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Origine del Covid, Cia cambia posizione: “Probabile fuga da laboratorio cinese”
Queste le conclusioni a cui è arrivata la Central Intelligence Agency, che ha modificato le sue precedenti valutazioni
E' "probabile" che una fuga del virus da un laboratorio in Cina sia stata all'origine della pandemia di Covid-19. Sono queste le conclusioni a cui è arrivata oggi la Central Intelligence Agency (Cia), dichiarando di aver modificato le sue precedenti valutazioni, ma aggiungendo allo stesso tempo di aver "scarsa fiducia" nel suo giudizio. La pandemia ha avuto come epicentro, nella fase iniziale, la città di Wuhan.
"Sulla base delle segnalazioni disponibili la Cia valuta con scarsa fiducia che un'origine della pandemia di Covid-19 correlata alla ricerca sia più probabile di un'origine naturale", ha affermato un portavoce dell'Agenzia in una nota. "La Cia continua a valutare come plausibili sia gli scenari di origine correlata alla ricerca che quelli di origine naturale della pandemia di Covid-19", ha aggiunto il portavoce, evidenziando che l'agenzia ha "scarsa fiducia in questo giudizio" e continuerà a valutare qualsiasi nuova segnalazione di intelligence o informazione rilevante.
Per anni la Cia ha sostenuto che non fosse chiaro se la pandemia di Covid fosse emersa dall'esposizione umana a un animale infetto o da un evento in un laboratorio di ricerca in Cina. Secondo l'Fbi ed il Dipartimento dell'Energia, invece, era probabile che il virus fosse il risultato di una fuga di laboratorio.
Trump e le polemiche sul 'China virus' nel 2020
Donald Trump, appena tornato alla Casa Bianca come presidente, anche nel suo primo mandato ha sempre fatto riferimento al covid parlando di 'China virus' e collegando l'inizio della pandemia al paese asiatico. Nel 2020, le parole di Trump provocarono la reazione di Pechino: "Chiediamo agli Stati Uniti di correggere il proprio errore e di porre fine alle accuse infondate contro la Cina".
Esteri
“Trump junior spara a specie protette nella laguna di...
Da Zanoni, consigliere veneto di Europa Verde, denuncia ai carabinieri e interrogazione: "Il Veneto e l'Italia non sono proprietà degli Usa"
Donald Trump Junior a caccia di specie protette nella laguna di Venezia. A denunciarlo è Andrea Zanoni, consigliere veneto di Europa Verde, che in un post su Facebook annuncia di aver depositato un'interrogazione per denunciare i fatti: "Il Veneto e l'Italia non sono proprietà degli Usa".
"In un video della Field Ethos - The global hunt for adventure - ho osservato diverse scene di caccia agli anatidi nella laguna di Venezia, girate recentemente in Valle Pierimpie’ a Campagna Lupia (VE) - scrive Zanoni - L’area è tutelata dalle norme europee e fa parte di un sito della Rete Natura 2000 UE, come Zona Speciale di Conservazione denominata ‘Laguna medio-inferiore di Venezia’. Il video mostra alcune persone, tra cui Donald Trump Junior, mentre uccidono diverse anatre".
Il video
"Nel video si vede Trump J. con in primo piano una Casarca (Tadorna ferrugginea), un’anatra molto rara in tutta Europa e protetta dalla direttiva UE Uccelli e dalla legge italiana sulla tutela della fauna selvatica, la L. 157/1992. L’uccisione o la detenzione di questo animale è sanzionata penalmente e perciò per la legge italiana costituisce un preciso reato di competenza della magistratura - scrive ancora il consigliere veneto - Trump J. in Italia non avrebbe potuto cacciare. Solo i residenti di una delle regioni italiane possono cacciare in italia perché serve avere obbligatoriamente il tesserino di caccia che per legge viene rilasciato dalla Regione di residenza del richiedente".
Interrogazione e denuncia
"Ho depositato un’interrogazione affinché la Regione riferisca quali sanzioni intende mettere in atto, come la sospensione o revoca dell’autorizzazione nei confronti dell’azienda faunistica venatoria e dei responsabili di atti in violazione delle norme italiane ed europee - sottolinea Zanoni - Non è la prima volta che denuncio episodi simili: nel 2009 denunciai Re Juan Carlos per una battuta di caccia senza tesserino venatorio nell’Azienda Faunistico Venatoria di Valle Dragojesolo degli Stefanel. L’attuale governo Meloni sembra ormai tenuto a guinzaglio dal nuovo corso politico degli USA, con esercitazioni militari dell’USAF in aree protette dall’UE nel trevigiano (ho denunciato i fatti la scorsa settimana in merito al sito delle grave del Piave a Ciano del Montello) e ora il figlio di Trump a caccia di specie protette nella laguna di Venezia. Il Veneto e l’Italia non sono proprietà USA".
Zanoni ha inoltre presentato una denuncia ai Carabinieri forestali di Mestre Venezia contro Donald Trump Jr., accusando il figlio del presidente degli Stati Uniti di aver cacciato nella Laguna dì Venezua senza avere né la licenza di caccia rilasciata dalla Questura, né il tesserino di caccia e di aver abbattuto alcune specie protette, come emergerebbe dal video che lo stesso Zanoni ha diffuso ieri. Il video, secondo l'esponente di Ev, sarebbe stato girato a metà dicembre.
Fratelli d'Italia: "Solita caccia alle streghe della sinistra"
“Siamo fieri che Donald Trump Jr. abbia deciso di venire nel nostro Veneto per vivere un’esperienza unica. È inaccettabile che la sinistra continui con la solita caccia alle streghe contro chi, come Trump, ha legittimamente vinto le elezioni e rappresenta un modello di leadership e valori per milioni di persone nel mondo. Non possiamo accettare che una visita privata diventi un pretesto per attacchi strumentali contro Trump Jr. Se ha operato nel rispetto delle regole, come sembra essere il caso, non c’è motivo per questa isteria mediatica”. Così in una nota il consigliere regionale veneto di Fratelli d’Italia, Joe Formaggio.
Esteri
Ucraina e la guerra della propaganda: nel Kursk soldati per...
Mosca accusa le forze ucraine di uccisioni indiscriminate di civili e abusi, ma per Kiev le accuse sono false e non sostenute da prove
Nella guerra Ucraina-Russia anche la propaganda ha un ruolo fondamentale verso la vittoria. Lo sa bene Kiev che punta ora sulla narrazione per "vincere i cuori e le menti" dei russi. Nel Kursk è stata infatti dispiegata una unità militare ucraina impegnata in uno sforzo di propaganda proprio mentre Mosca ricorre alla narrativa della 'Bucha di Kursk', con accuse che Kiev smentisce e che, al momento non sono sostenute da elementi di prova.
I soldati disarmati che aiutano la popolazione
Mentre alle forze regolari è stato chiesto di ridurre al minimo le interazioni con i civili che vivono nelle zone occupate, un piccolo gruppo di soldati fa esattamente l'opposto. Indossano uniformi, ma sono disarmati. Fanno visita ai residenti, aiutano le consegne di cibo e medicine, cercano di persuadere i russi ad abbandonare la loro lealtà per Vladimir Putin.
Ed effettuano riprese video della loro opera, per moltiplicare l'effetto di questo lavoro fra i russi. Un documentario è in fase di postproduzione e a produrlo è un ufficiale di Kiev che aveva documentato le atrocità commesse dai russi a Bucha.
Instillare il dubbio in anziani pensionati sovietici rimasti isolati
Molti dei civili con cui parlano sono pensionati in epoca sovietica e altre persone 'fragili' che non sono state in grado di lasciare la regione occupata dallo scorso agosto. Sono tagliati fuori dalle comunicazioni e dalle informazioni, non dispongono di una rete telefonica attiva, spesso neanche di corrente elettrica. Nessuno smentisce che i loro telefoni cellulari siano stati sequestrati dalle forze ucraine nei primi giorni dell'occupazione. Gli ucraini che vedono sono i loro unici contatti.
La strategia di Dmytrashkivskyi
"Impiantano i semi della verità nelle loro menti e sono certo che prima o poi si svilupperanno", spiega il colonnello Oleksii Dmytrashkivskyi, a capo della divisione media delle forze che sta documentando l'incursione e portavoce delle forze ucraine a Kursk, in una intervista al Washington Post dopo che Mosca ha denunciato uccisioni indiscriminate e abusi di civili nel Kursk da parte delle forze ucraina e l'esplosione di una bomba planante contro una scuola usata come rifugio di civili a Sudzha in cui si trovavano decine di civili ucraini, la maggior parte dei quali anziani o disabili. Accuse che Dmytrashkivskyi respinge categoricamente. Nella scuola, secondo Kiev, sono morte 4 persone e altre 10 sono rimaste ferite. Altre quattro sono disperse.
Subito dopo la sua nomina lo scorso agosto, Dmytrashkivskyi, che aveva prodotto un documentario sui massacri dei civili a Bucha da parte delle forze russe, poco dopo l'inizio dell'invasione, ha accompagnato i medici militari inviati a prestare assistenza e cure ai civili bisognosi e per cercare civili russi da reclutare come "contatti" per le forze di Kiev. La maggior parte dei civili non evacuati sono persone che hanno bisogno di cure, precisa. La scorsa estate avevano soccorso una donna nuda, nel letto a cui era costretta, coperta di vermi ma viva. Un'altra donna che avevano nominato come loro contatto in un insediamento è stata minacciata dalla suocera che voleva denunciarla ai russi come traditrice.
L'opera di persuasione funziona
In molti di questi primi incontri "ho sentito odio" nei nostri confronti, ha spiegato il portavoce. Ma con il passare del tempo, le cose sono cambiate. Ha appreso le storie delle rivalità fra vicini e quelle d'amore. Secondo lui, dalla scora estate a dicembre, sono stati uccisi 36 civili, 100 sono stati feriti, in raid aerei e di droni russi. Altri 76 civili sono morti "per cause naturali". Dall'inizio dell'anno, è diventato più difficile seguire il bilancio delle vittime che sono aumentate.
Kiev assicura che viene rispettata la richiesta dei civili russi che non vogliono comunicare o essere ripresi. Ma Dmytrashkivskyi ammette che il suo lavoro ha implicazioni etiche, è difficile, ed emotivamente impegnativo. Anche perché alcuni soldati della sua unità hanno perso amici o parenti nella guerra.
Esteri
Israele-Hamas, iniziati colloqui per seconda fase accordo....
Attaccato un checkpoint a Tayasir: morti due soldati. Oggi l'incontro Trump-Netanyahu. Tel Aviv manda delegazione a Doha per seconda fase accordo
Due soldati israeliani sono morti oggi per le gravi ferite riportate nell'attacco sferrato questa mattina contro un checkpoint delle Idf nei pressi del villaggio di Tayasir, a est di Jenin nel nord della Cisgiordania. Lo rende noto l'Idf.
Uno dei soldati uccisi è il sergente maggiore Ofer Yung, 39 anni, comandante di squadra dell'8211esimo battaglione di riserva della brigata regionale Ephraim, di Tel Aviv. Il nome del secondo soldato ucciso verrà reso noto in seguito, spiega l'Idf.
L'uomo che ha sparato contro il checkpoint dell'esercito israeliano è stato ucciso mentre tentava la fuga, ha spiegato l'Idf. L'attacco ''è una risposta alla escalation dell'aggressione israeliana in Cisgiordania'', ha dichiarato il portavoce di Hamas Abdul Latif Al-Qanou, sottolineando che ''il nostro popolo ha diritto a difendersi''. ''Il mancato riconoscimento delle responsabilità dell'occupazione e il silenzio internazionale incoraggiano l'occupazione a commettere una guerra di sterminio in Cisgiordania, simile a quella condotta nella Striscia di Gaza'', ha aggiunto l'esponente di Hamas.
Hamas: iniziati colloqui per seconda fase accordo
Sono iniziati i colloqui tra mediatori per la seconda fase dell'accordo tra Hamas e Israele per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e lo scambio tra ostaggi e detenuti palestinesi. Lo rende noto un portavoce di Hamas, Abdul Latif Al-Qanou, citato dai media arabi. "La seconda fase di contatti di negoziati è iniziata e siamo interessati in questa fase al soccorso e alla ricostruzione per il nostro popolo nella Striscia di Gaza", ha dichiarato.
Una delegazione israeliana sarà a Doha alla fine della settimana per la ripresa dei colloqui. In una nota diffusa dall'ufficio del premier dopo l'incontro a Washington tra Benjamin Netanyahu e i consigliere di Donald Trump si legge che "Israele si sta preparando perché la delegazione di lavoro parta per Doha alla fine di questa settimana per discutere i dettagli tecnici legati all'attuazione continuata dell''accordo".
A Jenin si va verso situazione catastrofica
Sta andando verso ''una direzione catastrofica'' la situazione nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, dove le Idf e lo Shin Bet hanno lanciato l'operazione militare congiunta 'Muro di ferro'. E' l'allarme lanciato dall'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, dopo la distruzione di numerose strutture abitative nel campo. "Il campo sta andando verso una direzione catastrofica'', ha affermato la portavoce dell'Unrwa Juliette Touma incontrando i giornalisti a Ginevra. Ampie zone del campo profughi sono state ''completamente distrutte in una serie di esplosioni provocate dalle forze israeliane'', ha aggiunto Touma.