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Gaza, Hamas pronta a dialogo con Usa: “Guerra finita? Merito di Trump”
Fonti mediche: "Due morti e 25 feriti". Hamas: "Sabato libere quattro donne ostaggio". L'alto funzionario: "Guerra finita? Merito di Trump". Ma il neo presidente Usa non ha fiducia sulla tenuta dell'accordo per il cessate il fuoco
Le Idf e lo Shin Bet hanno lanciato un'operazione anti-terrorismo congiunta a Jenin, nel nord della Cisgiordania. Lo ha riferito il Times of Israel, mentre media palestinesi riferiscono che numerosi militari israeliani sono entrati a Jenin dopo un attacco aereo. Due palestinesi sarebbero rimasti uccisi e almeno altri 25 sono feriti nell''operazione, riferiscono fonti mediche locali.
"Sotto la direzione del gabinetto di sicurezza politica, l'Idf, lo Shin Bet e la polizia israeliana hanno lanciato oggi un'operazione militare estesa e significativa per sradicare il terrorismo a Jenin" dal nome "Muro di ferro", informa intanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu su X.
"Questo - continua - è un altro passo verso il raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati: rafforzare la sicurezza in Giudea e Samaria. Agiamo metodicamente e risolutamente contro l’asse iraniano ovunque invii le sue armi – a Gaza, Libano, Siria, Yemen, Giudea e Samaria – e la sua mano sia piegata".
Gaza, sabato libere 4 donne ostaggio
Hamas libererà sabato quattro donne tenute in ostaggio dal 7 ottobre del 2023 nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato un alto funzionario del movimento palestinese.
Il rilascio di altri quattro ostaggi a distanza di 7 giorni dai primi tre è previsto dall'accordo che Hamas ha firmato con Israele. Per ogni ostaggio israeliano, 30 detenuti palestinesi vengono scarcerati dalle prigioni di Israele. Se l'ostaggio rilasciato è un militare, il numero dei detenuti palestinesi scarcerati sale a 50.
Ci sono ancora sette donne nella lista dei 33 ostaggi che Hamas rilascerà nella prima fase dell'accordo raggiunto con Israele. Dopo il rilascio domenica di Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, nella lista dei primi ostaggi che saranno liberati figura Shiri Silberman Bibas, 33 anni, rapita insieme al marito Yarden e ai figli Ariel, che ha compiuto 5 anni a Gaza, e il più piccolo ostaggio Kfir, di soli 2. Hamas aveva fatto sapere che la famiglia Bibas era stata uccisa in un raid aereo israeliano, ma non aveva mai fornito prove. C'è attesa anche per la tedesco-israeliana Arbel Yehud, 29 anni, che inizialmente doveva essere rilasciata domenica, ma che è stata sostituita da Hamas all'ultimo minuto. Al suo posto è stata rilasciata Emily Damari. Arbel Yehud era stata rapita il 7 ottobre del 2023 con il fidanzato Ariel Cunio dalla sua abitazione nel kibbutz Nir Oz.
Nell'elenco figurano i nomi delle cinque giovani soldatesse israeliane rapite, ovvero Agam Berger, Daniella Gilboa, Liri Albag, Naama Levy e Karina Ariev. Tutte appartengono all'unità di sorveglianza elettronica dell'Idf, con il compito di analizzare in tempo reale le immagini delle telecamere collocate lungo il confine di Gaza. Sono state rapite dai miliziani di Hamas che avevano fatto irruzione nella base di Nahal Oz uccidendo 52 soldati israeliani.
Karina Ariev, 19 anni, era apparsa in un video di propaganda di Hamas in cui implorava il governo di Netanyahu di fermare la guerra. Daniella Gilboa è stata rapita direttamente dal suo letto, come ha raccontato in un video reso pubblico a luglio. Più di recente, a gennaio, la diciannovenne Liri Albag è apparsa in un video in cui raccontava di essere rapita da 450 giorni. Naama Levy, 21 anni, è apparsa nei filmati del 7 ottobre ferita e con le mani legate dietro la schiena, trascinata su una jeep. Secondo il padre sarebbe stata tenuta lontana dalle altre in un tunnel a Gaza.
Hamas: "Guerra finita? Merito di Trump"
La leadership politica di Hamas è intanto pronta al dialogo con gli Stati Uniti e riconosce al nuovo presidente americano Donald Trump il merito di aver ''messo fine'' alla guerra nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato l'alto funzionario di Hamas Mousa Abu Marzouk nel corso di una intervista al New York Times. Trump è un ''presidente serio'', ha aggiunto.
"Se non fosse stato per il presidente Trump, per la sua insistenza nel porre fine alla guerra e per l'invio di un rappresentante decisivo, l'accordo non si sarebbe mai concretizzato", ha affermato Abu Marzouk riferendosi al nuovo inviato americano in Medioriente, Steve Witkoff. ''Il merito di aver posto fine alla guerra spetta a Trump", ha aggiunto.
Abu Marzouk sottolinea quindi che Witkoff è il benvenuto a Gaza. "Può venire a vedere la gente e cercare di capire i loro sentimenti e desideri in modo che la posizione americana possa basarsi sugli interessi di tutte le parti, e non solo di una parte", ha aggiunto.
Trump: "Gaza? No fiducia in accordo"
Dal canto suo, però, il presidente Trump ''non ha fiducia'' sulla tenuta dell'accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza raggiunto tra Israele e Hamas. "Non è la nostra guerra, è la loro guerra. Ma io non ho fiducia" nell'accordo, ha detto Trump. Hamas, ha aggiunto, è stato ''indebolito'' dalla guerra. ''Ho visto una foto di Gaza. Gaza è come un enorme sito di demolizione'', ha affermato.
Il tycoon ha poi detto che potrebbe esserci un "piano fantastico" per la ricostruzione di Gaza. ''E' in una posizione fenomenale sul mare, il clima è fantastico. Sapete, tutto è perfetto. Si potranno fare delle cose meravigliose in questo posto", ha detto.
Anp: "Revoca sanzioni a coloni incoraggia crimini"
L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha intanto criticato la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di revocare le sanzioni che la precedente Amministrazione Biden aveva imposto sui coloni israeliani in Cisgiordania, sostenendo che tale provvedimento incoraggia i "crimini" contro i palestinesi. "La revoca delle sanzioni contro i coloni estremisti li incoraggia a commettere ulteriori crimini contro il nostro popolo", ha affermato il ministero degli Esteri dell'Anp in una nota, denunciando i recenti attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania che hanno causato 21 feriti.
Esteri
Musk e il braccio teso: “Saluto nazista? Critici...
La risposta del ceo X alle polemiche dopo il saluto sul palco ieri sera all'evento per l'insediamento di Trump
"Francamente avrebbero bisogno di 'sporchi trucchi' migliori". Così Elon Musk ha risposto su X alle polemiche sul saluto con braccio teso fatto ieri sul palco di un evento nel giorno dell'insediamento di Trump e identificato da molti come un saluto nazista.
"Francamente, avrebbero bisogno di migliori trucchi sporchi", ha scritto su X il ceo Tesla. "L'attacco 'sono tutti Hitler' è stancante", ha aggiunto.
Il caso su X, cosa è successo
Il caso è montato ieri su X, complice il gesto compiuto dal magnate durante un intervento ad un evento nella giornata del giuramento di Trump, da ieri 47esimo presidente degli Stati Uniti.
L'elezione di Trump, ha detto Musk, rappresenta "un bivio sulla strada della civiltà umana. Sapete, ci sono elezioni che vanno e vengono. Alcune elezioni sono importanti, altre no. Ma questa, questa era davvero importante. E voglio solo dirvi grazie per averla resa possibile. Grazie". "Il mio cuore va a voi. È grazie a voi che il futuro della civiltà è assicurato. Grazie a voi. Avremo città sicure, finalmente, città sicure, confini sicuri, spese sensate, cose basilari", ha aggiunto Musk, battendo quindi la mano destra sul cuore e poi estendendo il braccio. Le foto e i video sono così rimbalzati su X, il social di proprietà di Musk, e la discussione è esplosa.
La spiegazione dell'uomo di Musk in Italia
A fare chiarezza ci ha provato per primo Andrea Stroppa, referente di Musk in Italia. "Quel gesto, che alcuni hanno scambiato per un saluto nazista, è semplicemente Elon, che è autistico, che esprime i suoi sentimenti dicendo 'Voglio darti il mio cuore', ed è esattamente ciò che ha comunicato al microfono. A ELON NON PIACCIONO GLI ESTREMISTI!", ha scritto, dopo aver depubblicato il video del saluto di Musk precedentemente postato sul social.
Esteri
Migranti, arrestato a Torino comandante della polizia...
E' stato individuato in base a una segnalazione dell'Interpol in esecuzione di un provvedimento della Corte penale internazionale
A quanto si apprende, il capo della polizia giudiziaria libica, Njeem Osama Elmasry, detto Almasri, è stato arrestato a Torino. ''L'arresto" sottolinea l'associazione Mediterranea Saving Humans, è avvenuto "dopo anni di denunce e testimonianze delle vittime, fatte pervenire alla Corte Penale Internazionale, che ha condotto una difficile indagine''.
A dare la notizia per primo il giornalista Nello Scavo di Avvenire che su X scrive: ''Possiamo confermare da fonti dedicate che è stato arrestato a Torino su mandato della Corte penale internazionale per crimini di guerra il capo della polizia giudiziaria libica Njeem Osama Elmasry (Almasri)''.
Almasri è stato individuato in base a una segnalazione dell'Interpol in esecuzione di un provvedimento della Corte penale internazionale dell'Aia.
Esteri
Trump, il discorso è da record: 2900 parole per insediamento
Nessun presidente moderno è stato così loquace
Il discorso inaugurale di Donald Trump, con cui il 47esimo presidente degli Stati Uniti ha iniziato il suo mandato il 20 gennaio 2025 è durato poco meno di mezz'ora, per un totale di 2.900 parole. L'albo d'oro dei discorsi, se così si può dire, viene aggiornato da Axios, che offre una panoramica approfondita.
Nel 2017, il suo discorso era durato 16 minuti ed era stato il terzo più breve nella storia 'televisiva' degli Stati Uniti. Con 1.433 parole, era stato infatti più lungo solo degli interventi di Jimmy Carter (1977) e John F. Kennedy (1961). Con quello di oggi Trump ha superato Reagan (2.600, 1985; 2.500, 1981), Biden (2.500, 2021), Obama (2.400, 2009; 2.100, 2013), Bush Sr (2.300, 1989), Clinton (2.200, 1997; 1.600, 1993) e Bush (2.100, 2005; 1.900, 2001).
Prima che le inaugurazioni fossero trasmesse in televisione, tuttavia, c’erano variazioni molto più estreme nella lunghezza dei discorsi. Il secondo discorso inaugurale di George Washington contava appena 135 parole, seguito da quello di Franklin D.Roosevelt nel 1945, con 559. Dall'altra parte, nel 1841, William Henry Harrison, il nono presidente degli Stati Uniti e quello con il mandato più breve, pronunciò oltre 8.400 parole, appena un mese prima di morire per una polmonite.