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Roma, sit-in medici settore privato sotto ministero Salute: “20 anni senza contratto”
Cimop: "Le aziende in cui lavoriamo pubblicizzano la nostra eccellenza, ma poi per svolgere le stesse identiche mansioni ci pagano meno della metà di quello che guadagnano i medici che lavorano nella sanità pubblica"
"Medici da 20 anni senza contratto, tempo scaduto. Pretendiamo tutto". Così, sotto la pioggia battente, il sit-in dei medici della sanità privata sotto il ministero della Salute a Roma. La manifestazione è stata sostenuta anche dal sindacato Cimo-Fesmed, a cui aderisce la Cimop che ha indetto per oggi uno sciopero dei medici dipendenti della sanità privata.
"I medici dipendenti delle strutture sanitarie private accreditate con il Ssn aspettano da 20 anni il rinnovo del contratto, nonostante il Governo abbia notevolmente aumentato i fondi stanziati per la sanità privata. Soldi che hanno arricchito gli imprenditori, di certo non i medici-lavoratori. Le aziende in cui lavoriamo pubblicizzano la nostra eccellenza, ma poi, per svolgere le stesse identiche mansioni, ci pagano meno della metà di quello che guadagnano i medici che lavorano nella sanità pubblica. Siamo stufi di essere considerati utili solo quando serve, ma non veniamo ascoltati quando pretendiamo che i nostri diritti siano rispettati", ha affermato Carmela De Rango, segretario nazionale della Cimop (Confederazione italiana medici ospedalità privata).
"Quello che Aiop e Aris propongono al ministero della Salute è un vero e proprio ricatto - commenta Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, presente oggi al sit-in - E' inaccettabile pensare di sedersi al tavolo delle trattative solo e unicamente se lo Stato garantisce la copertura economica totale del costo del rinnovo del contratto dei medici, quando in questi ultimi anni il contributo statale alla sanità privata accreditata è cresciuto in maniera esponenziale. Non si può pensare di guadagnare in questo modo sulle spalle del personale".
Cronaca
Mielofibrosi, Barone (Aipamm): “Momelotinib cura...
La presidente dell'Associazione italiana pazienti con malattie mieloproliferative, partecipando a un incontro con la stampa organizzato oggi a Milano da Gsk
"Momelotinib è una terapia, non una cura risolutiva, però ricordiamo che anche trascorrere tanto tempo in ospedale non fa bene alla salute”. Questa “è una terapia gestibile in autonomia dal paziente con un ricorso meno frequente al day hospital e agli specialisti. Si tratta di un grande progresso nel nostro campo". Lo ha detto Antonella Barone, presidente Aipamm, Associazione italiana pazienti con malattie mieloproliferative, partecipando a un incontro con la stampa, organizzato oggi a Milano da Gsk, in occasione del via libera di Aifa alla rimborsabilità di momelotinib, inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1), per il trattamento della mielofibrosi, un tumore raro particolarmente aggressivo del sangue che colpisce il midollo osseo, impedendogli di formare correttamente globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
"Il primo bisogno per i pazienti con malattie mieloproliferative è quello di avere un farmaco risolutivo che guarisca - prosegue Barone - Questo è sicuramente un bisogno ancora non soddisfatto, perché la malattia è molto complessa, ma rispetto al passato la ricerca è attiva e vitale. Questo ha consentito di migliorare molto la qualità della vita dei pazienti e, con questi nuovi farmaci, di ricorrere meno alle cure ospedaliere", conclude.
Cronaca
Mielofibrosi, ematologo Passamonti: “Studi dimostrano...
'Migliora i livelli di emoglobina, controlla la splenomegalia e i sintomi
"L'efficacia del Jak inibitore momelotinib è stata analizzata in 3 importanti studi. Simplify 1 - che ha preso in considerazione pazienti-Jak inibitori naive e randomizzava momelotinib versus ruxolitinib - ha dimostrato che momelotinib è più efficace nel migliorare i livelli di emoglobina. Lo studio Simplify 2, invece - con pazienti che avevano già ricevuto Jak inibitori e randomizzava momelotinib con il miglior trattamento disponibile a quei tempi - ha dimostrato l'efficacia di momelotinib nel controllo della splenomegalia e dei sintomi e anche un miglioramento dell'emoglobina". Lo ha detto Francesco Passamonti, professore di Ematologia all'università di Milano, intervenendo oggi a Milano all'incontro con la stampa organizzato da Gsk in occasione del via libera di Aifa alla rimborsabilità di momelotinib, inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1) per il trattamento della mielofibrosi, un tumore particolarmente aggressivo del sangue.
"Il terzo studio è lo studio Momentum - aggiunge l'esperto - che randomizzava pazienti che avevano ricevuto ruxolitinib ed erano anemici a ricevere momelotinib versus danazolo, una terapia ormonale androgenica che utilizziamo oggi per il controllo dell'emoglobina. Questo studio ci ha consentito di ottenere un rate di indipendenza a 24 settimane del 30% rispetto al meno del 20% con la terapia standard. Globalmente, quindi, l'efficacia nel rispetto della milza, del sintomo e dell'emoglobina è stata documentata in questi 3 studi".
Dal punto di vista della tollerabilità, "possiamo dire che il farmaco è molto tollerato - conclude Passamonti - Non ci sono eventi avversi da segnalare. Molto importante, come con gli altri Jak inibitori, una certa attenzione al rischio infettivo, perché la Jak inibizione porta ad una riduzione anche di alcuni sottotipi di linfociti T che può predisporre a certe infezioni. E' quindi importante vaccinare i pazienti e dare l'informazione del rischio effettivo, in modo che la gestione sia il più sicura possibile".
Cronaca
Mielofibrosi, Rosati (Gsk): “Nuovo Jak inibitore...
'Controllando l'anemia per i pazienti significa tornare alla quotidianità e dipendere meno dal caregiver'
"Pur appartenendo ad una categoria di farmaci già esistente, quella dei cosiddetti Jak inibitori, momelotinib ha la caratteristica di andare a controllare degli aspetti di malattia, in particolare l'anemia, che non sono controllati da altri farmaci della stessa categoria". Così Maria Sofia Rosati, direttore medico Oncoematologia di Gsk, in occasione dell'incontro con la stampa organizzato oggi a Milano da Gsk per annunciare la disponibilità e rimborsabilità di momelotinib, nuova opzione terapeutica per i pazienti colpiti da mielofibrosi, un tumore particolarmente aggressivo del sangue. Il farmaco è un inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1).
"Controllare aspetti come l'anemia - continua Rosati - significa dare la possibilità al paziente di riprendersi in mano la vita, di poter fare la maggior parte delle sue attività quotidiane, se non tutte, di dipendere meno dal supporto del caregiver e di potersi godere di più gli affetti che lo circondano".
Parlando poi dell'impegno della farmaceutica, Rosati afferma: "Gsk a livello globale ha rinnovato il suo impegno in oncoematologia, sia con una ricerca propria che con il supporto alla ricerca indipendente, con delle acquisizioni, nel 2018-19, con un impegno che va sia nei tumori solidi, quella che definiamo oncologia solida, che nei tumori ematologici. In particolare per questi ultimi il focus fondamentale è stato sul mieloma multiplo, in cui ha sviluppato un prodotto nato proprio in seno alla ricerca di Gsk e momelotinib, un farmaco per i pazienti con mielofibrosi che arriva da un'acquisizione che Gsk ha fatto nel 2020".