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Mediobanca contro l’offerta Mps, “distrugge valore”: una novità per il lessico finanziario

Nella storia più o meno recente della finanza italiana si è sempre ragionato in termini di sufficiente o insufficiente creazione di valore: i precedenti

Mediobanca

Le parole hanno un peso, sempre. Quelle usate dal cda di Mediobanca per respingere al mittente l'offerta di Mps sono particolarmente dure, anche guardando ai precedenti di cui è piena la storia recente, e meno recente, della finanza italiana. Quasi sempre i consigli di amministrazione delle prede si schierano contro l'offerta pianificata dal predatore. Anche solo in una prospettiva negoziale e per tutelare i consiglieri con le garanzie legali del caso. La prima parte della nota del cda di Piazzetta Cuccia va in questa direzione: "L’offerta non è stata concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca...". Poi però c'è il passaggio che, con dovizia di particolari, definisce l'operazione "fortemente distruttiva di valore", perché priva di senso industriale e finanziario. E qui si marca una differenza evidente in termini di comunicazione, che diventa in questi casi un elemento sostanziale e non formale, con le formule utilizzate da altri cda.

Ripercorrendo a ritroso le operazioni più recenti, e restando al 'valore' che generano, basta citare la nota del cda di Banco Bpm sull'offerta di Unicredit, "non riflette in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm", o anche le parole di Jens Weidmann, presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank, che parlando dell'acquisto di quote della banca tedesca da parte di Unicredit dice di dubitare che "le acquisizioni ostili nel settore bancario possano creare valore in modo duraturo". Da segnalare che in questo caso non si tratta della valutazione formale del Consiglio di Sorveglianza, perché non c'è ancora un'offerta da parte di Unicredit.

Andare un po' più a ritroso nella storia aiuta a contestualizzare l'aria che tira a Piazzetta Cuccia rispetto alla mossa a sorpresa di Mps. Nel luglio 2020 il cda di Ubi Banca respingeva l'offerta di Intesa Sanpaolo, poi andata in porto, definendola "non concordata con l'emittente e non conveniente per gli azionisti di Ubi Banca". A febbraio 2017, la stessa Intesa Sanpaolo parlava di mancata creazione di valore per spiegare le ragioni del passo indietro rispetto all'offerta pensata per prendere il controllo di Generali: "Il management di Intesa Sanpaolo ha completato le valutazioni di ipotesi riguardanti possibili combinazioni industriali con Assicurazioni Generali e, alla luce delle analisi condotte in base alle informazioni allo stato pubblicamente disponibili sul gruppo assicurativo, non ha individuato opportunità rispondenti ai criteri di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti, in coerenza con l’obiettivo di mantenimento della leadership di adeguatezza patrimoniale con cui valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena per il Gruppo".

Dieci anni prima, a maggio 2007, a valle dell'acquisizione di Capitalia da parte di Unicredit, l'allora amministratore delegato della banca romana Matteo Arpe presentava le sue dimissioni scrivendo in una lettera inviata a consiglio di amministrazione e collegio sindacale di aver dato la "disponibilità a rassegnare le dimissioni al fine di rendere possibile un’aggregazione che può sicuramente rappresentare per la banca e il sistema finanziario italiano ed europeo un’ipotesi di straordinario valore".

Che si tratti di formule di rito o di prese d'atto di circostanza, la 'creazione di valore' è un fattore che la finanza ha sempre considerato più o meno rilevante per valutare operazioni e scelte. Mettere nero su bianco, nei termini scelti dal cda di Mediobanca, la 'distruzione del valore' vuol dire enfatizzare quella che si ritiene una scelta evidentemente velleitaria da parte di Mps e degli azionisti che la sostengono: Tesoro, Caltagirone e Delfin. (Di Fabio Insenga)

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Finanza

Mps-Mediobanca: fonti, “si conferma logica...

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"Il 40% degli utili di Mediobanca proviene da Generali"

Mps-Mediobanca: fonti,

Mps va avanti e conferma la propria posizione dopo l'Ops respinta da Piazzetta Cuccia. La banca senese ribadisce la logica industriale sottesa all'offerta e si prepara a dare battaglia avviando una fase cruciale di dialogo con gli investitori istituzionali (detengono circa il 35%: BlackRock ha una quota superiore al 4%). Fonti vicine all'operazione su Mediobanca confermano all'Adnkronos che l'obiettivo adesso è spiegare la bontà dell'operazione agli investitori e superare le perplessità del mercato mettendo in evidenza soprattutto un dato: la quota del 13% in Generali - premettono - "ha contribuito in maniera determinante alla crescita della market cap di Mediobanca, quota che se epurata porterebbe a un valore di mercato inferiore a quello di Montepaschi".

I risultati di business esaltati nel comunicato ufficiale di Piazzetta Cuccia - dicono sempre all'Adnkronos le fonti - "non trovano pieno riscontro nei numeri di bilancio". Il Corporate & Investment Banking, evidenziano le fonti, “ha visto una redditività in calo negli ultimi tre anni, con un utile netto passato da 247 milioni nel 2022 a 244 milioni nel 2024, con un ulteriore ribasso a 225 milioni nel 2023". Anche il segmento consumer finance, rappresentato da Compass, nonostante il contesto favorevole dei tassi - sempre ad avviso delle fonti - ha registrato una crescita marginale dell'utile netto (+13 milioni di euro), passando da 370 milioni nel 2022 a 383 milioni nel 2024.

L'analisi delle performance - ed è questo il succo del ragionamento - evidenzia come Mediobanca sia già consapevole della necessità di un’evoluzione del modello di business. La stessa inclusione del credito al consumo all'interno del perimetro aziendale sottolinea una naturale transizione verso attività più vicine a una banca commerciale. Ad oggi, Wealth Management e Corporate & Investment Banking contribuiscono all'utile netto per circa il 35%, mentre Compass arriva al 30%. La parte preponderante degli utili (circa il 40%) - questo il dato che le fonti mettono in evidenza - proviene dalla partecipazione in Generali, evidenza che solleva interrogativi sul focus reale del core business. Le stesse fonti sottolineano come sia sorprendente che Mediobanca rinnegasse implicitamente il lavoro degli analisti che negli ultimi anni hanno coperto il titolo Mps riconoscendone il valore intrinseco, confermato da numerosi investitori.

Prossimi appuntamenti strategici

La fase cruciale per il piano di Mps prevede diversi appuntamenti chiave, da cerchiare in rosso: il 6 febbraio verranno presentati i risultati finanziari di Monte dei Paschi. Mediobanca comunicherà i conti l'11 febbraio. Entro 20 giorni dal deposito dell’offerta sarà fondamentale ottenere il via libera da Consob. Il 17 aprile sarà poi il turno dell’assemblea di Monte dei Paschi, chiamata a deliberare sull’aumento di capitale propedeutico all’Ops. Parallelamente - dicono le fonti - si avvierà una fase di dialogo con gli investitori istituzionali e i fondi: l'obiettivo è mettere in piedi una comunicazione chiara e convincente per sostenere la nuova visione strategica e favorire il consenso attorno all’operazione. L'operazione - ribadiscono le fonti - non mira a pregiudicare l'identità di Mediobanca, ma a valorizzare competenze già presenti e diversificate. (di Andrea Persili)

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Finanza

DeepSeek, esperta: “Regolamentazione non basta, ecco...

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La strategia funzionale a colmare il gap competitivo con le imprese straniere e garantire lo sviluppo di sistemi di IA con massicci interventi economici

DeepSeek, esperta:

L'intelligenza artificiale è ormai terreno di competizione globale tra Stati Uniti e Cina, che investono miliardi puntando su modelli open source e politiche di deregolamentazione. In Europa, l'approccio equilibrato e garantista del Regolamento sull’IA rischia di non bastare per colmare il divario tecnologico. Come evidenziato dal Rapporto Draghi, è necessario un massiccio intervento economico per sviluppare tecnologie rispettose dei diritti fondamentali e mantenere la competitività delle imprese europee. Lo sostiene in un'intervista all'Adnkronos Giulia Mariuz, partner di Hogan Lovells commentando l’attenzione mediatica sollevata in questi giorni dal fenomeno DeepSeek.

Un fenomeno che non ha solo una ricaduta tecnologica.. 

"Esattamente, siamo nel mezzo di una vera e propria corsa globale all’IA, che si gioca in prima battuta sul piano tecnologico, ma che ha inevitabilmente delle ripercussioni formidabili a livello geopolitico, sociale ed industriale. In questo panorama, è evidente la volontà degli Stati Uniti, con l’insediamento di Trump e il suo Stargate AI project da un lato, e della Cina, con l’impegno del suo governo in materia di IA e il successo del modello open source di DeepSeek, di aggiudicarsi il primato e posizionarsi come potenze dell’Ia.

Direi la tempesta perfetta..

"E' così e questo spinge inevitabilmente a una riflessione giuridica in merito alla regolamentazione di tali tecnologie e al futuro ruolo dell’Europa".

Cioè?

"L’Unione Europea con il Regolamento sull’Ia ha scelto un approccio equilibrato, seppur garantista, che ha come perno la tutela dei diritti fondamentali e, seguendo un approccio risk-based, si propone di normare in maniera dettagliata solo gli aspetti maggiormente impattanti, mantenendo una posizione meno dogmatica sul resto".

Una scelta rischiosa, soprattutto dal punto di vista economico...

"E' una scelta condivisibile, ma non è sufficiente, da sola, a garantire che l’Unione Europea diventi un leader globale a livello di IA, in particolare a fronte degli investimenti miliardari da parte di Stati Uniti e Cina, associati alla volontà di questi Paesi di applicare una politica di deregolamentazione.

Che fare?

"Vale la pena richiamare il Rapporto di Mario Draghi, il quale sottolinea la necessità di un massiccio intervento economico dell’Europa in relazione alle nuove tecnologie e all’IA, funzionale a colmare il gap competitivo con le imprese straniere e garantire lo sviluppo di sistemi di IA rispettosi dei principi del Regolamento sull’IA". (di Andrea Persili)

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Finanza

Mps su Mediobanca, ecco cosa può succedere adesso: lo...

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Il fronte guidato da Luigi Lovaglio, con il supporto di Francesco Milleri (Delfin) e Francesco Gaetano Caltagirone, potrebbe non essere disposto a mollare la presa

Mps su Mediobanca, ecco cosa può succedere adesso: lo scenario

Non è passata inosservata negli ambienti finanziari la durezza con cui Mediobanca ha respinto l'Ops di Mps, definendola "fortemente distruttiva di valore". Un'affermazione che non solo segna un chiaro rifiuto dell'offerta, ma potrebbe anticipare l'inizio di una vera e propria partita a risiko nel settore bancario, già in pieno risiko. Se fino a ieri sembrava un'ipotesi remota, oggi – soprattutto con i richiami agli intrecci azionari che coinvolgono Delfin e Caltagirone che non sono sfuggiti agli osservatori – il quadro rischia di evolvere rapidamente, con esiti incerti, compresa la possibilità di una "conta" tra azionisti.

Il fronte guidato da Luigi Lovaglio, con il supporto di Francesco Milleri (Delfin) e Francesco Gaetano Caltagirone, potrebbe non essere disposto a mollare la presa, come suggeriscono diverse voci in ambienti finanziari. Gli analisti prospettano una possibile strategia in tre mosse per rispondere al no secco di Mediobanca: la prima è il dialogo diretto con gli azionisti, in particolare quelli istituzionali che detengono circa il 35% delle azioni di Mediobanca, con BlackRock che possiede una quota superiore al 4%. Mps cercherebbe di convincerli a sostenere l'operazione, puntando sul ritorno economico maggiore.

Il secondo passo sarebbe quello di migliorare l'offerta, rendendola più allettante per il mercato e aumentando le probabilità di successo. Infine, se il dialogo e il miglioramento dell’offerta non dovessero portare ai risultati sperati, la mossa finale potrebbe essere quella di convocare un’assemblea straordinaria per ottenere un voto diretto dagli azionisti, bypassando il veto del management. "Si tratta di una mossa ‘nucleare’, andare sopra il management: determinare i soci a favore dell’acquisizione e i soci contro, in una conta finale che ha un po’ il sapore dei vecchi film western", sottolinea l'analista finanziario Giorgio Vintani.

Secondo chi guarda favorevolmente all’Ops, l'operazione ha una sua logica strategica. Un'integrazione con Mediobanca potrebbe essere vantaggiosa sia per Montepaschi sia per Mediobanca stessa, che soffre di una carenza strutturale di funding diretto. Mps, grazie ai suoi depositi, potrebbe colmare questa lacuna. Fabio Caldato, Portfolio Manager di AcomeA SGR, osserva all'Adnkronos che l’operazione è ancora nella fase iniziale e che l’offerente dovrà fare concessioni e chiarire la governance del gruppo risultante. "Non parliamo di un takeover, ma di un merger tra strutture complementari con una governance centralizzata", spiega Caldato, aggiungendo che il controllo sarebbe esteso tramite deleghe forti a manager competenti per area. Il futuro della trattativa è incerto e dipenderà dalle prossime mosse. La partita è aperta, ma la tensione cresce, con l'intero panorama bancario italiano a guardare. (di Andrea Persili)

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