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Consulta, si allungano i tempi per la prossima convocazione: mancano il clima politico e l’accordo sui nomi
Manca il clima politico. E manca anche l'accordo complessivo sul pacchetto di nomi. Si allungano i tempi per l'elezione dei quattro giudici alla Corte costituzionale. La prossima seduta comune del Parlamento, a quanto si apprende, non sarà prima di metà febbraio. I rumors dicono infatti che sarebbe ancora lontana la quadra tra il candidato di Forza Italia e il quarto nome del tecnico/indipendente nello scenario del 2+1+1 (due giudici alla maggioranza, uno all'opposizione ed uno al tecnico). Il nodo azzurro non pare infatti sia stato del tutto sciolto, essendo legato a doppia mandata a quello del quarto candidato. E questo è un binomio che potrebbe scompaginare l'intera quadriglia.
Al momento sembrano blindate le candidature dei professori universitari Francesco Saverio Marini in quota Fdi, di Massimo Luciani in quota Pd e la decisione che il quarto candidato in quota tecnico/indipendente debba essere donna e che non debba provenire dalle supreme magistrature "per evitare invasioni in spot altrui". E si confermerebbe in casella tecnica, la stimata giurista cattolica Valeria Mastroiacovo, segretario Centrale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani (Ugci) e professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università degli Studi di Foggia. Dal 2018 è a Palazzo della Consulta come assistente di studio del giudice costituzionale Luca Antonini e dal 2021 è entrata a far parte dell'Ufficio studi dell'intera Corte, quale "pilastro", si dice a Palazzo della Consulta, nella sua materia (diritto tributario) a supporto di tutti i giudici costituzionali.
Perde infatti quota per la quarta casella la bravissima avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli, inizialmente ipotizzata quale candidato indipendente, poi per Fi. Le sono infatti stati contestati per quel ruolo i numerosi incarichi politici ricevuti in passato nei governi Berlusconi, Prodi, Amato, Gentiloni, Letta, Renzi, Draghi, che un candidato indipendente a quanto si dice non dovrebbe avere avuto. Così come non è ben vista tra le forze politiche l'opportunità avanzata nei giorni scorsi di una candidatura di Luisa Corazza, giuslavorista di spessore e professoressa ordinaria di Diritto del lavoro presso l'università degli studi del Molise, a causa della nomina ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a consulente per le questioni di carattere sociale al Quirinale. Incarico che, si dice, la taggherebbe quasi quale nomina indiretta in quota presidenziale nonostante una giuslavorista a palazzo della Consulta farebbe comodo al Collegio.
E Forza Italia? A prendere corpo è anche la possibilità che gli azzurri colorino di rosa la loro casella. Una ipotesi non senza ostacoli, per i nomi forti di possibili candidati uomini, parlamentari o tecnici d'area. Tra questi, non certamente Claudio Panzera, professore associato di diritto costituzionale presso l'Università Mediterranea di Reggio Calabria, il cui nome era dato per quasi certo da alcuni media ed indicato quale "l'exit strategy in mano a Tajani per spiazzare gli avversari e perfino i meloniani". Panzera, meridionalista da sempre posizionato sul versante anti-autonomia e linea Open-Arms, si sarebbe infatti precipitato a smentire la notizia agli amici e colleghi.
La carta maschile su cui potrebbe puntare Tajani sarebbe invece quella del professore ordinario di Diritto costituzionale a Tor Vergata Giovanni Guzzetta il cui nome gira fortemente in questi giorni tra gli alti scranni azzurri e delle forze di maggioranza 'seminando' Roberto Cassinelli e Andrea Di Porto, considerati in alternativa al testa a testa fra i parlamentari Sisto e Zanettin. Meridionalista convinto ed anche membro del Comitato per la definizione dei lep (Clep), Guzzetta da sempre ambisce a declinare l'Autonomia di Calderoli, della cui battaglia è un fervido sostenitore, in funzione Sud.
Apprezzato anche da Fdi per le sue posizioni sul premierato, lo è moltissimo da Forza Italia per cui ha scritto il disegno di legge delega sul nucleare presentato dal ministro Pichetto Fratin e per cui ha ricoperto anche in passato il ruolo di capo gabinetto del ministro azzurro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. E dulcis in fundo, il professore di Tor Vergata potrebbe essere gradito anche a sinistra. Fin dal tempo dei referendum Segni, di cui ha elaborato il quesito, ancor prima è infatti stato capo dell'ufficio legislativo della Margherita al Senato oltre a presidente nazionale della Fuci, Federazione Universitaria Cattolica Italiana.
Gli azzurri disdegnano il rosa? Certo è che due giudici costituzionali donna su quattro posti vacanti non guasterebbero e che una scelta in questa direzione darebbe lustro ad Fi. Se è stata archiviata l'ipotesi in quota Forza Italia di Palmieri Sandulli, si guarda a un discreto gruppo di altre donne, due delle quali vicine a Comunione e liberazione. Sono Tania Groppi, professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico a Siena, che sarebbe sostenuta da Marta Cartabia e che è conosciuta per le sue battaglie sulla eguaglianza di genere e sul ruolo del diritto costituzionale nella lotta al cambiamento climatico; e Lorenza Violini professoressa ordinaria di Diritto costituzionale all'Università degli studi di Milano. Ma nell'ipotesi in cui una delle due fosse prescelta, potrebbe riaprirsi tuttavia il risiko sul quarto candidato saltando Valeria Mastroiacovo, la giurista cattolica apprezzata dalla Cei e data al momento per certa in quota casella tecnica.
Fuori quota Cl, spicca poi il nome di Giovanna Razzano, stimata professoressa ordinaria di Diritto pubblico e di Diritto pubblico per lo sviluppo sostenibile alla Sapienza, in prima linea anche sul fronte della Bioetica (è Membro del Comitato Nazionale di Bioetica dal 6 dicembre 2022), del diritto privato europeo e dell'interpretazione della Costituzione (a cui si è dedicata tra il 2002 e il 2005 nell'ambito di una ricerca diretta dal prof. Franco Modugno, ex vice presidente della Corte costituzionale eletto nel 2015 in quota M5s). Esperta tra l'altro di federalismo fiscale, controllo della spesa pubblica e sussidiarietà oltre che di diritto alla salute e assistenza sanitaria primaria, Razzano si è dedicata anche allo studio della sostenibilità finanziaria dei livelli essenziali di assistenza nella governance multi-livello dell’emergenza sanitaria. Il suo profilo, molto apprezzato per l'equilibrio, a seconda della quadra potrebbe essere considerato anche in quota candidato indipendente, non avendo la docente mai avuto incarichi politici.
In una supposizione di 'scambi' tra Fi e Lega, potrebbe brillare per gli azzurri l'ipotesi Ginevra Cerrina Feroni, vice presidente del Garante per la protezione dei dati personali (il suo nome fu proposto dal Carroccio) e brillante professoressa ordinaria di Diritto costituzionale italiano e comparato all'Università di Firenze. Ferrata sul fronte autonomia (il ministro Calderoli la ha nominata nella Cabina di regia per la determinazione dei Lep), potrebbe essere un candidato appoggiato trasversalmente, come Gabriella Palmieri Sandulli, in quanto benvista anche dal centrosinistra (il ministro dell'Ambiente Sergio Costa -M5s - la ha nominata nel 2019 nella Commissione tecnica nazionale di verifica dell’impatto ambientale ed ha fatto parte della Commissione degli esperti nominata dal Governo Letta, nel giugno 2013, per la riforma della Costituzione). (di Roberta Lanzara)
Politica
Consulta, Flick: “Manca la quadra sui giudici?...
'Non è l'accordo politico che detta i tempi in cui assolvere ad un obbligo costituzionale'
Parlamento in panne per l'elezione dei quattro giudici costituzionali che dovranno reintegrare Silvana Sciarra (il cui mandato è scaduto nel novembre 2023), Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti (i cui mandati sono scaduti il 21 dicembre 2024). Dopo 13 convocazioni, e due sconvocazioni, l'ultima ieri, siamo ancora al nulla di fatto nonostante l'appello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ed intanto si profilano tempi lunghi per la prossima seduta comune del Parlamento. Una situazione che allarma gli esperti, in quanto un obbligo costituzionale che tocca la funzionalità di un essenziale organo di garanzia si trasforma in un nodo interamente politico.
E' l'accordo politico che detta i tempi in cui assolvere ad un obbligo costituzionale consentendo al Parlamento di sottrarsi se manca l'accordo? "No - risponde senza mezzi termini all'Adnkronos il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick -. L'obbligo costituzionale del Parlamento è tale che il presidente Francesco Cossiga ricordò che sarebbe stato costretto a sciogliere le Camere se non fossero state in grado di eleggere un giudice costituzionale (il 7 novembre 1991, in ragione dell’inerzia parlamentare nella reintegrazione del plenum della Corte - ndr). Non è infatti l'accordo fra le forze parlamentari a condizionare i tempi. L'elezione dei membri della Consulta è un dovere, non un accordo politico. Perché la Corte costituzionale è l'organismo di controllo, di verifica, di garanzia della costituzionalità delle leggi e delle risoluzioni dei conflitti". "E una Corte funziona meglio e si esprime al meglio con tutti i membri e non solo con il minimo di essi per poter lavorare: Il prodotto del pensiero di undici giudici è inevitabilmente diverso dal prodotto del pensiero dei 15, nell'equilibrio delle triplici componenti del Collegio (capo dello Stato, magistrature di vertice e Parlamento)".
Infatti le 'regole' sono state pensate nell'ottica di preservazione di un organo di garanzia: l’art. 5, comma 2, della legge costituzionale n. 2 del 1967, si limita a prevedere che se manca un giudice "la sostituzione avviene entro un mese dalla vacanza stessa"; l'organo elettivo è tra gli altri il Parlamento in seduta comune; il quorum evita che la maggioranza possa imporre il suo candidato; lo scrutinio è segreto per impedire imposizioni dall'esterno e far sì che si arrivi ad un consenso sostanziale, pensato; e infine le candidature non si dovrebbero ufficializzare per non favorire politicizzazioni.
Invece? "Il modo di organizzare il Parlamento all'esercizio di voto dei membri della Consulta avviene di fatto in modo sgradevole - ribatte Flick - Dividere tra i gruppi parlamentari le spettanze di chi scegliere non è modo di attuare la Costituzione. Mi viene in mente una vecchia battuta sui Cda Rai: un posto alla Dc, uno al Pci ed uno a uno bravo. Non è questo il metodo per eleggere la suprema magistratura dello Stato".
Stesso dicasi quindi sulle 'quote rosa' e l'intenzione della politica di garantire un posto ad una donna? "Donne e uomini sono eguali. La promozione della donna da parte della politica è doverosa. Si può chiedere la presenza di una percentuale femminile nei Cda. Ma non lo si può fare in Corte costituzionale. Dove si deve puntare al complesso, non al genere a cui si appartiene. La lacuna che per troppo tempo ha caratterizzato l'assenza femminile in Corte è stata rimossa alla fine degli anni '80".
"Si spera che ogni parlamentare nel momento in cui vota non adempia a un dovere verso il proprio gruppo di appartenenza ma indichi la persona più adatta". Il voto ad oltranza potrebbe essere il metodo per portare il Parlamento alla quadra? "In uno dei conclavi lo adottarono. Ma una via del genere lascia perplessi. E' uno dei doveri delle Camere eleggere i giudici costituzionali, se non riescono vuol dire che esse vengono meno ai loro doveri, tanto che ne è ipotizzabile lo scioglimento", conclude. (di Roberta Lanzara)
Politica
Alleanza Nazionale, 30 anni da nascita destra governo. La...
Convegno al Senato oggi in occasione del trentennale dalla svolta di Fiuggi. Tra gli ospiti anche l'amministratore delegato del gruppo Adnkronos Angela Antonini e il presidente Pippo Marra. Tatarella: "Abbiamo nostro premier, manca il Capo di Stato". Donzelli (FdI): "Antifascismo momento essenziale". Fini: "Dobbiamo dare vita a una nuova Italia"
Una storia condivisa nel tempo: dall'Msi, passando per Alleanza nazionale, arrivando a Fratelli d'Italia, forze di una destra nazionale, legata nel tempo da una passione comune, quella dell''amore per l'Italia.
"La forza autentica della comunità di destra è che chi si colloca lì, lo fa perché non vuole vantaggi personali, ma sceglie quella parte per 'amore dell'Italia', come avrebbe detto Giorgio Almirante", assicura Gianfranco Fini, facendo la sintesi della 'sua' storia repubblicana, al convegno dal titolo 'Alleanza Nazionale. A 30 anni dalla nascita della destra di governo', evento organizzato dalla Fondazione Tatarella con il patrocinio del Senato per ricordare il congresso di Fiuggi del gennaio del 1995.
A lui si associa il presidente La Russa, che concluderà i lavori, ringraziando pubblicamente Fini per la sua svolta, ricordando il primo slogan voluto da Meloni per FdI: "Volle scritto 'a testa alta'" e ora "la nostra caratteristica ieri come oggi e spero domani è quello di guardare al nostro presente e al nostro passato a testa 'non alta', ma 'altissima'".
Nella sala, gremitissima, a prendere la parola, con il presidente del Senato La Russa e l'ex presidente della Camera Fini, il responsabile organizzativo di Fdi, Giovanni Donzelli, Valentino Valentini e Fabrizio Tatarella della Fondazione An, il ministro Adolfo Urso. Ad ascoltarli, non facendo mancare applausi sono ex aennini, come Domenico Gramazio e Carmelo Briguglio, tanti giornalisti d'area, come il direttore editoriale del Secolo d'Italia, Italo Bocchino e il direttore dello stesso quotidiano Antonio Rapisarda. Presenti anche alcuni senatori di Fdi, tra cui Roberto Menia. Tra gli ospiti anche l'amministratore delegato del gruppo Adnkronos Angela Antonini e il presidente Pippo Marra. Qualcuno in sala indossa pure una sciarpa con la scritta 'Fini sindaco', ricordando la sfida con Rutelli a Roma, del '93. Campagna più volte evocata in sala, con lo stesso Fini e Donzelli che ricordano come siano stati i voti degli elettori a sdoganare la destra in Italia, piuttosto che Berlusconi.
"Non si poteva chiedere a Almirante di rinnegare se stesso, ma aveva detto che non voleva restaurare", dice sempre il fondatore di An Fini, aggiungendo che per il Msi "il tema, la questione era la presunzione di quei partiti che tenevano fuori dalla dialettica politica una forza legittimata democraticamente". "Poi ci hanno scelto per l'onestà, quella dei nostri padri", spiegherà ancora La Russa.
Donzelli, che si rammarica di non aver potuto conoscere personalmente Pinuccio Tatarella per motivi anagrafici ("era uno che non andava in tv, lo sentivo alla radio") parla di fascismo: "Non abbiamo nessun problema ad ammettere, come è scritto nelle tesi di Fiuggi, che l'antifascismo è stato un momento essenziale, ma la sinistra deve capire che non basta essere antifascisti per essere democratici", è quanto scandisce tra gli applausi.
"I destinatari principali del lavoro di Tatarella e di quel gruppo erano le nuove generazioni - racconta Fabrizio Tatarella - . Fiuggi segna un prima e un dopo nella storia della destra e oggi abbiamo un premier e la seconda carica dello Stato e un vicepresidente esecutivo in Ue". "An - spiega - ha permesso di esprimere l'attuale classe dirigente italiana, ora quindi manca un ultimo passaggio: l'elezione di un presidente della Repubblica, proveniente dalla destra italiana".
Politica
An, Fabrizio Tatarella: “Ora manca ultimo passaggio,...
"Oggi la destra è al governo per la terza volta, con Giorgia Meloni". Un successo che "non ci sarebbe stato senza Fiuggi di 30 anni fa". Così Fabrizio Tatarella, vicepresidente della Fondazione Alleanza nazionale, in apertura dei lavori del convegno in Senato dal titolo 'Alleanza Nazionale.
A 30 anni dalla nascita della destra di governo'. L'evento organizzato dalla Fondazione Tatarella ricorda, in collaborazione con la Fondazione An, la svolta Fiuggi voluta da Pinuccio Tatarella. L’evento, con il patrocinio del Senato della Repubblica, vede in sala tra gli altri il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso e Gianfranco Fini, già presidente di Alleanza Nazionale e protagonista della svolta di Fiuggi.
"I destinatari principali del lavoro di Tatarella e di quel gruppo erano le nuove generazioni -aggiunge- . Fiuggi segna un prima e un dopo nella storia della destra. Oggi abbiamo un premier e la seconda carica dello Stato". "An -ha ricordato Fabrizio Tatarella- ha permesso di esprimere l'attuale classe dirigente italiana, ora quindi manca un ultimo passaggio: l'elezione di un presidente della Repubblica, proveniente dalla destra italiana".