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Tumori, disponibile nuovo trattamento con Jak inibitore per mielofibrosi

Negli studi momelotinib ha dimostrato di ridurre sintomi splenomegalia e trasfusioni

Tumori, disponibile nuovo trattamento con Jak inibitore per mielofibrosi

Spesso è addirittura asintomatica. In alcuni casi il paziente lamenta stanchezza, un po' di inappetenza, dolori muscolari e articolari, qualche linea di febbre. E la bilancia gli (o le) dice che è dimagrito. Capita spesso e la prima cosa a cui si pensa è l'influenza, o si dà la colpa all'età. Non certo alla mielofibrosi, un raro tumore del sangue che in Italia colpisce 350 persone all'anno con un'incidenza maggiore tra i 60 e i 70 anni: solo il 15% ne ha meno di 55.

Oggi la disponibilità di una nuova terapia riapre di fatto la partita con la malattia: momelotinib, un inibitore orale di Jak1/Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1), il primo medicinale autorizzato "per il trattamento della splenomegalia o dei sintomi correlati alla malattia in pazienti adulti con anemia da moderata a severa che sono affetti da mielofibrosi primaria, mielofibrosi post policitemia vera o mielofibrosi post trombocitemia essenziale e che sono naïve agli inibitori della chinasi Janus (Jak) o già trattati con ruxolitinib", si legge nel parere positivo degli enti regolatori.

L'unica terapia ad oggi potenzialmente in grado di guarire - spiega in una nota Gsk - è il trapianto di midollo, ma è riservato a una piccola percentuale di pazienti, in genere sotto i 70 anni, per via della complessità e dei rischi ad esso associati. Momelotinib rientra nella famiglia dei Jak inibitori e negli studi che hanno portato alla sua approvazione ha dimostrato, rispetto agli altri già utilizzati, di ridurre i sintomi, la splenomegalia e di avere un impatto favorevole sull'anemia, riducendo il carico trasfusionale.

Nella mielofibrosi, di mezzo ci sono i geni e alcune loro mutazioni, 3 in particolare. La principale, che accomuna oltre la metà dei pazienti, è la mutazione V617F di Jak2, un gene importante per il controllo della produzione delle cellule del sangue, che, se mutato, risulta associato a una loro proliferazione incontrollata. La seconda per frequenza è quella del gene Calr, presente nel 25-35% dei casi e alla base della produzione di una proteina, la calreticulina, coinvolta nella regolazione di processi come la proliferazione, la crescita, la migrazione e la morte cellulare. L'ultima mutazione è nel gene Mpl, coinvolto invece nella produzione di piastrine, riscontrata nel 3-5% dei pazienti. In buona sostanza, la mielofibrosi determina la graduale comparsa nel midollo osseo di un tessuto fibroso che ne sovverte la struttura. In questo modo ne viene modificata la funzionalità, con la conseguente alterazione della produzione delle cellule del sangue. Quando la malattia si manifesta in maniera isolata si parla di mielofibrosi primaria (idiopatica); quando rappresenta la conseguenza di altre neoplasie mieloproliferative, come policitemia vera e trombocitemia essenziale, si parla di mielofibrosi secondaria.

La mielofibrosi può peggiorare più o meno lentamente nell'arco di diversi anni, con modalità variabili a seconda del paziente. In genere la fase iniziale consiste in un danno alla struttura del midollo osseo. E' la fase precoce, o pre-fibrotica, perché non è presente ancora la fibrosi del midollo osseo. Nella fase avanzata compare la fibrosi midollare e si evidenzia una fuoriuscita di cellule staminali immature dal midollo osseo. Queste, attraverso il sangue, raggiungono la milza e il fegato, dove si accumulano. Solitamente, quando la malattia si manifesta sono già presenti le alterazioni tipiche: oltre alla fibrosi, tra le altre, l'anemia e l'ingrossamento della milza. In alcuni casi (10-15 su 100) la mielofibrosi può evolvere in una patologia più severa: la leucemia mieloide acuta.

La quotidianità del paziente non è delle più semplici. Negli stadi più avanzati, la mielofibrosi ha un forte impatto sulla qualità di vita dovuta al fatto che colpisce per lo più gli anziani, persone fragili, che assumono farmaci per altri disturbi cronici e che, rispetto alla popolazione generale, hanno un rischio maggiore di malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni. Circa il 40% dei pazienti presenta un'anemia da moderata a grave già al momento della diagnosi, ma si stima che quasi tutti ne andranno incontro nel corso del tempo. Questa condizione richiede cure di supporto aggiuntive, in primis le trasfusioni. E, purtroppo, i pazienti che dipendono dalle trasfusioni hanno una prognosi sfavorevole e una sopravvivenza ridotta. Nei casi in cui si riscontri una profonda astenia e o una splenomegalia massiva, la mielofibrosi può impedire di compiere una serie di attività normali: camminare, salire le scale, rifare il letto, fare la doccia, cucinare.

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Cronaca

Mielofibrosi, Barone (Aipamm): “Momelotinib cura...

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La presidente dell'Associazione italiana pazienti con malattie mieloproliferative, partecipando a un incontro con la stampa organizzato oggi a Milano da Gsk

Mielofibrosi, Barone (Aipamm):

"Momelotinib è una terapia, non una cura risolutiva, però ricordiamo che anche trascorrere tanto tempo in ospedale non fa bene alla salute”. Questa “è una terapia gestibile in autonomia dal paziente con un ricorso meno frequente al day hospital e agli specialisti. Si tratta di un grande progresso nel nostro campo". Lo ha detto Antonella Barone, presidente Aipamm, Associazione italiana pazienti con malattie mieloproliferative, partecipando a un incontro con la stampa, organizzato oggi a Milano da Gsk, in occasione del via libera di Aifa alla rimborsabilità di momelotinib, inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1), per il trattamento della mielofibrosi, un tumore raro particolarmente aggressivo del sangue che colpisce il midollo osseo, impedendogli di formare correttamente globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

"Il primo bisogno per i pazienti con malattie mieloproliferative è quello di avere un farmaco risolutivo che guarisca - prosegue Barone - Questo è sicuramente un bisogno ancora non soddisfatto, perché la malattia è molto complessa, ma rispetto al passato la ricerca è attiva e vitale. Questo ha consentito di migliorare molto la qualità della vita dei pazienti e, con questi nuovi farmaci, di ricorrere meno alle cure ospedaliere", conclude.

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Cronaca

Mielofibrosi, ematologo Passamonti: “Studi dimostrano...

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'Migliora i livelli di emoglobina, controlla la splenomegalia e i sintomi

Mielofibrosi, ematologo Passamonti:

"L'efficacia del Jak inibitore momelotinib è stata analizzata in 3 importanti studi. Simplify 1 - che ha preso in considerazione pazienti-Jak inibitori naive e randomizzava momelotinib versus ruxolitinib - ha dimostrato che momelotinib è più efficace nel migliorare i livelli di emoglobina. Lo studio Simplify 2, invece - con pazienti che avevano già ricevuto Jak inibitori e randomizzava momelotinib con il miglior trattamento disponibile a quei tempi - ha dimostrato l'efficacia di momelotinib nel controllo della splenomegalia e dei sintomi e anche un miglioramento dell'emoglobina". Lo ha detto Francesco Passamonti, professore di Ematologia all'università di Milano, intervenendo oggi a Milano all'incontro con la stampa organizzato da Gsk in occasione del via libera di Aifa alla rimborsabilità di momelotinib, inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1) per il trattamento della mielofibrosi, un tumore particolarmente aggressivo del sangue.

"Il terzo studio è lo studio Momentum - aggiunge l'esperto - che randomizzava pazienti che avevano ricevuto ruxolitinib ed erano anemici a ricevere momelotinib versus danazolo, una terapia ormonale androgenica che utilizziamo oggi per il controllo dell'emoglobina. Questo studio ci ha consentito di ottenere un rate di indipendenza a 24 settimane del 30% rispetto al meno del 20% con la terapia standard. Globalmente, quindi, l'efficacia nel rispetto della milza, del sintomo e dell'emoglobina è stata documentata in questi 3 studi".

Dal punto di vista della tollerabilità, "possiamo dire che il farmaco è molto tollerato - conclude Passamonti - Non ci sono eventi avversi da segnalare. Molto importante, come con gli altri Jak inibitori, una certa attenzione al rischio infettivo, perché la Jak inibizione porta ad una riduzione anche di alcuni sottotipi di linfociti T che può predisporre a certe infezioni. E' quindi importante vaccinare i pazienti e dare l'informazione del rischio effettivo, in modo che la gestione sia il più sicura possibile".

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Mielofibrosi, Rosati (Gsk): “Nuovo Jak inibitore...

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'Controllando l'anemia per i pazienti significa tornare alla quotidianità e dipendere meno dal caregiver'

Mielofibrosi, Rosati (Gsk):

"Pur appartenendo ad una categoria di farmaci già esistente, quella dei cosiddetti Jak inibitori, momelotinib ha la caratteristica di andare a controllare degli aspetti di malattia, in particolare l'anemia, che non sono controllati da altri farmaci della stessa categoria". Così Maria Sofia Rosati, direttore medico Oncoematologia di Gsk, in occasione dell'incontro con la stampa organizzato oggi a Milano da Gsk per annunciare la disponibilità e rimborsabilità di momelotinib, nuova opzione terapeutica per i pazienti colpiti da mielofibrosi, un tumore particolarmente aggressivo del sangue. Il farmaco è un inibitore selettivo delle proteine Jak1 e Jak2 e del recettore dell'activina A di tipo 1 (Acvr1).

"Controllare aspetti come l'anemia - continua Rosati - significa dare la possibilità al paziente di riprendersi in mano la vita, di poter fare la maggior parte delle sue attività quotidiane, se non tutte, di dipendere meno dal supporto del caregiver e di potersi godere di più gli affetti che lo circondano".

Parlando poi dell'impegno della farmaceutica, Rosati afferma: "Gsk a livello globale ha rinnovato il suo impegno in oncoematologia, sia con una ricerca propria che con il supporto alla ricerca indipendente, con delle acquisizioni, nel 2018-19, con un impegno che va sia nei tumori solidi, quella che definiamo oncologia solida, che nei tumori ematologici. In particolare per questi ultimi il focus fondamentale è stato sul mieloma multiplo, in cui ha sviluppato un prodotto nato proprio in seno alla ricerca di Gsk e momelotinib, un farmaco per i pazienti con mielofibrosi che arriva da un'acquisizione che Gsk ha fatto nel 2020".

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