attuale mortalità post-dimissione, ha sottolineato l'Ons. I numeri delle presenze nei pronto soccorso erano comunque in gran parte tornati ai livelli pre-pandemia già entro giugno 2021, dopo essere scesi nei primi mesi. (di Lucia Scopelliti)

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Cronaca

Milano: a piazzale Loreto spunta pupazzo Elon Musk appeso a...

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(Immagine dalla pagina Instagram di Cambiare Rotta)

Un pupazzo raffigurante il numero uno di Tesla e X, ex Twitter, Elon Musk è stato appeso a testa in giù in piazzale Loreto, a Milano. A rivendicare il gesto sono gli attivisti del collettivo Cambiare Rotta, che hanno pubblicato uno scatto accompagnato dalla scritta: "C'è sempre posto a Piazzale Loreto Elon...".

Il pupazzo, composto da una tuta bianca riempita da fogli di giornale accartocciati e frammenti di spazzatura e una maschera di cartoncino raffigurante un Musk sorridente, è stato posizionato accanto alla targa di marmo della piazza, sulla quale sono stati attaccati diversi adesivi di Cambiare Rotta e centri sociali.

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