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Gaza, l’analista Milshtein: “Fantascienza l’ipotesi di Trump, c’è rischio impatto sull’accordo”
Per l'esperto israeliano la proposta del presidente americano per il futuro della Striscia di Gaza complica i rapporti tra gli Stati Uniti e il mondo arabo e rischia di creare danni e instabilità alla regione
E' ''fantascienza'' la visione del presidente americano Donald Trump per il futuro della Striscia di Gaza, ''non c'è un solo palestinese o arabo che possa accettare anche un solo punto dell'ipotesi che ha elaborato''. E se ''la sua realizzazione è molto limitata'', quello che ''in Israele preoccupa è l'impatto negativo che questo annuncio può avere sull'accordo sugli ostaggi'', ma anche sulle ''relazioni tra Israele e la Giordania, l'Egitto, l'Unione Europea, sul processo di normalizzazione con l'Arabia Saudita''. Lo spiega in un'intervista ad Adnkronos l'analista Michael Milshtein, direttore del Forum per gli studi palestinesi al Centro Moshe Dayan di Tel Aviv.
''Si può parlare di convincere i palestinesi a lasciare le zone completamente distrutte della Striscia di Gaza, ma non si riuscirà mai a convincerli a evacuare Gaza. E la questione ancora più complicata è che non sarà mai possibile convincere i Paesi arabi ad accoglierli'', ha spiegato. Nel frattempo ''in Israele abbiamo davvero tanta paura che tutta l'attenzione attorno all'annuncio di Trump possa avere un grave impatto negativo sull'accordo e sui negoziati sugli ostaggi e distogliere dalle sue priorità''. E ''non solo per quanto riguarda la seconda fase dell'accordo, ma anche per la prima'', afferma l'analista citando il rischio che ''le parole di Trump creino una crescente crisi tra i Paesi arabi e Washington e tra i palestinesi e Washington''. Secondo Milshtein, ''sabato prossimo, quando tre ostaggi dovrebbero essere rilasciati, sarà una sorta di test per vedere se l'accordo regge e continuerà''.
Con uno sguardo all'impatto regionale del trasferimento di milioni di palestinesi da Gaza, l'analista israeliano ritiene che ''per la Giordania l'arrivo di diverse migliaia di palestinesi avrebbe conseguenze orribili, sarebbe la fine del Regno hashemita''. Dell'Egitto, Milshtein ha ricordato ''l'orgoglio nazionale, nessun leader egiziano sarà nemmeno disposto a discutere di una simile ipotesi'' di ospitare sfollati palestinesi. Ma ''anche solo parlare dell'ipotesi illustrata da Trump rischia di causare danni e instabilità in Medio Oriente''.
In particolare, Milshtein parla di ''danni nelle relazioni tra Washington e il mondo arabo. La prossima settimana re Abdullah di Giordania si recherà da Trump, poi sarà la volta (del presidente egiziano, ndr) al-Sisi. In questo momento le relazioni tra Giordania, Egitto e Stati Uniti sono molto tese. Sono abbastanza sicuro che anche con altri stati arabi, soprattutto con l'Arabia saudita, i rapporti si sono complicati a causa di questo annuncio'' di Trump. ''Mi auguro veramente che il primo ministro Netanyahu non sostenga questa visione di Trump perché danneggerebbe le nostre relazioni con il mondo arabo'', afferma.
In ogni caso, aggiunge, ''penso che la realizzazione effettiva di questa idea sia molto limitata, molto bassa''. Il vero obiettivo di Trump, secondo l'analista, potrebbe quindi essere quello di ''esercitare pressione, soprattutto su Hamas, per convincere l'organizzazione a mettere in atto la seconda fase dell'accordo'' e per mettere in chiaro che ''nessuno deve ostacolare il processo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita a cui tiene molto''. Ma ''in questo momento la situazione è davvero poco chiara, io e tanti israeliani siamo pieni di dubbi'', ha concluso.
Esteri
Trump e il piano per Gaza, valanga di no al controllo Usa:...
Dalla Cina all'Egitto, sono molti i Paesi contrari a una ricostruzione con trasferimento dei palestinesi
Cina, Egitto ma anche l'Europa. Sono molti i Paesi che non ritengono il piano di Donald Trump per Gaza una soluzione adeguata. L'idea del presidente americano, condivisa con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, è quella della Striscia sotto il controllo degli Stati Uniti, per trasformarla nella "Riviera del Medio Oriente", con i "i palestinesi collocati in altri Paesi".
Hamas parla di dichiarazioni "razziste" e "allineate" sulle posizioni dell'estrema destra israeliana: "La posizione razzista americana si allinea con quella dell'estrema destra israeliana nel trasferimento del nostro popolo e l'eliminazione della nostra causa", ha dichiarato Abdel Latif al-Qanou, portavoce di Hamas.
Il piano, con lo sfollamento dei palestinesi che vi vivono, equivale a ''gettare benzina sul fuoco'' in Medio Oriente, alimentando violenze, aggiunge Hamas aggiungendo che - la proposta "che mira all'occupazione della Striscia di Gaza da parte degli Stati Uniti" - è "aggressiva nei confronti del nostro popolo e della nostra causa, non contribuirà alla stabilità della regione e non farà altro che gettare benzina sul fuoco".
La posizione di Abbas
Contro il piano anche il leader palestinese Mahmud Abbas: "Abbas e la dirigenza palestinese manifestano il loro rifiuto categorico di fronte alle richieste di esproprio della Striscia di Gaza ed espulsione dei palestinesi, allontanati dalla loro patria", riporta l'agenzia palestinese Wafa.
"Non permetteremo vengano attaccati i diritti del nostro popolo, per i quali abbiamo lottato per decenni e fatto grandi sacrifici", si legge in una dichiarazione rilanciata dalla Wafa, che denuncia "una violazione grave del diritto internazionale". "Pace e stabilità nella regione non sono possibili senza la creazione di uno stato palestinese, con Gerusalemme come capitale, secondo la soluzione dei due stati", insiste la dirigenza palestinese.
Cina
La Cina è contraria al "trasferimento forzato" dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, ha dichiarato dal canto suo il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, interpellato sul piano di Trump durante un briefing. "La Cina ha sempre sostenuto che il governo palestinese sui palestinesi è il principio fondamentale della governance di Gaza nel dopoguerra e siamo contrari al trasferimento forzato dei residenti di Gaza", ha affermato il portavoce.
Pechino auspica che "tutte le parti sfruttino il cessate il fuoco a Gaza e la governance nel dopoguerra come un'opportunità per riportare la questione palestinese sul percorso giusto di una soluzione politica basata sulla 'soluzione dei due Stati' per una pace duratura in Medio Oriente".
Egitto
Per l'Egitto c'è la necessità di ricostruire rapidamente la Striscia di Gaza senza trasferire i palestinesi che ci abitano, come invece vorrebbe il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha dichiarato il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty incontrando il primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Mohammed Mustafa al Cairo.
Abdelatty e Mustafa hanno condiviso "l'importanza di procedere con progetti di ricostruzione tempestiva a un ritmo accelerato, senza che i palestinesi abbandonino la Striscia di Gaza, con il loro impegno nei confronti della loro terra e il rifiuto di abbandonarla", ha affermato il ministero degli Esteri egiziano.
Abdelatty ha inoltre chiesto all'Autorità palestinese di governare la Striscia di Gaza, che “assuma i suoi compiti nella Striscia di Gaza come parte dei Territori Palestinesi Occupati”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri.
Turchia
"Inaccettabile". Così il capo della diplomazia turca, Hakan Fidan, risponde a Trump sul futuro della popolazione della Striscia di Gaza. "L'espulsione è un fatto che non possiamo accettare, che la regione non può accettare - ha affermato in dichiarazioni all'agenzia turca Anadolu - E' sbagliato parlarne".
Europa
Il piano di Trump non scalda nranche il cuore dei ministri degli Esteri europei. Trasferire la popolazione civile palestinese da Gaza "non sarebbe solo inaccettabile e contrario al diritto internazionale, porterebbe anche a nuove sofferenze e nuovo odio", ha commentato in una nota la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, sottolineando che non deve esserci una soluzione "sulle teste dei palestinesi" e ribadendo l'impegno per una soluzione negoziata a due Stati.
Cauta è stata la reazione del titolare della Farnesina, Antonio Tajani, secondo cui contano i fatti ed il piano andrà commentato solo quando ci sarà una proposta operativa. "Ma mi pare che sull'evacuazione civile della popolazione di Gaza la risposta di Giordania ed Egitto sia stata negativa, quindi mi pare difficile", ha spiegato durante un'audizione alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato. Tajani ha aggiunto che domani in Israele al suo omologo, Gideon Sa'ar, parlerà del "rilancio del processo politico verso la soluzione a due Stati".
"Opposizione" a qualsiasi spostamento forzato della popolazione palestinese di Gaza è stata espressa dalla Francia perché ciò "costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale, un attacco alle legittime aspirazioni dei palestinesi, ma anche un ostacolo importante alla soluzione dei due Stati e un importante fattore di destabilizzazione per i nostri stretti alleata Egitto e Giordania, nonché per l'intera regione".
"Il futuro di Gaza non deve essere visto nella prospettiva del controllo da parte di uno Stato terzo, ma nel quadro di un futuro Stato palestinese sotto l'egida dell'Autorità nazionale palestinese", ha precisato il Quai d'Orsay in una nota.
Londra ha preso le distanze dal piano Trump per Gaza, con il ministro degli Esteri, David Lammy, che ha detto che i palestinesi devono rimanere nella loro terra. "Siamo sempre stati chiari nella nostra convinzione che dobbiamo vedere due Stati. Dobbiamo vedere i palestinesi vivere e prosperare nella loro terra, a Gaza e in Cisgiordania, questo è quello che vogliamo ottenere", ha affermato durante una conferenza stampa a Kiev.
Anche il ministro degli Esteri spagnolo, Jose Manuel Albares, ha respinto il piano del presidente americano. "Voglio essere molto chiaro su questo: Gaza è la terra dei palestinesi di Gaza e loro devono restare a Gaza", ha affermato il ministro, il cui Paese insieme a Irlanda e Norvegia ha riconosciuto formalmente lo Stato palestinese.
Esteri
Sparatoria a Bruxelles, il Belgio capitale Ue della cocaina
Il Regno è diventato un hub per il traffico, la produzione e lo spaccio di droga. Il ruolo della Mokkro Mafia, cresciuta grazie ai legami con i produttori di cannabis del Rif. E nella capitale dell'Unione non si contano gli scontri a fuoco tra bande.
Il Belgio è diventato uno dei principali 'hub' europei della cocaina e del traffico di droga in generale, principalmente a causa del porto di Anversa, uno dei più grandi d'Europa. Insieme alla Spagna, con la Galizia prediletta dai narcos per le sue coste frastagliate, le Rìas, e per l'abbondante disponibilità di veloci motoscafi, e ai Paesi Bassi, con il grande porto di Rotterdam, il Belgio, con i suoi 11 mln di abitanti (poco più della Lombardia), è salito ai vertici continentali del traffico di droga. Oggi ne paga le conseguenze con l'aumento della criminalità sul suo territorio, provocato dalla lotta per il controllo dello spaccio, sia all'ingrosso che al dettaglio.
Tanto che, se in Italia quando c'è una sparatoria a Bruxelles il pensiero corre ancora agli attentati di stampo islamista (come nel marzo 2016 e nell'ottobre del 2023), la prima cosa cui pensano i bruxellesi è un regolamento di conti tra spacciatori e/o trafficanti. La sparatoria di stamani alla stazione della metropolitana di Clemenceau, nei pressi della Gare du Nord, a Bruxelles, dove tra l'altro non si sono registrati feriti né morti, è solo l'ultima, e di sicuro non la più grave, di una lunga serie di scontri a fuoco, tanto che i bruxellesi sembrano ormai essersi abituati ad un tasso di violenza relativamente elevato, specie nei pressi delle stazioni ferroviarie come la Gare du Midi, particolarmente degradata, che attirano tossicodipendenti e spacciatori, come avviene in molte altre città d'Europa.
Un tempo la criminalità legata al traffico di droga era basata principalmente ad Anversa, dove domina la Mokkro Mafia, un cartello di trafficanti di origine marocchina che imperversa in Belgio e Olanda. L'organizzazione, oggi molto potente tanto da permettersi di ammazzare a pistolettate un noto giornalista per strada nel centro di Amsterdam, è nata dagli immigrati maghrebini che, quando l'Olanda aprì alla cannabis negli anni Settanta, attivarono i legami familiari con i coltivatori della regione del Rif, in Marocco. Proprio dal Rif provengono molti dei bruxellesi di origine marocchina. Nel tempo l'organizzazione si è evoluta, passando dall'hashish e dalla marijuana alla più redditizia cocaina, stringendo legami con i cartelli latinomericani.
I narcos sudamericani hanno utilizzato sempre di più il Marocco e le reti marocchine per esportare la cocaina nei ricchi mercati europei, sempre affamati di polvere bianca. Il Belgio e l'Olanda sono così diventati, insieme alla Galizia, i principali punti d'ingresso della droga nel Vecchio Continente, come attesta l'ultimo rapporto dell'Euda, l'agenzia europea antidroga, dove i riferimenti al Belgio abbondano. "I grandi porti del Belgio e dei Paesi Bassi - si legge - sono regolarmente presi di mira dalle organizzazioni dedite al traffico di droga".
I numeri parlano chiaro. Nel 2022, per il sesto anno consecutivo, gli Stati membri dell'Ue hanno segnalato un quantitativo record di sequestri di cocaina, pari a 323 tonnellate. "Belgio, Spagna e Paesi Bassi rimangono i Paesi che segnalano i maggiori volumi di sequestri", cosa che riflette la loro importanza come "punti di ingresso per la cocaina trafficata in Europa". Nel 2023, la quantità di cocaina sequestrata ad Anversa, il secondo porto marittimo d'Europa, è salita a 116 tonnellate rispetto alle 110 tonnellate del 2022. Il volume di cocaina sequestrata ad Anversa è aumentato ogni anno dal 2016.
Nel 2022, gli Stati membri dell'Ue hanno segnalato 84mila sequestri di cocaina, per un totale di 323 tonnellate (rispetto alle 303 tonnellate del 2021): una cifra record, per il sesto anno consecutivo. La parte del leone spetta proprio al Belgio (111 tonnellate) che, insieme a Paesi Bassi (51,5 tonnellate) e Spagna (58,3 tonnellate), pesa per il 68% della quantità totale. Il ruolo del Belgio non è solo quello di snodo di transito: ospita anche, e sempre di più, strutture dedite alla fabbricazione di cocaina partendo da semilavorati come la pasta di coca, che può essere importata più facilmente perché ne occorre un volume inferiore (viene poi raffinata e tagliata per realizzare il prodotto finito).
"Il rilevamento regolare di laboratori di lavorazione della cocaina su larga scala in tutta Europa - spiega l'Euda - in particolare in Belgio, Spagna e Paesi Bassi, rivela come le reti criminali transnazionali di entrambe le sponde dell'Atlantico stiano lavorando insieme per sviluppare nuovi metodi per il traffico di cocaina in Europa".
Il Belgio ha un ruolo importante anche per quanto riguarda altre droghe: nel 2022, su 108 laboratori dediti alla produzione di anfetamine smantellati nell'Ue, 35 erano proprio nel Paese che ospita la capitale europea, anche se il primato qui spetta all'Olanda, con 39. Nelle metanfetamine, a parte la Repubblica Ceca che è la primatista assoluta con ben 202 laboratori smantellati, primeggiano Olanda (14) e Bulgaria (12), ma il Belgio si piazza quarto, con 6 laboratori. La preminenza del Paese in questo mercato viene anche attestata da sequestri di acido tartarico, usato nella produzione delle metanfetamine più potenti, segnalati nel 2022 da Belgio, Germania e Olanda.
Nel Paese prospera anche la produzione di Mdma (comunemente noto come ecstasy): nel 2022 sono stati 27 i laboratori di produzione individuati dalle autorità, mentre in Olanda sono stati 13. Nello stesso anno, su 194 discariche per rifiuti provenienti dalla produzione di droga scoperte in tutta l'Ue, 153 erano in Olanda e 41 in Belgio, altro indizio del ruolo crescente di questi due Paesi come snodo nella 'supply chain' degli stupefacenti.
Resta florido anche il traffico della cannabis, come attesta "il sequestro di 4 tonnellate di resina di cannabis proveniente dal Pakistan nel porto di Anversa", citato dall'Euda. E non manca l'eroina: nel 2022 ne sono state sequestrate 8 tonnellate nell'Ue, 1,3 delle quali in Belgio (in Italia 0,6).
Oltre ad essere un hub per il traffico di stupefacenti e la trasformazione di semilavorati, il Belgio è anche un florido mercato di consumo: nelle Guardie mediche del Regno, come succede in Francia e Olanda, l'Mdma è coinvolta in oltre un caso su 10, tra i pazienti che si presentano. Da un'indagine condotta analizzando le acque reflue, i livelli di ketamina, un anestetico che a dosaggi elevati ha effetti allucinogeni, sono generalmente bassi in 22 città europee in 16 Paesi, ma i livelli più alti si sono registrati in Belgio, Germania, Spagna, Francia e Olanda.
La criminalità che colpisce Bruxelles, di cui la sparatoria di stamani è probabilmente stata una manifestazione dato che le autorità hanno subito escluso il movente terroristico, è un effetto collaterale del traffico di droga. Anche il sindaco di Anderlecht, uno dei tanti Comuni della capitale, il socialista Fabrice Cumps, riporta Le Soir, ha legato senza esitare la 'fusillade' di stamani alla guerra per bande scatenata dai trafficanti di droga. La Rtbf ha notato che, se nel Paese in generale e nella capitale il numero di omicidi è in calo rispetto a dieci anni fa, è però aumentato a Bruxelles negli ultimi due anni, proprio a causa delle numerose sparatorie legate allo spaccio di stupefacenti.
Esteri
Gaza, Avi Pazner: “Piano Trump? Idea nuova, difficile...
L'ex ambasciatore israeliano a Roma: "Non è qualcosa che ha detto sull'impulso del momento"
Trasformare Gaza nella Riviera del Medio Oriente? "E' un'idea completamente nuova, molto difficile da realizzare, ma non irreale". Lo afferma all'Adnkronos l'ex ambasciatore israeliano in Italia, Avi Pazner, commentando la controversa proposta lanciata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel corso di una conferenza stampa congiunta a Washington con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
"Sembra qualcosa molto difficile da realizzare, molto difficile", ritiene Pazner, secondo cui il piano di Trump è "completamente nuovo" e dimostra la volontà del presidente americano di mettere mano "a un problema che è senza soluzione da 75 anni".
"Il piano? Viene da un modo di pensare completamente nuovo"
Per l'ex ambasciatore in Italia, quella lanciata da Trump non è boutade. "Non è qualcosa che ha detto sull'impulso del momento, è un piano che non sappiamo se sarà possibile far progredire, ma è certo che alla Casa Bianca c'è un amico di Israele e che vuole rafforzarlo", prosegue Pazner, che parla di "maniera di pensare totalmente nuova, che dimostra un sostegno molto grande a Israele da parte di Washington".
Secondo l'ex ambasciatore israeliano, l'idea del presidente americano ha "sorpreso" tutti nello Stato ebraico, dove "c'è gente che pensa che sia una soluzione possibile, altri pensano che non si possa fare, mentre non c'è ancora una reazione ufficiale del governo. Neanche Netanyahu che si trova a Washington ha commentato".
La posizione dei Paesi arabi
In merito alle reazioni dei Paesi arabi, tutti per il momento compatti nel condannare il piano Trump per Gaza, Pazner lascia intendere che queste posizioni - a suo parere - potrebbero cambiare. "Dobbiamo studiare e vedere le reazioni dei Paesi arabi che per il momento sono negative", spiega, ricordando che la prossima settimana è atteso alla Casa Bianca re Abdullah II di Giordania, uno dei Paesi dove Trump vorrebbe trasferire parte dei palestinesi di Gaza. "Non so se questa proposta sarà accompagnata da un grande aiuto americano alla Giordania per realizzare questo progetto", conclude.