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Giulio Regeni, la madre in aula: “Sul suo corpo vidi brutalità delle torture”
Paola Deffendi è stata sentita come teste davanti alla Prima corte di Assise nel processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano che vede imputati quattro 007 egiziani
"Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso: ho visto la brutalità, la bestialità, sul corpo di nostro figlio", ha detto Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, sentita come teste nell’aula bunker di Rebibbia davanti alla Prima corte di Assise nel processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano che vede imputati quattro 007 egiziani. "Era coperto da un telo - ha continuato - e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse ‘suo figlio è un martire’. Lì capii che era stato torturato".
Il ricordo del figlio Giulio: "Fin da bambino amava la storia araba"
"Giulio era già stato in Egitto nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi, - ha continuato la madre del ricercatore - quando ci tornò nel 2015 ci disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato in quanto ricercatore straniero. Non espresse mai alcun timore. Il 15 gennaio era il suo compleanno e gli mandai gli auguri e lo sentii felice e rilassato".
"Giulio fin da bambino era appassionato di storia, il mondo arabo lo ha conosciuto quando con tutta la famiglia siamo andati a Istanbul, andava in seconda media e ci accorgemmo che già aveva molto interesse per quella cultura", ha spiegato Paola Deffendi. "Era sobrio, non era un giovane a cui piaceva apparire. Aveva sempre il pallino di trovare lavoro e anche per questo decise di studiare la lingua araba" ha proseguito.
La scomparsa
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, Deffendi ha ricordato: "L'ultima volta che abbiamo visto Giulio è stato il 24 gennaio 2016 via Skype. Il 27 ci è arrivata la notizia della sua scomparsa. Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita. A casa mi disse che Giulio era scomparso. Quando sentii la console chiesi perché non ci avessero avvisato prima".
La madre di Regeni ha ripercorso poi i giorni della scomparsa del figlio, fino a quando è stata appresa la notizia della sua morte: "Ci chiamò l’ambasciatore Massari e ci disse ‘stiamo arrivando io e la ministra Guidi’. Ci sembrò strano. L’ambasciatore ci disse ‘non porto buone notizie’. Quando sono arrivati a casa di Giulio ci hanno abbracciato, facendoci le condoglianze e ci dissero ‘avete 5 minuti, la notizia è stata diffusa’".
La madre di Giulio infine ha rivelato che nel corso delle passate udienze del processo a Roma, un giorno ha incontrato l’ambasciatore egiziano in aeroporto: "Non l’ho mai detto prima. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapeva che c’era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì".
I giorni in Egitto
La madre di Regeni ha ricordato in aula quando dopo aver saputo della scomparsa del figlio sono andati al Cairo, nella casa in cui abitava Giulio. "Trovammo il coinquilino di Giulio, ci chiese se la camera ci sembrava in ordine. Il giorno dopo lo abbiamo rivisto a casa e ci disse che erano passati tre poliziotti chiedendo informazioni su Giulio e sul suo computer, che io avevo messo in un cassetto. Poi - ha aggiunto - la mattina del 3 febbraio dovevamo andare al commissariato di Dokki ma ci dissero che non serviva più perché le autorità egiziane stavano lavorando sul caso”.
Il pensiero ad Alberto Trentini, detenuto in Venezuela
Entrando nell'aula bunker di Rebibbia per testimoniare al processo, la donna ha rivolto un pensiero anche ad Alberto Trentini, da oltre due mesi detenuto in Venezuela. "La nostra famiglia è molto vicina a quella di Alberto Trentini", ha detto Paola Deffendi. L'uomo, 45 anni, era in missione a Caracas per conto della ong 'Humanity & Inclusion'.
L'avvocata: "Sempre più chiara ragnatela costruita attorno a Giulio"
"Questo 2025 è iniziato con una udienza molto importante. Con il racconto fatto stamane della mamma di Giulio si è delineato ulteriormente il quadro dei giorni della scomparsa di Giulio e anche il clima che i genitori hanno respirato al Cairo", così l’avvocata Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, al termine dell’udienza nell’aula bunker di Rebibbia. "Abbiamo assistito al video sulla testimonianza di un’altra persona che si trovava nei luoghi dove è stato torturato Giulio. Lui ha assistito, seppur indirettamente, alle torture e sa chi ha partecipato, come anche uno psicologo che aveva evidentemente il compito di rendere ancora più fragile Giulio - ha aggiunto - Si sta ricostruendo sempre più chiara quella ragnatela che si era costruita attorno a Giulio e che ha fatto sì che si abbattesse contro di lui tutto il male del mondo".
Cronaca
Roma, inchiesta su false testimonianze: Ricucci e altri 10...
L'imprenditore lo scorso dicembre era stato condannato a sei anni per l’accusa di corruzione in atti giudiziari
Stefano Ricucci rinviato a giudizio. E’ stato fissato per il prossimo 26 marzo il processo per l'imprenditore e per un'altra decina di persone accusate di falsa testimonianza. Oggi il gup di Roma ha rinviato a giudizio l’imprenditore e gli altri indagati in relazione all’inchiesta sulle testimonianze, ritenute false, rese in aula da alcuni testimoni, in suo favore nell'ambito di un procedimento che lo vedeva imputato per corruzione in atti giudiziari.
Il processo si terrà davanti ai giudici della seconda sezione collegiale del tribunale della Capitale. Ricucci lo scorso dicembre era stato condannato a sei anni per l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Cronaca
Pronto soccorso, l’attesa in barella raddoppia il...
Lo rivelano i dati raccolti dall'Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito. Allarme degli esperti: "Serve azione urgente"
Le attese infinite in barella in pronto soccorso possono lasciare un segno profondo. A mettere in luce il pericolo sono i freddi numeri: secondo un'analisi statistica, infatti, per i pazienti che hanno trascorso più di 12 ore nei reparti di emergenza urgenza degli ospedali il rischio di morte entro 30 giorni risulta essere più che doppio rispetto a chi invece è stato visitato entro 2 ore, e questa osservazione resta confermata anche dopo aver considerato un'ampia gamma di fattori sociodemografici e clinici.
I dati britannici
I dati sono britannici, e la scoperta dell'Office for National Statistics (Ons) arriva mentre il Servizio sanitario nazionale (Nhs) in Gb sta vivendo uno degli inverni più impegnativi mai registrati, fra ospedali sovraffollati e messi sotto stress dal mix di più infezioni respiratorie che stanno colpendo la popolazione, dall'influenza al virus respiratorio sinciziale Rsv, e segnalazioni di pazienti in attesa fino a 30 ore per le cure in reparti di pronto soccorso sommersi di casi. I dati di dicembre, si legge nell'analisi pubblicata sul 'British Medical Journal' (Bmj), mostrano che solo il 71,1% dei pazienti è stato visitato entro la soglia delle 4 ore, fissata come obiettivo.
La situazione in Italia
Anche in Italia in questo periodo clou della stagione influenzale sono salite alla ribalta delle cronache storie come quella di una paziente 94enne rimasta per 60 ore su una barella dell'ambulanza in un pronto soccorso.
Più attesa più morti
Tornando al Regno Unito, l'Ons ha analizzato le cartelle cliniche di 6,7 milioni di persone in Inghilterra, che sono andate in un pronto soccorso almeno una volta tra il 21 marzo 2021 e il 30 aprile 2022 e non sono decedute durante la loro permanenza. Di queste, 88.657 persone - l'1,3% - sono morte entro 30 giorni da quando sono uscite dal reparto di pronto soccorso per essere ricoverate in degenza o tornare a casa. I dati mostrano poi che, tra coloro che hanno trascorso al massimo fino a 2 ore in pronto soccorso dal loro arrivo, lo 0,02% dei pazienti di età pari o superiore a 20 anni è deceduto dopo la dimissione. Questa cifra è salita allo 0,1% nei pazienti di età pari o superiore a 40 anni, allo 0,3% nei pazienti da 60 anni in su e allo 0,8% nei pazienti over 80. Il rischio di morte entro 30 giorni dalla dimissione aumentava quanto più a lungo il paziente rimaneva in pronto soccorso.
Rispetto ai pazienti che necessitavano di assistenza non immediata e che trascorrevano massimo 2 ore in pronto soccorso, tra i pazienti che trascorrevano 3 ore in pronto soccorso le probabilità di morte post-dimissione erano 1,1 volte più alte; erano poi 1,6 volte più alte per chi di ore di attesa in Ps ne faceva 6; 1,9 volte più alte per i pazienti che avevano dovuto aspettare 9 ore, e 2,1 volte più alte per chi raggiungeva quota 12 ore in attesa. "Questo è un lavoro fondamentale dell'Ons, voce nazionale autorevole sui dati, che convalida e rafforza ciò che sappiamo: le lunghe attese in pronto soccorso sono estremamente pericolose e una minaccia significativa per la sicurezza del paziente", commenta Adrian Boyle, presidente del Royal College of Emergency Medicine.
Allarme degli esperti: serve azione politica urgente
"Deve esserci un punto - prosegue la riflessione di Boyle - in cui andiamo oltre l'analisi e accettiamo che questo è un problema serio che necessita di un'azione politica urgente. Questi dati sono troppo convincenti per essere ignorati e devono essere il catalizzatore del cambiamento".
La relazione tra il tempo totale trascorso in area emergenza urgenza e la morte post-dimissione tra i pazienti che necessitavano di cure non immediate variava in base all'età, alla regione, allo stato al momento dell'ammissione, ha rilevato l'analisi dell'Ons. Ad esempio, tra i pazienti di 20 anni le probabilità erano 4,6 volte più alte fra coloro che facevano 12 ore di attesa in pronto soccorso, rispetto a 2 ore. L'Ons ha anche precisato che non tutti i fattori relativi al tempo trascorso in emergenza urgenza e alla mortalità post-dimissione a 30 giorni potevano essere corretti. Ad esempio, i dati sul sovraffollamento non erano disponibili e alcuni pazienti potrebbero aver aspettato più a lungo perché avevano bisogno di accedere a trattamenti specialistici, consulenza o servizi.
Il periodo dello studio si colloca durante la pandemia di Covid, quando i reparti di emergenza urgenza hanno introdotto ulteriori misure di controllo per la prevenzione delle infezioni, il che significa che i risultati non riflettono necessariamente l'attuale mortalità post-dimissione, ha sottolineato l'Ons. I numeri delle presenze nei pronto soccorso erano comunque in gran parte tornati ai livelli pre-pandemia già entro giugno 2021, dopo essere scesi nei primi mesi. (di Lucia Scopelliti)
Cronaca
Milano: a piazzale Loreto spunta pupazzo Elon Musk appeso a...
Un pupazzo raffigurante il numero uno di Tesla e X, ex Twitter, Elon Musk è stato appeso a testa in giù in piazzale Loreto, a Milano. A rivendicare il gesto sono gli attivisti del collettivo Cambiare Rotta, che hanno pubblicato uno scatto accompagnato dalla scritta: "C'è sempre posto a Piazzale Loreto Elon...".
Il pupazzo, composto da una tuta bianca riempita da fogli di giornale accartocciati e frammenti di spazzatura e una maschera di cartoncino raffigurante un Musk sorridente, è stato posizionato accanto alla targa di marmo della piazza, sulla quale sono stati attaccati diversi adesivi di Cambiare Rotta e centri sociali.