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Mafia, giovedì 13 in Senato il libro ‘L’altra verità’ di Mori e De Donno

Iniziativa della Fondazione ‘Italia Protagonista’, poi dibattito con Manzini, Gasparri, Santoro e Ingroia

Mafia, giovedì 13 in Senato il libro 'L’altra verità' di Mori e De Donno

In occasione della presentazione del libro del generale Mori e del colonnello De Donno "L’altra verità. Giovanni Falcone, Vito Ciancimino e la lotta alla ‘vera mafia’ che non si è ancora completamente combattuta" (Edizioni Piemme), giovedì 13, alle 16, in sala Koch al Senato della Repubblica, si terrà un inedito confronto sulle sofferte vicende della lotta alla mafia, del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia, che si è concluso dopo troppi anni con la assoluzione definitiva del generale Mori, del generale Subranni, del colonnello De Donno e di altri protagonisti della lotta alla mafia.

All'iniziativa della Fondazione ‘Italia Protagonista’ parteciperanno al dibattito, il presidente della Fondazione, Renato Manzini, il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, membro della Commissione Antimafia, gli autori del libro, il generale Mori e il colonnello De Donno, due protagonisti della vita giudiziaria e giornalistica italiana, Michele Santoro, autore di libri e di inchieste su questi argomenti, e l'avvocato Antonio Ingroia, già sostituto procuratore della Repubblica di Palermo. Sarà una occasione certamente particolare e interessante per affrontare una vicenda centrale della storia italiana del dopoguerra. Un confronto di questo tipo non ha precedenti e offrirà sicuramente notevoli spunti di interesse.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Politica

Caso Visibilia, Santanchè in Aula per mozione di sfiducia:...

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Voto sulla mozione verso slittamento alla prossima settimana

Daniela Santanchè - Fotogramma

Entra e esce dalla Camera dei deputati dribblando i cronisti a cui non risponde, Daniela Santanchè, ministra per il Turismo, che non è mancata ieri alla discussione generale dell'Aula sulla mozione di sfiducia, presentata dal M5s, con l'adesione del partito democratico e di Avs. Tailleur color panna, la ministra sotto processo, assiste agli interventi delle opposizioni che continuano a chiederne le dimissioni.

L'assenza della maggioranza

Un'ora dura il j'accuse per l'esponente del governo Meloni, mentre in Aula all'attacco di tutte le opposizioni unite - ci sono Conte e Schlein che ha fine seduta discutono fitto fitto tra loro - fa da contraltare l'assenza delle forze di maggioranza. Lega e Forza Italia praticamente non pervenute, se non per la presenza della viceministro dell'ambiente, Vannia Gava. Nell'emiciclo i ministri Ciriani e Musumeci, il sottosegretario alla Salute, Gemmato. Tutti esponenti di Fdi. Che gettano acqua sul fuoco, minimizzando sulle assenze dei colleghi della maggioranza della ministra. "Ma oggi è lunedì, è normale che sia così, non c'erano neanche tanti dell'altra parte...", dicono all'unisono il titolare dei rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani e il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli.

Ciriani assicura che sarà la capigruppo a decidere sul voto, che a questo punto potrebbe slittare almeno di una settimana, visto il calendario d'Aula già ingolfato per quella in corso. "Una mozione del genere si fa in tre ore - spiega il titolare dei rapporti con il Parlamento - . Io non ho problemi, eravamo pronti a farla anche domani" la votazione. "Se le opposizioni insistono il presidente Fontana - assicura - trova due ore e si fa, tocca alla capigruppo decidere quando". Sulle assenze delle forze di governo dice la sua: "Oggi è lunedì e non c'erano molti in Aula, neanche dall'altra parte" e sul fatto che nessuno della maggioranza sia intervenuto spiega: "La replica della ministra ci sarà il giorno del voto e quel giorno saremo tutti pronti". "La maggioranza interverrà? Certo -risponde- ci sono le dichiarazioni di voto...".

Musumeci e i consigli a Santanchè

Per Musumeci, ministro per la Protezione civile, la presenza in Aula è stata una scelta personale: ''Credo che ognuno abbia fatto le proprie valutazioni, non mi esprimo, sentivo il bisogno di essere in aula per rispetto del Parlamento''. "Non trovo nulla di scandaloso -sottolinea il ministro di Fdi - nell'assenza dei colleghi di Lega e Forza Italia e anche del mio partito, perché si sapeva che non si interveniva e non si votava oggi''. Il ministro siciliano racconta di una Santanchè serena: "Non l'ho sentita arrabbiata, l'ho sentita convinta di essere dalla parte della ragione, vedremo.. Daniela è una cocciuta, una tosta, mi auguro davvero che possa dimostrare la sua estraneità ai fatti che le vengono contestati".

"Io sono garantista, lo sono sempre stato, anche quando ero all'opposizione. Con Santanché eravamo insieme nella Destra di Storace, siamo amici''. Consigli? ''Non credo che abbia bisogno di consigli e soprattutto che sia propensa a riceverne'', conclude chiacchierando con i cronisti in buvette. Tra i leader della maggioranza Matteo Salvini, da Milano, non fa mancare la vicinanza alla Santanchè: "Uno è colpevole, se è condannato in tre gradi di giudizio. Non vedo perché uno si debba dimettere per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio...".

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Politica

Santanchè e caso Visibilia, opposizioni puntano Meloni:...

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Mozione di sfiducia discussa alla Camera, voto possibile in settimana ma "dipende dalla maggioranza, se vuole dilatare tempi"

I banchi dell'opposizione - Fotogramma

"Presidente Meloni, ma lei è ricattata dalla ministra Santanchè?". Toni Ricciardi del Pd va dritto in aula durante la discussione generale sulla sfiducia alla ministra del Turismo, presente a Montecitorio, in un'aula sguarnita dalla maggioranza. Tra i banchi delle opposizioni invece ci sono Giuseppe Conte e Elly Schlein, che poi parlano a lungo in Transatlantico. C'è un fronte comune sulla richiesta di dimissioni a Santanchè. Ma è alla premier Meloni che puntano le opposizioni. "Meloni va dicendo urbi et orbi che lei non è ricattabile. Da chi è ricattata?", chiede Vittoria Baldino dei 5 Stelle. E ancora il dem Ricciardi: "Noi abbiamo una domanda di fondo da porre a Meloni: ma lei è ricattata dalla ministra Santanchè? Per quale ragione non è in grado di convincere e pretendere le dimissioni da una ministra che sta imbarazzando le istituzioni?".

La mozione M5S Pd Avs

La mozione, presentata dai 5 Stelle, è stata poi sottoscritta da dem e Avs. I 'centristi' di Azione, Iv e Più Europa non l'hanno firmata, ma hanno annunciato che, al momento del voto, diranno sì alle dimissioni. Dice Riccardo Magi: "Voteremo la sfiducia a Santanchè ma mi sembra evidente che la ministra sia stata già sfiduciata dalla sua stessa maggioranza e scaricata politicamente da Giorgia Meloni e da tutto il governo".

Ma quando si voterà la mozione? "Potrebbe anche essere votata in settimana ma dipende se la maggioranza ha intenzione di dilatare i tempi...", si spiega in ambienti parlamentari Pd. Quale sia la volontà della maggioranza, non è ancora chiaro alle opposizioni. Se la mozione non dovesse essere votata entro la settimana, rischia di slittare e non di poco. "Ci sono tre decreti in arrivo, se ne riparlerebbe a fine febbraio".

Banchi della maggioranza vuoti

"Noi siamo qui a chiedere che la ministra Santanchè si dimetta perché la sua permanenza rappresenta un disonore per le istituzioni. E' un conflitto di interesse che cammina", incalza Baldino dei 5 Stelle illustrando la mozione di sfiducia in un'aula vuota dal lato della maggioranza. "I banchi di Forza Italia e Lega sono vuoti, persino quelli di Noi Moderati. C'è solo un drappello che Fdi che sono stati costretti a presenziare ma non prenderanno la parola perché non possono farlo", sottolinea Federico Giannassi del Pd.

Filiberto Zaratti di Avs richiama i sondaggi da cui emerge che non solo gli elettori di centrosinistra ma anche "gli elettori della destra chiedono le dimissioni di Daniela Santanchè che si impongono nonostante il suo 'chissenefrega'!. L'arroganza del potere, la stessa che ha portato la presidente del Consiglio a non presentarsi davanti al parlamento per spiegare la fuga del torturatore Almasri". Per Giannasi del Pd "l'unica battaglia che sta vincendo Santanchè è quella contro Giorgia Meloni perché ha reso evidente che Giorgia Meloni di fronte ai problemi scappa e tutto questo noi non lo possiamo accettare".

Il parallelo con Sangiuliano

Insiste il dem Ricciardi: "Che differenza c'è tra la posizione del ministro Sangiuliano e quella della ministra Santanchè? Perché Sangiuliano è stato fatto dimettere e perché la stessa cosa non accade con Santanchè? Perché Sangiuliano è un gigante o forse perché la ministra Santanchè è in grado di muovere leve di ricattabilità che Sangiuliano non aveva?". Voterà sì alla mozione ma Matteo Richetti di Azione è critico sullo strumento: "Discussione sulla mozione di sfiducia alla ministra Santanchè. Maggioranza compatta: nel rimanere a casa. Ha ragione Carlo Calenda, i ministri vanno a casa per incapacità e noi lo stiamo dicendo da tempo. Le mozioni di sfiducia fatte così sono un regalo al Governo. È uno straordinario modo per non parlare di lavoro, scuola e sanità".

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Politica

Migranti in Albania, governo prova a uscire da impasse: la...

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Si parla di un decreto legge per convertire i due hotspot da centri di prima accoglienza in Cpr

Il centro di detenzione per migranti in Albania

Il governo prova a uscire dall'impasse sulla questione Albania e studia una nuova soluzione normativa per 'aggirare' il terzo no della magistratura al trattenimento nei migranti nei centri. Dopo il vertice politico di venerdì scorso, presieduto dalla premier Giorgia Meloni al termine del Consiglio dei ministri, ieri a Palazzo Chigi è stata la volta di una riunione tecnica, dove si è iniziato a definire i contorni del provvedimento che il governo intende varare per garantire il pieno funzionamento delle strutture di Gjadër e Shengjin, costruite dall'Italia sul suolo albanese in virtù del protocollo siglato da Meloni con il primo ministro di Tirana, Edi Rama.

L'ipotesi Cpr

Una bozza ancora non c'è, ma le ultime indiscrezioni parlano di un decreto legge per convertire i due hotspot da centri di prima accoglienza in Cpr deputati a ricevere migranti irregolari già presenti in Italia e destinatari di un decreto di espulsione. Al momento si tratterebbe solo di una delle ipotesi sul tavolo. I tecnici - a quando apprende l'Adnkronos - starebbero approfondendo la possibilità di procedere senza che si renda necessaria una revisione del trattato, dal momento che sul territorio albanese è già presente un Cpr di piccole dimensioni.

Dubbi sulla giurisdizione albanese

All'interno dell'esecutivo, infatti, circolano dubbi sull'ipotesi di affidare i centri alla giurisdizione albanese, cosa che renderebbe necessaria una sostanziale modifica del protocollo. Un'autorevole fonte di governo, interpellata dall'Adnkronos, non nasconde il suo scetticismo: "Così facendo, si dovrebbe modificare l'accordo con Rama", osserva la fonte. E rivedere i termini dell'intesa stipulata da Italia e Albania il 6 novembre 2023 non è un'operazione così semplice ("prima occorre fare verifiche anche con il primo ministro albanese"). E poi, viene spiegato ancora, c'è un altro elemento di cui tenere conto: "Edi Rama ha le elezioni", in programma il prossimo 11 maggio. Perplessità che dovrebbero far convergere verso una soluzione meno radicale di quella paventata da alcuni organi di informazione.

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