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Perché DeepSeek non è la sconfitta dell’intelligenza artificiale occidentale

I modelli di Ia della start-up che sta scuotendo i mercati sono frutto della rincorsa cinese dell’ecosistema tech occidentale, che continua a trottare. Ecco i motivi per cui è prematuro annunciare la fine della supremazia Usa (e Ue)

Pedro Pardo / AFP

È bastata qualche seduta di borsa per interrompere bruscamente la lunga galoppata dei titoli delle aziende tecnologiche statunitensi legate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La causa è DeepSeek, un concorrente cinese che lo scorso 20 gennaio – giorno della cerimonia di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca – ha rilasciato il suo ultimo modello, r1, che ha scalato velocemente le classifiche di download e portato gli investitori a riflettere sul valore dei titoli tech Usa.

Il prodotto dell’azienda cinese sembra mettere in discussione i fondamentali dietro al successo dell’ecosistema statunitense di IA. Non solo r1 è open source, liberamente utilizzabile da chiunque, e in grado di “ragionare” e rivaleggiare con il prodotto leader delle aziende statunitensi (come o1 di OpenAI, dunque battendo le rivali Anthropic, Google e Meta). Stando ai paper scientifici rilasciati da DeepSeek l’azienda è riuscita ad addestrare il modello con una frazione delle risorse impiegate dai rivali a stelle e strisce. E usare il suo modello più potente costa 27 volte in meno rispetto al prodotto rivale di OpenAI.

Più facile del previsto?

Secondo quanto dichiarato da DeepSeek, lo sviluppo del suo penultimo modello (V3) avrebbe richiesto solo due mesi (molto meno rivali Usa) e 5,6 milioni di dollari, contro le centinaia di milioni impiegati dall’altra parte del Pacifico. L’azienda si è avvalsa di 2,048 chip Nvidia H800 (le rivali ne usano decine di migliaia), meno potenti di quelli un uso negli States e progettati apposta per superare i controlli alle esportazioni verso la Cina. In più, per via della capacità limitata e del numero ridotto di questi processori, l’addestramento avrebbe richiesto anche meno energia rispetto ai concorrenti.

Il tutto sembra confutare il concetto di “scaling law”, l’idea diffusa dai leader statunitensi secondo cui i modelli di IA diventano tanto più intelligenti quanto più vengono foraggiati con dati e risorse di calcolo. Sulla base di questo assioma le aziende Usa prevedono di aumentare gli investimenti per lo sviluppo di tecnologie IA (già pari a decine di miliardi all’anno), l’amministrazione Trump promette un investimento da 500 miliardi di dollari per i data center in cui addestrare i nuovi modelli (per il patron di Nvidia, Jensen Huang, il capitale investito nel settore sarà almeno il doppio) e le aziende di IA statunitensi scommettono sulle centrali nucleari per soddisfare il fabbisogno previsto di elettricità.

La partita geopolitica

I numeri di DeepSeek sono davvero un game changer, specie se calati nel contesto di una più vasta contesa geopolitica tra Stati Uniti e Cina per la supremazia nel settore dell’IA. Entrambi lo vedono come un moltiplicatore di capacità economiche e militari, motivo per cui Washington ha imposto una serie progressiva di divieti all’export di hardware e software per limitare il progresso cinese in questo campo. In questa ottica, i risultati di DeepSeek sono – per utilizzare le parole del ceo di OpenAI Sam Altman – “impressionanti”. Ma ci sono diverse ragioni per credere che la reazione dei mercati all’arrivo di r1 sia decisamente sproporzionata.

Un po’ di chiarezza rispetto ai modelli

Stando a quanto dichiarato da DeepSeek, la cifra di 5,6 milioni di dollari è riferita all’addestramento del modello V3, rilasciato a dicembre, predecessore di r1 e incapace di “ragionare” – uno degli sviluppi più recenti e importanti di questa tecnologia –, cosa che rende fuorviante il paragone con gli ultimi modelli made in Usa. V3 va confrontato con rivali come GPT-4o, rilasciato a maggio 2024, e i due rivaleggiano in una varietà di ambiti (anche se il modello di OpenAI rimane superiore per alcuni utilizzi specifici). Di contro, r1 è basato su V3 (come o1, rilasciato a settembre, è basato su 4o) ed effettivamente ha eguagliato il rivale di OpenAI, addirittura superandolo in ambiti come il calcolo, ma replicando il salto già compiuto dall’azienda di Sam Altman.

I conti con l’oste

DeepSeek ha dichiarato che il costo di addestramento di V3 è pari a 5,6 milioni di dollari. Anche questa voce di spesa va contestualizzata: si riferisce solo al processo di training di questo modello e non tiene conto del costo complessivo dell’operazione, tra cui: spese di ricerca e sviluppo (ricerche e modelli precedenti, esperimenti falliti); costi dei dati di addestramento (acquisizione e preparazione del set di dati); costi del personale (gli stipendi per il team di ricerca e quelli del resto dell’azienda); infrastruttura (elettricità, raffreddamento dei server, manutenzione); hardware (costo effettivo dei processori, potenzialmente pari a centinaia di milioni).

Alcuni analisti stimano che il budget totale per la ricerca e lo sviluppo di V3 potrebbe aggirarsi intorno ai 100 milioni di dollari. Dylan Patel della società di consulenza specializzata SemiAnalysis ha stimato che DeepSeek avrebbe “speso oltre 500 milioni di dollari in processori nel corso della sua storia” e con la sua consociata, l'hedge fund High-Flyer, ha accesso a decine di migliaia di chip Nvidia, utilizzati per addestrare i predecessori di r1.

infine, òe stime più prudenti collocano il costo delle operazioni di DeepSeek tra il mezzo miliardo e il miliardo di dollari all’anno. L’operazione è “snella” rispetto alle rivali statunitensi, ma queste ultime hanno aperto molte strade che i ricercatori di DeepSeek hanno poi percorso per sviluppare i loro modelli. Come scrive Jordan Schneider di ChinaTalk, “il fatto che V3 sia stato addestrato con meno potenza di calcolo non sorprende: gli algoritmi di apprendimento automatico sono sempre diventati più economici nel tempo”.

La corsa tecnologica

I lettori più attenti si saranno accorti che DeepSeek ha utilizzato dei processori Nvidia, azienda statunitense. I più ferrati sapranno che i macchinari litografici (gli “stampi” per i semiconduttori) più avanzati sono prodotti quasi esclusivamente dall’olandese Asml. Entrambe le aziende sono sottoposte – come altri fornitori occidentali di hardware e software specifici per l’IA – a un rigido schema di controlli alle esportazioni verso la Cina. Voluto dall’amministrazione di Joe Biden, lo sforzo di contenimento pratico è iniziato a ottobre 2023; l’ultima ondata di restrizioni è in auge da gennaio 2025, e le aziende cinesi si sono assicurate di fare incetta di macchine e componenti occidentali prima di ogni stretta.

Questo per dire che gli effetti dei controlli alle esportazioni diventeranno progressivamente più evidenti nei mesi e negli anni a venire (al netto del successo cinese nel reperire i chip attraverso il mercato nero o affittare potenza di calcolo in altri Paesi). Con ogni probabilità continueranno a rimanere in vigore sotto Trump – il quale ha definito DeepSeek un “campanello d'allarme per le nostre industrie: dobbiamo essere concentrati al massimo sulla competizione [con la Cina] per vincere”.

Lo sguardo al futuro

Tutto questo non sminuisce, anzi accentua, il risultato eccezionale di DeepSeek: sviluppare modelli validi nonostante le restrizioni sempre più stringenti, e farlo con metodi creativi, apprezzati anche dai ricercatori statunitensi, per aumentare l’efficienza dell’intero processo. Questo però vale per tutti. “Se è possibile [sviluppare modelli IA] in modo più economico, se è possibile farlo a un costo inferiore e raggiungere lo stesso risultato finale, credo che sia una buona cosa per noi”, ha detto Trump alla stampa, dichiarando di non essere preoccupato per la svolta e che gli Usa rimarranno un attore dominante nel settore dell’IA. Del resto, oltreoceano erano in molti a ritenere che il fiume di denaro impiegato nell’industria IA fosse esagerato.

La diffusione dell’IA…

Allo stesso modo la “democratizzazione” dello sviluppo di modelli IA, conseguenza del fatto che addestrarli sembra essere più accessibile, è una buona notizia per chi fabbrica chip, non il contrario. Come ha scritto su X l’ex ceo di Intel, Pat Gelsinger, la storia insegna che rendere gli sviluppi tecnologici “drasticamente più economici espanderà il mercato”. I mercati sbagliano, continua: l’effetto DeepSeek aumenterà la diffusione dell'IA, e di conseguenza la galassia di industrie che ne sono la base, dai processori all’energia, passando per il software di sviluppo. Senza contare il fatto che il processo di “ragionamento” richiede molta più capacità di calcolo.

… e l’inevitabilità della potenza di calcolo

È questo il vero “però”, ed è stato ben formulato dagli stessi ricercatori cinesi. Il 26 gennaio, presso Shixiang (una società di venture capital nata dalla divisione cinese di Sequoia Capital China), si è tenuta una riunione a porte chiuse con decine di ricercatori locali di IA, investitori e addetti ai lavori. E dagli spunti di riflessione emersi (via ChinaTalk) spicca una conclusione ineluttabile: il tema della potenza di calcolo non è affatto destinato a scomparire andando avanti nello sviluppo dell’IA, la domanda per la capacità di calcolo rimane elevata, e nessuna azienda cinese ne ha abbastanza.

La stessa DeepSeek ha ammesso che il principale ostacolo è rappresentato dai controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti, che come rileva Dean W. Ball su Lawfare sono progettati per colpire l’intero ecosistema – non lo sviluppo di un singolo modello. Dunque resta da vedere se le aziende come DeepSeek sapranno colmare l’allargamento della forbice della potenza di calcolo tra Cina e Usa. Senza parlare del fatto che le principali aziende statunitensi, con l’eccezione di Meta, non giocano a carte scoperte con modelli open source ma si tengono ben stretti i loro segreti industriali. Come ha dichiarato Sam Altman, ci sono “modelli migliori” di r1 in arrivo a breve. (di Otto Lanzavecchia)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Usa, Trump limita assistenza medica a minori che vogliono...

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Firmato ordine esecutivo per "proteggere bambini da mutilazioni chimiche e chirurgiche"

Donald Trump - (Afp)

Gli Stati Uniti non "finanzieranno, sponsorizzeranno, promuoveranno, assisteranno o sosterranno" i minori di 19 anni che intendono cambiare sesso. E' quanto si legge nell'ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump con cui viene ridotta l'assistenza medica per i minori che intendono avviare una transizione da un sesso a un altro. Nel documento, intitolato 'Proteggere i bambini dalle mutilazioni chimiche e chirurgiche', sono contenute limitazioni all'accesso a cure mediche per l'affermazione di genere, come i bloccanti della pubertà, terapie ormonali e la chirurgia per i minori di 19 anni.

Insomma, spiega l'Nbc, l'ordinanza vieta i finanziamenti federali per questo tipo di assistenza ai minori, limita le sovvenzioni per la ricerca e l'istruzione alle scuole di medicina e agli ospedali. Viene inoltre ordinato a tutte le agenzie federali di revocare le linee guida della World Professional Association for Transgender Health (Wpath), un'associazione senza scopo di lucro dedicata all'assistenza medica alle persone transgender. Con la motivazione di ''mettere fine alla pratica di affidarsi alla scienza spazzatura'' perché la Wpath, sostiene l'ordine, ''manca di integrità scientifica''.

"Oggi in tutto il Paese i professionisti sanitari stanno mutilando e sterilizzando un numero crescente di bambini facilmente influenzabili con la falsa e radicale affermazione che gli adulti possono cambiare il sesso di un bambino attraverso una serie di interventi medici irreversibili", si legge nell'ordine esecutivo. Il documento aggiunge che un numero sempre maggiore di bambini si pentirà di aver ricevuto queste cure e saranno "spesso intrappolati in complicazioni mediche per tutta la vita" e nella sterilizzazione.

"Di conseguenza - prosegue l'ordine esecutivo - la politica degli Stati Uniti è quella di non finanziare, sponsorizzare, promuovere, assistere o supportare la cosiddetta 'transizione' di un bambino da un sesso all'altro e di far rispettare rigorosamente tutte le leggi che proibiscono o limitano queste procedure distruttive e che cambiano la vita".

Lambda Legal, un gruppo di difesa legale Lgbtq, ha promesso di combattere l'ordine esecutivo. Negli Usa le principali organizzazioni mediche, l'American Medical Association, l'American Academy of Pediatrics e l'American Psychological Association sostengono l'accesso all'assistenza transitoria per i minori e si oppongono alle restrizioni.

Corte sospende il congelamento di Trump sulla spesa per gli aiuti federali

Trump ha anche ordinato il congelamento dei finanziamenti destinati ai programmi federali. Ma una corte federale degli Stati Uniti ha sospeso il provvedimento, come riportato da diversi organi di informazione statunitensi. Il blocco degli aiuti, che ha creato confusione a causa delle preoccupazioni circa la copertura medica per milioni di persone, avrebbe dovuto entrare in vigore alle 17:00 ora locale di martedì. A seguito di un appello da parte di ONG e potenti stati democratici, la sentenza è stata sospesa fino a lunedì prossimo, 3 febbraio, da un giudice federale di Washington.

La portavoce di Trump, Karoline Leavitt in un briefing, il suo primo, alla Casa Bianca, aveva spiegato che non erano inclusi "i finanziamenti per i programmi di assistenza alle persone, inclusi i benefici del Social Security, Medicare, i buoni alimentari, e altre forme di assistenza di cui beneficiano direttamente le persone". "Responsabilità di questo Presidente e di questa amministrazione è quella di gestire bene il denaro dei contribuenti", ha concluso. Leavitt non ha voluto commentare l'impatto di questo congelamento su college e università.

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Esteri

Rep.Congo, vicecapomissione Msf a Goma: ”Ci servono...

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cooperanti italiani nella città assediata raccontano di ''saccheggi e combattimenti in corso''

Rep.Congo, vicecapomissione Msf a Goma: ''Ci servono garanzie da M23, Italia può mediare

Stanno cercando di ottenere ''garanzie di sicurezza dai ribelli dell'M23 che controllano il sud di Goma'', per poter ''raggiungere i feriti e portarli in ospedale al più presto''. E allo stesso tempo rivolgono ''un appello alle parti belligeranti perché diano spazio all'azione umanitaria e medica''. Sono le priorità di Medici Senza Frontiere, come racconta all'Adnkronos Marco Doneda, vice capo missione Msf a Goma e unico italiano dell'organizzazione rimasto. ''Gli italiani qui sono visti come al di fuori dei giochi di Paesi che hanno connessioni con il Ruanda e che sono diventati obiettivi nelle proteste'', racconta. ''Sicuramente in Congo non si ha una percezione negativa dell'Italia non avendo mai avuto un passato colonialista in questo Paese e proprio per questo il nostro Paese potrebbe svolgere un ruolo di neutralità e di mediazione'', afferma Doneda, a Goma dal maggio del 2024.

''La situazione attuale è l'acme di una crisi che dura da oltre un anno'', prosegue, ''ma fino a due settimane fa sembrava irrealizzabile un simile attacco dell'M23, anche per la forte presenza a Goma di uomini in armi''. Con il precipitare degli eventi, Msf ha ''ridotto il suo staff'' e ora ''siamo rifugiati da lunedì nella nostra base nel quartiere dei vulcani vicino al confine con il Ruanda. Uscire non è sicuro, ci vuole molta cautela''. Oggi lì ''la situazione è abbastanza calma'', ma ''ieri c'è stata una battaglia a 2 chilometri di distanza, ci sono state esplosioni, un razzo ci è passato sopra la testa. La zona è sotto il controllo dell'M23'' ed è ''da loro dobbiamo ricevere garanzie di sicurezza per poter uscire. C'è molta tensione, ieri hanno sparato contro veicoli delle Nazioni Unite''.

Nel frattempo all'ospedale di Kyeshero lo staff di Msf ''continua l'attività medica'' e ha ricoverato solo oggi ''80 feriti, circa 150 dall'inizio della crisi tra civili e militari''. Ma si tratta ''in particolare di donne, le più esposte alle violenze nei campi di sfollati mentre gli uomini sono stati magari coinvolti nei combattimenti''. E forse in questi hanno perso la vita. ''La Croce Rossa ha iniziato i primi sopralluoghi in città e ha riferito della presenza di molti cadaveri in strada'', ha spiegato Doneda. Come Msf, ''cerchiamo di rifornire il nostro ospedale e quello supportato dalla Croce Rossa con materiale medico, ma è una fase confusa dove gruppi di civili e di giovani hanno preso le armi abbandonate in città e si stanno dedicando al saccheggio, anche del magazzino del Pam e del nostro magazzino della farmacia e del materiale medico''.

Ora ''dobbiamo capire cosa succede a Goma, dove la gente vive asserragliata in casa, capire come muoverci senza mettere a rischio nessuno'', spiega Doneda citando il figlio di un collega congolese di Msf, morto dopo essere stato raggiunto da un proiettile vagante a Goma. ''Non gli è stato nemmeno permesso di portare il corpo all'obitorio, il collega è stato fermato, picchiato e costretto a tornare in casa'', racconta.

A Goma intanto si combatte ancora, la città non è ancora caduta completamente ed è preda di "saccheggi" che "sono continuati tutta la notte". Lo racconta all'Adnkronos Monica Corna, rappresentante Paese della ong salesiana Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) nella Repubblica democratica del Congo e che a Goma abita e lavora da oltre 20 anni. "Qui la situazione è molto instabile e precaria, ci sono alcune zone della città in cui ci sono ancora combattimenti in corso in quanto non è ancora stata presa", afferma la cooperante italiana, secondo cui "la città non è ufficialmente in mano agli M23 e questo comporta criminalità, instabilità ed insicurezza".

La cooperante del Vis racconta di "saccheggi di supermercati e materiali elettronici continuati tutta la notte in ogni parte della città e che vedono implicati ragazzi di strada e parte della popolazione". Secondo Corna, i ribelli M23 "sparano a vista e uccidono" chi è sorpreso a rubare.

Corna spiega che "la corrente elettrica non c'è e non è ancora stata ristabilita", mentre chi è al confine come lei ha a disposizione qualche minuto di connessione a internet grazie a carte sim della Ruanda. "Per il resto noi stiano bene, io sto bene, continuiamo a stare al sicuro, ma a volte non riusciamo a comunicare tra di noi e questa è la parte più difficile".

"Si cerca di uscire il meno possibile di casa anche se le scorte di cibo e di acqua stanno diminuendo sempre di più e questo rappresenterà tra poco un serio problema - conclude - Speriamo che la situazione si risolva il prima possibile".

Dice invece di aver ''temuto per la sua vita'' e quella di sua moglie e suo figlio Roberto Solagna, cooperante italiano e referente nella Repubblica democratica del Congo dell'ong Ai.Bi. (Amici dei bambini). Tanto che da Goma, dove vive dal 2014, ha deciso di fuggire in Ruanda ''sotto una pioggia di bombe e proiettili'', come racconta all'Adnkronos, approfittando della ''frontiera che era ancora aperta'' e dopo che ''gli eventi sono precipitati''. Ora, dichiara, ''la frontiera con il Ruanda è chiusa e non si può più uscire'', quindi gli italiani che non hanno ''approfittato dell'opportunità offerta dall'ambasciata italiana a Kinshasa'' sono rimasti lì.

''Non escono di casa, non è sicuro - prosegue Solagna - un mio amico congolese è stato ferito alla gamba da un proiettile vagante ed è stato operato. Per fortuna sta bene''. Tra gli italiani rimasti ''ci sono quelli che lavorano con la Croce Rossa negli ospedali nelle zone periferiche della città di Goma che sono sommersi da feriti'', aggiunge. In sicurezza anche i ''duecento bambini'' che l'Ai.Bi. assiste a Goma, ''50 presso le loro famiglie e gli altri nei due orfanotrofi'' in città.

Solagna, unico italiano presente a Goma per Ai.Bi. e in Africa con vari progetti di cooperazione dal 2007, dichiara di essere ''in contatto con i responsabili dei due orfanotrofi. I bambini sono 'in ibernazione', dormono sotto i letti, non escono dalle loro camere, stanno in luoghi sicuri lontani dalle finestre per evitare di essere colpiti da proiettili vaganti''. Rischio che ha corso anche il cooperante veronese, ex consulente informatico, che ha puntato verso Kigali quando, appena a 5 chilometri dal confine con il Ruanda, ''una bomba è esplosa a poche centinaia di metri da noi''.

Nella capitale ruandese, precisa, ''la situazione è sicura, anche se tutto è precario e non si può mai sapere''. Arrivato a Goma dal Burundi, dove si era recato nel 2007, Solagna ammette: ''Non mi sarei mai aspettato una situazione come quella che stiamo vivendo in questi giorni''. Anche se, rimarca, ''da due anni a questa parte la situazione della sicurezza e quella umanitaria è andata sempre peggiorando''. Ad esempio, cita il fatto che ''negli ultimi mesi si è registrato un numero di bambini di strada che non si era mai visto. In ogni piccolo angolo della città ci sono piccole tende appoggiate ai muri, con bambini dai 6 ai 9 anni che ci vivono''.

Ora ''i ribelli dell'M23 hanno conquistato Goma e la città è sotto il loro controllo'', prosegue Solagna, ricordando che una situazione simile si era già creata nel 2012. ''Lo stesso gruppo era riuscito a prendere il controllo di Goma e di alcune province del Nord Kivu. Dopo un po' è rientrato tutto'', ma ora i ribelli ''si sentono traditi e vogliono negoziare ponendo loro le condizioni''. Sul futuro, il cooperante afferma che ''se si trova un accordo e si smette di sparare, si può riprendere una vita normale''. E sul suo futuro personale, Solagna dice: ''Vorrei sapere se c'è ancora la nostra casa. Da domenica vari gruppi criminali stanno saccheggiando negozi e case...''.

Sull'ipotesi di tornare in Italia conclude: "Se le condizioni non ci permetteranno di tornare a Goma, non avremo altra scelta se non rientrare in Italia'', ma la speranza è che ''la situazione si stabilizzi, mio figlio possa tornare a scuola, mia moglie congolese alla sua famiglia''.

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Esteri

Congo, cooperante italiano: “Siamo scappati sotto una...

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La testimonianza all'Adnkronos di Roberto Solagna, referente dell'ong Amici dei bambini

Disordini in Congo (Afp)

Ha ''temuto per la sua vita'' e quella di sua moglie e suo figlio. Roberto Solagna, cooperante italiano e referente nella Repubblica democratica del Congo dell'ong Ai.Bi. (Amici dei bambini), è fuggito da Goma, dove viveva dal 2014, in Ruanda ''sotto una pioggia di bombe e proiettili'', come racconta all'Adnkronos, approfittando della ''frontiera che era ancora aperta''. Ora, spiega, ''la frontiera con il Ruanda è chiusa e non si può più uscire'', quindi gli italiani che non hanno ''approfittato dell'opportunità offerta dall'ambasciata italiana a Kinshasa'' sono rimasti lì.

''Non escono di casa, non è sicuro - spiega - un mio amico congolese è stato ferito alla gamba da un proiettile vagante ed è stato operato. Per fortuna sta bene''. Tra gli italiani rimasti ''ci sono quelli che lavorano con la Croce Rossa negli ospedali nelle zone periferiche della città di Goma che sono sommersi da feriti'', spiega. In sicurezza anche i ''duecento bambini'' che l'Ai.Bi. assiste a Goma, ''50 presso le loro famiglie e gli altri nei due orfanotrofi'' in città.

La situazione negli orfanatrofi

Solagna, unico italiano presente a Goma per Ai.Bi. e in Africa con vari progetti di cooperazione dal 2007, spiega di essere ''in contatto con i responsabili dei due orfanotrofi. I bambini sono 'in ibernazione', dormono sotto i letti, non escono dalle loro camere, stanno in luoghi sicuri lontani dalle finestre per evitare di essere colpiti da proiettili vaganti''. Rischio che ha corso anche il cooperante veronese, ex consulente informatico, che ha puntato verso Kigali quando, appena a 5 chilometri dal confine con il Ruanda, ''una bomba è esplosa a poche centinaia di metri da noi''.

Nella capitale ruandese, spiega, ''la situazione è sicura, anche se tutto è precario e non si può mai sapere''. Arrivato a Goma dal Burundi, dove si era recato nel 2007, Solagna ammette: ''Non mi sarei mai aspettato una situazione come quella che stiamo vivendo in questi giorni''. Anche se, spiega, ''da due anni a questa parte la situazione della sicurezza e quella umanitaria è andata sempre peggiorando''. Ad esempio, cita il fatto che ''negli ultimi mesi si è registrato un numero di bambini di strada che non si era mai visto. In ogni piccolo angolo della città ci sono piccole tende appoggiate ai muri, con bambini dai 6 ai 9 anni che ci vivono''.

Ora ''i ribelli dell'M23 hanno conquistato Goma e la città è sotto il loro controllo'', prosegue Solagna ricordando che una situazione simile si era già creata nel 2012. ''Lo stesso gruppo era riuscito a prendere il controllo di Goma e di alcune province del Nord Kivu. Dopo un po' è rientrato tutto'', ma ora i ribelli ''si sentono traditi e vogliono negoziare ponendo loro le condizioni''.

Case e negozi saccheggiati

Sul futuro, il cooperante afferma che ''se si trova un accordo e si smette di sparare, si può riprendere una vita normale''. E sul suo futuro personale, Solagna dice: ''Vorrei sapere se c'è ancora la nostra casa. Da domenica vari gruppi criminali stanno saccheggiando negozi e case...''. Sull'ipotesi di tornare in Italia conclude: "Se le condizioni non ci permetteranno di tornare a Goma, non avremo altra scelta se non rientrare in Italia'', ma la speranza è che ''la situazione si stabilizzi, mio figlio possa tornare a scuola, mia moglie congolese alla sua famiglia''.

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