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“Italia-Bahrein, ecco perché è l’età dell’oro tra i due paesi”. Parla l’ambasciatore
Ausama Alabsi spiega all’Adnkronos l’importanza della visita: 4 delegazioni ministeriali dal Bahrein nei prossimi mesi
“Questa è l’età dell’oro nelle relazioni tra Bahrein e Italia”. L’Adnkronos ha discusso con Ausama Alabsi, ambasciatore del Bahrein in Italia, prima della sua partenza per Manama, dove domani accoglierà il presidente del Consiglio Giorgia Meloni in visita ufficiale. “Questo viaggio nasce dall’invito fatto dal re Hamad bin Isa Al Khalifa a ottobre 2023, quando a Roma è stato ricevuto sia da Meloni che dal presidente Mattarella. Attenzione: questi viaggi non hanno solo un valore cerimoniale: dopo la visita del primo ministro e principe ereditario Salman bin Hamad Al Khalifa nel 2020, nel 2022 l’Italia è diventata il primo partner commerciale del Bahrein nell’Unione Europea”.
Quattro delegazioni ministeriali in visita in Italia
Se chiediamo all’ambasciatore se anche stavolta ci sarà questo effetto, la risposta è netta: “posso dirle che da qui all’estate ci saranno almeno quattro delegazioni ministeriali del Bahrein in arrivo in Italia. I leader di entrambi i paesi aprono la porta, poi sono le ambasciate e il settore privato a sviluppare le opportunità di crescita e scambio. Oggi l’Italia è un attore centrale in Europa e anche a livello globale, e in questo contesto in continua evoluzione è diventato un punto fermo anche per molti paesi del Medio Oriente e del Golfo”, prosegue il diplomatico.
Con Meloni si parlerà di commercio, migrazione, sicurezza nel Mar Rosso
“Il Bahrein è alla guida della Lega Araba fino al prossimo maggio, dunque la visita del presidente del Consiglio Meloni si inserisce in un contesto più ampio di relazioni con un’area del mondo che si sta trasformando velocemente. Si parlerà di relazioni bilaterali, legami commerciali ma anche del ruolo dell’Italia nella protezione del Mar Rosso, dove il vostro paese ha un ruolo importante nel mantenimento della sicurezza e della stabilità”.
Alabsi è un esperto di politiche migratorie, avendo guidato la Labour Market Regulatory Authority (Lmra), istituzione pioneristica che ha gestito con successo l’arrivo di centinaia di migliaia di lavoratori da tutto il mondo. “Durante la visita di Meloni anche questo tema sarà sul tavolo. I paesi del Golfo negli ultimi 60 anni hanno accolto flussi di migranti che, nel nostro caso, arrivano al 53% della popolazione. Siamo a disposizione per i paesi europei interessati a una gestione intelligente di un fenomeno che va affrontato dal punto di vista sociale ed economico”.
“Accordi di Abramo? Molti paesi stanno pensando di unirsi. Con Trump rapporto ottimo”
Il Bahrein è uno dei firmatari originali degli Accordi di Abramo, storico patto siglato alla Casa Bianca nel 2020, durante la prima presidenza Trump, con Israele, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti. Nel frattempo si sono uniti Marocco e Sudan, e con il secondo mandato del presidente americano e la tregua a Gaza, in molti si aspettano un allargamento. “Abbiamo lavorato benissimo insieme al presidente Trump nel suo primo mandato, sono sicuro che i rapporti si rafforzeranno ancora. Il Bahrein ospita la Quinta flotta della Marina americana, e da oltre 20 anni è uno dei principali alleati non-Nato di Washington. Sull’espansione degli Accordi di Abramo, so che molti paesi ci stanno pensando, ovviamente è una loro decisione sovrana, nella quale entrerà il desiderio di normalizzazione dei rapporti nella regione e anche la difesa della causa palestinese”. (di Giorgio Rutelli)
Esteri
Chicago, raid per arrestare migranti: in campo lo...
Honan, l'uomo scelto dal presidente per attuare la 'deportazione di massa', coordina l'operazione
Sono partiti raid per arrestare migranti a Chicago, in applicazione della nuova politica di rimpatri forzati varata dal presidente Donald Trump negli Stati Uniti. Ad annunciarlo è stato l'Us Immigration and Customs Enforcement, il temutissimo Ice, che, in un comunicato, ha parlato di collaborazione con altre agenzie federali - tra le quali Fbi e la Dea - per "operazioni mirate rafforzate" tese a "proteggere la sicurezza pubblica e nazionale tenendo stranieri criminali potenzialmente pericolosi fuori dalle nostre città".
A supervisionare i raid sono arrivati nella città a guida democratica Tom Honan, lo zar del confine a cui Trump ha affidato la gestione di quella che ha promesso come "una deportazione di massa" di milioni di migranti, e il vice ministro della Giustizia ad interim, Emil Bove, secondo quanto riferisce il Chicago Sun Times.
Ieri, associazioni per la tutela dei diritti dei migranti avevano presentato in extremis una ricorso contro i già da giorni annunciati raid a Chicago, sostenendo che con questa azione l'intenzione è quella di "fare della città un esempio per schiacciare il movimento delle città santuario", violando il primo e il quarto emendamento della Costituzione.
Esteri
La Colombia rimanda indietro voli con migranti espulsi. Ira...
Il presidente colombiano Gustavo Petro: "Non sono criminali, su aerei civili trattati con rispetto accoglieremo nostri cittadini". E mette a disposizione l'aereo presidenziale per il rimpatrio
Il presidente colombiano Gustavo Petro sfida Donald Trump e la sua nuova politica dei rimpatri forzati dei migranti. "Un migrante non è un delinquente e deve essere trattato con la dignità che un essere umano merita" ha scritto su X il presidente della Colombia, facendo riferimento alle foto, pubblicizzate dalla stessa Casa Bianca, con i rimpatriati con catene alle mani e ai piedi. "Per questo motivo ho fatto tornare indietro gli aerei militari statunitensi con a bordo migranti colombiani" spiega.
Los EEUU no pueden tratar como delincuentes a los migrantes Colombianos.
— Gustavo Petro (@petrogustavo) January 26, 2025
Desautorizo la entrada de aviones norteamericanos con migrantes colombianos a nuestro territorio.
EEUU debe establecer un protocolo de tratamiento digno a los migrantes antes que los recibamos nosotros.
Nel suo post, Petro, eletto nel 2022 come il primo presidente di sinistra della Colombia, non chiude comunque all'idea di accettare i rimpatri - "non posso far sì che i migranti restino in un Paese che non li vuole", ma insiste sulla necessità di protocolli migliori che garantiscano rispetto e dignità per i cittadini colombiani durante il trasferimento.
"Ma se quel Paese li vuole rimandare deve farlo con dignità e rispetto per loro e il nostro Paese. Su aerei civili, senza essere trattati come criminali, riceveremo i nostri connazionali, la Colombia si rispetta".
L'invio dell'aereo presidenziale
Il governo colombiano annuncia, inoltre, che invierà l'aereo presidenziale per trasportare "con dignità" i migranti che l'amministrazione Trump oggi ha cercato di rimpatriare a bordo di aerei militari che Bogotà ha respinto. "Su indicazione del presidente Gustavo Petro, il governo ha messo a disposizione l'aereo presidenziale per facilitare il ritorno dignitoso dei cittadini che sarebbero arrivati questa mattina nel Paese attraverso voli di espulsione", si legge in una nota della presidenza colombiana. Era stato lo stesso Petro ad annunciare di aver rifiutato l'ingresso ai voli militari, affermando che i migranti "non sono criminali".
L'ira di Trump
"Non permetteremo al governo colombiano di violare i suoi obblighi legali di accettare il ritorno di criminali che ha imposto agli Stati Uniti", dice Trump scagliandosi contro "il presidente socialista della Colombia Gustavo Petro" per aver bloccato i voli di rimpatro dagli Stati Uniti "con un grande numero di illegali criminali". Ed annuncia su Truth Social una serie di "urgenti e decisi misure di rappresaglia", a partire da "dazi di emergenza del 25% che in una settimana saliranno al 50% su tutti i prodotti che entrano negli Usa".
Trump afferma, inoltre, di avere ordinato "un divieto di viaggio e revoca dei visti a tutti i funzionari del governo colombiano, membri del partito, familiari e sostenitori". Aggiungendo altre misure commerciali e finanziarie, Trump conclude che queste "sono solo l'inizio".
La mossa della Colombia: dazi anti-Usa
Ai dazi di Trump, la Colombia risponderà con un provvedimento analogo. All'annuncio di Trump, replica a stretto giro il presidente Petro in un botta e risposta prolungato: "Il vostro blocco non mi spaventa. Sono informato che mettete tariffe del 50%" sull'import colombiano e "io faccio lo stesso”.
Esteri
Gaza, l’idea di Trump: “Rifugiati ospitati da...
Secco no di Hamas e Jihad islamica: "Deplorevole, sventeremo i progetti del presidente Usa". Rifiuto anche dal Cairo
Rifugiati palestinesi provenienti da Gaza ospitati da Egitto e Giordania. E' questa l'ultima idea che il presidente Usa Donald Trump ha studiato per "ripulire" l’enclave, descritta come un "sito di demolizione". Parlando ai giornalisti dall'Air Force One, Trump - spiega il Washington Post - ha sottolineato: "Stiamo parlando probabilmente di milione e mezzo di persone, semplicemente ripuliamo l’intera zona e diciamo 'è finita'!.
Mentre l’anno scorso l'amministrazione Biden si era opposta allo spostamento forzato dei palestinesi da Gaza o dalla Cisgiordania occupata, Trump ora ha detto di aver parlato con il re Abdullah II di Giordania, complimentandosi con lui per aver ospitato un gran numero di rifugiati palestinesi e aggiungendo che vorrebbe che la Giordania e l’Egitto accogliessero più persone.
"Quasi tutto è demolito e lì la gente muore. Quindi preferirei essere coinvolto con alcune nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove possano magari vivere in pace", ha spiegato il leader Usa. Trump ha quindi affermato che il trasferimento della popolazione potrebbe essere temporaneo o a lungo termine. I suoi ultimi commenti, ricorda il Washington Post, arrivano durante il fragile cessate il fuoco a Gaza che ha portato finora al rilascio di sette ostaggi israeliani in cambio di centinaia di prigionieri palestinesi e di un'ondata di aiuti umanitari nella martoriata enclave.
Il no di Hamas e Jihad islamica
Alla proposta di Trump, però, si oppongono due dei principali attori nel conflitto. Un alto funzionario di Hamas ha infatti dichiarato che il gruppo militante palestinese si opporrà all'idea del presidente degli Stati Uniti. "Come hanno sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, anche il nostro popolo sventerà tali progetti", le parole di Bassem Naim, membro dell'ufficio politico di Hamas, riferendosi ai commenti di Trump.
Anche la Jihad islamica, movimento islamico palestinese alleato di Hamas a Gaza, si oppone al piano americano, che incoraggerebbe i "crimini di guerra e crimini contro l'umanità".
Definendo l'idea di Trump come "deplorevole" il gruppo, che ha combattuto al fianco di Hamas contro Israele fino al cessate il fuoco del 19 gennaio, ha dichiarato: "Questa proposta rientra nel quadro dell'incoraggiamento dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità, costringendo il nostro popolo a lasciare la propria terra".
Rifiuto anche dall'Egitto
E anche dall'Egitto arriva un secco no. Il Cairo ha infatti informato gli Stati Uniti di aver respinto la proposta del presidente Trump, ha riferito al canale televisivo saudita Al-Hadath una fonte egiziana, secondo cui il piano degli Stati Uniti prevede lo spostamento dei palestinesi da Gaza per un periodo da sei mesi a un anno in tre paesi arabi e un paese in Asia. Il piano specifica che i palestinesi dovranno lasciare i paesi ospitanti all'inizio del 2026, ma non specifica se i rifugiati potranno tornare a Gaza.