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‘Espresso Macchiato’ di Tommy Cash è una hit piena di cliché sull’Italia

Tommy Clash Espresso Macchiato

Nessun italiano chiamerebbe mai ‘espresso’ il bicchierone con cui il rapper estone Tommy Clash si esibisce nel video che accompagna la sua ultima canzone, ‘Espresso Macchiato’, dedicata agli stereotipi sugli italiani e diventata virale in queste ore. Ma tant’è, i cliché non stanno troppo a sottilizzare. E in questo caso funzionano: il cantante, con un brano che di profondo ha poco ma di orecchiabile tantissimo, ha vinto l’Eesti Laul 2025 e volerà dritto a Basilea per rappresentare il proprio Paese all’Eurovision Song Contest 2025.

Nelle stesse ore, in Italia Olly veniva proclamato vincitore di Sanremo parlando di ‘Bastarda nostalgia’, ma al momento non è chiaro se andrà in Svizzera oppure se preferirà di no e dunque sarà il secondo classificato, Lucio Corsi, a vedersela con il concorrente baltico. Intanto, il concorrente baltico ha già servito il suo “espresso” a milioni di ascoltatori.

Il successo di ‘Espresso Macchiato’

Dopo il grande successo al contest canoro estone, ‘Espresso Macchiato’ sta sbancando su YouTube. Il motivo del successo? Un mix esplosivo di testo facile, ritmo coinvolgente e un’abbondante spolverata di stereotipi sugli italiani.

Il brano mescola italiano e inglese, entrambi maccheronici, e ci infila un po’ di tutto: oltre al caffè, la mafia, il lusso ‘italian style’, i limoni, e gli immancabili spaghetti. Alcuni versi hanno potenzialità di entrare in testa, come “Ciao bella, I’m Tomaso, addicted to tobacco”, oppure “Life is like spaghetti, it’s hard until you make it“. Il ritornello lega tutto: “Mi amore, mi amore, espresso macchiato, macchiato, macchiato”.

Ma non fermatevi alle apparenze: Tommy Cash è considerato un artista concettuale in grado di “miscelare una tenerezza pura con un umorismo distorto”, e nel caso di Espresso Macchiato usa i cliché in modo esagerato e ironico, per ottenere un effetto surreale.

Chi è Tommy Cash

Tommy Cash è lo pseudonimo di Tomas Tammemets, rapper 33enne nato a Tallin, capitale dell’Estonia, da una famiglia di umili origini da cui ha assorbito diverse influenze e mescolanze culturali.

Attivo in ambito street art e writing, ha debuttato in campo musicale nel 2012 con tre singoli – Old School, Dusk e Toxic – su SoundCloud e l’anno seguente il suo brano Guez Whoz Bak viene premiato come demo dell’anno dall’emittente Raadio 2. Nel 2016 il video della sua canzone Give Me Your Money gli fa vincere il terzo posto ai Berlin Music Video Award e dà il via al suo primo tour europeo: segno di una popolarità in crescita, confermata negli anni seguenti da collaborazioni di rilievo e partecipazioni a festival e a iniziative artistiche. Ora, con Espresso Macchiato, è pronto a far ballare l’Europa intera.

Le reazioni

Intanto in Italia il popolo del web è diviso tra chi apprezza la canzone e la trova divertente e chi invece non approva il fatto che prenda in giro l’Italia e la riduca alle solite quattro cose. E se per qualcuno il brano è “sempre meglio di Sanremo”, qualcun altro si chiede se sia davvero questa la migliore canzone di cui l’Estonia è capace, almeno per il 2025.

‘Espresso Macchiato’ di Tommy Cash: il testo

Mi amore
Mi amore
Espresso macchiato, macchiato, macchiato
Por favore
Por favore
Espresso macchiato corneo

Mi amore
Mi amore
Espresso macchiato, macchiato, macchiato
Por favore
Por favore
Espresso macchiato
Espresso macchiato

Ciao bella I’m Tomaso
Addicted to tobacco
Me like my coffee very importante
No time to talk mi scusi
My days are very busy
And i just own this little ristorante
Life may give you lemons
When dancing with the demons
No stresso no stresso
No need to be depresso

Mi amore
Mi amore
Espresso macchiato, macchiato, macchiato
Por favore
Por favore
Espresso macchiato corneo

Mi amore
Mi amore
Espresso macchiato, macchiato, macchiato
Por favore
Por favore
Espresso macchiato
Espresso macchiato

Me like to fly privati
With 24 carati
Also mi casa very
Grandioso
Me money numeroso
I work around the clocko
That’s why I’m sweating like a mafioso
Life is like spaghetti
It’s hard until you make it

No stresso no stresso
It’s gonna be espresso
Mi amore
Mi amore
Espresso macchiato, macchiato, macchiato
Por favore
Por favore
Espresso macchiato
Espresso macchiato

La la la…

Espresso macchiato
Espresѕo macchiаto

Se Tommy Clash vincerà il prossimo Eurovision, sarà merito un po’ anche dell’Italia.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Pedofilo arrestato a Linate grazie a una bimba di 5 anni. Registrava nei bagni...

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Aeroporto

Una bambina di 5 anni è entrata nel bagno dell’aeroporto di Linate e ha indicato a suo madre un telefonino che spuntava tra due divisori dei servizi igienici.

Il proprietario era un pedofilo italiano, 30enne, che sul suo pc e sul suo smartphone aveva archiviato oltre 5mila contenuti pedopornografici, molti realizzati da lui stesso in spogliatoi e bagni pubblici.

Il pedofilo, rimasto finora impunito, era entrato ancora una volta in azione nei bagni delle donne all’aeroporto di Linate, dove la bambina lo ha riconosciuto. Il 30enne è stato arrestato pochi istanti dopo, in flagranza, dalla Polaria (polizia di frontiera aerea). L’accusa è di detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori.

Pedofilo arrestato a Linate, cosa è successo

La segnalazione della bambina mette fine a una vicenda triste, dolora da raccontare. Già nei giorni scorsi, la Polaria aveva ricevuto segnalazioni su una persona intenta a filmare i bambini nei bagni dell’aeroporto di Linate, senza però riuscire a beccare il pedofilo sul fatto.

Poi un’altra segnalazione: sul posto, il padre di una bambina di 5 anni attendeva gli agenti per parargli di un uomo che, dall’interno di un bagno delle donne, aveva filmato la moglie e la figlia minore mentre erano intente ad utilizzare il bagno pubblico. Ad accorgersi di tutto è stato proprio la piccola che, notando il cellulare puntato verso di loro, lo ha subito detto a sua madre, che ne ha quindi parlato col marito prima di chiamare gli agenti della Polaria.

Il pedofilo ha ascoltato la conversazione tra madre e bambina e ha tentato di scappare, ma è stato immediatamente inseguito e bloccato dai poliziotti che lo hanno sottoposto a perquisizione. A questo punto, il 30enne ha mostrato il contenuto del proprio telefono cellulare dove non si vedeva nessun contenuto pedopornografico.

Pensava di scamparsela così, ma i poliziotti hanno proceduto a controllare lo zaino del 30enne e vi hanno trovato un secondo telefono, senza Sim, all’interno del quale sono stati trovati tanti video ritraenti parti intime di donne e minori. Si tratta di video ripresi all’insaputa delle vittime, all’interno di bagni pubblici e di spogliatoi di impianti sportivi.

I gruppi Telegram

La successiva analisi dei dispositivi sequestrati ha consentito di accertare la frequentazione, da parte dell’arrestato, di gruppi telematici noti per la pubblicazione di contenuti pedopornografici. Non solo.

La perquisizione domiciliare (nella provincia di Como) ha permesso di scovare altri tre telefoni, un tablet e un personal computer e, a seguito di analisi forense, sono stati individuati circa 5mila file: video e foto a sfondo pedopornografico e filmati realizzati da lui stesso nei bagni e negli spogliatoi.

Quali sono le pene per il reato di pedofilia in Italia

Sono diverse le norme che possono essere applicati in questi casi, a seconda della specificità. La situazione del 30enne italiano, arrestato in flagranza di reato, è molto grave sia per la quantità di file archiviati, sia per l’autoproduzione degli stessi che per l’appartenenza ai gruppi Telegram con contenuti pedopornografici.

In Italia, la normativa sulla pedopornografia è estremamente severa e si basa principalmente su disposizioni contenute nel codice penale e nella legge 269/1998 (“Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”).

La produzione e diffusione di materiale pedopornografico

L’articolo fondamentale che disciplina il reato di produzione e diffusione di materiale pedopornografico è l’art. 600-ter del codice penale. Tale norma punisce chiunque, al fine di produrre, diffondere, esporre o pubblicizzare materiale pedopornografico, realizzi, detenga o diffonda immagini o registrazioni che rappresentino atti sessuali con minori o la rappresentazione in forma pedopornografica di tali atti.

In particolare, l’art. 600-ter prevede la reclusione da 6 a 12 anni. Le pene possono essere aumentate se il reato è commesso in forma continuata, se sono coinvolte più persone o se il fatto è aggravato dalla particolare vulnerabilità del minore. Questa norma si applica non solo alla produzione diretta di tali contenuti, ma anche alla loro diffusione, sia tramite canali tradizionali sia attraverso piattaforme digitali.

Oltre alla produzione e alla diffusione, anche la detenzione di materiale pedopornografico è punita dalla legge. La normativa italiana non distingue, per quanto riguarda la detenzione, tra il materiale destinato alla diffusione e quello che rimane a uso privato: la detenzione di immagini, video o registrazioni che rappresentino abusi sessuali su minori costituisce un reato grave.

La giurisprudenza italiana ha chiarito che l’atto di possedere tali contenuti, seppur non finalizzato alla diffusione, dimostra una propensione a promuovere e perpetuare il fenomeno, e viene trattato con la stessa severità della produzione o distribuzione. Le pene possono variare, ma generalmente rientrano nell’intervallo previsto dall’art. 600-ter, con possibili aggravanti in caso di recidiva.

L’accesso e la partecipazione a canali online pedopornografici

Un ulteriore aspetto riguarda la partecipazione attiva a gruppi, forum o canali Telegram noti per la diffusione di contenuti pedopornografici. Anche “seguire” tali canali potrebbe essere, in prima istanza, interpretato come un atto di curiosità, la legge italiana tende a considerare l’accesso reiterato a tali ambienti come un elemento di concorso nel reato di diffusione di materiale pedopornografico.

In sostanza, chiunque si faccia promotore o facilitatore, anche indirettamente, della diffusione di materiale illecito attraverso canali telematici, rischia di essere imputato di concorso in un reato previsto dall’art. 600-ter. La partecipazione a gruppi online che discutono, diffondono o condividono materiale pedopornografico, inoltre, viene interpretata come un comportamento finalizzato a perpetuare il fenomeno, aggravando così la posizione dell’indagato.

Conseguenze penali e aggravanti

Riassumendo, chi si rende responsabile dei reati di produzione, diffusione, detenzione o partecipazione a gruppi online che trattano materiale pedopornografico rischia:

  • Reclusione da 6 a 12 anni, ai sensi dell’art. 600-ter del codice penale;
  • Aggravanti in caso di recidiva, se il reato viene commesso in forma continuata o se il materiale coinvolto riguarda minori in condizioni di particolare vulnerabilità;
  • Sanzioni pecuniarie e la confisca di tutti i dispositivi informatici utilizzati per la produzione, archiviazione o diffusione del materiale illecito.

Queste pene sono applicate con rigore dalla magistratura italiana, che si avvale anche di avanzate tecniche di analisi forense digitale per individuare e sequestrare il materiale pedopornografico presente sui dispositivi degli imputati.

Le norme citate si basano sul codice penale italiano, in particolare sull’art. 600-ter, aggiornato e interpretato alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione. I dati e le interpretazioni giurisprudenziali sono disponibili attraverso le banche dati ufficiali del Ministero della Giustizia e del Garante per la protezione dei minori.

Il quadro normativo italiano in materia di pornografia minorile è stato inoltre rafforzato da interventi legislativi volti a recepire le direttive europee in materia di tutela dei minori, rendendo il sistema sanzionatorio particolarmente severo per qualsiasi forma di sfruttamento sessuale o promozione di immagini pedopornografiche.

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L’Italia è il Paese con gli stipendi più bassi tra i grandi d’Europa (e la...

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Italiano Triste Stipendi Bassi Canva

Tra i grandi Paesi europei, l’Italia è quello con gli stipendi reali più bassi. I dati dell’ultima indagine Eurostat lasciano poco spazio alle interpretazioni: in media, gli stipendi italiani sono il 15% più bassi degli stipendi degli altri Paesi dell’Unione europea. Qui trovate il link con il grafico completo redatto dall’ufficio di statistica europeo, che considera anche Paesi non Ue ma geograficamente europei come la Svizzera.

I dati si riferiscono al 2023, l’ultimo disponibile confrontando i valori nei Paesi Ocse ed è una risposta incontrovertibile a chi ritiene che i salari nominali bassi siano bilanciati dal costo della vita più modesto rispetto a Paesi più ricchi. Insomma, la logica per cui “negli altri Paesi gli stipendi sono più alti, ma tutto costa di più”, tesa a ridimensionare l’atavico problema italiano, non regge. L’indagine Eurostat si basa infatti su un parametro che già sconta il costo della vita di ciascun Paese, ovvero il Purchasing Power Standard (Pps). Si tratta di una valuta artificiale che permette di fare un confronto preciso. Per intenderci, con mille Pps in Italia posso comprare esattamente gli stessi beni e servizi che acquisterei con mille Pps in Germania o in qualsiasi altro Paese oggetto di indagine. La classifica si riferisce alla retribuzione di una persona single senza figli, al netto del cuneo fiscale che in Italia ha un enorme peso specifico (solo quattro Paesi nell’area Ocse hanno una tassazione sul lavoro maggiore).

Restando nell’ambito dell’Ue, nel 2023, la retribuzione media è stata di 27,5mila Pps, contro una media italiana di circa 24mila Pps (-15%).

Stipendi europei, la classifica

La Svizzera stacca gli altri Paesi con oltre 47 mila Pps di stipendio netto medio, davanti ai Paesi Bassi con quasi 39mila Pps e alla Norvegia dove la retribuzione media in Pps è quasi di 36.300 Pps. Subito dopo il podio ci sono il Lussemburgo, l’Austria, la Germania con quasi 35mila Pps all’anno.

Come si evince dal grafico, l’Italia, con i suoi 24.051,23 Pps, è dietro a Paesi come Turchia, Belgio, Cipro, ma anche Spagna, Francia e Germania, tre Paesi demograficamente più simili al nostro. Lo stipendio medio italiano è inferiore a quello tedesco del 45%, a quello francese del 18% e a quello spagnolo del 2%. La Svizzera ‘capolista’ è a un passo dal doppiare il Belpaese. Non a caso, tanti italiani sono emigrati nel Paese elvetico e tanti giovani continuano a lasciare l’Italia cercando fortuna (o almeno dei salari dignitosi) nei vicini Paesi europei.

Grafico stipendi reali in Europa, analisi Eurostat
Gli stipendi reali in Europa: fonte grafico: Eurostat

Proprio l’aspetto demografico non può essere sottovalutato. Ci sono sempre meno giovani, il tessuto imprenditoriale italiano si impoverisce e la produttività cala. Con questo scenario è più probabile che la situazione peggiori, piuttosto che migliorare, proprio perché ci saranno sempre meno lavoratori.

Gli stipendi e l’apparente controsenso demografico

Posto che i giovani lasciano l’Italia (principalmente) per i salari troppo bassi, ha senso dire che i salari sono bassi anche perché ci sono pochi giovani? La risposta è sì, e il controsenso è solo apparente.

Si potrebbe pensare, infatti, che essendoci meno offerta (cioè meno lavoratori perché ci sono meno nascite), la domanda (leggi: le imprese) siano costrette a offrire stipendi più elevati per attrarre i lavoratori. Ma l’economia non si spiega solo con l’economia. Se un’impresa ha meno lavoratori giovani, andrà incontro a una produttività minore e quindi genererà un utile minore. In questo modo è impossibile che un’azienda che oggi offre mille, domani offra di più. Un aumento di stipendio potrà esserci solo come effetto inflattivo: la moneta vale di meno, i prezzi salgono, i salari salgono. Il nocciolo della questione è di quanto salgono gli stipendi rispetto al caro vita, un valore fotografato con precisione dal Pps dell’Eurostat.

Allarghiamo la riflessione. Eccezioni a parte, se più aziende non riescono ad essere competitive (hanno meno lavoratori o meno lavoratori giovani), sono destinate a sparire dal mercato perché non riescono ad affrontare i costi. Così la crisi demografica della popolazione diventa crisi demografica delle imprese. Il risultato è intuitivo: non cala solo l’offerta (lavoratori disponibili) ma anche la domanda (imprese che assumono). Prima di abbassare la saracinesca per l’ultima volta, per queste aziende offrire stipendi competitivi rispetto alle concorrenti degli altri Paesi sarà complicato.

Non solo. La crisi demografica incrocia quella economica anche sotto il profilo fiscale. Se la popolazione invecchia, i costi della Pubblica amministrazione aumentano perché la gente avrà mediamente più bisogno della sanità pubblica (per questo il sistema sanitario nazionale non può più bastare). Nel frattempo, a causa delle pensioni troppo basse, il governo dovrà continuare a finanziare anche servizi non sanitari per le persone anziane che devono prendere i mezzi, fare la spesa, pagare una colf e così via. Questi soldi da qualche parte andranno presi. E la risposta è sempre la stessa: dalle imprese e dai lavoratori.

Come si esce da questo circolo vizioso? Visti i numeri della denatalità italiana, solo con un cambio di rotta molto deciso. Un esempio potrebbe essere quello del Portogallo che, per evitare che la crisi demografica inneschi conseguenze irreversibili, ha introdotto una massiccia detassazione per i lavoratori under 35. Qui, le cause della fuga dei cervelli sono simili a quelle dell’Italia: salari bassi e prezzi degli affitti alti. Nel contesto portoghese, questa situazione è aggravata dall’arrivo dell’arrivo dei ricchi pensionati, attratti dalle precedenti politiche fiscali vantaggiose. Ora, il premier Montenegro ha indetto il cambio di rotta per rendere il Portogallo un Paese “amico dei giovani”. Il piano prevede ingenti agevolazioni fiscali per dieci anni:

  • Primo anno: esenzione totale dalle tasse per il primo anno di lavoro dei giovani sotto i 35 anni;
  • Dal secondo al quarto anno: esonero del 75% delle imposte sui redditi da lavoro;
  • Dal quinto al settimo anno: esonero del 50% delle imposte;
  • Dall’ottavo al decimo anno: l’esenzione scende al 25% delle imposte dovute.

Una riflessione è doverosa, prima che molti italiani decidano di diventare lusitani.

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Il carnevale senza stereotipi aiuta a diffondere la parità di genere

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carnevale bambini mascherati

Il Carnevale è una festa che ha sempre avuto un potere speciale: quello di liberare la fantasia e infrangere le convenzioni sociali. La possibilità di trasformarsi in chiunque si desideri, di mascherarsi e vivere per un giorno una realtà diversa, è sempre stata una delle sue caratteristiche più affascinanti. Eppure, dietro questa opportunità di travestimento e di esplorazione di identità diverse, si nasconde un paradosso: mentre il Carnevale si celebra come un momento di libertà espressiva, le scelte di costumi per bambini sono ancora fortemente influenzate da stereotipi di genere. Da un lato si esalta la creatività, dall’altro si impongono in modo insidioso ruoli che dovrebbero essere superati. Così, il travestimento, che potrebbe essere un’opportunità educativa per abbattere le barriere di genere, rischia di rafforzare proprio quei confini che la società si sta impegnando a demolire.

Il Carnevale, però, potrebbe diventare molto di più: una vera e propria occasione educativa per insegnare la parità di genere. Come sottolinea Giovanna Giacomini, pedagogista, formatrice e ideatrice di Scuole Felici e del portale Edu-wow.com, è proprio in contesti ludici e creativi come il Carnevale che si può dare ai bambini l’opportunità di esplorare nuove identità, ruoli e ambizioni, liberi da vincoli stereotipati. “Attraverso una scelta di costumi senza preconcetti, il Carnevale può trasformarsi in un momento educativo, dove bambine e bambini sperimentano nuove identità senza essere vincolati da etichette di genere” afferma Giacomini. Il travestimento, infatti, è uno strumento potente di crescita che, se utilizzato correttamente, può aiutare i bambini a sviluppare empatia, creatività, sicurezza in sé stessi e consapevolezza del proprio valore.

Il travestimento come strumento educativo

Il travestimento, oltre ad essere un gioco divertente, è anche una porta d’accesso a un mondo di esperienze fondamentali per il bambino. Lontano dall’essere una mera forma di intrattenimento, il gioco del travestirsi è un’attività che stimola l’immaginazione, favorisce lo sviluppo della personalità e incoraggia l’empatia. In fondo, attraverso il travestimento, i bambini non si limitano a indossare semplicemente un costume, ma si immergono in un’esperienza che li aiuta a comprendere il mondo che li circonda. È attraverso il gioco che i piccoli imparano a mettersi nei panni degli altri, ad esplorare emozioni diverse, e ad affrontare sfide sociali e psicologiche in modo simbolico e sicuro.

Le psicologhe e gli educatori sottolineano da tempo come il travestimento sia un’attività fondamentale per la crescita emotiva e sociale dei bambini. Da un punto di vista psicologico, rappresenta una valvola di sfogo per le emozioni, un’occasione per esternare quei sentimenti che non sempre è facile comunicare con le parole. Inoltre, il travestimento permette di sperimentare nuovi ruoli, di vivere un’esperienza di cambiamento in cui l’identità non è statica, ma in continua evoluzione. È un processo che aiuta i bambini a conoscere sé stessi, a rafforzare la propria autostima e a sviluppare quella sicurezza che sarà fondamentale durante l’intero percorso di vita.

Eppure, i costumi che i bambini indossano spesso non offrono un’opportunità di esplorazione, ma riflettono rigidamente i ruoli di genere tradizionali. Il rischio è che, invece di favorire una crescita libera da pregiudizi, il Carnevale rinforzi gli stereotipi esistenti. Se da un lato vediamo i bambini travestiti da supereroi, dall’altro le bambine indossano il vestito da principessa, rinchiudendo così le aspirazioni e le possibilità in schemi ben definiti. Ma cosa succederebbe se invece di limitare le scelte dei bambini, si promuovesse una visione più inclusiva e variegata dei ruoli e delle identità?

Libertà di scelta e rispetto delle diversità

Un primo passo per abbattere gli stereotipi di genere attraverso il Carnevale è lasciare che siano i bambini a scegliere liberamente i loro travestimenti. È fondamentale non imporre loro un ruolo specifico, ma invitarli a scegliere o a creare il loro costume senza vincoli predefiniti. Un passo importante in questa direzione è quello di introdurre costumi neutri, che non siano legati a un personaggio o a un ruolo professionale determinato dal genere. Giovanna Giacomini propone, ad esempio, l’idea di travestimenti come “medico” invece di “dottore” o “infermiera”, per smantellare le idee preconcette che associamo naturalmente a certi mestieri.

Avere un “baulea dei travestimenti” piena di accessori come cappelli, mantelli e stoffe, come avviene in molte scuole, è un altro modo per stimolare la creatività dei bambini, incoraggiandoli a esprimere sé stessi senza limitazioni. In questo modo, il Carnevale non diventa solo un momento di gioco, ma anche un’opportunità educativa per allenare i bambini alla libertà di scelta, senza la paura di essere giudicati. Non si tratta solo di travestirsi, ma di scoprire chi si è, di esplorare chi si potrebbe essere e di vivere un’esperienza che arricchisce e allarga l’immaginario di ogni bambino.

Educare gli adulti per un cambiamento reale

Perché il Carnevale diventi davvero un’opportunità di liberazione dagli stereotipi, è però necessario che siano anche gli adulti a fare un passo indietro, prendendo consapevolezza dei propri pregiudizi e influenze culturali. Le scelte che gli adulti fanno per i bambini, come ad esempio i colori dei vestiti o i tipi di giocattoli, non sono mai neutre. Esse veicolano messaggi precisi su cosa sia “adatto” per un bambino maschio o per una bambina. Se un bambino maschio riceve una palla e una bambina una bambola, si sta rafforzando una visione che stabilisce ruoli di genere molto rigidi, separando quello che è “giusto” per ogni sesso.

Cambiare questi modelli educativi è fondamentale. “L’educazione alla parità di genere inizia già da quando i bambini sono molto piccoli”, spiega Giacomini. Gli stereotipi di genere, infatti, iniziano a radicarsi presto. “Già intorno ai 18 mesi i bambini distinguono le differenze fisiche tra maschi e femmine. Tra i 2 e i 3 anni avviene il processo di identificazione di genere, mentre entro i 5 anni interiorizzano gli stereotipi culturali legati ai ruoli di genere, come l’idea che il maschio sia forte e il supereroe, mentre la bambina sia dolce e principessa” precisa la pedagogista.

È quindi fondamentale educare anche gli adulti, genitori ed educatori, a riconoscere l’importanza di fare scelte consapevoli. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e un approccio inclusivo, sarà possibile creare un ambiente che non solo accetta, ma valorizza le differenze, senza etichette e senza ruoli predefiniti. Il Carnevale, in questo senso, è solo una delle tante occasioni per mettere in pratica questi principi, ma è un’occasione che si presta particolarmente bene, grazie alla sua natura di festa, gioco e libertà.

Superare i limiti imposti dai ruoli

Inoltre, è utile stimolare nei bambini una riflessione sulle proprie scelte di travestimento, soprattutto quando crescono un po’. Aiutarli a capire perché scelgono un determinato costume o un personaggio può essere un’occasione per farli riflettere sugli stereotipi di genere e ampliare la loro visione. Ad esempio, se una bambina sceglie di travestirsi da Wonder Woman, si può discuterne con lei, arricchendo il personaggio di nuove caratteristiche e ruoli meno tradizionali: e se Wonder Woman fosse anche una scienziata, un’ingegnere aerospaziale prima di diventare un’eroina? Questo tipo di riflessione aiuta i bambini a comprendere che i ruoli non sono fissi, ma che la vera forza sta nella possibilità di mescolare e mescolare tratti maschili e femminili, gentilezza e determinazione, dolcezza e forza.

Il Carnevale, con la sua carica di fantasia e libertà, può dunque essere un’occasione unica per educare alla parità di genere, utilizzando il gioco e la creatività come strumenti di riflessione e cambiamento. Lontano dall’essere un semplice momento di svago, può trasformarsi in un terreno fertile per seminare le basi di un futuro più inclusivo, dove i bambini, maschi e femmine, possano scegliere liberamente chi essere, senza alcun tipo di pregiudizio.

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