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“Panama teme Trump. Ma l’Italia davanti ai dazi è messa meglio della Germania”

Il deputato Andrea Di Giuseppe parla all'Adnkronos dopo aver incontrato i ministri di Panama

La scossa geopolitica causata dal ritorno di Donald Trump “è solo all’inizio”, dice all’Adnkronos Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione Centro e Nord America. Ieri ha incontrato Julio Moltó e Javier Martínez-Acha Vásquez, rispettivamente ministro del Commercio e dell'industria e ministro degli Affari esteri di Panama, a Roma insieme al presidente José Raúl Mulino Quintero. “Ci siamo visti perché a Panama c’è una delle più importanti comunità italiane nel mondo. Certo che c’è preoccupazione per le parole di Trump. Il Canale è stato fatto dagli americani e ora è dominato dai cinesi, è un problema enorme a livello di commercio internazionale e sicurezza nazionale per gli Stati Uniti. Ma non è una fissa di Trump o dei repubblicani: quando si parla di un interesse strategico come questo il 90% della popolazione è d’accordo”.

Panama è una democrazia giovane, e questo governo è in carica da pochi mesi. “Per loro affrontare un contesto geopolitico in rapida evoluzione è una vera prova del nove”, spiega Di Giuseppe, “anche perché si tratta della loro prima esperienza con Trump, che è stato molto duro. Ma non c’è timore che domani mattina i marines irrompano nella capitale. Con un approccio pragmatico e non ideologico potranno trovare soluzioni condivise, il presidente punta a trovare un ‘deal’, un accordo commerciale vantaggioso per entrambi”.

‘Roma vista come ciambella di salvataggio da molti paesi'

“L’Italia è oggi vista come un ponte strategico e, passatemi la battuta, come ciambella di salvataggio nei rapporti tra gli Stati Uniti e il resto del mondo”, dice all’Adnkronos Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione Nord e Centro America, dopo aver incontrato i ministri panamensi in visita a Roma. Secondo Di Giuseppe, l’Italia ha saputo ritagliarsi un ruolo sempre più rilevante grazie alla leadership del governo Meloni, capace di posizionarsi come interlocutore privilegiato tra Washington e l’Europa.

Il deputato ha spiegato che questa posizione rafforza non solo l’immagine del Paese a livello internazionale, ma anche la sua capacità di sostenere le imprese italiane, in particolare le piccole e medie aziende, nell’accesso ai mercati esteri”. Di Giuseppe ha evidenziato che questo ruolo è stato costruito con grande rapidità: inizialmente sotto la presidenza Biden e poi consolidato con Trump, grazie a una visione strategica che ha valorizzato le somiglianze culturali e politiche tra Italia e Stati Uniti. “Dobbiamo essere fieri di questo risultato, che rafforza la nostra influenza globale e garantisce un futuro più stabile per le nostre relazioni transatlantiche”, ha concluso.

'Dazi sfida per l’Europa ma noi messi meglio dei tedeschi’

Il tema dei dazi commerciali rappresenta una delle principali sfide per l’Europa con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. “Dopo l’immigrazione, è il tema centrale di questo inizio mandato”, dice all’Adnkronos Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione Nord e Centro America, “ma per l’Italia i rischi sono più contenuti rispetto ad altre economie come quella tedesca. Il nostro tessuto di piccole e medie imprese, se fino a 3-4 anni fa veniva criticato, oggi è un asset: produciamo beni unici e che difficilmente possono essere prodotti negli Stati Uniti, dunque non c’è l’interesse a colpirli con dazi . A differenza della Germania, che rischia di essere colpita duramente dai dazi per via della sua forte esposizione commerciale e della bilancia commerciale sfavorevole, con grandi aziende direttamente concorrenti delle corporation statunitensi”.

Di Giuseppe ha però avvertito che affrontare il tema dei dazi richiederà realismo e pragmatismo da parte dell’Europa. “Non possiamo permetterci di adottare toni conflittuali o scimmiottare Trump, c’è un evidente squilibrio tra le nostre capacità negoziali. Serve intelligenza per sfruttare i nostri punti di forza, essendo coscienti dei nostri limiti”. Secondo il deputato, parlare oggi di piani economici sui dazi è prematuro, “ci sono troppe variabili in campo: sarà un attento lavoro di accordi e negoziati, ma l’Italia si trova in una posizione unica per affrontare le sfide future grazie alla sua resilienza e al suo approccio strategico”.

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Esteri

Chicago, raid per arrestare migranti: in campo lo...

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Honan, l'uomo scelto dal presidente per attuare la 'deportazione di massa', coordina l'operazione

Agenti dell'Ice

Sono partiti raid per arrestare migranti a Chicago, in applicazione della nuova politica di rimpatri forzati varata dal presidente Donald Trump negli Stati Uniti. Ad annunciarlo è stato l'Us Immigration and Customs Enforcement, il temutissimo Ice, che, in un comunicato, ha parlato di collaborazione con altre agenzie federali - tra le quali Fbi e la Dea - per "operazioni mirate rafforzate" tese a "proteggere la sicurezza pubblica e nazionale tenendo stranieri criminali potenzialmente pericolosi fuori dalle nostre città".

A supervisionare i raid sono arrivati nella città a guida democratica Tom Honan, lo zar del confine a cui Trump ha affidato la gestione di quella che ha promesso come "una deportazione di massa" di milioni di migranti, e il vice ministro della Giustizia ad interim, Emil Bove, secondo quanto riferisce il Chicago Sun Times.

Ieri, associazioni per la tutela dei diritti dei migranti avevano presentato in extremis una ricorso contro i già da giorni annunciati raid a Chicago, sostenendo che con questa azione l'intenzione è quella di "fare della città un esempio per schiacciare il movimento delle città santuario", violando il primo e il quarto emendamento della Costituzione.

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Esteri

La Colombia rimanda indietro voli con migranti espulsi. Ira...

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Il presidente colombiano Gustavo Petro: "Non sono criminali, su aerei civili trattati con rispetto accoglieremo nostri cittadini". E mette a disposizione l'aereo presidenziale per il rimpatrio

Donald Trump e Gustavo Petro (Afp)

Il presidente colombiano Gustavo Petro sfida Donald Trump e la sua nuova politica dei rimpatri forzati dei migranti. "Un migrante non è un delinquente e deve essere trattato con la dignità che un essere umano merita" ha scritto su X il presidente della Colombia, facendo riferimento alle foto, pubblicizzate dalla stessa Casa Bianca, con i rimpatriati con catene alle mani e ai piedi. "Per questo motivo ho fatto tornare indietro gli aerei militari statunitensi con a bordo migranti colombiani" spiega.

Nel suo post, Petro, eletto nel 2022 come il primo presidente di sinistra della Colombia, non chiude comunque all'idea di accettare i rimpatri - "non posso far sì che i migranti restino in un Paese che non li vuole", ma insiste sulla necessità di protocolli migliori che garantiscano rispetto e dignità per i cittadini colombiani durante il trasferimento.

"Ma se quel Paese li vuole rimandare deve farlo con dignità e rispetto per loro e il nostro Paese. Su aerei civili, senza essere trattati come criminali, riceveremo i nostri connazionali, la Colombia si rispetta".

L'invio dell'aereo presidenziale

Il governo colombiano annuncia, inoltre, che invierà l'aereo presidenziale per trasportare "con dignità" i migranti che l'amministrazione Trump oggi ha cercato di rimpatriare a bordo di aerei militari che Bogotà ha respinto. "Su indicazione del presidente Gustavo Petro, il governo ha messo a disposizione l'aereo presidenziale per facilitare il ritorno dignitoso dei cittadini che sarebbero arrivati questa mattina nel Paese attraverso voli di espulsione", si legge in una nota della presidenza colombiana. Era stato lo stesso Petro ad annunciare di aver rifiutato l'ingresso ai voli militari, affermando che i migranti "non sono criminali".

L'ira di Trump

"Non permetteremo al governo colombiano di violare i suoi obblighi legali di accettare il ritorno di criminali che ha imposto agli Stati Uniti". Così Donald Trump si scaglia contro "il presidente socialista della Colombia Gustavo Petro" per aver bloccato i voli di rimpatro dagli Stati Uniti "con un grande numero di illegali criminali". Ed annuncia su Truth Social una serie di "urgenti e decisi misure di rappresaglia", a partire da "dazi di emergenza del 25% che in una settimana saliranno al 50% su tutti i prodotti che entrano negli Usa".

Trump afferma, inoltre, di avere ordinato "un divieto di viaggio e revoca dei visti a tutti i funzionari del governo colombiano, membri del partito, familiari e sostenitori". Aggiungendo altre misure commerciali e finanziarie, Trump conclude che queste "sono solo l'inizio".

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Esteri

Gaza, l’idea di Trump: “Rifugiati ospitati da...

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Secco no di Hamas e Jihad islamica: "Deplorevole, sventeremo i progetti del presidente Usa". Rifiuto anche dal Cairo

Trump e gli sfollati di Gaza - Afp

Rifugiati palestinesi provenienti da Gaza ospitati da Egitto e Giordania. E' questa l'ultima idea che il presidente Usa Donald Trump ha studiato per "ripulire" l’enclave, descritta come un "sito di demolizione". Parlando ai giornalisti dall'Air Force One, Trump - spiega il Washington Post - ha sottolineato: "Stiamo parlando probabilmente di milione e mezzo di persone, semplicemente ripuliamo l’intera zona e diciamo 'è finita'!.

Mentre l’anno scorso l'amministrazione Biden si era opposta allo spostamento forzato dei palestinesi da Gaza o dalla Cisgiordania occupata, Trump ora ha detto di aver parlato con il re Abdullah II di Giordania, complimentandosi con lui per aver ospitato un gran numero di rifugiati palestinesi e aggiungendo che vorrebbe che la Giordania e l’Egitto accogliessero più persone.

"Quasi tutto è demolito e lì la gente muore. Quindi preferirei essere coinvolto con alcune nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove possano magari vivere in pace", ha spiegato il leader Usa. Trump ha quindi affermato che il trasferimento della popolazione potrebbe essere temporaneo o a lungo termine. I suoi ultimi commenti, ricorda il Washington Post, arrivano durante il fragile cessate il fuoco a Gaza che ha portato finora al rilascio di sette ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi e di un'ondata di aiuti umanitari nella martoriata enclave.

Il no di Hamas e Jihad islamica

Alla proposta di Trump, però, si oppongono due dei principali attori nel conflitto. Un alto funzionario di Hamas ha infatti dichiarato che il gruppo militante palestinese si opporrà all'idea del presidente degli Stati Uniti. "Come hanno sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, anche il nostro popolo sventerà tali progetti", le parole di Bassem Naim, membro dell'ufficio politico di Hamas, riferendosi ai commenti di Trump.

Anche la Jihad islamica, movimento islamico palestinese alleato di Hamas a Gaza, si oppone al piano americano, che incoraggerebbe i "crimini di guerra e crimini contro l'umanità".

Definendo l'idea di Trump come "deplorevole" il gruppo, che ha combattuto al fianco di Hamas contro Israele fino al cessate il fuoco del 19 gennaio, ha dichiarato: "Questa proposta rientra nel quadro dell'incoraggiamento dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità, costringendo il nostro popolo a lasciare la propria terra".

Rifiuto anche dall'Egitto

E anche dall'Egitto arriva un secco no. Il Cairo ha infatti informato gli Stati Uniti di aver respinto la proposta del presidente Trump, ha riferito al canale televisivo saudita Al-Hadath una fonte egiziana, secondo cui il piano degli Stati Uniti prevede lo spostamento dei palestinesi da Gaza per un periodo da sei mesi a un anno in tre paesi arabi e un paese in Asia. Il piano specifica che i palestinesi dovranno lasciare i paesi ospitanti all'inizio del 2026, ma non specifica se i rifugiati potranno tornare a Gaza.

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