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Ogni anno, come un rito collettivo, migliaia di studenti si trovano di fronte alle prove Invalsi, test standardizzati che valutano le competenze in Italiano, Matematica e Inglese: un momento chiave nel calendario scolastico, con un impatto significativo non solo sugli studenti, ma sull’intero sistema educativo. La prova nazionale (introdotta con la legge n. 176 del 25 ottobre 2007) prevede che, ogni anno, gli studenti di scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado affrontino i test in Italiano, Matematica e Inglese (Reading e Listening per i gradi 5, 8 e 13). Tuttavia, la distribuzione delle date e le modalità di somministrazione variano sensibilmente a seconda del livello scolastico e del tipo di scuola frequentata.
Le prove si svolgono tra marzo e maggio, con sessioni ordinarie e suppletive. Per gli studenti del grado 13 (ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado), il periodo designato nel 2025 va dal 3 al 31 marzo, con le classi campione che sosterranno i test tra il 4 e il 7 marzo. Le terze medie (grado 8) affronteranno le prove tra il 1° e il 30 aprile, mentre per le seconde superiori (grado 10) la finestra è fissata dal 12 al 30 maggio. Nella scuola primaria, i test inizieranno il 6 maggio con la prova di Inglese per il grado 5, seguita il 7 maggio da Italiano e il 9 maggio da Matematica.
Il formato delle prove varia: mentre la scuola primaria mantiene il metodo tradizionale carta e matita, la scuola secondaria adotta il CBT (computer-based testing), permettendo maggiore flessibilità organizzativa. Le classi campione, selezionate per fornire dati rappresentativi a livello nazionale, sosterranno le prove in giorni prestabiliti con la supervisione di osservatori esterni.
I risultati 2024, tra progressi e ombre
Uno sguardo ai dati del Rapporto Invalsi 2024 offre un quadro dettagliato delle tendenze nel sistema scolastico italiano, con alcuni segnali positivi ma anche sfide ancora da affrontare. Il fenomeno della dispersione scolastica implicita ha registrato una riduzione significativa, passando dal 16,6% del 2021 al 12,9% del 2024, il valore più basso mai registrato a livello nazionale. Tuttavia, persistono ampie differenze territoriali: Calabria, Sicilia e Sardegna presentano ancora tassi di rischio superiori al 20%, mentre regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna si attestano sotto il 10%.
Un aspetto interessante riguarda la distribuzione degli studenti eccellenti, che nel 2024 sono il 19,5% nelle terze medie, in leggero calo rispetto al 2023. Questo dato varia ampiamente su base geografica: in regioni come Lombardia e Veneto oltre il 20% degli studenti rientra nella categoria di eccellenza, mentre in Calabria la percentuale scende sotto il 10%. Le competenze in Inglese, invece, mostrano segnali di miglioramento: nel 2024, la percentuale di studenti con fragilità in Reading e Listening è diminuita, particolarmente nelle scuole primarie, dove si è registrato un calo di 4,8 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
In termini di preparazione matematica, il 2024 ha visto un lieve miglioramento nelle competenze numeriche nelle scuole primarie, mentre nelle secondarie di secondo grado si registra ancora una discreta difficoltà nel raggiungere risultati soddisfacenti, specialmente negli istituti tecnici e professionali. L’analisi dei risultati ha evidenziato che gli studenti con un background socio-economico più elevato ottengono mediamente punteggi più alti, confermando un divario che il sistema scolastico fatica ancora a colmare.
Novità 2025, tra riforme e innovazione didattica
Le Prove Invalsi non sono solo uno strumento di valutazione, ma rappresentano una cartina tornasole della qualità dell’istruzione in Italia. Il loro impatto va oltre il singolo studente: i risultati raccolti forniscono indicazioni fondamentali per il Ministero dell’Istruzione e per le scuole stesse, aiutando a delineare politiche educative mirate. Ad esempio, i dati sulla dispersione scolastica implicita hanno contribuito a sviluppare programmi di intervento come Agenda Sud, che mira a ridurre i divari formativi nelle regioni meridionali attraverso tutoraggio personalizzato e didattica innovativa.
Nel 2025, per la prima volta, le classi campione delle scuole superiori testeranno le competenze digitali, secondo il framework europeo Digcomp 2.2. Questa novità riflette la crescente importanza delle competenze tecnologiche nel mondo del lavoro e nell’istruzione superiore. La rilevazione mira a fornire un quadro più chiaro sul livello di alfabetizzazione digitale degli studenti italiani e ad orientare future iniziative didattiche.
Inoltre, il Ministero dell’Istruzione ha annunciato nuove strategie per il potenziamento delle competenze linguistiche e matematiche, con un focus su metodologie didattiche innovative e utilizzo di tecnologie educative avanzate. L’obiettivo è quello di ridurre il divario tra le diverse aree geografiche e garantire una maggiore equità nell’accesso alle opportunità formative.
Le Prove Invalsi sono spesso percepite dagli studenti come un’ulteriore incombenza, ma la loro importanza è innegabile. Un dubbio che puntualmente si ripropone tra studenti e famiglie è: le prove Invalsi fanno media? La risposta è no. I risultati non influenzano il voto finale né in terza media né alla Maturità. Tuttavia, dal 2018 rappresentano un requisito per l’ammissione agli esami: devono essere svolte, ma il loro esito non pesa sul diploma.
Eppure, se da un lato gli studenti temono queste prove, dall’altro il loro scopo non è la valutazione individuale, bensì la misurazione della salute del sistema scolastico italiano. E proprio grazie a questi test si è potuto rilevare l’impatto della pandemia sugli apprendimenti e sviluppare strategie per il recupero, come i fondi del PNRR per il potenziamento delle competenze nelle scuole del Sud.
Le Prove Invalsi 2025, dunque, si preannunciano come un appuntamento chiave per monitorare le nuove tendenze del sistema educativo italiano, tra sfide vecchie e nuove opportunità. Ma per gli studenti resta un solo imperativo: affrontarle con serietà, ma senza paura.
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Demografica
Lo yoga cambia la forma del cervello (ed è una buona...
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![Ragazza Fa Yoga](https://demografica.adnkronos.com/wp-content/uploads/2025/02/ragazza_fa_yoga_canva-1024x682.jpg)
Lo yoga può modificare la struttura fisica del cervello. A rivelarlo sono ricerche emergenti, inclusi studi approfonditi ripresi da Associated Press, articoli su testate come Frontiers in Integrative Neuroscience e Journal of Alzheimer’s Disease, e lavori accademici.
Secondo questi studi la pratica millenaria originaria dell’India, nota per i suoi numerosi benefici fisici e mentali, non solo migliora la flessibilità e riduce lo stress, ma può anche indurre cambiamenti significativi nella struttura e nella funzione del cervello.
Come lo yoga cambia il cervello
Una ricerca condotta dal Massachusetts General Hospital ha esaminato gli effetti di un programma di yoga e meditazione della durata di otto settimane. I partecipanti hanno mostrato un aumento della densità della materia grigia in aree del cervello associate alla memoria, all’apprendimento e alla regolazione emotiva. Questi risultati suggeriscono che anche un periodo relativamente breve di pratica può portare a cambiamenti neuroplastici significativi. Altri studi condotti con tecniche avanzate di neuroimaging, come la risonanza magnetica (RM) e la tomografia a emissione di positroni (PET), offrono una finestra privilegiata per osservare i cambiamenti cerebrali indotti dallo yoga. Queste ricerche mostrano che lo yoga può:
- Aumentare il volume della materia grigia: in particolare, si osserva un incremento nelle aree dell’ippocampo, dell’insula e della corteccia prefrontale. Queste regioni sono cruciali per la memoria, l’autoregolamentazione, la consapevolezza interiore, le funzioni cognitive superiori e la creatività;
- Preservare la materia grigia: questo declino non è così evidente in chi invece pratica yoga, suggerendo che questa ha un effetto protettivo contro l’invecchiamento della struttura cerebrale. Studi hanno dimostrato che lo yoga rallenta la perdita di memoria, in particolare nelle donne a rischio di Alzheimer;
- Migliorare la connettività cerebrale: le scansioni cerebrali rivelano una maggiore efficienza nella comunicazione tra diverse aree del cervello, in particolare nel Default Mode Network (DMN), una rete coinvolta nell’introspezione e nell’elaborazione delle informazioni. Gli Asana o i Mantra rigenerano le cellule del corpo e stimolano il cervello ad emettere le onde Alfa;
- Effetti sull’ippocampo e sull’amigdala: l’ippocampo viene rafforzato e persino accresciuto attraverso asana e pranayama e l’amigdala, ovvero quella struttura cerebrale che influisce sulla regolazione delle emozioni, viene attivata.
Lo yoga migliora le funzioni del cervello poiché aiuta a prevenire e a controllare lo stress. In pratica, le asana, i pranayama e la meditazione permettono di evitare un sovraccarico fisico e mentale e ciò crea un miglioramento nelle funzioni cerebrali. La respirazione e le varie contorsioni dello yoga riplasmano alcune strutture del cervello.
Gli effetti dello yoga su stress, ansia e funzioni cognitive
Studi scientifici hanno dimostrato che la pratica regolare dello yoga può portare a cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello, migliorando così la nostra capacità di gestire lo stress, concentrare attenzione e migliorare le funzioni cognitive. La pratica dello yoga è infatti associata a una riduzione dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress come confermato da uno studio condotto presso la Srinharinwirot University.
I benefici dello yoga sul cervello possono manifesta già dopo poche settimane di pratica costante. Tuttavia, la durata e l’intensità necessarie possono variare in base all’individuo e al tipo di yoga praticato. È importante mantenere la pratica regolare per massimizzare gli effetti positivi sul cervello e sul benessere generale. Secondo alcuni ricercatori lo yoga avrebbe persino il potenziale per arrestare il declino neurodegenerativo legato all’invecchiamento. È stato scoperto che lo yoga aumenta i livelli di acido gamma-amminobutirrico (Gaba) nel cervello, un neurotrasmettitore che rallenta l’attività cerebrale bloccando la capacità delle cellule nervose di ricevere e inviare messaggi chimici. Un corso di 12 settimane di yoga porta ad aumenti di Gaba che sono stati correlati a miglioramenti dell’umore e diminuzioni dell’ansia.
Seguendo questo percorso, lo yoga potrebbe avere benefici ancora maggiori. Quando una persona sperimenta un evento stressante, viene attivato il sistema nervoso simpatico, la parte del sistema nervoso autonomo che controlla le funzioni corporee involontarie come la respirazione e il battito cardiaco, ma aiuta anche a governare la nostra risposta. In questo momento i geni vengono attivati per produrre proteine chiamate citochine che causano infiammazione a livello cellulare.
Si tratta di una reazione utile sul momento, che consente al corpo di proteggersi da ferite o infezioni. Tuttavia, se lo stress perdura per molto tempo, l’infiammazione a lungo termine diventa dannosa e aumenta il rischio di cancro, invecchiamento precoce e depressione. Qui subentra lo yoga: interventi mente-corpo come l’antica pratica indiana e la meditazione fanno ridurre la produzione di citochine e, quindi, il rischio di malattie e condizioni correlate allo stato infiammatorio.
Altri benefici dello yoga sulla salute
Lo yoga non è solo meditazione perché implica anche l’impiego del corpo che assume diverse ‘figure’ a seconda delle tecniche. Per questo, lo yoga può migliorare anche la resistenza e l’agilità aiutando a prevenire gli infortuni. Diversi calciatori di fama mondiale, giocatori di football americano e giocatori di basket hanno riconosciuti tali benefici allo yoga. Oltre agli sportivi, anche altre celebrità hanno elogiato lo yoga che praticano ormai da molti anni, tra cui Sting, Gwyneth Paltrow, Uma Thurman e Madonna. Gwyneth Paltrow, in particolare, è stata una delle prime star a dichiarare il proprio amore per lo yoga ed è convinta di aver contribuito ad accrescerne la popolarità.
Sono sempre più numerose le ricerche che dimostrano che lo yoga può avere effetti benefici su un’ampia gamma di problemi di salute.
Nei malati di epilessia, ad esempio, si è visto che praticare yoga riduce significativamente il numero di crisi epilettiche, o addirittura le previene del tutto. Lo yoga è stato utilizzato come intervento per aiutare a gestire il diabete di tipo 2, ridurre il dolore cronico e aiutare nella riabilitazione dopo un ictus. È stato anche dimostrato che è più efficace della fisioterapia nel migliorare la qualità della vita delle persone con sclerosi multipla e uno studio suggerisce persino che potrebbe essere utile per persone che hanno affrontato il cancro.
Demografica
Decreto Cultura 2025, dal Piano Olivetti alle nuove misure...
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![Cultura Biblioteca Libri](https://demografica.adnkronos.com/wp-content/uploads/2025/02/cultura_biblioteca_libri_canva-1024x682.png)
L’approvazione alla Camera del Decreto Cultura 2025 segna un passo significativo per il settore culturale italiano, introducendo misure che spaziano dalla rigenerazione culturale delle periferie al sostegno all’editoria libraria, dal potenziamento delle biblioteche alla semplificazione delle procedure per eventi culturali. Con 149 voti a favore e 98 contrari, il provvedimento passa ora al Senato per la definitiva conversione in legge (entro il prossimo 25 febbraio). Il testo si articola in tredici articoli che delineano strategie di lungo respiro per trasformare la cultura in un motore di sviluppo sociale ed economico.
Il Piano Olivetti
Uno dei pilastri del Decreto è il “Piano Olivetti per la Cultura”, ispirato alla visione di Adriano Olivetti, che mira a rendere la cultura accessibile e diffusa, con un’attenzione particolare alle periferie e alle aree interne del Paese. L’iniziativa punta a combattere la marginalizzazione sociale attraverso la riqualificazione di spazi culturali e biblioteche, promuovendo la lettura e il coinvolgimento delle comunità locali. Le biblioteche vengono riconosciute non solo come luoghi di conservazione del sapere, ma anche come spazi di aggregazione, educazione e socialità.
L’ambizioso progetto si estende alla valorizzazione di archivi storici, istituti culturali e alla digitalizzazione di documenti, per rendere la cultura più fruibile e diffusa. Un altro elemento chiave è la promozione dell’alfabetizzazione digitale e della produzione audiovisiva, per sostenere la creatività dei giovani artisti e rendere il patrimonio culturale più accessibile attraverso le nuove tecnologie.
Sostegno a librerie, editoria e biblioteche
Il Decreto prevede misure economiche a sostegno del settore editoriale e delle librerie indipendenti. Un fondo di 4 milioni di euro è destinato all’apertura di nuove librerie da parte di giovani imprenditori under 35, con particolare attenzione ai piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti, spesso privi di punti vendita di libri. Un’ulteriore dotazione di 25 milioni di euro per il 2025 e 5 milioni per il 2026 è stanziata per la filiera editoriale, comprese le librerie storiche e di prossimità.
Le biblioteche statali riceveranno fondi specifici per l’acquisto di libri, sia cartacei che digitali, per ampliare le proprie collezioni e rendere la lettura più accessibile. Il governo intende anche incentivare la lettura attraverso misure mirate alla promozione editoriale, sostenendo la distribuzione di libri in aree meno servite e favorendo il ruolo delle librerie come centri culturali attivi nelle comunità locali.
Il Decreto prevede inoltre misure per il rafforzamento dell’offerta culturale dei quotidiani cartacei, attraverso un fondo di 10 milioni di euro per il 2025, destinato al potenziamento delle pagine dedicate a cultura, spettacolo e audiovisivo. L’iniziativa intende contrastare il calo delle vendite dei giornali tradizionali e favorire una maggiore diffusione di contenuti culturali di qualità.
Un ulteriore stanziamento è destinato alla fotografia contemporanea, con l’obiettivo di sostenere artisti emergenti e istituzioni impegnate nella valorizzazione del linguaggio fotografico come espressione artistica e testimonianza sociale.
La Carta della cultura e il Bonus 18App
Il Decreto introduce nuove regole per la gestione della Carta della Cultura Giovani e della Carta del Merito, strumenti destinati a incentivare la fruizione culturale tra i giovani. Gli esercenti presso cui è possibile utilizzare questi bonus dovranno trasmettere le fatture entro 90 giorni dalla conclusione dell’iniziativa, con scadenza fissata al 31 marzo 2025 per il Bonus Cultura 18App.
Questa misura punta a garantire un utilizzo più trasparente ed efficace dei fondi destinati alla promozione della cultura tra le nuove generazioni, evitando sprechi e irregolarità nella gestione dei rimborsi.
Snellimento delle procedure per eventi culturali
Un altro aspetto centrale del Decreto riguarda la semplificazione burocratica per l’organizzazione di eventi culturali dal vivo, che includono spettacoli teatrali, concerti, proiezioni cinematografiche e performance artistiche. Le nuove norme riducono il numero di autorizzazioni richieste per gli eventi con meno di 2.000 partecipanti, sostituendo alcune licenze con una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), a patto che non vi siano vincoli ambientali o paesaggistici nei luoghi di svolgimento.
Questa misura è pensata per incentivare la produzione artistica e rendere più fluida la programmazione di eventi, garantendo al contempo il rispetto delle normative sulla sicurezza e sull’impatto ambientale. L’obiettivo è creare un contesto più favorevole alla crescita del settore dello spettacolo dal vivo, che rappresenta una componente fondamentale dell’industria culturale italiana.
Cooperazione culturale con l’Africa
Tra le novità del Decreto, spicca l’istituzione di un’unità di missione dedicata alla cooperazione culturale con l’Africa e il Mediterraneo allargato. Questa struttura avrà il compito di coordinare progetti di collaborazione con enti e istituzioni culturali africane, promuovere scambi culturali e sostenere la valorizzazione del patrimonio storico e artistico del continente africano. Il Ministero della Cultura collaborerà con il Ministero degli Esteri per attuare programmi di alta formazione, ricerca e partenariato pubblico-privato finalizzati alla conservazione e alla diffusione del patrimonio culturale africano. L’iniziativa mira a rafforzare i legami culturali tra l’Italia e i paesi africani, promuovendo la conoscenza reciproca e stimolando nuove forme di cooperazione internazionale nel campo delle arti e del patrimonio storico.
Il Decreto Cultura 2025 rappresenta un intervento ampio e articolato per il rilancio del settore culturale italiano, con misure che spaziano dal sostegno alle librerie e all’editoria fino alla semplificazione burocratica per gli eventi dal vivo e alla cooperazione internazionale. Se da un lato il provvedimento mira a rendere la cultura più accessibile e diffusa, dall’altro restano aperte alcune questioni, come la necessità di garantire un’efficace attuazione delle misure previste e la sostenibilità a lungo termine dei finanziamenti stanziati. L’attenzione ora si sposta al Senato, dove il testo dovrà superare l’ultimo scoglio per diventare legge definitiva.
Demografica
Italia Paese più tatuato al mondo, ma “ancora non...
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![Penny Boy Intervista](https://demografica.adnkronos.com/wp-content/uploads/2025/02/Penny_boy_intervista-1024x682.jpg)
È possibile spiegare i Paesi attraverso i tatuaggi? Lo abbiamo chiesto a Penny Boy, all’anagrafe Massimiliano Pennella, eccellenza italiana che ha già vinto più di cento premi di settore in giro per il mondo. Il nostro è il Paese con più tatuaggi al mondo: praticamente una persona su due (48%) ne ha almeno uno secondo i dati della ricerca Dalia Research del 2018 confermati da altre indagini negli anni successivi.
Eppure, a livello culturale c’è ancora molto da fare: “All’estero – spiega Pennella – l’approccio è più autentico, meno legato alle mode. In America, ad esempio, le persone scelgono un determinato tatuatore a prescindere dalla sua fama. In Italia, invece, si tende ancora a dare molta importanza al nome, anche a scapito della qualità effettiva del lavoro. Alcuni dicono di essersi rivolte a un determinato tatuatore anche mentendo, solo perché fa cool. Fuori dal nostro Paese, invece, è più matura l’idea per cui quella del tattoo sia prima di tutto un’arte, c’è più attenzione al significato e allo stile del disegno”.
Il rapporto tra gli italiani e il tatuaggio
Anche nel mondo del tattoo l’Italia è un brand, conferma ai microfoni di Demografica Penny Boy: “All’estero l’italiano è visto come l’artista sotto tutti i punti di vista e in qualsiasi campo. Da anni faccio quattro convention al mese tutti i mesi, ma ricordo ancora l’emozione della prima volta. Quando arrivai a Omaha, in Nebraska (Usa), ero la mosca bianca. Ero assalito da gente mi chiedeva foto e autografi senza che avessero ancora visto i miei lavori. Semplicemente perché ero italiano”. Insomma, il made in Italy è un valore aggiunto quando si parla di arte.
Finito l’entusiasmo, però, sta all’artista confermare le ottime attese che il pubblico ha sul suo conto, cosa che è riuscita perfettamente a Massimiliano. Il trucco? “Non pensare ad essere il migliore, ma pensare a fare bene il mio lavoro, chiedendomi ogni giorno come migliorare. Prendo spunti da tutti anche dai tatuatori che sono al loro primo concorso perché penso che ciascuno possa trasmettere qualcosa di importante. Mi piace riconoscere il valore di altri artisti, non avverto alcuna rivalità. Crescere, migliorare la mia arte, affinare il mio stile: questo è ciò che mi fa amare il mio lavoro”, spiega ancora Penny Boy che negli anni ha partecipato a oltre 300 convention, spesso nel ruolo di giudice.
Come ti spieghi il fatto che siamo il Paese più tatuato anche se, per certi versi e almeno in Europa, siamo un popolo molto ancorato ai valori tradizionali?
“Credo che in noi italiani sia molto forte questa dualità, la scelta sta nel far prevalere un elemento sull’altro o viceversa. Nel caso del tatuaggio, penso che molti siano motivati anche da quel senso di trasgressione, di ribellione, di negazione dello status quo che è un po’ insita nel tattoo”, spiega Massimiliano che ricorda le resistenze che ha dovuto vincere circa quindici anni fa, quando ha aperto il suo primo studio a Lodi, “una città benestante dove molti mi chiedevano cosa aprissi a fare un’attività per fare tatuaggi. In poco tempo tutti questi preconcetti sono svaniti e nel mio studio sono entrati notai, impiegati, giovani e meno giovani. Oggi ci chiamano famosi marchi di moda (ad esempio Gucci), modelle e modelli, star della televisione. Il ‘cool’ associato al tatuaggio è diventato più forte delle resistenze culturali”.
Eppure, non mancano ancora delle discriminazioni per chi è tatuato, specialmente nel mondo del lavoro. Hai visto miglioramenti in tal senso negli ultimi anni?
“Io penso che un minimo di discriminazione ci sarà sempre e che non sia giusto non assumere qualcuno solo perché è tatuato”, dice Massimiliano che al tempo stesso dimostra particolare acume e imparzialità: “Bisogna anche riconoscere che ci sono dei limiti. È chiaro che se io vado a fare un colloquio per lavorare in banca e ho la faccia tatuata non è il massimo per il ruolo che andrà a ricoprire. È importante capire il contesto: può piacere o meno, ma senz’altro un correntista preferirebbe non trovarsi allo sportello un impiegato con i tatuaggi in faccia perché quello stile espressivo non coincide con i valori tipicamente associati a una banca o, per esempio, a un avvocato”. Non a caso, la legge consente ai datori di lavoro di richiedere determinati dress code funzionali alla reputazione dell’impresa purché non lesivi della dignità del lavoratore.
Le discriminazioni, però, ci sono anche in casi meno netti, dove il tatuaggio è meno visibile o il ruolo meno ‘istituzionale’. Ci sono differenze negli altri Paesi europei?”
“Sì, in Italia siamo ancora un po’ indietro sotto questo aspetto. Negli altri Paesi europei il fatto che tu sia tatuato o meno non fa la differenza in nessun ambito di lavoro, neanche in quelli più istituzionali. Questo vale ancora di più, o meglio da prima, in America, dove già da diversi anni il tatto viene considerata un’arte a tutti gli effetti”, spiega Penny Boy che è stato a Los Angeles, Las Vegas, North Carolina, Denver, nelle Hawaii, ma anche in Australia, Nuova Zelanda e praticamente tutta Europa per promuovere la propria arte e partecipare alle convention internazionali. Spesso vincendo.
Tatuaggi, quali sono i rischi per la salute?
Negli ultimi anni, parallelamente alla scelta di farsi un tatuaggio sono aumentati i timori per la salute di chi si tatua. Sono timori fondati?
“Ogni tanto vengono tirate fuori finte storie per quanto riguarda il mondo del tatuaggio. Parliamo di un’industria che fattura miliardi di euro in giro per il mondo e che, come ogni cosa che funziona e fa generare tanto denaro, crea anche tanti dissensi. La verità – spiega Penny Boy – è che a livello di salute è stato provato che il tatuaggio non fa male, altrimenti sarebbero messi vietati. È chiaro che, trattandosi di un corpo estraneo che viene immesso nella pelle bisogna affidarsi ai professionisti che eseguano l’operazione correttamente, farsi tatuare negli studi che rispettino tutte le norme igienico-sanitarie e seguire tutti i passaggi che vanno seguiti dopo aver fatto il tattoo “, spiega Pennella che invita anche a non fare confusione con le allergie: “Un altro caso è quello in cui il cliente sia allergico all’inchiostro, che gli farà male come gli può fare male un cibo o un farmaco che il suo organismo non tollera”.
![Il tatuaggio sulla schiena di Penny Boy tatuaggio sulla schiena di penny boy](https://demografica.adnkronos.com/wp-content/uploads/2025/02/Penny004-225x300.jpg)
Esiste un’età giusta per farsi un tatuaggio?
“Sicuramente conta l’età conta. Chi fa questo lavoro deve sognare ma anche sentire la responsabilità che ha nei confronti del cliente. Non bisogna fatturare a tutti i costi. In passato ho rifiutato di tatuare ragazze e ragazzi minorenni o appena maggiorenni che si erano rivolti al mio studio. Quando si presentano persone così giovani, gli consiglio di aspettare ancora qualche anno prima della scelta: si è sempre in tempo per un tattoo, ma una volta fatto resta per sempre”. Maturità e consapevolezza, dunque, sono requisiti indispensabili prima di prendere una decisione praticamente irrevocabile: “Io stesso, tranne in viso, sono completamente tatuato, ma prima di farlo ero convinto della mia decisione”, spiega Massimiliano che invita i giovani a “non farsi un tatuaggio solo perché visto a questa o a quell’influencer oppure sul braccio di un amico”. Il tatuaggio è arte e come tale va concepito.
Quale futuro per l’arte del tattoo?
L’arte del tatuaggio ha acquisito popolarità negli ultimi anni. Immagini un futuro ancora in crescita per il settore?
“Sì, credo che ci siano ancora ampi margini di crescita per il tattoo. Oggi molti artisti tatuatori collaborano con brand come Bmw, Porsche, Rolls-Royce per dipingere le loro macchine o magari collaborare con Louis Vuitton per avere disegni unici sui propri capi d’abbigliamento”. Il settore del tatuaggio si sta quindi allargando dalla persona all’industria, dal “disegno” sulla pelle, al disegno sui prodotti iconici del mercato.
Lo stesso Penny Boy ha recentemente realizzato un disegno per Sullen Clothing, noto brand di streetwear basato in California: “Compro le loro magliette da quando avevo diciott’anni e ora un mio disegno ha dato vita a una loro maglietta”, ci dice Massimiliano che aveva questo sogno nel cassetto da quando ha iniziato la sua carriera. Intanto, qualche soddisfazione se l’è tolta in questi vent’anni Penny Boy che ha realizzato tatuaggi per star dello spettacolo come il cantante musicista Liam St. Johnson e l’attore internazionale Michele Morrone solo per citarne alcuni.
E il tuo futuro, invece, come lo immagini?
“Ho moltissimi progetti che spaziano tra il mondo del tatuaggio e altri settori. In questo momento sto aprendo altri studi di tatuaggi: uno è a Saint Moritz, in Svizzera, e altri verranno aperti in America. Sto anche lavorando ad altri progetti che c’entrano direttamente con il mondo del tatuaggio o affini, come l’arte del disegno, incluse iniziative di beneficenza”.
Penny Boy, ovvero “fai della tua passione il tuo lavoro”
Chissà se pensava di raggiungere queste vette Massimiliano quando, ancora in tenera età, iniziava a fare i suoi disegni nella sua casa di Lodi. Di sicuro, oggi Penny Boy è uno dei tatuatori più apprezzati al mondo tanto da essere stato invitato al Pacif Ink & Art Expo (Usa), uno dei più grandi show dedicati ai tattoo. Tra gli oltre cento premi, Pennella si è aggiudicato il “Best of colour” presso la Fribourg convention negli Usa, il “Best individual style”e il “ Best of traditional”. Tra i più recenti figurano “Best traditional”, che Massimiliano ha ricevuto sia in occasione della New York Tattoo Art Festival che durante la Paris tattoo Art Convention di gennaio 2025. Nelle scorse settimane, l’artista italiano ha vinto anche il premio per il “miglior tatuaggio tradizionale” e “il miglior tatuaggio a colori” alla prestigiosa convention di Minneapolis anche se la ciliegina sulla torta è stato il primo posto per il “miglior tatuaggio a colori” alla Convention di Philadelphia dove arrivano oltre duemiladuecento tatuatori da tutto il mondo.
“Non ho mai pensato a queste classifiche, ma solo a migliorarmi”, confessa Massimiliano che aggiunge: “Per me la vera vittoria è che gli altri apprezzino i miei tatuaggi, i miei disegni, la mia arte”. L’impressione è che l’approccio sia quello giusto.