Una testa di coccodrillo, coltelli e afrodisiaci in valigia: uomo fermato a Zurigo
Nel bagaglio del cittadino svizzero di ritorno dalla Thailandia anche orologi di lusso falsi
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Una testa di coccodrillo, una grande quantità di "stimolanti per l'erezione", orologi di lusso falsi e cinque coltelli. Questo l'incredibile 'bottino' trovato all'interno del bagaglio di un uomo svizzero, fermato lo scorso 14 dicembre all'aeroporto di Zurigo di ritorno dalla Thailandia.
Per motivi investigativi, l'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (Udsc) ha atteso qualche giorno prima di rendere noti i dettagli dei beni sequestrati. La testa di coccodrillo, che appartiene a una specie protetta (“crocodylus siamensis”) che non può essere commercializzata, è stata sequestrata insieme agli afrodisiaci (legali, ma non nella quantità posseduta dall'uomo).
I due orologi di lusso contraffatti sono stati distrutti su richiesta del proprietario del marchio. Il viaggiatore e i suoi coltelli sono stati presi in consegna dalla polizia cantonale zurighese.
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Esteri
Usa-Russia, vertice su Ucraina e business: il ruolo chiave di Dmitriev
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A Riad anche il numero uno del Fondo russo per gli investimenti diretti
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Il numero uno del Fondo russo per gli investimenti diretti Kirill Dmitriev è stato a Riad, ma alle otto di questa mattina non si è seduto al tavolo dei negoziati fra le delegazioni di Stati Uniti e Russia allestito al Diriyah Palace per avviare il dialogo sulla guerra in Ucraina. Come immortalato dalle foto ufficiali, di fronte ai tre americani, Marco Rubio, Mike Waltz e Steve Weitkoff, c'erano solo Sergei Lavrov e Yusi Ushakov.
A capotavola, e solo per l'inizio dell'incontro, il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, e il consigliere per la Sicurezza nazionale della monarchia del Golfo, Musaed bin Mohammad Al-Aiban, con alle spalle le bandiere di Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia. Che fosse in altre sale del palazzo in "colloqui separati", a rilasciare interviste all'ingresso, o ricomparso in sala defilato, alle spalle di Ushakov e Lavrov, i russi hanno insistito in tutti i modi nel voler segnalare la presenza nella delegazione.
Perché il suo nome è associato alla discussione della parte economica della trattativa, vale a dire delle sanzioni e del loro allentamento. Che non è stato affrontato nelle quattro ore e mezzo di colloqui di questa mattina, come ha ammesso in una delle diverse interviste che ha concesso in queste ore lo stesso Dmitriev, che sembra aver stabilito con Steve Witkoff un buon rapporto in occasione del loro incontro martedì scorso a Mosca che ha portato allo scambio di detenuti fra i due Paesi e alla telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin il giorno dopo.
Ma la Russia, ha spiegato, ha presentato agli Stati Uniti proposte per nuovi accordi di cooperazione negli affari e dell'energia, "anche con progetti congiunti, incluso per esempio nella regione dell'Artico", e auspica che possano essere stretti nel giro di mesi.
"Il mondo intero segue il possibile miglioramento delle relazioni. Contribuirà ad attuare numerosi obiettivi e problemi che il mondo si trova di fronte oggi. Anche la cooperazione economica è importante", ha incalzato.
Usa e Russia "porranno le basi per una futura cooperazione sulle questioni di interesse geopolitico e storico reciproco e alle opportunità economiche e di investimento che emergeranno da una fine positiva del conflitto in Ucraina", ha tuttavia spiegato il dipartimento di Stato Usa diffusa dopo la conclusione dei negoziati di oggi che sembra andare contro l'auspicio di Mosca per portare a casa qualche risultato prima della fine del conflitto.
Esteri
Iran, Reza Pahlavi: “Regime più debole che mai, opportunità storica per...
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L'appello del figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia al Summit di Ginevra per i Diritti Umani e la Democrazia: "Vi porto un messaggio da una nazione in catene"
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Reza Pahlavi, figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia, ha tenuto un lungo discorso al Summit di Ginevra per i Diritti Umani e la Democrazia, in cui ha voluto portare agli "amici e instancabili sostenitori dei diritti umani", "un messaggio da una nazione in catene". "Il popolo iraniano – ha detto – ha sopportato più di quattro decenni di sofferenza, eppure il suo spirito rimane intatto. Stanno lottando non solo per loro stessi, ma per i valori di libertà, giustizia e dignità umana".
Storia, donne, arte, ambiente e libertà: sono molto i temi trattati da Pahlavi nel suo intervento, tutti molto attuali nel complesso quadro iraniano. "Sono qui in rappresentanza dei miei connazionali, che sono stati troppo a lungo messi a tacere, non solo dal regime tirannico che occupa il nostro Paese, ma anche dal pregiudizio ideologico che distorce la verità sull'Iran – ha iniziato -. La storia della Repubblica Islamica è una storia di inganno. Questo inganno, unito alla loro arroganza, ha portato i leader dell'Occidente e molti nei media a dipingere Khomeini come un 'santo'. Hanno rappresentato la rivoluzione come una lotta per la giustizia e la libertà. Ciò che ne è seguito è stato un inferno sulla Terra".
L'Iran e la 'guerra alle donne'
"Da allora, il regime ha lanciato una guerra contro le donne iraniane. La legge progressista sulla protezione della famiglia fu la prima che Khomeini revocò. La legge sull’hijab obbligatorio, imposta subito dopo la rivoluzione, divenne uno strumento di sottomissione, simbolo dell’ossessione della Repubblica Islamica nel controllo dei corpi e delle vite delle donne – ha proseguito – Tuttavia, sin dai primi giorni fino ad oggi, le donne iraniane hanno resistito. Ma lasciatemi essere chiaro: le donne iraniane non stanno solo lottando contro l'hijab obbligatorio. La loro lotta non riguarda un pezzo di stoffa: riguarda la riconquista della loro uguaglianza e del loro paese".
Pahlavi ha condannato una repressione che "ha colpito tutti i gruppi ideologici e tutte le fedi". "I Bahá'í sono stati perseguitati sistematicamente, i loro leader incarcerati, i loro cimiteri profanati, e ai loro giovani è stato negato l'accesso all'istruzione. I cristiani, in particolare i convertiti dall'Islam, vivono in costante paura. Come i loro compatrioti cristiani, anche i musulmani sunniti, gli ebrei, i sufi e i zoroastriani affrontano restrizioni e discriminazioni. L'antagonismo istituzionalizzato del regime verso qualsiasi tipo di diversità, compresa la diversità religiosa, ha minacciato secoli di convivenza e unità in Iran", ha spiegato. "Anche le anime creative dell'Iran non sono al sicuro – la denuncia di Pahlavi – Musicisti, artisti, poeti, che sono il cuore della cultura iraniana, rischiano la pena di morte per aver osato esprimersi".
Con l'insurrezione 'Donna, Vita, Libertà' nel 2022, scatenata dall'omicidio di Mahsa Amini, "il regime e i suoi apologeti hanno cercato di inquadrare il movimento lungo linee etniche, ma la madre di Mahsa l'ha definita "la figlia dell'Iran". I manifestanti hanno risposto con lo slogan: "Da Zahedan a Kordestan, do la mia vita per l'Iran". Questa è la voce di una nazione unita".
"Ma i crimini della Repubblica Islamica non si fermano ai confini dell'Iran – ha detto – Il regime usa le sue ambasciate e i cosiddetti "centri culturali" come basi per spionaggio e terrorismo in Europa. Questi sono i crimini di cui il mondo è a conoscenza. Ma ce ne sono molti altri, spesso trascurati, come la distruzione dell'ambiente dell'Iran da parte del regime. Considero la giustizia ambientale uno dei diritti umani dei miei connazionali".
L'inquinamento a Teheran
Anche l'ambiente è un tasto dolente per Teheran. "Decenni di corruzione e cattiva gestione hanno creato disastri ecologici che minacciano milioni di persone", ha affermato Pahlavi. "L'inquinamento atmosferico a Teheran e Ahvaz è tra i peggiori del mondo, spesso raggiungendo livelli tossici, costringendo la chiusura di scuole e attività commerciali. E coloro che osano parlare vengono incarcerati o uccisi – ha continuato – Nel frattempo, un Paese che siede sulle seconde maggiori riserve di gas del mondo vive disagi elettrici a livello nazionale. I pazienti muoiono negli ospedali, le aziende collassano e le famiglie sono lasciate nel buio. Anche le necessità più basilari, come cibo e acqua, sono diventate lussi disponibili solo per i pochi privilegiati".
L'appello di Pahlavi
Pahlavi ha lanciato un appello per ribaltare le sorti. "Oggi ci viene presentata un'opportunità storica. Il regime è più debole che mai. Il suo asse di resistenza è stato smantellato e la sua legittimità interna è evaporata. Ora è il momento di agire. Su invito dei miei connazionali, mi faccio avanti per guidare questo movimento e questa transizione. Non per me stesso, né per il potere, ma per fare il mio dovere come patriota. La mia strategia per smantellare questo regime e ricostruire l'Iran è chiara: mobilitare le reti di base all'interno dell'Iran, unire la diaspora, fare pressione sui governi del G20 per imporre il massimo della pressione sul regime, mentre si offre il massimo supporto al popolo, separare il regime e incoraggiare le defezioni e prepararsi alla stabilizzazione politica, alle elezioni democratiche e allo sviluppo e ricostruzione economica dell'Iran".
"Non si tratta solo della sopravvivenza della mia nazione, ma anche della stabilità internazionale e della pace globale. Come abbiamo visto solo nell'ultima settimana, dagli attacchi terroristici alla presa di ostaggi, la Repubblica Islamica, nonostante la sua retorica a Davos e le chiamate per un nuovo accordo, è ancora in guerra con il mondo libero. Finché non sarà abbattuto, non si fermerà – ha detto, prima di concludere – Il popolo iraniano non chiede la vostra pietà. Chiede la vostra partnership. La nostra domanda è: sarete con noi?".
Esteri
Trump: “Ottimi colloqui con Russia, Ucraina ha avuto 3 anni per...
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Il presidente americano: "Zelensky si lamenta? Avrebbe dovuto concludere un accordo tanto tempo fa
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"I colloqui sono andati benissimo, sono molto più fiducioso". Donald Trump promuove il vertice tra Stati Uniti e Russia che a Riad, in Arabia Saudita, hanno avviato il dialogo per porre fine alla guerra in Ucraina e ritiene che l’incontro con Putin potrebbe andare in scena “prima della fine di questo mese”. Il presidente degli Stati Uniti non risparmia critiche severe a Kiev e al presidente Volodymyr Zelensky, che non viene nominato esplicitamente. Il leader ucraino ha criticato i colloqui nei quali non è stato coinvolto.
Trump contro Zelensky
"L'Ucraina è arrabbiata perché non era al tavolo? Hanno avuto un posto per 3 anni e per tanto tempo prima. Avrebbero potuto sistemare tutto facilmente anni fa, senza perdere tanti territori e senza perdere nessuna vita. Chi si lamenta perché non era al tavolo avrebbe dovuto concludere un accordo tanto tempo fa", dice Trump rispondendo alle domande dei cronisti a Mar-a-Lago.
La Russia, non è un segreto, non vorrebbe Zelensky come interlocutore. E Trump non nasconde la propria freddezza verso il presidente ucraino: "In Ucraina non ci sono state elezioni e c'è la legge marziale. Il leader, mi dispiace dirlo, ha indici di gradimento bassissimi, al 4%. Le città del paese sono state distrutte, non è capitato a Kiev perché" i russi "non vogliono lanciare troppi missili lì. Il popolo dell'Ucraina non tiene elezioni da molto tempo. Non è una questione della Russia, lo dico io e lo dicono tanti altri paesi", prosegue.
Zelensky "mi piace come persona ma a me interessa che il lavoro venga fatto e portato a termine. Io voglio salvare milione di vite, questa situazione potrebbe sfociare nella Terza Guerra Mondiale. E poteva essere evitata del tutto".
"Bene se Europa manda soldati"
"La Russia vuole fermare la guerra, migliaia di soldati vengono uccisi ogni settimana. Sono soldati russi e ucraini, non americani. E' una guerra senza senso, non sarebbe mai iniziata se io fossi stato presidente. Ho visto immagini orribili, i campi di battaglia sembrano Gettysburg: cadaveri ovunque, parti di corpi sparse sul terreno. Penso che la gente rimarrà scioccata dal numero di morti in Ucraina, non solo soldati", dice.
"Nessuno mi ha chiesto di rimuovere tutte le truppe dall'Europa, non credo che lo faremo, non vorrei farlo", dice Trump prima di rispondere alla domanda sull'ipotesi di schierare peacekeeper europei in Ucraina. "Se" i paesi europei "vogliono farlo, splendido. So che la Francia e il Regno Unito ne hanno parlato. Se c'è un accordo di pace, non avrei nulla da obiettare davanti alla presenza di soldati europei. Noi non li manderemo. Ora stiamo parlando di cessate e il fuoco e di pace, vogliamo arrivare ad entrambi", dice.