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Caffè, Stoppani: “Nel mondo supera i 3 euro a tazzina”

"In nessun'altra parte del mondo si trova ai prezzi italiani"

Tazzina di caffè

"In nessun'altra parte del mondo trovi il caffè ai prezzi italiani. Ci sono prezzi ben più alti rispetto a quelli che mi ha indicato." Così Lino Stoppani, presidente di Fipe, vicepresidente di Confcommercio e della Banca Popolare di Sondrio, risponde all'Adnkronos, entrando nel dibattito acceso da Jovin Semakula, Ceo di Mdl. Società Benefit. Semakula che avevava lanciato un allarme a difesa della filiera produttiva del caffè: "In Italia si consumano 95 milioni di tazzine di caffè al giorno, ma manca la cultura dietro la tazzina. Il consumatore non conosce il valore del prodotto che ha tra le mani", aveva affermato all'Adnkronos Semakula. Da qui, la sua provocazione: "Il giusto prezzo per un caffè? Fino a 2,50 euro", aveva detto la Ceo.

Secondo Stoppani, indicare un prezzo preciso è rischioso, soprattutto per chi ricopre un ruolo istituzionale, poiché la determinazione dei prezzi dipende esclusivamente dal mercato. "Il costo di un caffè – ha spiegato – è il risultato di molteplici fattori, dalla struttura dei costi alle aspettative di guadagno, passando per il contesto economico''. Il presidente evidenzia come il prezzo del caffè sia influenzato da una serie di aumenti significativi: "Non si tratta solo dell'incremento del costo della materia prima ma di una serie di costi a monte e a valle, come quelli per il personale, l’energia e la gestione delle attività''.

Un esempio significativo, sottolinea, è l’aumento dei salari in seguito al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, resosi necessario per arginare la carenza di personale nel settore. "I costi energetici e le spese di manutenzione - dice - hanno subito un’impennata, rendendo inevitabile il ritocco dei prezzi al consumo, già visibile in molte realtà: in alcuni bar, il costo del caffè ha superato 1,30 euro e, in contesti internazionali, i prezzi sono spesso superiori a 3 o 4 euro", evidenzia. Il caffè, prosegue, non è solo un prodotto economico: è un simbolo della cultura italiana e un elemento centrale della rete dei pubblici esercizi, con oltre 330 mila locali in tutto il Paese. "Il caffè – dice – è molto più di una semplice bevanda. È un elemento identitario, un prodotto civetta che fidelizza la clientela e consolida il valore del locale''.

Un caffè servito con cura, magari accompagnato da un cioccolatino o una brioche di qualità, contribuisce a creare un’esperienza che va oltre il consumo. "Il bar italiano - conclude - non è solo un luogo di ristoro, ma un centro di socialità e cultura, un riferimento per la comunità. Pensiamo ai caffè letterari o al ruolo storico dei bar nella vita quotidiana e sociale del nostro Paese''. (di Andrea Persili)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Finanza

Natixis-Generali, l’esperto: “I francesi...

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Giorgio Vintani: "Integrazione complessa, specie se le piattaforme operative venissero divise tra Parigi e Italia. La nomina dei vertici rischia di generare tensioni interne, tra gestori e risk manager"

Natixis-Generali, l'esperto:

La joint venture tra Generali e Natixis per creare un colosso del risparmio gestito cela opportunità ma anche rischi significativi, sia culturali che operativi. Così l'analista Giorgio Vintani all'Adnkronos sottolinea che la parità azionaria potrebbe rivelarsi instabile, con i francesi pronti ad agguantare quell’1% decisivo per il controllo. L’integrazione tra le due realtà appare complessa, specie se le piattaforme operative venissero divise tra Parigi e Italia. La nomina dei vertici, aggiunge, rischia di generare tensioni interne, tra gestori e risk manager, mettendo a dura prova l’armonia e la coesione del nuovo gruppo.

"È un periodo di gran fermento - dice Vintani - non solo per il risiko delle banche ma anche per il risparmio gestito, con gli esteri che spesso vengono a fare shopping in Italia. Ricordo che l’Opa del Banco Bpm su Anima era stata lanciata per evitare un possibile assedio di Amundi. Ora, con Bpce e Generali intenzionati a creare uno dei gruppi più importanti del risparmio con un accordo al 50%, comincia una nuova storia", evidenzia.

"Bisogna in primis premettere - continua l'analista - che tutte le società estere che hanno fatto shopping di banche o di Istituti Finanziari, come prima cosa, si sono portate il malloppo a casa. Mi viene in mente - prosegue - l’esempio di quanto accaduto a due società (in cui ho lavorato): Bnp Paribas Investment Partners, che ha acquistato l’allora Bnl Gestioni Sgr e, poco dopo, le gestioni si sono spostate a Parigi. Non è andata molto meglio a Finanza e Futuro, acquisita da Deutsche Bank – unita all’allora Deutsche Bank Fondi in Dws Investments, i cui prodotti sono stati gradualmente gestiti sempre più da Francoforte, per poi sparire del tutto".

"Il rischio principale - afferma - è culturale, e bisognerà vedere, per esempio, quale delle due entità esprimerà il direttore investimenti. Non appena sarà arrivata la nomina, metà del corpo di gestori si ritroverà infelice e poco motivata. Lo stesso vale, e potrebbe ripetersi, con l’altra metà del cielo, e cioé il risk management. Fare sentire il team della gestione come un corpo unico e coeso sarà uno dei primi problemi".

"Il secondo rischio - sottolinea - non meno importante, riguarda l’armonia di vedute tra il Presidente, l’Amministratore delegato e i consiglieri: siamo proprio sicuri che le idee e i principi che li muovono saranno veramente gli stessi? Altro pezzo da novanta – e qui sono dolori – sarà l’integrazione comune della piattaforma delle due realtà, peggio ancora se la struttura dovesse essere metà a Parigi e metà in Italia".

La situazione più critica,conclude, è la percentuale azionaria in partenza – 50%/50% (sulla carta): "Io ho fiducia nel Leone, ma scommettiamo che saranno i Francesi ad agguantare quell’1% addizionale che farà tutta la differenza? Se Philippe Donnet, pure francese di suo (e questo molto probabilmente ha agevolato il deal), crede veramente alla fabbrica prodotto piuttosto che voler solo avere una rete di vendita, dovrebbe considerare di indebitarsi per eventualmente portare a casa quel che basta per raggiungere il bottino pieno". (di Andrea Persili)

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Finanza

Commerzbank, Berlino contro Unicredit: “Condotta...

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Il ministro delle Finanze Joerg Kukies critica le mosse del gruppo italiano e avverte: "I takeover ostili non funzionano per le banche sistemiche"

Il ministro delle Finanze tedesco Joerg Kukies  - (foto Adnkronos)

Il governo rossoverde tedesco attacca Unicredit per le grandi manovre su Commerzbank. Il ministro delle Finanze Joerg Kukies ha detto, a margine dell'Eurogruppo a Bruxelles, che la banca guidata da Andrea Orcel, acquistando azioni Commerzbank, ha tenuto una condotta "non trasparente, molto opaca" e ha ribadito che il governo tedesco resta profondamente "convinto" che le acquisizioni "ostili" non sono il modo corretto di procedere, quando si parla di banche di "rilevanza sistemica" come l'istituto di Francoforte. Kukies, iscritto all'Spd fin dalla gioventù, è subentrato al liberale Christian Lindner, considerato un alleato di Unicredit nel possibile takeover su Commerzbank, quando la coalizione semaforo è andata in frantumi, all'indomani della vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali Usa.

Kukies, nato a Magonza nel 1968, è un economista e ha lavorato a lungo per Goldman Sachs, sia a Londra che a Francoforte, dove ha diretto per quattro anni la filiale tedesca della banca d'affari americana. E' poi diventato il principale consigliere economico del cancelliere Olaf Scholz e oggi dirige il Ministero delle Finanze. E' considerato l'ispiratore della svolta 'Hamiltoniana' che la Germania ha compiuto nel 2020, dando via libera a Next Generation Eu, con Angela Merkel cancelliera e Scholz ministro delle Finanze. Quindi, la critica a Unicredit arriva da un ministro che sa bene di cosa parla.

Pur scontando il fatto che in Germania le elezioni sono alle porte, le parole di Kukies confermano la forte irritazione dell'Spd per le mosse di Unicredit. A chi gli ha chiesto perché una compagnia aerea tedesca possa comprare una compagnia italiana, come ha fatto Lufthansa entrando nel capitale di Ita, nata dalle ceneri di Alitalia, mentre ad una banca italiana non è concesso acquisire una concorrente tedesca, Kukies ha risposto che "questo è fattualmente non vero, perché Unicredit ha comprato una delle maggiori banche tedesche, la HypoVereinsBank", acquisita nel 2005 da Alessandro Profumo.

"Siamo un mercato bancario molto, molto aperto - ha continuato Kukies - recentemente una banca olandese ha comprato una delle maggiori banche private tedesche". Nel maggio scorso, Abn Amro ha concordato l'acquisto della Hauck Aufhäuser Lampe (Hal) dal gruppo cinese Fosun. Non solo: "Una banca francese ha comprato una grande banca privata tedesca", ha sottolineato il ministro, riferendosi al recente acquisto delle attività di private banking in Germania di Hsbc da parte di Bnp Paribas.

"Compagnie assicurative di Francia e Italia - ha proseguito Kukies - sono molto attive, hanno acquisito compagnie tedesche. Lo stesso vale per le società di gestione del risparmio. Il mercato finanziario tedesco è generalmente molto, molto aperto. Quello di cui siamo preoccupati in questo caso specifico è la condotta molto non trasparente e opaca della banca" acquirente, cioè Unicredit, "perché siamo profondamente convinti che i takeover ostili non sono una ricetta per il successo, quando si tratta di banche di rilevanza sistemica". Intende dire che il management di Unicredit dovrebbe parlare dell'operazione con il governo tedesco? "Questo sta a loro" deciderlo, ha tagliato corto Kukies.

Insomma, il ministro ha fatto chiaramente capire che il governo in carica non ha affatto gradito il modo in cui Unicredit si è mossa in Germania. Il gruppo bancario milanese, sotto la guida del Ceo Andrea Orcel, è salito al 28% circa del capitale di Commerzbank, tramite strumenti derivati. Il governo tedesco, a guida Spd, ha detto più volte di non gradire l'iniziativa della banca italiana, che tra l'altro è anche impegnata anche in una operazione domestica, l'Ops su Banco Bpm, che ha visto reazioni negative da parte del leader della Lega Matteo Salvini e del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Alcuni vedono in Banco Bpm l'acquirente ideale per mettere al sicuro Banca Mps, salvata dallo Stato con una ricapitalizzazione precauzionale approvata dall'Ue a condizione che la presenza del Mef nel capitale sia temporanea.

In Germania si vota tra poco più di un mese e l'Spd è tradizionalmente molto sensibile agli umori dei sindacati tedeschi: i rappresentanti dei bancari hanno accolto con dichiarazioni ostili la prospettiva di finire acquisiti da Unicredit. Il gruppo bancario italiano è gestito assai meglio della banca tedesca, che dovette essere salvata dallo Stato nel 2010, non appena la crisi finanziaria iniziata negli Usa per via dei mutui subprime esplose in Europa: Commerzbank ha un rapporto costi/ricavi intorno al 60%, molto superiore a quello del gruppo di piazza Gae Aulenti (sotto il 40%). Tanto che il Financial Times ha riportato che Commerzbank starebbe preparando un piano che prevedrebbe il taglio di migliaia di posti di lavoro.

L'operazione Unicredit-Commerzbank è comunque non da oggi guardata con speciale attenzione a Bruxelles: come ha spiegato un alto funzionario Ue, viene considerata una vera "prova del nove" per l'Unione Bancaria ed è già stata esplicitamente menzionata come tale nelle discussioni tra i ministri delle Finanze. Il futuro dell'operazione appare legato anche al risultato delle prossime elezioni in Germania e agli equilibri politici che ne scaturiranno: bisognerà vedere, in particolare, cosa ne pensa Friedrich Merz, leader della Cdu, che allo stato appare come il più probabile successore di Scholz alla Cancelleria.

Il leader cristianodemocratico ha criticato il governo per la gestione "dilettantesca" della cessioni di azioni Commerzbank a Unicredit (lo Stato è azionista della banca dal 2010). Intanto, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti oggi a Bruxelles ha avuto un colloquio proprio con Kukies, a margine dell'Eurogruppo. Nell'incontro, definito "cordiale", si è registrata una "condivisione di vedute su semplificazione, competitività e sulle comuni prospettive economiche e finanziarie". Il titolo Unicredit oggi in piazza Affari ha chiuso a 43,12 euro, in rialzo dell'1,54%, sovraperformando l'indice di settore Ftse Italia All Share Banks (+0,8%), in una giornata fiacca per la Borsa milanese, dove il Ftse Mib ha chiuso in calo dello 0,34% a 36.143 punti.

(di Tommaso Gallavotti)

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Finanza

Generali e Natixis, nasce una joint venture nel risparmio...

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Philippe Donnet: “Perdita sovranità finanziaria? E' uno scherzo: il risparmio degli italiani è e resterà nelle compagnie assicurative italiane"

Generali - Fotogramma

È ufficiale: Generali e Natixis hanno siglato l’accordo (un Memorandum of Understanding non vincolante) per la creazione di una joint venture che segna una svolta epocale nel settore del risparmio gestito. L’intesa, approvata dal consiglio di amministrazione del Leone di Trieste, rappresenta una pietra miliare nella strategia di internazionalizzazione delle piattaforme di asset management delle due realtà, con numeri che promettono di ridefinire gli equilibri globali del settore.

I numeri della joint venture

La nuova entità gestirà asset under management (Aum) per un totale di circa 1.900 miliardi di euro, con una gamma completa di strategie che coprono tutte le asset class: reddito fisso (65%), azionario (21%), mercati privati e altri franchise (14%). Le sinergie pre-tasse stimate raggiungono i 210 milioni di euro, cui si aggiungono ulteriori 70 milioni derivanti dalle recenti operazioni su Conning e MGG. Sul fronte economico, la joint venture può vantare ricavi pro forma 2023 di 4,1 miliardi di euro e un utile netto adjusted di 700 milioni, con un cost/income ratio del 74%.

Un progetto di portata globale

L’operazione prevede una presenza globale fortemente radicata in Europa (61% degli Aum), con focus su Italia e Francia, e un’importante penetrazione in Nord America (34%). Non manca, inoltre, una crescente presenza nei mercati asiatici e in altre aree internazionali (5%). I clienti saranno principalmente compagnie assicurative e fondi pensione (61% degli AUM), seguiti da investitori istituzionali, retail e wholesale.

Governance condivisa

La governance riflette l’equilibrio tra le due parti: Nicolas Namias, Ceo di BPCE (controllante di Natixis), sarà il presidente del consiglio di amministrazione, mentre il Ceo di Generali, Philippe Donnet, ricoprirà la carica di vicepresidente. Alla guida operativa della nuova società ci sarà Woody Bradford, attuale Ceo di Generali Investment Holdings, affiancato da Philippe Setbon, oggi Ceo di Natixis Investment Managers, in qualità di vice-Ceo.

Un piano strategico ambizioso

Philippe Donnet ha sottolineato che l’accordo è “pienamente in linea con la strategia di crescita di Generali” e con il piano industriale 2027, che sarà presentato ufficialmente a Venezia nei prossimi giorni. Tra i pilastri del progetto, l’espansione internazionale e il consolidamento della leadership nel settore dell’asset management. Gli asset conferiti da Generali nella joint venture ammontano a oltre 630 miliardi di euro, evidenziando il peso significativo del Leone di Trieste nell’accordo.

Rassicurazioni sul risparmio italiano

In merito alle preoccupazioni sulla perdita di sovranità finanziaria, Donnet ha liquidato le polemiche come infondate: “E' uno scherzo: il risparmio degli italiani è e resterà nelle compagnie assicurative italiane. I nostri clienti continueranno a possedere gli asset e a decidere gli investimenti” (di Andrea Persili).

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