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“Complimenti per la trasmissione”, ansiolitico per telespettatori disincantati
20 anni di critica televisiva nei “mostri” di Francesco Specchia
Un safari avventuroso nel telebestiario italiano, popolato da figure mostruose, con la guida esperta di Francesco Specchia. “Complimenti per la trasmissione” (Baldini+Castoldi) raccoglie oltre vent’anni di lavoro del critico televisivo di “Libero”. “I mostri li intendo in latino, nel senso di prodigi. E li divido tra chi è consapevole del suo essere un mostro; chi di persona non gli daresti una lira ma ha capito il giochino dell’uscire di zucca davanti alla lucina della telecamera; chi è bravo davvero; infine il trash in purezza, l’insulsaggine, la tv del dolore”, spiega all’Adnkronos.
Se gli chiediamo esempi di mostri di comunicazione, troviamo “Alessandro Orsini, Francesca Albanese, Luciana Littizzetto. Su di lei nel libro c’è anche una notizia, nel senso che con mio figlio abbiamo contato tutte le volte che la stella di ‘Che tempo che fa’ ha citato una famosa ditta di divani nei suoi monologhi in Rai, senza che nessuno la tacciasse di pubblicità occulta. Casualmente, la stessa ditta di cui era testimonial molto ben pagata. E questo nonotante il codice etico preveda regole rigidissime quando si parla di marchi, vedi quello che è successo a John Travolta a Sanremo. Per fortuna ora è sul Nove e può fare tutte le promozioni occulte che crede”.
Specchia non è d’accordo con Aldo Grasso nella critica ad Alberto Angela, definito nel libro mostro di bravura: “Ha una passione innata, 'tele padre tele figlio', da bambino essiccava pipistrelli ed eseguiva scavi in giardino, Angela è ormai l’archetipo della divulgazione scientifica”. Un altro che “sapeva tutto, sapeva fare tutto", ma fu abbandonato dalla sua parte politica, la sinistra, fu Tommaso Labranca, "un talento invincibile, autore, traduttore, critico d’arte. La destra gli dava della zecca, poi una parte della destra ha iniziato ad apprezzarlo, e iniziò collaborare con 'Libero'. Nel libro che non è mai riuscito a scrivere ci doveva essere un capitolo sulla società civile, sugli indignati, su coloro che insultano la nazione che li mantiene grazie alle pensioni dei genitori presso cui vivono ancora a 40 anni, su quelli che sono andati a fare la fame all’estero convinti di rientrare così nella fuga dei cervelli…”
Altro riconoscimento che non ti aspetti dall’autore è quello per Diego Bianchi, ovvero Zoro. “E’ il vero giustiziere del Pd, la sua coscienza critica. È partito con la telecamerina, prima con la gente comune, poi con i politici locali, poi con quelli nazionali, è arrivato in tv ed è diventato una specie di Arbore ma più cattivo e di sinistra. Passami l’iperbole, un Lenny Bruce che diventa Walter Kronkite, uno stand-up comedian all’italiana che fa reportage della madonna dal Congo. Anche se non la pensi come lui, devi riconoscergli i meriti”.
Ci sono le figure storiche della tv, i tremendi youtuber, Saviano nel mirino dei terroristi islamici ("una storia da ridere"). Vittorio Feltri è definito “l’imitatore di Crozza che ama i terroni”. “E’ uno degli ultimi ruvidi immensi maestri di questo mestiere. Si metteva a imitare Crozza che imitava lui. Gli venivano naturali battute prese dal programma che mai avrebbe pronunciato, come ‘La dittatura comunista impone ovunque solo racchie anestetizzandoci il testosterone’”. Feltri raccontò a Specchia che era talmente afflitto dalla scarsa qualità degli abiti usati dal comico, che un giorno inviò a Crozza una giacca tweed sartoriale fumo di Londra, accompagnata da un biglietto: ‘Così almeno, quando dici pu**nate in tv, le dici con eleganza…’. “Sì, e Crozza la usa ancora, quella giacca”. (di Giorgio Rutelli)
Spettacolo
Rai: variazioni programmi tv di domani
Queste le variazioni Rai dei programmi tv di domani:
RAI 1
Nessuna variazione
RAI 2
06:50 Serie TV Le Leggi del Cuore. Ep. 37 e 38 1a Visione Rai (anziché Tlf Blue Bloods)
08:15 Videobox
19:00 Telefilm Blue Bloods: “La vita che sceglieamo” e “Donne con le pistole” (anziché Serie TV Le leggi del cuore)
21:20 Film Il sesso degli angeli. 1a Visione Rai
Regia di Leonardo Pieraccioni. Con Leonardo Pieraccioni, Sabrina Ferilli, Marcello Fonte, Massimo Ceccherini
(il previsto Film Ancora più bello non sarà trasemsso)
RAI 3
Nessuna variazione
Tv & Gossip
Squid Game 3: la conferma che aspettavamo, ora possiamo...
Siamo al 31 gennaio, eppure a qualcuno pare ancora incredibile che, dopo tutto questo tempo e il successo dirompente, il viaggio di Squid Game stia per giungere al suo gran finale. Noi ci troviamo qui, con un groviglio di ricordi e aspettative, pronti a raccontarvi le ultime novità su una serie che – inutile negarlo – ha segnato un’epoca nell’intrattenimento globale. Forse alcuni di voi ne hanno seguito l’ascesa fin dall’inizio, forse altri ci sono arrivati in un secondo momento. In ogni caso, l’emozione attorno a questo titolo non accenna a placarsi.
Ricordate quando nel lontano 2022 si iniziò a mormorare di una seconda stagione? Allora, qualcuno pensava fosse quasi un azzardo puntare ancora sui giochi mortali e su quelle tute colorate che avevano letteralmente invaso Internet. E invece no. Nel corso del tempo, Netflix ha non solo confermato un nuovo capitolo ma ha addirittura fatto un passo oltre, annunciando – quasi di soppiatto – la realizzazione della terza e ultima stagione. È ciò di cui parliamo adesso: un lungo viaggio che sta per chiudersi, con una data finalmente impressa in un comunicato ufficiale.
Uno sguardo indietro: le radici del fenomeno
Facciamo un passo indietro, perché certe cose vanno raccontate con il giusto peso. Quando Hwang Dong-hyuk ha iniziato a lavorare a questa storia, nessuno ma proprio nessuno, gli dava credito. Dodici anni di idee che andavano e venivano, di persone che scuotevano la testa dicendo “troppo strano, troppo violento, chi vuoi che lo guardi?” E poi, puff. Squid Game arriva su Netflix e in dodici giorni diventa il fenomeno mondiale che conosciamo. Dodici anni di fatica, spazzati via in neanche due settimane. La cosa fa venire i brividi, se ci pensi. Un treno che parte in silenzio e all’improvviso, diventa inarrestabile.
Una corsa inarrestabile, che ha travolto ogni previsione e ha portato il regista a ringraziare i fan con parole piene di stupore e gratitudine. Non dimentichiamo che poi, con un intervento durante un’intervista (accadeva nel gennaio 2024), persino Ted Sarandos, co-CEO di Netflix – aveva confermato senza mezzi termini che il franchise coreano era ben lontano dall’esaurirsi, definendolo un vero e proprio “universo”. E infatti, dopo la prima ondata di popolarità, l’arrivo di una seconda stagione era solo questione di tempo.
La seconda stagione: un finale che ha lasciato il fiato sospeso
Se state leggendo ora, magari avete già divorato la seconda stagione, arrivata lo scorso 26 dicembre 2024. Quel giorno, in molti si sono precipitati sulla piattaforma per scoprire come avrebbe proseguito la storia del giocatore 456, ancora in lotta per smascherare i retroscena di un gioco spietato e criptico. C’è stato un momento in cui abbiamo tutti pensato che la ribellione potesse funzionare, che qualcosa sarebbe finalmente cambiato.
E invece, nulla si è risolto con facilità: il tradimento di 001 e il sabotaggio di chi avrebbe dovuto sostenere la causa hanno lasciato dietro di sé un clima di disillusione e un carico di domande senza risposta. Nel frattempo, nuovi personaggi sono entrati in scena, con sottotrame che hanno complicato ancor di più la situazione. Ecco perché l’aspettativa verso la terza stagione si è fatta incandescente. Serviva una data per fissare i nostri cuori in tumulto: da una parte la curiosità, dall’altra il timore che tutto possa concludersi in modo ancor più drammatico.
La terza stagione: il gran finale, il 27 giugno 2025
Finalmente, Netflix ha comunicato la data ufficiale. Ed eccoci qui, con un cerchio rosso sul calendario: 27 giugno 2025. Questo è il giorno in cui si chiuderà il cerchio di Squid Game. Ci chiediamo (e probabilmente anche voi) come verranno tirati i fili di una trama così intricata. Per ora si sa poco e niente e il finale del secondo capitolo non ha fatto che aumentare il mistero attorno al destino di Gi-hun e degli altri volti rimasti in gioco. Potrebbe esserci una nuova ribellione? Potrebbe emergere un’alleanza tra i vecchi personaggi e quelli appena introdotti? Sono tanti i nodi da sciogliere, senza contare la sorte dell’isola, che ormai sembra più inaccessibile che mai.
Il cast: conferme e ritorni
Sul fronte degli attori, qualche nome risuona ormai familiare. Lee Jung-jae come Seong Gi-hun rimane il volto più iconico dell’intera serie. Accanto a lui, ci aspettiamo di ritrovare Wi Ha-jun (Hwang Jun-ho) e Lee Byung-hun (Front Man). Ma non finisce qui, perché la seconda stagione ci ha presentato nuovi personaggi che hanno saputo farsi strada. Tra questi, Park Gyu-young, Kang Ae-shim, Jo Yu-ri, Yang Dong-geun, Park Sung-hoon, Kang Ha-neul e Im Si-wan. Rivederli nel capitolo finale potrebbe regalare un intreccio di storie ancora più complesso.
Anticipazioni e trailer
Potremmo sembrare un po’ impazienti nel voler scovare qualche dettaglio che anticipi la trama del prossimo ciclo di episodi ma al momento non ci sono immagini ufficiali. Spesso Netflix rilascia un trailer a ridosso dell’uscita, quindi non ci aspettiamo nulla di concreto almeno fino all’inizio della prossima primavera.
Qualcuno azzarda a dire che vedremo una svolta molto più cupa, in cui i protagonisti saranno costretti a misurarsi con i fallimenti accumulati e con scelte eticamente ancor più discutibili. Rimangono mere ipotesi, s’intende, ma l’atmosfera tesa del secondo capitolo ce lo lascia supporre.
Dove vedere Squid Game 3 in streaming
Come i capitoli precedenti, anche la terza stagione approderà su Netflix. D’altra parte, la piattaforma ha scommesso molto su questa produzione sudcoreana e pare più che decisa a puntare tutto sul suo grandioso atto finale. Se qualcuno volesse recuperare le vicende iniziali, la prima e la seconda stagione sono già disponibili in catalogo. Un’occasione per riflettere su come tutto è cambiato dai primi inquietanti giochi a questa complessa rete di alleanze e tradimenti che ci accompagna ora.
La nostra speranza e le nostre emozioni
C’è un sentimento strano nel pensare che il 27 giugno 2025 segnerà la fine di un percorso narrativo così amato. C’è quel misto di emozione e inquietudine che ti prende allo stomaco. Da un lato, non vedi l’ora di sapere come finirà tutto, se tireranno fuori un finale che ci lascerà senza fiato o se sarà uno di quelli che ti fanno dire “Tutto qui?”. Dall’altro… beh, è come quando chiudi l’ultima pagina di un libro che hai amato. Ti lascia un vuoto, quasi un senso di perdita. Perché sì, lo sapevamo che sarebbe finita ma ora che il momento è davvero vicino, fa un po’ male.
Squid Game ce l’ha fatta, punto. Ha messo sottosopra tutto, ha cambiato le carte in tavola, ha dimostrato che l’intrattenimento può essere brutale, profondo, spietato e incredibilmente reale. E adesso? Adesso si chiude il sipario e quel vuoto che lascia è difficile da ignorare. Ci ha insegnato qualcosa? Forse sì, forse no. Dipende da come lo si guarda. Ma quello che è certo è che il suo eco non si spegnerà tanto presto. Nel frattempo, beh… il countdown è iniziato. Ci prepariamo a salutare un pezzo di storia. Speriamo solo che sia un addio degno di tutto il caos che ha scatenato.
Se avete fame di dettagli, restate sintonizzati, perché qui non ci facciamo scappare nulla. Chi può dire con certezza cosa accadrà? Nessuno, davvero. Ma una cosa è sicura: Squid Game 3 sarà il gran finale di cui tutti parleranno. E noi? Noi siamo qui, con il fiato sospeso, a contare i giorni, a chiederci come diavolo chiuderanno questa storia senza lasciarci con un vuoto dentro. L’ultimo giro sta per cominciare. Siete pronti a salire sulla giostra?
Tv & Gossip
Niente terza stagione per “Mo”: ecco come si chiude la...
Succede che l’unica scelta possibile sia lasciare che un capitolo si chiuda. Potrebbe sembrare un po’ brusco, ma è esattamente ciò che sta accadendo con “Mo”, la serie targata Netflix creata da Mo Amer e Ramy Youssef. Forse qualcuno di voi ci è rimasto un po’ male quando ha sentito che non ci sarà un seguito oltre la seconda stagione. È comprensibile: eravamo affezionati a quel rifugiato palestinese dal cuore grande che cercava di ricostruire la propria vita a Houston. Eppure, per quanto ci pesi dirlo, è giusto comunicare che la storia si è conclusa.
Non vogliamo dilungarci solo su questo aspetto, però. Riteniamo che la vera magia di questa serie sia stata la sua capacità di intrecciare con delicatezza comicità e riflessione sociale, catapultandoci nella quotidianità di Mo Najjar e della sua famiglia. Prima di scoprire la decisione definitiva, chi l’ha seguita aveva già colto i primi segnali che ci fosse un finale in vista. Già la stagione iniziale aveva riscosso successo, ma è con la seconda – rilasciata in tutto il mondo su Netflix il 30 gennaio 2025 – che Mo trova finalmente la sua dimensione, con tanto di conclusione che dona un senso di compiutezza.
Il dietro le quinte di un successo
A guidare il progetto c’erano i due ideatori: Mo Amer (volto già visto in “Black Adam” e nello speciale “Mo Amer: Mohammed in Texas”) e Ramy Youssef (già noto per “Povere creature!” e “Ramy”). Un duo che non si è limitato solo alla sceneggiatura, ma che, insieme ad A24, Harris Danow e al regista Solvan “Slick” Naim, ha contribuito a dare un’impronta tutta particolare alla serie. L’obiettivo, secondo noi, era quello di mostrare con realismo le sfide di un richiedente asilo che, ogni giorno, lotta fra questioni burocratiche e sogni personali.
Come finisce tutto?
Nel secondo capitolo, troviamo Mo impantanato fuori dagli Stati Uniti, senza un passaporto che gli permetta di rientrare in tempo per un’udienza fondamentale. C’è una certa urgenza, un senso di ansia che traspare mentre, dall’altra parte dell’oceano, si capisce che la vita continua a scorrere a Houston. Eppure, anche senza i documenti in regola, Mo non si arrende. Si aggrappa al suo spirito di adattamento – quel modo di fare un po’ ironico, un po’ ostinato – e cerca di raggiungere la città che è diventata la sua casa. S’incontrano personaggi nuovi, salta fuori un antagonista inaspettato che sembra mettere a rischio tutto ciò a cui lui tiene. C’è anche un sogno legato alla Palestina, un desiderio quasi ancestrale di tornare alle radici. E poi, d’un tratto, quell’idea che pareva lontana assume contorni reali.
Perché non avremo una terza stagione?
Da parte nostra, ci sentiamo di dire che “Mo” ha scelto di concludere proprio quando era nel pieno del suo messaggio: mostrare che, a volte, la fine di un percorso coincide con l’inizio di un nuovo capitolo lontano dalle telecamere. Mo Amer e Ramy Youssef hanno ritenuto che il personaggio di Mo Najjar avesse detto tutto ciò che doveva dire e lo avevano già pianificato. Magari un po’ ci dispiace, ma di sicuro questa conclusione dona alla serie un’aura speciale, come un viaggio breve ma intenso che si ricorderà a lungo. E alla fine, forse, va bene così.