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Mps su Mediobanca: la battaglia per Piazzetta Cuccia tra strategie, cavalieri bianchi e dubbi di mercato

Domani il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca si riunirà per esaminare l’offerta pubblica di scambio (Ops) da 13,3 miliardi di euro lanciata lo scorso 24 gennaio da Banca Monte dei Paschi di Siena

Mps su Mediobanca: la battaglia per Piazzetta Cuccia tra strategie, cavalieri bianchi e dubbi di mercato

Il fortino di Piazzetta Cuccia è pronto alla battaglia. Domani il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca si riunirà per esaminare l’offerta pubblica di scambio (Ops) da 13,3 miliardi di euro lanciata lo scorso 24 gennaio da Banca Monte dei Paschi di Siena. Mediobanca ha circa 3 mesi per organizzare una strategia difensiva. Le poche cose certe, a quanto si apprende da ambienti finanziari, sono che l’offerta sarà considerata ostile e la governance di Mediobanca presentarà la relazione tecnica, dove inviterà a respingerla. Mps ha già scelto gli advisor (Jpm e Ubs) mentre Mediobanca li sceglierà più avanti. Classificare l'Ops come "ostile" comporta rilevanti conseguenze sul piano operativo. La prassi della Banca Centrale Europea e della Consob è chiara: l’approvazione di operazioni ostili richiede che, al termine dello scambio, i nuovi azionisti detengano almeno il 51%. Solo così sarebbe possibile convocare un’assemblea per modificare il consiglio di amministrazione. Diversamente, la situazione rischia di diventare ingovernabile, con un management che già considera l’operazione ostile.

La partita a scacchi con gli azionisti

Secondo quanto si apprende da fonti ben informate, Mps potrebbe contare attualmente sul sostegno di circa il 34% delle quote: un dato sostenuto dal 19,7% di Delfin, dal 7,5% di Caltagirone e da una serie di altri azionisti con quote più piccole. Il restante capitale, salvo il blocco Mediobanca (Pagliaro, Nagel, e Vinci) compatto a favore dell'indipendenza della Banca, è una sfida da conquistare. La composizione dell’azionariato di Mediobanca vede gli investitori istituzionali detenere circa il 35%: BlackRock ha una quota superiore al 4%. Un altro 20% è influenzato dall’accordo di consultazione, che da solo pesa circa l’11%. "E' alquanto probabile - spiega l'analista Giorgio Vintani all'Adnkronos - che dal Cda di domani emerga una mozione a difesa della banca, che cercherà di smontare le sinergie proposte dal Monte. Nagel cercherà di far leva sugli investitori istituzionali e smontare l’alleanza Delfin-Caltagirone, che insieme comunque detiene il 27,57% del capitale della banca".

Come convincere gli azionisti?

L'impresa di persuasione di Mps non sarà facile. Mediobanca, sostengono in ambienti finanziari, adotta da sempre una governance allineata alle dinamiche di mercato, un modello molto apprezzato dagli investitori istituzionali. Questi, abituati a diversificare i propri investimenti, vedono una governance trasparente e orientata al mercato come garanzia di solidità e buona gestione. È una fiducia costruita negli anni grazie a performance solide e coerenti, che hanno rafforzato il legame tra Mediobanca e i suoi azionisti.

I dubbi degli analisti

I dubbi sull’Ops non mancano. Gli analisti, come Equita, mettono in luce il rischio di “dis-sinergie” che potrebbero minare l’identità distintiva di Mediobanca. Si teme che l’integrazione tra due realtà con modelli di business e culture aziendali differenti non generi valore, ma al contrario, diluisca i punti di forza di entrambe. Il premio offerto appare modesto: si parla di uno sconto del 9% rispetto ai recenti movimenti di mercato. Senza una componente cash nell’offerta, il ridotto appeal speculativo delle azioni Mps rende l’operazione poco convincente.

L'uovo di Colombo.. la creazione di valore

Per conquistare il fortino di Piazzetta Cuccia, Mps dovrà dimostrare che l’unione delle due banche genera valore per gli azionisti di entrambe. Più di uno a conoscenza del dossier mormora che una parte rilevante degli utili di Mediobanca deriva dalla partecipazione in Generali, considerata una risorsa finanziaria assimilabile alla liquidità, indipendentemente da chi la detenga: quindi, assicurano, nessun problema in caso di conquista da parte di Piazza Salimbeni. Non mancano poi voci autorevoli che sostengono l’operazione. L’economista della Bocconi Michele Calcaterra, ad esempio, la definisce all'adnkronos “politicamente, industrialmente e finanziariamente sensata”. Secondo Calcaterra, la fusione potrebbe creare un polo bancario italiano forte. Sul piano industriale, Mps colmerebbe le proprie lacune nel corporate investment banking e nel risparmio gestito grazie alle competenze di Mediobanca. La strada è tutt’altro che semplice. Il mercato chiede un rilancio del 7%, pari a circa 920 milioni di euro, per rendere l’offerta più appetibile.

Cavalieri Bianchi in arrivo?

Qualcuno ipotizza che si possa tirare fuori dal cilindro un del cavaliere bianco (White Knight), la classica difesa che in finanza si usa per impedire la scalata di una società (detta target) da parte di un'altra (acquirente). I nomi si susseguono a ritmo di galoppo: Intesa Sanpaolo? "E' difficile da individuare in Italia (visto la reticenza di Intesa a fare operazioni simili)", sottolinea Vintani. Qualcuno sussurra il nome di Unicredit ma fonti finanziarie ben informate invitano a guardare altrove: Unicredit è già fortemente focalizzata sulle sue attività principali, con strategie ben definite e ampiamente comunicate al mercato. (di Andrea Persili)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Finanza

DeepSeek, esperta: “Regolamentazione non basta, ecco...

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La strategia funzionale a colmare il gap competitivo con le imprese straniere e garantire lo sviluppo di sistemi di IA con massicci interventi economici

DeepSeek, esperta:

L'intelligenza artificiale è ormai terreno di competizione globale tra Stati Uniti e Cina, che investono miliardi puntando su modelli open source e politiche di deregolamentazione. In Europa, l'approccio equilibrato e garantista del Regolamento sull’IA rischia di non bastare per colmare il divario tecnologico. Come evidenziato dal Rapporto Draghi, è necessario un massiccio intervento economico per sviluppare tecnologie rispettose dei diritti fondamentali e mantenere la competitività delle imprese europee. Lo sostiene in un'intervista all'Adnkronos Giulia Mariuz, partner di Hogan Lovells commentando l’attenzione mediatica sollevata in questi giorni dal fenomeno DeepSeek.

Un fenomeno che non ha solo una ricaduta tecnologica.. 

"Esattamente, siamo nel mezzo di una vera e propria corsa globale all’IA, che si gioca in prima battuta sul piano tecnologico, ma che ha inevitabilmente delle ripercussioni formidabili a livello geopolitico, sociale ed industriale. In questo panorama, è evidente la volontà degli Stati Uniti, con l’insediamento di Trump e il suo Stargate AI project da un lato, e della Cina, con l’impegno del suo governo in materia di IA e il successo del modello open source di DeepSeek, di aggiudicarsi il primato e posizionarsi come potenze dell’Ia.

Direi la tempesta perfetta..

"E' così e questo spinge inevitabilmente a una riflessione giuridica in merito alla regolamentazione di tali tecnologie e al futuro ruolo dell’Europa".

Cioè?

"L’Unione Europea con il Regolamento sull’Ia ha scelto un approccio equilibrato, seppur garantista, che ha come perno la tutela dei diritti fondamentali e, seguendo un approccio risk-based, si propone di normare in maniera dettagliata solo gli aspetti maggiormente impattanti, mantenendo una posizione meno dogmatica sul resto".

Una scelta rischiosa, soprattutto dal punto di vista economico...

"E' una scelta condivisibile, ma non è sufficiente, da sola, a garantire che l’Unione Europea diventi un leader globale a livello di IA, in particolare a fronte degli investimenti miliardari da parte di Stati Uniti e Cina, associati alla volontà di questi Paesi di applicare una politica di deregolamentazione.

Che fare?

"Vale la pena richiamare il Rapporto di Mario Draghi, il quale sottolinea la necessità di un massiccio intervento economico dell’Europa in relazione alle nuove tecnologie e all’IA, funzionale a colmare il gap competitivo con le imprese straniere e garantire lo sviluppo di sistemi di IA rispettosi dei principi del Regolamento sull’IA". (di Andrea Persili)

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Finanza

Mediobanca contro l’offerta Mps, “distrugge...

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Nella storia più o meno recente della finanza italiana si è sempre ragionato in termini di sufficiente o insufficiente creazione di valore: i precedenti

Mediobanca

Le parole hanno un peso, sempre. Quelle usate dal cda di Mediobanca per respingere al mittente l'offerta di Mps sono particolarmente dure, anche guardando ai precedenti di cui è piena la storia recente, e meno recente, della finanza italiana. Quasi sempre i consigli di amministrazione delle prede si schierano contro l'offerta pianificata dal predatore. Anche solo in una prospettiva negoziale e per tutelare i consiglieri con le garanzie legali del caso. La prima parte della nota del cda di Piazzetta Cuccia va in questa direzione: "L’offerta non è stata concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca...". Poi però c'è il passaggio che, con dovizia di particolari, definisce l'operazione "fortemente distruttiva di valore", perché priva di senso industriale e finanziario. E qui si marca una differenza evidente in termini di comunicazione, che diventa in questi casi un elemento sostanziale e non formale, con le formule utilizzate da altri cda.

Ripercorrendo a ritroso le operazioni più recenti, e restando al 'valore' che generano, basta citare la nota del cda di Banco Bpm sull'offerta di Unicredit, "non riflette in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm", o anche le parole di Jens Weidmann, presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank, che parlando dell'acquisto di quote della banca tedesca da parte di Unicredit dice di dubitare che "le acquisizioni ostili nel settore bancario possano creare valore in modo duraturo". Da segnalare che in questo caso non si tratta della valutazione formale del Consiglio di Sorveglianza, perché non c'è ancora un'offerta da parte di Unicredit.

Andare un po' più a ritroso nella storia aiuta a contestualizzare l'aria che tira a Piazzetta Cuccia rispetto alla mossa a sorpresa di Mps. Nel luglio 2020 il cda di Ubi Banca respingeva l'offerta di Intesa Sanpaolo, poi andata in porto, definendola "non concordata con l'emittente e non conveniente per gli azionisti di Ubi Banca". A febbraio 2017, la stessa Intesa Sanpaolo parlava di mancata creazione di valore per spiegare le ragioni del passo indietro rispetto all'offerta pensata per prendere il controllo di Generali: "Il management di Intesa Sanpaolo ha completato le valutazioni di ipotesi riguardanti possibili combinazioni industriali con Assicurazioni Generali e, alla luce delle analisi condotte in base alle informazioni allo stato pubblicamente disponibili sul gruppo assicurativo, non ha individuato opportunità rispondenti ai criteri di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti, in coerenza con l’obiettivo di mantenimento della leadership di adeguatezza patrimoniale con cui valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena per il Gruppo".

Dieci anni prima, a maggio 2007, a valle dell'acquisizione di Capitalia da parte di Unicredit, l'allora amministratore delegato della banca romana Matteo Arpe presentava le sue dimissioni scrivendo in una lettera inviata a consiglio di amministrazione e collegio sindacale di aver dato la "disponibilità a rassegnare le dimissioni al fine di rendere possibile un’aggregazione che può sicuramente rappresentare per la banca e il sistema finanziario italiano ed europeo un’ipotesi di straordinario valore".

Che si tratti di formule di rito o di prese d'atto di circostanza, la 'creazione di valore' è un fattore che la finanza ha sempre considerato più o meno rilevante per valutare operazioni e scelte. Mettere nero su bianco, nei termini scelti dal cda di Mediobanca, la 'distruzione del valore' vuol dire enfatizzare quella che si ritiene una scelta evidentemente velleitaria da parte di Mps e degli azionisti che la sostengono: Tesoro, Caltagirone e Delfin. (Di Fabio Insenga)

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Finanza

Mps su Mediobanca, ecco cosa può succedere adesso: lo...

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Il fronte guidato da Luigi Lovaglio, con il supporto di Francesco Milleri (Delfin) e Francesco Gaetano Caltagirone, potrebbe non essere disposto a mollare la presa

Mps su Mediobanca, ecco cosa può succedere adesso: lo scenario

Non è passata inosservata negli ambienti finanziari la durezza con cui Mediobanca ha respinto l'Ops di Mps, definendola "fortemente distruttiva di valore". Un'affermazione che non solo segna un chiaro rifiuto dell'offerta, ma potrebbe anticipare l'inizio di una vera e propria partita a risiko nel settore bancario, già in pieno risiko. Se fino a ieri sembrava un'ipotesi remota, oggi – soprattutto con i richiami agli intrecci azionari che coinvolgono Delfin e Caltagirone che non sono sfuggiti agli osservatori – il quadro rischia di evolvere rapidamente, con esiti incerti, compresa la possibilità di una "conta" tra azionisti.

Il fronte guidato da Luigi Lovaglio, con il supporto di Francesco Milleri (Delfin) e Francesco Gaetano Caltagirone, potrebbe non essere disposto a mollare la presa, come suggeriscono diverse voci in ambienti finanziari. Gli analisti prospettano una possibile strategia in tre mosse per rispondere al no secco di Mediobanca: la prima è il dialogo diretto con gli azionisti, in particolare quelli istituzionali che detengono circa il 35% delle azioni di Mediobanca, con BlackRock che possiede una quota superiore al 4%. Mps cercherebbe di convincerli a sostenere l'operazione, puntando sul ritorno economico maggiore.

Il secondo passo sarebbe quello di migliorare l'offerta, rendendola più allettante per il mercato e aumentando le probabilità di successo. Infine, se il dialogo e il miglioramento dell’offerta non dovessero portare ai risultati sperati, la mossa finale potrebbe essere quella di convocare un’assemblea straordinaria per ottenere un voto diretto dagli azionisti, bypassando il veto del management. "Si tratta di una mossa ‘nucleare’, andare sopra il management: determinare i soci a favore dell’acquisizione e i soci contro, in una conta finale che ha un po’ il sapore dei vecchi film western", sottolinea l'analista finanziario Giorgio Vintani.

Secondo chi guarda favorevolmente all’Ops, l'operazione ha una sua logica strategica. Un'integrazione con Mediobanca potrebbe essere vantaggiosa sia per Montepaschi sia per Mediobanca stessa, che soffre di una carenza strutturale di funding diretto. Mps, grazie ai suoi depositi, potrebbe colmare questa lacuna. Fabio Caldato, Portfolio Manager di AcomeA SGR, osserva all'Adnkronos che l’operazione è ancora nella fase iniziale e che l’offerente dovrà fare concessioni e chiarire la governance del gruppo risultante. "Non parliamo di un takeover, ma di un merger tra strutture complementari con una governance centralizzata", spiega Caldato, aggiungendo che il controllo sarebbe esteso tramite deleghe forti a manager competenti per area. Il futuro della trattativa è incerto e dipenderà dalle prossime mosse. La partita è aperta, ma la tensione cresce, con l'intero panorama bancario italiano a guardare. (di Andrea Persili)

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