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Ex dipendente spegne sistemi informatici, British Museum parzialmente chiuso
L'uomo, licenziato la scorsa settimana, è stato arrestato
Il British Museum a Londra è stato parzialmente chiuso ai visitatori dopo che un ex dipendente ha spento alcuni sistemi informatici, prima di essere bloccato e arrestato. Lo ha reso noto lo stesso museo, specificando che alcuni gallerie sono state chiuse ieri e che nel weekend l'accesso ai visitatori sarà limitato, dando la priorità a chi ha già comprato i biglietti.
Un portavoce del British Museum ha detto alla Bbc: "Un ex dipendente che era stato licenziato la scorsa settimana è entrato nel museo e ha spento diversi dei nostri sistemi. E' intervenuta la polizia, che lo ha arrestato sulla scena. Stiamo lavorando per riportare il museo alla piena operatività, ma purtroppo le nostre mostre temporanee resteranno chiuse nel weekend".
Esteri
Chicago, raid per arrestare migranti: in campo lo...
Honan, l'uomo scelto dal presidente per attuare la 'deportazione di massa', coordina l'operazione
Sono partiti raid per arrestare migranti a Chicago, in applicazione della nuova politica di rimpatri forzati varata dal presidente Donald Trump negli Stati Uniti. Ad annunciarlo è stato l'Us Immigration and Customs Enforcement, il temutissimo Ice, che, in un comunicato, ha parlato di collaborazione con altre agenzie federali - tra le quali Fbi e la Dea - per "operazioni mirate rafforzate" tese a "proteggere la sicurezza pubblica e nazionale tenendo stranieri criminali potenzialmente pericolosi fuori dalle nostre città".
A supervisionare i raid sono arrivati nella città a guida democratica Tom Honan, lo zar del confine a cui Trump ha affidato la gestione di quella che ha promesso come "una deportazione di massa" di milioni di migranti, e il vice ministro della Giustizia ad interim, Emil Bove, secondo quanto riferisce il Chicago Sun Times.
Ieri, associazioni per la tutela dei diritti dei migranti avevano presentato in extremis una ricorso contro i già da giorni annunciati raid a Chicago, sostenendo che con questa azione l'intenzione è quella di "fare della città un esempio per schiacciare il movimento delle città santuario", violando il primo e il quarto emendamento della Costituzione.
Esteri
La Colombia rimanda indietro voli con migranti espulsi. Ira...
Il presidente colombiano Gustavo Petro: "Non sono criminali, su aerei civili trattati con rispetto accoglieremo nostri cittadini". E mette a disposizione l'aereo presidenziale per il rimpatrio
Il presidente colombiano Gustavo Petro sfida Donald Trump e la sua nuova politica dei rimpatri forzati dei migranti. "Un migrante non è un delinquente e deve essere trattato con la dignità che un essere umano merita" ha scritto su X il presidente della Colombia, facendo riferimento alle foto, pubblicizzate dalla stessa Casa Bianca, con i rimpatriati con catene alle mani e ai piedi. "Per questo motivo ho fatto tornare indietro gli aerei militari statunitensi con a bordo migranti colombiani" spiega.
Los EEUU no pueden tratar como delincuentes a los migrantes Colombianos.
— Gustavo Petro (@petrogustavo) January 26, 2025
Desautorizo la entrada de aviones norteamericanos con migrantes colombianos a nuestro territorio.
EEUU debe establecer un protocolo de tratamiento digno a los migrantes antes que los recibamos nosotros.
Nel suo post, Petro, eletto nel 2022 come il primo presidente di sinistra della Colombia, non chiude comunque all'idea di accettare i rimpatri - "non posso far sì che i migranti restino in un Paese che non li vuole", ma insiste sulla necessità di protocolli migliori che garantiscano rispetto e dignità per i cittadini colombiani durante il trasferimento.
"Ma se quel Paese li vuole rimandare deve farlo con dignità e rispetto per loro e il nostro Paese. Su aerei civili, senza essere trattati come criminali, riceveremo i nostri connazionali, la Colombia si rispetta".
L'invio dell'aereo presidenziale
Il governo colombiano annuncia, inoltre, che invierà l'aereo presidenziale per trasportare "con dignità" i migranti che l'amministrazione Trump oggi ha cercato di rimpatriare a bordo di aerei militari che Bogotà ha respinto. "Su indicazione del presidente Gustavo Petro, il governo ha messo a disposizione l'aereo presidenziale per facilitare il ritorno dignitoso dei cittadini che sarebbero arrivati questa mattina nel Paese attraverso voli di espulsione", si legge in una nota della presidenza colombiana. Era stato lo stesso Petro ad annunciare di aver rifiutato l'ingresso ai voli militari, affermando che i migranti "non sono criminali".
L'ira di Trump
"Non permetteremo al governo colombiano di violare i suoi obblighi legali di accettare il ritorno di criminali che ha imposto agli Stati Uniti". Così Donald Trump si scaglia contro "il presidente socialista della Colombia Gustavo Petro" per aver bloccato i voli di rimpatro dagli Stati Uniti "con un grande numero di illegali criminali". Ed annuncia su Truth Social una serie di "urgenti e decisi misure di rappresaglia", a partire da "dazi di emergenza del 25% che in una settimana saliranno al 50% su tutti i prodotti che entrano negli Usa".
Trump afferma, inoltre, di avere ordinato "un divieto di viaggio e revoca dei visti a tutti i funzionari del governo colombiano, membri del partito, familiari e sostenitori". Aggiungendo altre misure commerciali e finanziarie, Trump conclude che queste "sono solo l'inizio".
Esteri
Gaza, l’idea di Trump: “Rifugiati ospitati da...
Secco no di Hamas e Jihad islamica: "Deplorevole, sventeremo i progetti del presidente Usa". Rifiuto anche dal Cairo
Rifugiati palestinesi provenienti da Gaza ospitati da Egitto e Giordania. E' questa l'ultima idea che il presidente Usa Donald Trump ha studiato per "ripulire" l’enclave, descritta come un "sito di demolizione". Parlando ai giornalisti dall'Air Force One, Trump - spiega il Washington Post - ha sottolineato: "Stiamo parlando probabilmente di milione e mezzo di persone, semplicemente ripuliamo l’intera zona e diciamo 'è finita'!.
Mentre l’anno scorso l'amministrazione Biden si era opposta allo spostamento forzato dei palestinesi da Gaza o dalla Cisgiordania occupata, Trump ora ha detto di aver parlato con il re Abdullah II di Giordania, complimentandosi con lui per aver ospitato un gran numero di rifugiati palestinesi e aggiungendo che vorrebbe che la Giordania e l’Egitto accogliessero più persone.
"Quasi tutto è demolito e lì la gente muore. Quindi preferirei essere coinvolto con alcune nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove possano magari vivere in pace", ha spiegato il leader Usa. Trump ha quindi affermato che il trasferimento della popolazione potrebbe essere temporaneo o a lungo termine. I suoi ultimi commenti, ricorda il Washington Post, arrivano durante il fragile cessate il fuoco a Gaza che ha portato finora al rilascio di sette ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi e di un'ondata di aiuti umanitari nella martoriata enclave.
Il no di Hamas e Jihad islamica
Alla proposta di Trump, però, si oppongono due dei principali attori nel conflitto. Un alto funzionario di Hamas ha infatti dichiarato che il gruppo militante palestinese si opporrà all'idea del presidente degli Stati Uniti. "Come hanno sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, anche il nostro popolo sventerà tali progetti", le parole di Bassem Naim, membro dell'ufficio politico di Hamas, riferendosi ai commenti di Trump.
Anche la Jihad islamica, movimento islamico palestinese alleato di Hamas a Gaza, si oppone al piano americano, che incoraggerebbe i "crimini di guerra e crimini contro l'umanità".
Definendo l'idea di Trump come "deplorevole" il gruppo, che ha combattuto al fianco di Hamas contro Israele fino al cessate il fuoco del 19 gennaio, ha dichiarato: "Questa proposta rientra nel quadro dell'incoraggiamento dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità, costringendo il nostro popolo a lasciare la propria terra".
Rifiuto anche dall'Egitto
E anche dall'Egitto arriva un secco no. Il Cairo ha infatti informato gli Stati Uniti di aver respinto la proposta del presidente Trump, ha riferito al canale televisivo saudita Al-Hadath una fonte egiziana, secondo cui il piano degli Stati Uniti prevede lo spostamento dei palestinesi da Gaza per un periodo da sei mesi a un anno in tre paesi arabi e un paese in Asia. Il piano specifica che i palestinesi dovranno lasciare i paesi ospitanti all'inizio del 2026, ma non specifica se i rifugiati potranno tornare a Gaza.