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Migranti, medico: “A Lampedusa ho visto di tutto, qui ho riscoperto il senso del mio lavoro”

Alessandra Bellavia, vice presidente Cri Sicilia, presta servizio volontario all'hotspot. "Disidratati, con ustioni e patologie di cui neppure sanno. Le future mamme? Grande emozione visitarle"

Alessandra Bellavia

"Laggiù ho riscoperto la genuinità del mio mestiere e, forse, anche il senso della vita. Ho capito che davvero si può essere parte di un sistema e fare la differenza". Alessandra Bellavia, vicepresidente regionale della Croce Rossa Sicilia, a Lampedusa va almeno due volte al mese. Lo scorso giugno è diventata commissario del comitato Cri dell'isola. "Sto tre-quattro giorni e nel mio tempo libero do una mano all'hotspot come medico volontario", racconta all'Adnkronos. Sulla più grande delle Pelagie c'era anche questa estate nei giorni caldi dell'emergenza, quando a decine le carrette stipate di migranti hanno raggiunto il molo Favaloro prima e il centro di contrada Imbriacola poi. "L'hotspot ha un ambulatorio con personale sanitario h24 - dice -. Non appena arriva, l'ospite viene sottoposto a un triage, un passaggio fondamentale per individuare eventuali patologie, traumi e vulnerabilità. Sul nostro portale gestionale registriamo tutte le informazioni utili al centro di destinazione finale". Perché nell'hotspot di Lampedusa, la cui gestione dallo scorso giugno è passata alla Croce Rossa italiana, i migranti restano 48-72 ore.

Sulla piccola isola in mezzo al mare Alessandra in questi mesi ha visto di tutto. "Molti presentano ustioni severe, in tanti sono in uno stato di profonda disidratazione. Arrivano con le più disparate patologie, solo pochi sono inquadrati dal punto di vista sanitario, a volte portano farmaci e documentazione medica pregressa". I subsahariani, no. Le loro storie, però, le leggi sui corpi, sulle ferite che raccontano l'orrore vissuto prima della partenza, le torture in Libia, le ore - talvolta i giorni - trascorse in balia delle onde, stipati su un barchino di lamiera, immobili per non finire giù. In fondo al Mediterraneo, come tanti altri prima di loro. Perché a Lampedusa arrivano i vivi, ma anche i morti. Come la bimba di neanche due anni vittima nei giorni scorsi dell'ennesimo naufragio davanti le coste dell'isola o la 26enne annegata, appena 24 ore dopo, quando il barchino su cui viaggiava è colato a picco.

Alessandra di superstiti ne ha visitati parecchi. "Vederli scendere dal bus (il pullman che dal molo Favaloro li conduce all'hotspot, ndr) e cadere a terra perché non riescono a reggersi in piedi o tremare dal freddo dopo essere stati ripescati dal mare gelido è un'immagine impossibile da dimenticare, anche per un medico abituato a gestire le urgenze e la sofferenza". Per lo sconforto, però, non c'è tempo. "Serve lucidità e professionalità per assisterli, anche se in tanti momenti mi sono sentita profondamente triste. Loro, invece, hanno una grande forza d'animo". Naufraghi, vittime di abusi, uomini e donne in ipotermia. A Lampedusa, però, le ferite sono anche quelle che non si vedono. Sono i traumi di chi lungo il viaggio ha perso mogli, figli, mariti, fratelli. Un pezzo di vita con cui aveva condiviso la speranza di una rinascita. O di chi sull'altra sponda del Mediterraneo ha attraversato l'inferno.

"Ci sono tante situazioni difficili, anche per questo i mediatori sono fondamentali - sottolinea -. Con loro si instaura un rapporto empatico, di fiducia. E poi ci sono gli psicologi, un servizio attivo h24, c'è un costante monitoraggio degli ospiti e anche noi medici segnaliamo il minimo campanello d'allarme". Chi parte mette in conto di non farcela. "Quando non hai alternativa attraversare il mare diventa l'unica via di salvezza", dice Alessandra. Lo sanno bene le donne. Tante negli ultimi mesi hanno sfidato le onde con i loro bimbi stretti tra le braccia o in grembo. Nell'ambulatorio dell'hotspot tutte vengono visitate. "Quando vedi le future mamme l'impatto emotivo è ancora più forte, visitarle, poter dire loro che è tutto ok, nonostante il viaggio e la fatica, è un'emozione impagabile. Molte di loro non hanno mai visto un ecografo, l'espressione del loro volto, la gioia nei loro occhi quando sentono il battito del loro bebè valgono più di mille parole".

Alessandra adesso è a Palermo. "Spero di poter tornare a Lampedusa i primi giorni di dicembre, ho qualche giorno libero". Perché per andare in hotspot a prestare servizio volontario lei prende dei giorni di ferie. "I miei colleghi mi dicono sempre: 'Ma chi te lo fa fare? Perché non ti riposi?'. Io rispondo loro che laggiù ho riscoperto il senso del nostro mestiere. Sapere di aver provare ad alleviare la sofferenza di queste persone, vedere i loro sguardi pieni di riconoscenza è una grazia, un regalo per la mia vita, la mia professione e la mia interiorità". (di Rossana Lo Castro)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Cronaca

Superenalotto, numeri combinazione vincente oggi 4 gennaio

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Centrati due '5' che vincono 99.636 euro ciascuno

Superenalotto - Fotogramma

Nessun '6' né '5+1' al concorso del Superenalotto di oggi, sabato 4 gennaio 2025. Centrati invece due '5' che vincono 99.636 euro ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 55,3 milioni di euro.

Quanto costa la schedina

La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.

La giocata minima della schedina è una colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.

I punteggi vincenti

Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:

- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;

- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;

- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;

- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;

- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.

Come so se ho vinto

E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.

La combinazione vincente di oggi

Questa la combinazione vincente del concorso di oggi, sabato 4 gennaio 2025, del Superenalotto: 31, 42, 43, 63, 83, 86. Numero Jolly: 37. Numero Superstar: 86.

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Cronaca

Omicidio Piersanti Mattarella, nuova inchiesta: possibile...

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Gli inquirenti non confermano, la famiglia mantiene il riserbo. Nelle sentenze emersa la politica di rinnovamento del Presidente della Regione siciliana 'dalle carte in regola'

Piazza Piersanti Mattarella a Milano - Fotogramma

Alla vigilia del 45esimo anniversario dell'omicidio dell'ex Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella ci potrebbe essere una svolta nell'inchiesta. La Procura di Palermo, come scrive oggi Repubblica, avrebbe iscritto nel registro degli indagati due persone indicate come i sicari del politico democristiano ucciso sotto la sua abitazione il 6 gennaio del 1980, sotto gli occhi della moglie e dei due figli. Anche se gli inquirenti, interpellati dall'Adnkronos, non confermano. Mentre la famiglia, che sulle vicende giudiziarie e sulle indagini, ha sempre mantenuto il massimo riserbo, continua su questa linea e preferisce non commentare le ultime novità.

Un politico, Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che alla fine degli anni Settanta aveva provato ad attuare una politica di rinnovamento, lasciando fuori dai palazzi gli intrecci con la mafia.

Le sentenze: cosa dicevano i giudici

Proprio come scrivevano i giudici nelle sentenze che si sono susseguite negli anni nei processi sugli omicidi politici. L’attività dell'ex presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, "appariva assai pericolosa", "in quanto ispirata a una genuina politica di rinnovamento, anche in virtù del controllo che aveva cominciato ad esercitare nei confronti del Comune" di Palermo.

"Fra le iniziative più innovative e rischiose adottate da Piersanti Mattarella vi era stata l’acquisizione dell’elenco dei funzionari regionali nominati collaudatori di opere pubbliche, che gli consentiva di verificare quali gruppi controllassero la materia dei pubblici appalti e di intervenire di conseguenza nel modo più efficace al fine di renderli trasparenti", si legge nella sentenza sulla strage di Bologna, nel capitolo relativo all'omicidio del Presidente "dalle carte in regola".

E ancora: con l’avvento di Piersanti Mattarella alla presidenza della Regione siciliana, "per la prima volta gli interessi affaristico-mafiosi, che col tempo si erano consolidati in seno al potere politico in sede comunale e regionale, erano stati messi in discussione (ed erano a rischio), e proprio ad opera di un esponente della Democrazia Cristiana, il partito che fino ad allora aveva detenuto il potere in Sicilia in forma indiscussa e aveva assicurato alla mafia, in un regime di sostanziale egemonia, la gestione di tutti i più importanti affari della vita economica siciliana, a cominciare dagli appalti delle opere pubbliche". In questo contesto, "la assoluta indisponibilità di Mattarella a qualsiasi tipo di compromesso poneva a repentaglio quegli equilibri tra le amministrazioni pubbliche e gli interessi mafiosi che attraverso altri soggetti era stato ormai da tempo possibile creare e mantenere".

L'omicidio

Era la mattina del 6 gennaio 1980, quando l’onorevole Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, in occasione dell'Epifania, uscì di casa con la famiglia per recarsi a messa. Come d’abitudine, ogni volta che usciva per ragioni di carattere privato, non aveva (in quanto non voleva) la scorta. Alle 12.45, insieme al figlio Bernardo, di vent’anni, scendeva nel garage della propria abitazione, posto in fondo a uno scivolo che dava su via Libertà, distante da casa circa quindici metri, per prelevare la propria auto Fiat 132. In retromarcia si portava sul passo carraio per far salire la moglie Irma Chiazzese sul sedile anteriore e la suocera sui sedili posteriori. Il figlio stava chiudendo le porte del garage e del cancello che dallo scivolo immetteva sulla pubblica via.

"All’improvviso un giovane dell’età apparente di 20-25 anni, che indossava un piumino azzurro o blu ed era a volto scoperto, si accostava al lato sinistro della vettura e, dopo avere invano tentato di aprire la portiera anteriore, esplodeva alcuni colpi d’arma da fuoco contro l’on. Mattarella, che, seduto alla guida, si accasciava verso destra e veniva parzialmente coperto dalla moglie, che si era piegata su di lui poggiandogli le mani sul capo al fine di fargli da scudo", si legge nelle carte. "Il giovane si dirigeva verso una Fiat 127 bianca sulla quale si trovava un complice armato, con il quale parlava in modo concitato e dal quale riceveva un’altra arma, indi tornava a sparare sull’on. Mattarella dal finestrino posteriore destro della Fiat 132- si legge ancora con il freddo linguaggio burocratico - I due assassini si davano quindi alla fuga e la Fiat 127 veniva ritrovata alle successive ore 14:00, distante poche centinaia di metri dal luogo del delitto. Risultava rubata verso le ore 19:30 del giorno precedente".

Per l’omicidio fu usato, per primo, un revolver calibro 38, la cui rigatura era basata su otto righe destrorse (di possibile provenienza americana o tedesca o spagnola), e per secondo un revolver cal. 38 Special Colt, con sei impronte di rigatura sinistrorse. Come dà atto anche la sentenza di primo grado sugli omicidi politici, Mattarella era "riuscito inoltre a far varare la legge sulla programmazione regionale della spesa pubblica, attraverso la quale poteva razionalizzare e rendere costanti, ancorandoli a criteri oggettivi e di carattere generale, i vari flussi di spesa". "Tutto questo (e altro), se da un lato impediva arbitrarie attribuzioni di spesa, dall’altro andava a ledere interessi consolidati in seno alla mafia e al contesto che intorno ad essa gravitava- si legge -Posto che l’eliminazione di Mattarella era nell’interesse comune di tutte le famiglie mafiose a causa della politica che egli perseguiva, di rinnovata trasparenza nell’assegnazione degli appalti".

Negli anni, dopo l'assoluzione di Gilberto Cavallini e Valerio 'Giusva' Fioravanti, era stato fatto da alcuni collaboratori di giustizia anche il nome di un boss mafioso, Nino Madonia. Oggi ergastolano.

Il collaborante Francesco Di Carlo, sentito in sede di riapertura dell’istruzione dibattimentale, ha rivelato di avere appreso da Bernardo Brusca "che il killer che aveva esploso i colpi di arma da fuoco all’indirizzo del Mattarella si identificava nella persona di Nino Madonia… Non bisogna dimenticare che tutti i collaboranti che hanno reso dichiarazioni sugli esecutori materiali del delitto sono concordi nell’indicare il Nino Madonia come uno dei killer del Presidente della Regione siciliana. Ma quel che è più rilevante è il fatto che il Di Carlo ha riferito di avere, vedendo la fotografia sui giornali di Valerio Fioravanti, commentato con lo stesso Brusca il fatto, rilevando come il Nino Madonia somigliasse moltissimo al terrorista nero", dice la sentenza.

E oggi, a distanza di 45 anni dal terribile omicidio, si potrebbe essere a una svolta. Anche se il condizionale è d'obbligo. (di Elvira Terranova)

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Cronaca

Roma, arriva la zona rossa a Termini ed Esquilino: cosa...

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Già aumentato il livello di presenza delle forze dell’ordine nell’area

Stazione Termini - (Fotogramma)

'Zona rossa' alla stazione Termini e all’Esquilino a Roma per aumentare ulteriormente i livelli di sicurezza. Le tempistiche brevi per l’attuazione del dispositivo sono confermate da fonti del Viminale che sottolineano comunque come sia stato già significativamente aumentato il livello di presenza delle forze dell’ordine nell’area e nelle altre stazioni della Capitale.

Da inizio 2023 a oggi, infatti, sono state realizzate 198 operazioni straordinarie 'ad alto impatto', con l’impiego complessivo di 14.300 unità tra Forze dell’ordine, Polizia locale e personale di altri Enti: 158.850 i soggetti controllati, di cui 67.656 stranieri; 504 i soggetti arrestati e 1.579 quelli denunciati; 82 gli stranieri espulsi; 79 le armi sequestrate; 23.276 i veicoli controllati; 1.846 gli esercizi pubblici ispezionati e 138 i lavoratori in nero o irregolari individuati all’esito delle attività.

Zona rossa, cosa significa

'Zone rosse' sono state istituite in occasione del Capodanno in diverse città. Si tratta di aree urbane dove viene vietata la presenza di soggetti pericolosi o con precedenti penali, con i prefetti che potranno quindi disporne l’allontanamento.

Lo strumento ha già dato positivi risultati nel corso della sua prima applicazione a Firenze e Bologna dove, complessivamente, negli ultimi 3 mesi del 2024 sono stati 105 i soggetti destinatari di provvedimenti di allontanamento su 14mila persone controllate.

Le misure possono essere applicate in aree urbane come le zone della movida, caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone e attività commerciali e dove si registrano spesso episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), vandalismo, abuso di alcol e degrado.

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