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Elezioni in Bielorussia tra paura e repressione, oggi voto farsa per confermare Lukashenko
Il leader da 31 anni al potere ottiene il settimo mandato
Aleksandr Lukashenko è stato rieletto al suo settimo mandato da presidente della Bielorussia con l'87,6%, secondo un exit poll pubblicato al termine di quelle che l'opposizione e la Ue hanno definito elezioni farsa, senza una reale competizione. Il 70enne autocrate bielorusso, alleato di ferro di Vladimir Putin, al potere dal 1994, viene rieletto al settimo mandato, con tutti i leader dell'opposizione in prigione o in esilio. "Abbiamo una democrazia forte in Bielorussia. Non facciamo pressione su nessuno e non faremo tacere nessuno", ha detto Lukashenko ai giornalisti dopo aver votato.
Le elezioni farsa sono andate in scena in un clima di paura diffusa e repressione. Si tratta del primo voto dopo che nel 2020 l'oppositrice Svyatlana Tsikhanouskaya era riuscita a mettere in ombra Aleksandr Lukashenko, al potere dal 1994.
Cinque i candidati: Lukashenko, tre rappresentanti di partiti filogovernativi e Hanna Kanapatskaya, formalmente indipendente ma indicata dall'opposizione comunque come emanazione del regime sempre più vicino alla Russia di Vladimir Putin.
L'unica novità? Quello di oggi potrebbe essere l'ultimo voto per Lukashenko che ha 70 anni, possibili problemi di salute e che di recente ha iniziato a parlare della necessità di un rinnovo generazionale della classe politica del Paese. Gli scenari futuri, ma ben oltre il voto, sono il passaggio di poteri a uno dei figli, notoriamente al più giovane e preferito, Mikalay, chiamato Kolya, che ora ha 20 anni, o al Consiglio di sicurezza dell'Assemblea di tutti i popoli della Bielorussia, organismo ora presieduto da Lukashenko e a cui è stato dato status costituzionale dal 2022.
Clima teso, stretta su media e opposizione dal 2020
La campagna elettorale si è svolta in un clima molto teso, e in assenza di media indipendenti, dopo l'ulteriore inasprimento sull'opposizione e la stretta sulla società civile (sono state costrette a chiudere negli ultimi quattro anni 1.161 ong) operato dalle autorità dopo le proteste in seguito alle precedenti elezioni presidenziali nel 2020.
Ci sono 1.246 prigionieri politici, incluso il Premio Nobel per la pace Ales Byayatski, attivisti e numerosi giornalisti, secondo i dati di Viasna, di cui Byalyatsky è presidente. Non sono stati autorizzati ad avere contatti con familiari e avvocati da più di un anno Maksim Znak, Viktar Babaryka, Mikalai Statkevich, Siarhei Tsikhanouski, il marito di Svetlana, ora leader dell'opposizione, e molti altri. La loro è considerata una "scomparsa forzata" a tutti gli effetti.
Più di 3.270 persone sono state condannate per aver preso parte alle proteste in seguito al voto del 2020, ma il numero di coloro che sono stati condannati per motivi politici da allora potrebbe essere il doppio, sempre secondo Viasna.
La repressione del 'padre' bielorusso: via i figli agli oppositori
In un post su TikTok, dove è sbarcato in vista del voto di oggi, Lukashenko, eletto per la prima volta nel luglio del 1994, ha detto: "Non c'è bisogno di impegnarsi". Non saranno aperti seggi all'estero. Sono state aumentate pensioni e salari pubblici e graziati decine di prigionieri politici, anche se nessuno degli esponenti più in vista. "Batka" (padre), come si fa chiamare Lukashenko, era direttore di una fattoria collettiva di maiali prima di impegnarsi in una campagna populista e contro la corruzione delle nuove elite che lo ha fatto eleggere deputato nel 1993.
La candidatura di Tsikhanoushkaya nel 2020, che si era presentata dopo l'arresto del marito, aveva dato nuova vita all'opposizione che per mesi dopo il voto era scesa in piazza a Minsk per chiedere nuove elezioni e denunciare le frodi. Migliaia di persone erano state arrestate. Tsikhanoushkaya era stata costretta, come molti altri dissidenti, all'esilio in Lituania, da dove ha chiesto di evitare proteste, per evitare il ripetersi della violenta repressione, ma piuttosto di scegliere sulla scheda elettorale l'opzione "voto contro tutti".
Fra le tattiche intimidatorie adottate dal regime in vista delle elezioni, quella di portare via i figli degli attivisti legati all'opposizione, pratica riservata in precedenza solo ai figli dei prigionieri politici, una variante di quanto messo in atto anche in Russia, notoriamente nel caso di Masha Moskalev, la ragazzina di 12 anni che nel 2022 era stata sottratta al padre e mandata in orfanotrofio, e poi dalla madre con cui non aveva mai vissuto, dopo aver fatto un disegno contro la guerra in Ucraina a scuola.
La famiglia dell'attivista Vasyl (nome di fantasia) è stata di recente, dopo la sua incriminazione lo scorso anno per aver diffuso materiale estremista, inserita nella lista ufficiale di quelle "in situazione socialmente pericolosa", uno status che può costare, a lui e alla moglie, la perdita dei diritti genitoriali e ai loro figli l'orfanotrofio. Anche solo iscriversi a uno dei media proibiti, o rilanciare e commentare post anti Lukashenko, può portare all'incriminazione per diffusione di materiale estremista.
Una commissione speciale discute e decide se inserire una famiglia alla lista di quelle in situazioni socialmente pericolose nel giro di soli 15 minuti, denuncia Radio Free Europe. L'attivista Alena Lazarchyk ha perso la custodia del figlio dopo essere stata arrestata per aver protestato contro le elezioni del 2020.
Le famiglie incluse nella lista di quelle socialmente pericolose vengono tenute sotto controllo. Medici o funzionari pubblici fanno loro visita non annunciata anche fino a sei volte a settimana. A Vasyl erano stati dati tre mesi per "intraprendere un percorso di correzione". Se non lo avesse fatto i suoi figli sarebbero stati "portati via dalla famiglia". Per questo ha lasciato la Bielorussia.
Nel 2023 tribunali del Paese hanno emesso sentenze per rimuovere i diritti genitoriali di 1.225 uomini, 595 donne e 467 coppie, come ha denunciato la giudice della regione di Brest, Svyatlana Ilyushina, senza precisare quanti di questi casi fossero motivati politicamente. Lo scorso novembre, ci sono stati un centinaio di operazioni delle forze di sicurezza contro il Consiglio di coordinamento dell'opposizione. Condannati in contumacia una ventina di accademici, giornalisti e attivisti. Oggi, quindi, l'ultimo voto farsa.
Esteri
“Trump junior spara a specie protette nella laguna di...
Da Zanoni, consigliere veneto di Europa Verde, denuncia ai carabinieri e interrogazione: "Il Veneto e l'Italia non sono proprietà degli Usa"
Donald Trump Junior a caccia di specie protette nella laguna di Venezia. A denunciarlo è Andrea Zanoni, consigliere veneto di Europa Verde, che in un post su Facebook annuncia di aver depositato un'interrogazione per denunciare i fatti: "Il Veneto e l'Italia non sono proprietà degli Usa".
"In un video della Field Ethos - The global hunt for adventure - ho osservato diverse scene di caccia agli anatidi nella laguna di Venezia, girate recentemente in Valle Pierimpie’ a Campagna Lupia (VE) - scrive Zanoni - L’area è tutelata dalle norme europee e fa parte di un sito della Rete Natura 2000 UE, come Zona Speciale di Conservazione denominata ‘Laguna medio-inferiore di Venezia’. Il video mostra alcune persone, tra cui Donald Trump Junior, mentre uccidono diverse anatre".
Il video
"Nel video si vede Trump J. con in primo piano una Casarca (Tadorna ferrugginea), un’anatra molto rara in tutta Europa e protetta dalla direttiva UE Uccelli e dalla legge italiana sulla tutela della fauna selvatica, la L. 157/1992. L’uccisione o la detenzione di questo animale è sanzionata penalmente e perciò per la legge italiana costituisce un preciso reato di competenza della magistratura - scrive ancora il consigliere veneto - Trump J. in Italia non avrebbe potuto cacciare. Solo i residenti di una delle regioni italiane possono cacciare in italia perché serve avere obbligatoriamente il tesserino di caccia che per legge viene rilasciato dalla Regione di residenza del richiedente".
Interrogazione e denuncia
"Ho depositato un’interrogazione affinché la Regione riferisca quali sanzioni intende mettere in atto, come la sospensione o revoca dell’autorizzazione nei confronti dell’azienda faunistica venatoria e dei responsabili di atti in violazione delle norme italiane ed europee - sottolinea Zanoni - Non è la prima volta che denuncio episodi simili: nel 2009 denunciai Re Juan Carlos per una battuta di caccia senza tesserino venatorio nell’Azienda Faunistico Venatoria di Valle Dragojesolo degli Stefanel. L’attuale governo Meloni sembra ormai tenuto a guinzaglio dal nuovo corso politico degli USA, con esercitazioni militari dell’USAF in aree protette dall’UE nel trevigiano (ho denunciato i fatti la scorsa settimana in merito al sito delle grave del Piave a Ciano del Montello) e ora il figlio di Trump a caccia di specie protette nella laguna di Venezia. Il Veneto e l’Italia non sono proprietà USA".
Zanoni ha inoltre presentato una denuncia ai Carabinieri forestali di Mestre Venezia contro Donald Trump Jr., accusando il figlio del presidente degli Stati Uniti di aver cacciato nella Laguna dì Venezua senza avere né la licenza di caccia rilasciata dalla Questura, né il tesserino di caccia e di aver abbattuto alcune specie protette, come emergerebbe dal video che lo stesso Zanoni ha diffuso ieri. Il video, secondo l'esponente di Ev, sarebbe stato girato a metà dicembre.
Fratelli d'Italia: "Solita caccia alle streghe della sinistra"
“Siamo fieri che Donald Trump Jr. abbia deciso di venire nel nostro Veneto per vivere un’esperienza unica. È inaccettabile che la sinistra continui con la solita caccia alle streghe contro chi, come Trump, ha legittimamente vinto le elezioni e rappresenta un modello di leadership e valori per milioni di persone nel mondo. Non possiamo accettare che una visita privata diventi un pretesto per attacchi strumentali contro Trump Jr. Se ha operato nel rispetto delle regole, come sembra essere il caso, non c’è motivo per questa isteria mediatica”. Così in una nota il consigliere regionale veneto di Fratelli d’Italia, Joe Formaggio.
Esteri
Ucraina e la guerra della propaganda: nel Kursk soldati per...
Mosca accusa le forze ucraine di uccisioni indiscriminate di civili e abusi, ma per Kiev le accuse sono false e non sostenute da prove
Nella guerra Ucraina-Russia anche la propaganda ha un ruolo fondamentale verso la vittoria. Lo sa bene Kiev che punta ora sulla narrazione per "vincere i cuori e le menti" dei russi. Nel Kursk è stata infatti dispiegata una unità militare ucraina impegnata in uno sforzo di propaganda proprio mentre Mosca ricorre alla narrativa della 'Bucha di Kursk', con accuse che Kiev smentisce e che, al momento non sono sostenute da elementi di prova.
I soldati disarmati che aiutano la popolazione
Mentre alle forze regolari è stato chiesto di ridurre al minimo le interazioni con i civili che vivono nelle zone occupate, un piccolo gruppo di soldati fa esattamente l'opposto. Indossano uniformi, ma sono disarmati. Fanno visita ai residenti, aiutano le consegne di cibo e medicine, cercano di persuadere i russi ad abbandonare la loro lealtà per Vladimir Putin.
Ed effettuano riprese video della loro opera, per moltiplicare l'effetto di questo lavoro fra i russi. Un documentario è in fase di postproduzione e a produrlo è un ufficiale di Kiev che aveva documentato le atrocità commesse dai russi a Bucha.
Instillare il dubbio in anziani pensionati sovietici rimasti isolati
Molti dei civili con cui parlano sono pensionati in epoca sovietica e altre persone 'fragili' che non sono state in grado di lasciare la regione occupata dallo scorso agosto. Sono tagliati fuori dalle comunicazioni e dalle informazioni, non dispongono di una rete telefonica attiva, spesso neanche di corrente elettrica. Nessuno smentisce che i loro telefoni cellulari siano stati sequestrati dalle forze ucraine nei primi giorni dell'occupazione. Gli ucraini che vedono sono i loro unici contatti.
La strategia di Dmytrashkivskyi
"Impiantano i semi della verità nelle loro menti e sono certo che prima o poi si svilupperanno", spiega il colonnello Oleksii Dmytrashkivskyi, a capo della divisione media delle forze che sta documentando l'incursione e portavoce delle forze ucraine a Kursk, in una intervista al Washington Post dopo che Mosca ha denunciato uccisioni indiscriminate e abusi di civili nel Kursk da parte delle forze ucraina e l'esplosione di una bomba planante contro una scuola usata come rifugio di civili a Sudzha in cui si trovavano decine di civili ucraini, la maggior parte dei quali anziani o disabili. Accuse che Dmytrashkivskyi respinge categoricamente. Nella scuola, secondo Kiev, sono morte 4 persone e altre 10 sono rimaste ferite. Altre quattro sono disperse.
Subito dopo la sua nomina lo scorso agosto, Dmytrashkivskyi, che aveva prodotto un documentario sui massacri dei civili a Bucha da parte delle forze russe, poco dopo l'inizio dell'invasione, ha accompagnato i medici militari inviati a prestare assistenza e cure ai civili bisognosi e per cercare civili russi da reclutare come "contatti" per le forze di Kiev. La maggior parte dei civili non evacuati sono persone che hanno bisogno di cure, precisa. La scorsa estate avevano soccorso una donna nuda, nel letto a cui era costretta, coperta di vermi ma viva. Un'altra donna che avevano nominato come loro contatto in un insediamento è stata minacciata dalla suocera che voleva denunciarla ai russi come traditrice.
L'opera di persuasione funziona
In molti di questi primi incontri "ho sentito odio" nei nostri confronti, ha spiegato il portavoce. Ma con il passare del tempo, le cose sono cambiate. Ha appreso le storie delle rivalità fra vicini e quelle d'amore. Secondo lui, dalla scora estate a dicembre, sono stati uccisi 36 civili, 100 sono stati feriti, in raid aerei e di droni russi. Altri 76 civili sono morti "per cause naturali". Dall'inizio dell'anno, è diventato più difficile seguire il bilancio delle vittime che sono aumentate.
Kiev assicura che viene rispettata la richiesta dei civili russi che non vogliono comunicare o essere ripresi. Ma Dmytrashkivskyi ammette che il suo lavoro ha implicazioni etiche, è difficile, ed emotivamente impegnativo. Anche perché alcuni soldati della sua unità hanno perso amici o parenti nella guerra.
Esteri
Israele-Hamas, iniziati colloqui per seconda fase accordo....
Attaccato un checkpoint a Tayasir: morti due soldati. Oggi l'incontro Trump-Netanyahu. Tel Aviv manda delegazione a Doha per seconda fase accordo
Due soldati israeliani sono morti oggi per le gravi ferite riportate nell'attacco sferrato questa mattina contro un checkpoint delle Idf nei pressi del villaggio di Tayasir, a est di Jenin nel nord della Cisgiordania. Lo rende noto l'Idf.
Uno dei soldati uccisi è il sergente maggiore Ofer Yung, 39 anni, comandante di squadra dell'8211esimo battaglione di riserva della brigata regionale Ephraim, di Tel Aviv. Il nome del secondo soldato ucciso verrà reso noto in seguito, spiega l'Idf.
L'uomo che ha sparato contro il checkpoint dell'esercito israeliano è stato ucciso mentre tentava la fuga, ha spiegato l'Idf. L'attacco ''è una risposta alla escalation dell'aggressione israeliana in Cisgiordania'', ha dichiarato il portavoce di Hamas Abdul Latif Al-Qanou, sottolineando che ''il nostro popolo ha diritto a difendersi''. ''Il mancato riconoscimento delle responsabilità dell'occupazione e il silenzio internazionale incoraggiano l'occupazione a commettere una guerra di sterminio in Cisgiordania, simile a quella condotta nella Striscia di Gaza'', ha aggiunto l'esponente di Hamas.
Hamas: iniziati colloqui per seconda fase accordo
Sono iniziati i colloqui tra mediatori per la seconda fase dell'accordo tra Hamas e Israele per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e lo scambio tra ostaggi e detenuti palestinesi. Lo rende noto un portavoce di Hamas, Abdul Latif Al-Qanou, citato dai media arabi. "La seconda fase di contatti di negoziati è iniziata e siamo interessati in questa fase al soccorso e alla ricostruzione per il nostro popolo nella Striscia di Gaza", ha dichiarato.
Una delegazione israeliana sarà a Doha alla fine della settimana per la ripresa dei colloqui. In una nota diffusa dall'ufficio del premier dopo l'incontro a Washington tra Benjamin Netanyahu e i consigliere di Donald Trump si legge che "Israele si sta preparando perché la delegazione di lavoro parta per Doha alla fine di questa settimana per discutere i dettagli tecnici legati all'attuazione continuata dell''accordo".
A Jenin si va verso situazione catastrofica
Sta andando verso ''una direzione catastrofica'' la situazione nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, dove le Idf e lo Shin Bet hanno lanciato l'operazione militare congiunta 'Muro di ferro'. E' l'allarme lanciato dall'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, dopo la distruzione di numerose strutture abitative nel campo. "Il campo sta andando verso una direzione catastrofica'', ha affermato la portavoce dell'Unrwa Juliette Touma incontrando i giornalisti a Ginevra. Ampie zone del campo profughi sono state ''completamente distrutte in una serie di esplosioni provocate dalle forze israeliane'', ha aggiunto Touma.