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Intervista esclusiva a Carolina Vinci: «Tutto può succedere se ci credi veramente»

Il Centro Congressi Multimediale del Crowne Plaza Rome – St. Peter’s è stato teatro di una notte irrisolvibile per Carolina Vinci. L’83esima edizione di Miss Italia, che si è svolta il 21 dicembre 2022, è stata ricca di glamour e talento nel cuore di Roma. La serata si è conclusa con l’incoronazione di Lavinia Abate con il titolo di Miss Italia 2022. Tra le finaliste, si è distinta Carolina Vinci: rappresentante della Sardegna, ottenendo il titolo di seconda classificata e il premio Miss Cinema.

Chi è Carolina Vinci?

Carolina Vinci nasce nel 1998 a Torino ma cresce ad Arzachena, Sardegna. Trasferitasi a Roma a 19 anni, Carolina frequenta l’Accademia Internazionale di Teatro dal 2017 al 2020, conseguendo una laurea in interpretazione. Attualmente residente nella capitale, è riconosciuta come una talentuosa attrice, con una profonda passione per il cinema e il mondo della moda. Dotata di un spirito resiliente, ha conseguito importanti risultati fin dai suoi primi anni di carriera.

Tra i suoi principali riferimenti nel mondo della recitazione figurano Sofia Loren, Paola Cortellesi e Alessandro Borghi. Carolina è fluente in inglese, ha occhi verdi e capelli castani, è alta 1,74 m ed è apprezzata per la sua eleganza naturale. Oltre alla recitazione, ha praticato anche danza classica e moderna. È una sportiva poliedrica e coltiva un amore per il tennis, che pratica a livello agonistico, oltre a ginnastica, pallavolo e nuoto. Durante il concorso di bellezza, ha stretto un forte legame con Anita Lucenti, Miss Sicilia, legate dal comune retaggio insulare.

Anche con Lavinia Abate, Miss Italia, è nata una forte amicizia: grazie alla magica atmosfera del concorso e agli indimenticabili momenti condivisi, come la loro partecipazione all’80ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, hanno scoperto un’affinità profonda che va oltre i riflettori e le passerelle.

Carriera

Carolina Vinci ha iniziato la sua carriera nel mondo della recitazione sin da giovanissima. A soli 8 anni, fu notata da un direttore del casting francese durante una performance di danza. La sua determinazione e ottimismo, come lei stessa ha sottolineato in diverse interviste, hanno contraddistinto la sua carriera.

Nel 2005, debutta nel cinema con un cameo nel film francese “Les Bronzes 3”, diretto da Patrice Leconte. L’anno seguente, nel 2006, ricopre il ruolo di Antonia nella serie Rai “L’Onore e il rispetto”, diretta da Salvatore Samperi, dove recita al fianco di Gabriel Garko.

Nel 2007, è la protagonista in “Sotto il cielo” di Michele Salimbeni, e l’anno successivo debutta sul palco teatrale interpretando il ruolo principale in “Ipotesi”, una rivisitazione dell’Orestea di Eschilo, sempre sotto la regia di Salimbeni.

Nel 2015, prende parte alla fiction Rai “Non Uccidere”, diretta da Giuseppe Gagliardi, e nel 2018 ha un ruolo di rilievo nel film “La Lupa”, noto anche come “La louve”, di Michele Salimbeni.

Sebbene le siano state proposte numerosissime opportunità, tra cui un ruolo nella popolare serie televisiva “I Cesaroni”, Carolina ha sempre dato priorità ai suoi impegni accademici, dimostrando un forte impegno professionale.

La nostra intervista esclusiva

Ciao Carolina, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine e grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande! Raccontaci un po’ della tua infanzia. Ci sono momenti o esperienze particolari che ritieni abbiano influenzato la tua carriera?

Ciao Junior, grazie a te per avermi invitata e per avermi dato l’opportunità di raccontare un po’ di me. Ritengo che la vita sia fatta di scelte e di esperienze e sicuramente la mia è stata mossa da queste. Sono nata a Torino ma ho vissuto fino ai 18 anni in Sardegna. La mia infanzia è stata guidata dall’amore della mia famiglia che seguendomi passo dopo passo mi ha permesso di poter scegliere. Protagonisti indiscussi i miei fratelli, le colonne portanti della mia vita. Ero una bambina che sognava ad occhi aperti, questa sfumatura tende ad emergere ancora adesso, forse perché sono dell’idea che senza i sogni nulla ha senso. Frequentavo un corso di danza, e un giorno per puro caso si avvicinò una casting director, da quel momento ho scoperto un nuovo mondo, quello che ancora adesso frequento e sogno in grande, il mondo della recitazione. Avevo 8 anni e quel giorno è stato determinante per il mio futuro.

Carolina, c’è un sogno o un obiettivo che ti tieni stretto e che speri di realizzare nel mondo dello spettacolo?

Uno dei più grandi è sicuramente quello di potermi confrontare con grandi attori, poterci lavorare insieme, condividere idee. Questo lavoro è per me fatto di scambi, di condivisione. Quindi si mi tengo stretta l’idea che un giorno tutto questo possa realizzarsi. Vorrei condividere una frase che rappresenta a pieno il mio desiderio più grande: ‘Voglio vivere di quello che amo, di arte, di emozioni e di sorrisi’.

Dalla tua prospettiva, quali sono state le qualità che hanno permesso a Lavinia Abate di aggiudicarsi il titolo di Miss Italia 2022?

Essere se stessa. Lavinia è una ragazza meravigliosa. In questo anno ho avuto modo di conoscerla meglio, direi che ci siamo trovate. Siamo molto simili, tutte e due abbiamo dei sogni e ci impegniamo per raggiungerli al meglio. Ci piace l’arte e non è scontato trovare una persona che possa condividere con te l’amore per questo mondo. Lavinia ha vinto portando niente di più che la sua essenza.

Quando rifletti sulla tua vita, quali sono le priorità che emergono chiaramente?

Rispetto, gentilezza e determinazione 3 aggettivi che mi accompagnano da sempre, possiamo fare tanto da soli, ma con gli altri ancora di più se sei gentile e rispettoso le cose belle ti tornano indietro, certo non sempre ma per me il 90 percento delle volte si.

Parlaci del tuo percorso di crescita ad Arzachena. È stato difficile coltivare il sogno di diventare un’attrice in una località così specifica?

Sono felice di essere cresciuta ad Arzachena, certo per il mio futuro sapevo che mi sarei dovuta spostare perché soprattutto nel mio ambito le possibilità sono ridotte, ma sono contenta del mio passato. L’arte si trova ovunque anche e soprattutto dove le possibilità vengono meno. Frequentavo un corso di teatro al liceo, guardavo film a casa, nel mio piccolo cercavo di portare avanti la mia passione.

Puoi condividere con noi come hai fatto il tuo debutto nel mondo del cinema? Quali emozioni hai provato?

Come ho già accennato prima ho scoperto il mondo del cinema da bambina, il mio primo ruolo l’ho avuto poco dopo per una serie Rai “L’onore e il Rispetto”. Era un gioco, molto serio ma pur sempre un gioco. Amavo stare sul set, soprattutto perché la mattina presto portavano la focaccia calda. Non capivo bene, ma la sensazione era di serenità totale. Quando stavo lì, davanti a una cinepresa, stavo bene. Sensazione che spero di portarmi dietro per tutta la vita.

Ci sono state occasioni in cui hai dovuto declinare offerte di lavoro significative nel mondo dello spettacolo?

Si, non direttamente io ma i miei genitori, essendo minorenne tutto doveva passare da loro. C’è stata un’offerta per un ruolo che mi obbligava a trasferirmi per molti anni. Questo implica lasciare casa, la tua famiglia e i tuoi amici. Ammetto che non ci ha spaventato questo, a casa siamo sempre stati molto aperti ai cambiamenti, ma ci sono delle priorità che vanno rispettate. Semplicemente in quel momento particolare non poteva avvenire. Con il senno di poi credo che abbiamo preso la decisione più giusta per me e per la mia carriera. D’altronde la vita è fatta di scelte. Al momento sembra sempre difficile decidere, non si capisce mai se sia la cosa giusta o sbagliata da fare ma il tempo porta consiglio e ti aiuta a capire che spesso è meglio dire di no.

Tra tutti i personaggi che hai interpretato finora, c’è uno con cui ti sei particolarmente identificata?

Questa domanda mi fa molto ridere. Io in realtà ho sempre interpretato nel mio piccolo, personaggi particolari, finisco sempre per essere rapita o uccisa. Quindi a meno che non vogliate sentirvi dire “la morta” direi che no, forse deve ancora arrivare un personaggio che possa sentire davvero mio.

Con quali colleghi, sia attrici che attori, ritieni di aver condiviso una sinergia particolarmente forte sul set?

Ricordo con il sorriso Cosima Coppola, interpretava mia madre nell’ Onore e il rispetto. La adoravo, fuori dal set stavo spesso con lei e anche dentro dato che interpretava mia madre.

Qual è stata l’ispirazione o la motivazione che ti ha spinto a partecipare a Miss Italia 2022?

Mia madre mi parlava di Miss Italia da un po’ ‘di tempo. Tutti abbiamo dei pregiudizi e spesso sbagliamo soprattutto quando si tratta di mondi che pensiamo di conoscere ma in realtà non è cosi. Per questo non mi volevo iscrivere. Poi un giorno ho pensato che potesse essere comunque divertente, mi piace mettermi in gioco e così ho aperto la pagina per iscriversi e da lì è iniziato tutto.

Oltre al concorso in sé, quali lezioni preziose hai appreso durante la tua esperienza a Miss Italia?

Partecipare a Miss Italia mi è servito molto personalmente. Ti aiuta a credere in te, a sentirti bella e apprezzata. Non si tratta di bellezza solo estetica ma di bellezza interiore. Ho conosciuto davvero ragazze carinissime. Miss Italia mi ha fatto riscoprire me stessa, non pensavo di arrivare fino alla fine, la fascia di Miss Cinema era il mio obiettivo e quando l’ho raggiunto nemmeno io ci credevo. Sono partita dalla Sardegna, andavo alle selezioni a quattro ore di macchina da dove vivo d’estate, tornavo a casa la sera stessa perché la mattina seguente lavoravo in un negozio di abbigliamento, così per un bel po’ di tempo. E’ stato davvero un sacrificio, fino alla finale regionale non sapevo se sarei partita per le prefinali nazionali, perché non avevo preso nessuna fascia che mi permettesse di partire. Alla finale però ce l’ho fatta. Ora penso a quanto sia importante crederci anche quando sembra che nulla stia andando bene. La determinazione e la perseveranza mi hanno aiutato a capire che tutto può succedere se ci credi veramente.

Al di là della tua carriera, qual è il tuo sogno più profondo e personale?

Sogno una famiglia, una grande famiglia, una casa mia, dei figli. Sogno di poter tornare a casa, magari dopo una giornata di set e vedere la mia famiglia li. Mi auguro tanta felicità e amore. Nient’altro.

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Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Attualità

Omicidio in Spagna risolto grazie a Google Maps: il caso...

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Poche volte, nella cronaca recente, ci è capitato di imbatterci in una vicenda tanto assurda e, allo stesso tempo, tristemente reale. Ci riferiamo a un omicidio che ha lasciato un intero Paese, e forse il mondo intero, a bocca aperta. E non stiamo esagerando: c’è di mezzo un uso davvero inatteso della tecnologia, perché tutto è venuto alla luce grazie a Google Street View. Già, proprio quel servizio di mappe online che molti di noi utilizzano ogni giorno per cercare una via o dare un’occhiata a un quartiere prima di andarci. Invece, stavolta, ha fatto da testimone involontario a una tragedia.

Siamo in Spagna, più precisamente nella provincia di Soria, dove una tranquilla località chiamata Tajueco è balzata tristemente agli onori della cronaca. Una storia di sentimenti traditi, illusioni e violenza, che risale al novembre 2023, quando un uomo di origine cubana, 33 anni appena, si volatilizza nel nulla. L’obiettivo del suo viaggio era apparentemente la speranza di riappacificarsi con la moglie. Eppure, da quel momento, di lui non si sa più nulla. È proprio uno dei suoi parenti a lanciare l’allarme: i messaggi che arrivavano sul cellulare sollevavano troppi dubbi, sembravano fuori luogo, non rispecchiavano il solito modo di esprimersi di quest’uomo. Si respirava un’aria sospetta, come se qualcuno cercasse di costruire una versione di comodo sul motivo della sua scomparsa.

L’antefatto: perplessità e silenzi

Il caso fa presto a rimbalzare tra le forze dell’ordine. Una persona sparita in modo così brusco mette in allarme chiunque, specialmente quando il motivo ufficiale del suo viaggio risulta ancora più enigmatico. Ci siamo chiesti tutti: come può un uomo che vuole ricucire un legame così importante sparire così, senza salutare, senza lasciare traccia, se non qualche messaggio ambiguo? Di solito, in queste situazioni, si punta tutto sulle testimonianze, sulle videocamere dei negozi e si interroga chiunque possa averlo visto per l’ultima volta. Ma qui, la vera svolta è arrivata da un luogo inaspettato, ossia l’obiettivo di Google Street View.

Sospetti e svolta tecnologica

A un certo punto, gli inquirenti si sono imbattuti in qualcosa di inquietante: sul servizio di mappatura fornito da Google, un’istantanea ritraeva un uomo che, con una calma surreale, caricava un grosso sacco bianco all’interno del bagagliaio della sua auto. L’immagine è piuttosto sfocata, come spesso capita su Street View, ma i contorni di quel sacco e il contesto generale hanno fatto scattare un campanello d’allarme. La gente del posto lo ha riconosciuto: si trattava di un barista residente proprio a Tajueco, lo stesso luogo dove il nostro trentatreenne era stato visto per l’ultima volta.

E qui, si apre lo scenario più cupo: emerge che questo barista intratteneva una relazione con la moglie della vittima. Un dettaglio sconvolgente, che ha condotto gli investigatori a mettere sotto la lente di ingrandimento tutti i movimenti di costui. Da quell’immagine catturata quasi per caso, la polizia ha cercato ulteriori conferme, scandagliando telefonate, messaggi e tracce digitali. Passo dopo passo, si è delineato un quadro terribile, in cui non sembra esserci spazio per ipotesi alternative.

Google Street View: alleato imprevisto

Non si tratta solo di foto che immortalano una strada o un edificio. In questo caso, Google Street View è diventato una sorta di testimone scomodo e implacabile. L’indizio fornito da quell’immagine ha gettato una luce sinistra sui sospetti, spingendo le autorità a fare accertamenti più mirati. Intercettazioni, controlli incrociati e infine l’arresto. Le manette si sono strette non soltanto intorno ai polsi del barista ma anche intorno a quelli della moglie dell’uomo scomparso, a cui sono stati contestati reati gravissimi.

Ritrovamento macabro

Arriviamo così al 13 dicembre 2024, una data difficile da dimenticare per la gente di questa zona. Nel cimitero di Andaluz, una località vicina a Tajueco, viene ritrovato il corpo smembrato della vittima. Il suo destino, purtroppo, si era compiuto settimane prima. Gli stessi sospettati hanno permesso il ritrovamento, indicando con precisione dove fossero nascosti i resti. Una scoperta che ha scosso profondamente l’intera comunità, finora abituata a una vita semplice e lontana dai riflettori.

Conseguenze e riflessioni su privacy e tecnologia

Non possiamo ignorare il lato etico della faccenda: per anni, abbiamo discusso sulla privacy, sui confini del lecito, sulla possibilità che un colosso tecnologico possa avere immagini di tutti noi. Adesso, ci ritroviamo a constatare che questi scatti, talvolta considerati una sorta di curiosità digitale, possono trasformarsi in prove fondamentali in un’indagine di omicidio. Il che fa sorgere una domanda: fino a che punto siamo pronti a sacrificare la nostra riservatezza per garantire la giustizia? Ogni volta che un caso come questo emerge, ci rendiamo conto di quanto sia sottile la linea che separa la sicurezza collettiva dal diritto individuale alla privacy.

Un precedente storico

Nel panorama investigativo, l’uso di Google Maps per risolvere un delitto rappresenta una novità destinata a far discutere a lungo. La piccola Tajueco verrà probabilmente ricordata come la località dove uno strumento comunissimo è diventato l’occhio che ha svelato un segreto criminale. Forse, in futuro, assisteremo a nuove modalità di indagine sempre più legate alla tecnologia di tutti i giorni. Resta però un brivido, una strana sensazione, pensando che un banale click sulle mappe online possa, di punto in bianco, rivelare i peggiori abissi della crudeltà umana.

Concludendo, ci troviamo di fronte a un episodio che racchiude dramma, tecnologia e domande scomode su ciò che siamo disposti a cedere pur di assicurare i colpevoli alla giustizia. Resta vivo un monito: non sappiamo mai chi ci sta osservando, anche quando cerchiamo di occultare ciò che non vorremmo fosse mai scoperto. E in questa circostanza, a fare chiarezza è stata proprio la prospettiva digitale, fredda e onnipresente, di Google Street View. Un fatto che, probabilmente, cambierà il nostro modo di guardare quel piccolo omino giallo sulla mappa. E forse, in fondo, cambierà anche il modo in cui riflettiamo sul delicato equilibrio fra controllo, privacy e verità.

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Attualità

La Roma delle borgate raccontata con il cuore: il ritorno...

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Roma. Anni ’70, ’80. Una città che sembra vivere due vite. Da un lato, la poesia struggente di Pier Paolo Pasolini, con le sue borgate illuminate da una bellezza malinconica. Dall’altro, l’ombra scura della Banda della Magliana, con i suoi intrecci di criminalità e potere. In mezzo, una generazione di ragazzi che cerca disperatamente di crescere, sognare, sopravvivere. Questo è il cuore pulsante di Storie Bastarde, il libro di Davide Maria Desario è una finestra aperta sulle contraddizioni, le speranze e i tormenti di una città in perenne trasformazione.

Un autore radicato nella sua Roma

Davide Maria Desario. Un nome che, a molti, dice già qualcosa. Magari per il suo lavoro come direttore di Adnkronos, ma a chi lo conosce davvero basta poco per capire che è molto più di un giornalista. Nato a Roma, febbraio 1971, si potrebbe dire che è cresciuto respirando i vicoli, i tramonti rossi sui tetti e quelle mille contraddizioni che rendono questa città un po’ crudele e un po’ magica. Desario, però, non si è mai fermato a guardare.

Ha vissuto ogni piega di Roma, imparando a raccontarla con parole che non graffiano, ma scavano. Prima la cronaca, che gli ha insegnato a non girare mai la testa dall’altra parte. Poi la narrativa, dove ogni racconto sembra un pezzo di cuore che ha deciso di mettere sulla carta. E quando leggi Storie Bastarde lo senti: è vivo. Ogni pagina ti prende per mano e ti trascina dentro un’anima fatta di poesia e disperazione, bellezza e buio, con quella voce che solo chi Roma ce l’ha nel sangue può avere.

Ostia, una palestra di vita

Molte delle storie di Desario prendono vita a Ostia, quel quartiere che non è solo mare ma anche un microcosmo di speranze e paure. È qui che i bambini crescono giocando tra strade polverose e bar di quartiere, imparando presto che ogni scelta può essere decisiva. Criminalità, droga, sogni infranti: tutto è a portata di mano… ma anche la resilienza, quella forza incredibile di chi, nonostante tutto, non smette di credere in un futuro migliore. Desario cattura questa dualità con una maestria che colpisce al cuore.

Quello che rende Storie Bastarde speciale è la sua capacità di trascendere i confini geografici. Certo, è un libro profondamente romano ma le sue storie parlano a tutta l’Italia. La Roma di Desario non è quella dei monumenti e dei turisti, ma quella delle borgate, delle persone comuni che combattono ogni giorno per un pezzo di felicità. E queste lotte, queste speranze, risuonano ovunque. Perché in fondo, chi di noi non ha mai sentito il peso di un sogno troppo grande per il posto in cui vive?

La trasposizione teatrale: un altro livello di intensità

Il successo di Storie Bastarde non si è fermato alle pagine. L’opera è stata portata sul palcoscenico da Ariele Vincenti e Fabio Avaro, trasformandosi in una rappresentazione che amplifica l’essenza dei racconti. Il teatro ha il potere di rendere tutto ancora più crudo, più diretto. E il pubblico ha risposto con entusiasmo, dimostrando che queste storie non sono solo romanze, ma pezzi di vita che meritano di essere vissuti.

Un nuovo capitolo: la riedizione

Nel 2010 Storie Bastarde ha fatto il suo debutto ma quest’anno il libro torna a prendersi il suo spazio. Una nuova edizione, curata da Avagliano Editore, arricchita da una storia inedita e dalla prefazione appassionata di Francesca Fagnani. Ecco, stavolta è come se il libro avesse trovato una seconda vita, un’energia rinnovata, pronta a parlare ancora più forte.

Il 20 novembre 2024 è successo qualcosa di speciale. Al palazzo dell’informazione Adnkronos si è celebrata la nuova vita di queste storie. Tra i presenti, volti noti come il prefetto di Roma, Lamberto Giannini e la giornalista Eleonora Daniele. Ma quello che contava di più non erano i titoli, no. Era il silenzio che si creava quando si parlava di queste storie. Perché alla fine si tratta di questo: non dimenticare. Tenere vivo quello che spesso scivola via, nell’indifferenza. E forse, solo forse, imparare qualcosa in più su chi siamo.

Una Roma che resiste

Tra criminalità e poesia, tra disperazione e speranza, emerge una Roma che non si arrende. Storie Bastarde è un omaggio a questa città ma anche all’Italia intera. Racconta di un’infanzia difficile, di scelte che cambiano il corso della vita, ma anche di una resistenza silenziosa, fatta di piccoli gesti quotidiani. Desario ci ricorda che, anche nelle situazioni più buie, c’è sempre spazio per la speranza.

Oltre il libro: un autore poliedrico

Desario non si ferma a Storie Bastarde. Con opere come #RomaBarzotta (2015) e #RomaBarzotta 2 (2017), ha continuato a esplorare le dinamiche della Capitale. E il suo impegno culturale va oltre la scrittura: nel 2022 è stato nominato presidente della giuria per la selezione della “Capitale italiana della cultura” 2025, un ruolo che testimonia la sua dedizione alla valorizzazione del patrimonio italiano.

Se c’è una cosa che Storie Bastarde ci insegna, è che le storie hanno il potere di cambiare il mondo. Raccontando la Roma delle borgate, Desario non ci offre solo un pezzo di letteratura ma un documento storico, un atto d’amore verso una città e le sue mille sfumature. E ci lascia con una certezza: anche nelle difficoltà, c’è sempre una luce che brilla, anche se fioca. Sta a noi trovarla.

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Attualità

Ottavia Piana: una storia di coraggio e resistenza nelle...

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Cosa spinge una persona ad avventurarsi nelle viscere della terra, affrontando freddo, oscurità e pericoli senza fine? Ottavia Piana, 32 anni, ce lo ha dimostrato con la sua incredibile vicenda. Una storia che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso per 75 ore, tra speranza e angoscia, e che si è conclusa con un lieto fine nella notte del 18 dicembre 2024.

L’incidente: un attimo, e tutto cambia

Era la sera del 14 dicembre. Ottavia, speleologa esperta, si trovava insieme a un gruppo di colleghi all’interno dell’Abisso Bueno Fonteno, una delle grotte più temibili del territorio bergamasco. Il suo nome non è scelto a caso: cunicoli stretti, umidità opprimente, temperature intorno ai 4°C. Un mondo ostile, dove ogni passo va calcolato. Eppure, anche i più esperti possono inciampare. Una caduta di cinque metri. Cinque metri che l’hanno bloccata, ferita e immobilizzata in uno dei passaggi più angusti della grotta.

Lesioni alle vertebre, fratture al ginocchio e alle costole, ferite al volto. Un quadro clinico che avrebbe piegato chiunque. Ma non Ottavia. La sua capacità di mantenere la calma e collaborare con i soccorritori è stata fondamentale.

Appena è partito l’allarme, si è acceso qualcosa di incredibile. Centocinquantanove persone – tecnici, speleologi, gente che conosce la montagna e la rispetta – hanno lasciato tutto e sono arrivate lì. Da tredici regioni diverse. Hanno unito le loro mani, i loro strumenti, i loro pensieri. Ogni gesto sembrava un pezzo di un disegno più grande, un incastro perfetto fatto di sudore, concentrazione e cuore. Spiegarlo è complicato: era come vedere un gigantesco ingranaggio in moto, con ogni singolo pezzo che si muove per salvare una vita. Corde che si tendono, voci che si incrociano nel buio. Ogni respiro pesava. Ogni secondo contava. E lì, in mezzo a tutto, non era questione di sola tecnica. Era passione. Quella che ti fa andare avanti anche quando sei stanco, freddo, esausto.

Le operazioni sono iniziate alla mezzanotte del 15 dicembre. Ogni singolo movimento è stato studiato al millimetro. Ottavia è stata assistita da medici specializzati direttamente sul posto. Antidolorifici, trattamenti per evitare complicazioni e soprattutto tanta umanità. Perché in quei cunicoli non si tratta semplicemente di procedure tecniche: ci sono persone, con le loro paure e la loro determinazione.

Immaginate una barella che deve essere sollevata e calata per oltre 100 metri verticali, tra passaggi strettissimi e rocce scivolose. Ogni movimento richiedeva un’attenzione maniacale. Eppure, nonostante le difficoltà, il lavoro di squadra ha fatto la differenza.

La risalita: il momento che tutti aspettavano

Sono le 2:59 del 18 dicembre. Un applauso esplode nell’oscurità. Ottavia emerge finalmente dalla grotta, visibilmente provata ma lucida. I soccorritori, molti dei quali non avevano dormito per giorni, la accolgono con lacrime di gioia.

Trasportata immediatamente in elicottero all’ospedale di Bergamo, ora è sotto osservazione. Le sue condizioni sono stabili, ma la strada verso la piena guarigione sarà lunga. Eppure, conoscendo il suo spirito, c’è da scommettere che ce la farà.

Quello del 2024 non è il primo incidente per Ottavia nell’Abisso Bueno Fonteno. Nel luglio del 2023, una frattura alla gamba l’aveva già bloccata per oltre 40 ore nello stesso sistema di grotte. Anche allora, un’operazione di soccorso aveva permesso di salvarla. Una coincidenza? Forse. Ma è chiaro che questo luogo ha un legame profondo con lei, un misto di sfida e attrazione.

I costi delle operazioni: un dibattito sempre acceso

Ogni grande impresa porta con sé delle domande. Chi paga per tutto questo? Le operazioni di soccorso in grotta, si sa, sono complesse e costose. Alcuni hanno sollevato critiche, chiedendosi se i contribuenti debbano farsi carico di tali spese. Ma Sergio Orsini, presidente della Società Speleologica Italiana, ha chiarito: gli speleologi come Ottavia sono coperti da assicurazioni specifiche, finanziate attraverso le loro polizze. I costi non gravano sulla collettività. Una risposta che dovrebbe mettere a tacere le polemiche ma che non sempre riesce a convincere tutti.

La riflessione: perché rischiare?

Le grotte non sono per tutti”, ha commentato Mario Tozzi, noto geologo. E come dargli torto? L’esplorazione speleologica è un mondo a parte. Fascino, certo, ma anche rischio. Chi si avventura in questi luoghi deve essere consapevole dei propri limiti.

Ma c’è qualcosa di più. Qualcosa che va oltre il pericolo. L’esplorazione è una spinta primordiale, un bisogno di andare oltre, di scoprire ciò che è nascosto. E Ottavia è l’incarnazione di questa passione.

Questa è una di quelle storie che ti prendono lo stomaco e lo stringono forte. Ti fanno riflettere su cosa significhi davvero coraggio. Ottavia e i soccorritori che hanno rischiato tutto per salvarla non sono eroi da film, no. Sono persone, vere, con paure, con dubbi, con un’incredibile forza di volontà. In quei cunicoli neri come la pece, dove ogni suono rimbalza e ti ricorda quanto sei piccolo, non si è trattato solo di paura. C’è stato qualcosa di più grande, più potente: un legame. Una di quelle connessioni umane che nascono quando tutto sembra perduto e invece trovi la mano di qualcuno che ti tiene stretto.

Non avrei potuto farcela senza di loro”, ha dichiarato Ottavia dal letto d’ospedale. Una frase semplice ma che dice tutto.

Il futuro: una lezione per tutti

Quello che è successo nell’Abisso Bueno Fonteno è un monito. Per gli speleologi, certo, ma anche per tutti noi. La natura è affascinante ma richiede rispetto. Esplorare significa conoscere i propri limiti e non sottovalutare mai i pericoli.

Ottavia Piana ha vissuto qualcosa di difficile anche solo da immaginare. Eppure, quel buio profondo, quelle ore interminabili, l’hanno resa un simbolo. Un simbolo di una forza che non è da tutti, una resistenza che ti entra dentro e ti fa riflettere. Perché, alla fine, è di questo che si tratta: trovare la forza di andare avanti, anche quando sembra impossibile. E quei soccorritori, quelle persone incredibili, hanno fatto qualcosa che va oltre la tecnica, oltre le corde e le barelle. Hanno portato speranza, luce. Hanno dimostrato cosa vuol dire davvero esserci, fino in fondo.

Questa storia ti colpisce dritta al cuore. Ti fa pensare che, in fondo, anche nei momenti più bui, possiamo trovare mani tese. Mani che ci tirano su, che ci ricordano che non siamo mai soli, nemmeno nell’oscurità più profonda. È questo il regalo che ci lascia Ottavia: la prova che, con coraggio e con il giusto aiuto, si può tornare alla luce, sempre.

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