Malattie infiammatorie croniche, ‘CRONIStorie’ per migliore gestione
Presentata la campagna ‘sull’immunologia del futuro’ che parte dalle eccellenze delle regioni
E’ un viaggio che coinvolge Istituzioni, clinici e associazioni pazienti, alla ricerca delle migliori soluzioni per la gestione e l’assistenza delle persone che soffrono di malattie infiammatorie croniche immuno-mediate, il progetto 'CRONIStorie - Un dialogo aperto sull’immunologia del futuro’, di Janssen, farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson. Nell’ambito della campagna di sensibilizzazione, presentata oggi a Roma, sono state individuate alcune regioni che si stanno distinguendo proprio per progetti di eccellenza con l'obiettivo di definire le migliori linee strategiche per i cittadini affetti da queste patologie.
In questa roadmap - spiega una nota - accanto a Friuli Venezia-Giulia e Veneto, nelle quali sono state evidenziate due peculiarità - rispettivamente la creazione presso il presidio ospedaliero Santa Maria della Misericordia di Udine di un ambulatorio condiviso tra dermatologo e reumatologo e il progetto di un gruppo di lavoro per definire il primo Pdta (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) per la gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali, la campagna 2023 ora raggiunge la regione Lazio.
Oltre 5 milioni di italiani (1 adulto su 10) convivono con malattie infiammatorie immuno-mediate come le malattie infiammatorie croniche intestinali, la psoriasi e l’artrite psoriasica, la cui prevalenza e gravità sono spesso sottostimate. Tali patologie infatti hanno un impatto molto importante sulla vita dei pazienti: dolore, stanchezza e incapacità di svolgere le attività quotidiane, sono solo i sintomi più evidenti. Molte volte chi soffre di queste malattie tende a isolarsi, non potendo vivere appieno la vita sociale o lavorativa, con conseguente diminuzione della produttività, ansia, stress e ripercussioni psicologiche, fino anche alla depressione. Il più delle volte, inoltre, a farne le spese non sono solo i pazienti, ma anche le loro famiglie e tutta la cerchia dei contatti più stretti.
“Le malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici), malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa - spiega Flavio Caprioli, segretario Generale Ig-Ibd, Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease - che interessano l’apparato digerente, possono insorgere in qualunque fascia di età, inclusa quella pediatrica”. Interessano circa 250mila italiani, “ma il numero è destinato a raddoppiare in 10 anni. Determinano - continua - sintomatologia intestinale cronica invalidante con sintomi talora associati a manifestazioni in altri apparati, quali le articolazioni o la cute. Le terapie per le Mici attualmente disponibili sono efficaci nel controllo dei sintomi e della progressione della malattia in più di metà dei pazienti. Tuttavia, è talora necessario ricorrere a interventi chirurgici con resezione di tratti intestinali per il controllo dell’infiammazione e delle complicanze delle Mici, inclusa la possibile insorgenza di neoplasie. Per tale motivo, è opportuno lo studio di nuove strategie terapeutiche, inclusa la ricerca di marcatori predittivi di risposta alle terapie, attualmente non disponibili. La gestione del paziente rappresenta un altro ambito di criticità, con particolare riguardo alla presa in carico territoriale del paziente in remissione o con sintomatologia lieve, attraverso la formazione specifica dei medici di medicina generale o di specialisti ambulatoriali”.
"La psoriasi - afferma dice Ketty Peris, consigliere Sidemast, Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse - è una malattia cronica recidivante della cute che colpisce circa 2 milioni e mezzo di persone in Italia. È causata da un’infiammazione immuno-mediata ed è caratterizzata da lesioni cutanee eritemato-desquamative. Più della metà delle persone affette da psoriasi convive con altre malattie, come il diabete, l’artrite psoriasica, alcune patologie cardiache e la depressione. Non esiste una cura, ma con le cure è possibile tenere sotto controllo le manifestazioni cliniche, anche per lunghi periodi. E’ fondamentale cercare di ottimizzare i modelli organizzativi anche per evitare pastoie burocratiche e fare in modo che il paziente arrivi alla presa in carico in tempi adeguati, facilitare l’accesso alle terapie e favorire la continuità terapeutica”.
“Le malattie reumatiche - evidenzia Maria Sole Chimenti, membro Sir, Società italiana di reumatologia - comprendono patologie infiammatorie croniche che colpiscono le articolazioni ma anche organi ed apparati come la cute, l’intestino, apparato cardio-vascolare e la sfera emotiva. Tra queste, l’artrite psoriasica è una forma specifica di artrite cronica infiammatoria, spesso associata alla psoriasi. In Italia colpisce circa 40 persone ogni diecimila abitanti: fino a un terzo potrebbe anche esser colpito da artrite psoriasica. È fondamentale per chi soffre di una malattia infiammatoria cronica immuno-mediata potersi rivolgersi a un centro specializzato per la patologia, in tempi brevi, dove dermatologi e reumatologi collaborano in un approccio sinergico e multidisciplinare nella gestione del paziente” per una presa in carico profilata sulla qualità di vita e capacità di aderenza”.
Per le Mici, “in aumento anche in età pediatrica - sottolinea continua Alessia Amore, vicedirettore Amici Ets, Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell'intestino - è auspicabile un maggior investimento nell'ambito della ricerca scientifica per comprendere meglio queste patologie e sviluppare nuovi approcci terapeutici. E’ importante sensibilizzare le Istituzioni sull'importanza di investire risorse necessarie”. Come ricorda Valeria Corazza, presidente Fondazione Corazza Onlus e Apiafco, Associazione psoriasici italiani Amici della Fondazione Corazza, l’associazione ha “presentato nel 2020 una carta con gli unmet needs dei pazienti che includono: far entrare la psoriasi nel piano cronicità, rivedere i Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr) e permettere a tutti i pazienti di avere l’esenzione, organizzare la presa in carico multifattoriale dal momento che la psoriasi è una malattia complessa. Da allora non è stato ancora fatto nulla. I farmaci sono molto efficaci, ma è fondamentale garantirne l’accesso uniforme in tutte le regioni d’Italia”.
Nel caso dell’artrite psoriasica, “è fondamentale poter aver accesso a un’assistenza territoriale senza lunghe attese e una presa in carico tempestiva dalle figure specialiste di riferimento, dermatologo e reumatologo - ribadisce Antonella Celano, presidente Apmarr, Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare- A partire dalla diagnosi il paziente ha bisogno di essere informato, rassicurato e assistito, e reso partecipe attivamente del proprio percorso diagnostico e terapeutico come un’associazione di altri pazienti e il coinvolgimento di uno psicologo”.
“In Janssen, la ricerca in immunologia è sempre stata all’avanguardia - conclude Elisabetta Grillo, Therapeutic Area Medical Head Immunologia Janssen Italia - Dall'avvento delle terapie biologiche, avvenuto più di 30 anni fa, abbiamo sviluppato il primo anticorpo monoclonale mirato al sistema immunitario, fornendo ai pazienti una soluzione efficace, in grado di agire in maniera importante anche sulla sintomatologia. Abbiamo, quindi, continuato ad ampliare le nostre conoscenze sul processo infiammatorio e, grazie a questo, siamo stati i primi a sviluppare terapie che intercettano nuovi percorsi infiammatori e che possono migliorare sostanzialmente la vita dei pazienti. Le nostre scoperte hanno cambiato la vita di milioni di persone in tutto il mondo e continuiamo a lavorare per cure sempre migliori, capaci di arrestare e persino curare le malattie immuno-mediate”.
Salute e Benessere
Il digiuno aiuta il cervello a restare giovane? Il nuovo...
Scoperte cellule più sensibili al deterioramento del tempo, hanno a che fare con ormoni che controllano bisogni base tra cui la fame
Come invecchia il cervello? Uno studio fa luce su nuovi dettagli che rendono più chiaro l'impatto dell'età che avanza. In particolare gli autori hanno scoperto che non tutti i tipi di cellule cerebrali invecchiano allo stesso modo. Alcune più di altre subiscono importanti cambiamenti nell'attività genetica per effetto del tempo che passa. E fra queste c'è un gruppo che controlla ormoni legati a bisogni base come l'alimentazione. Tanto che gli autori del lavoro, finanziato dai National Institutes of Health (Nih) statunitensi e pubblicato su 'Nature', osservano che le nuove evidenze raccolte sono in linea con studi precedenti che collegano l'invecchiamento ai cambiamenti metabolici e con ricerche che suggeriscono che il digiuno intermittente, un dieta equilibrata o la restrizione calorica possono influenzare o forse aumentare la durata della vita.
"L'invecchiamento è il fattore di rischio più importante per la malattia di Alzheimer e molti altri devastanti disturbi cerebrali. Questi risultati forniscono una mappa molto dettagliata di quali cellule cerebrali potrebbero essere maggiormente colpite dall'invecchiamento", osserva Richard J. Hodes, direttore del National Institute on Aging, centro della rete Nih.
"Questa nuova mappa potrebbe modificare radicalmente la visione degli scienziati su come l'invecchiamento influisce sul cervello e fornire anche una guida per lo sviluppo di nuovi trattamenti per le malattie cerebrali legate all'invecchiamento", prospetta l'esperto.
Lo studio alla scoperta del cervello 'anziano'
I risultati dello studio supportano dunque l'idea che alcune cellule siano più sensibili al processo di invecchiamento e ai disturbi cerebrali legati all'invecchiamento. Nei cervelli 'anziani', spiegano gli autori, l'attività dei geni associati all'infiammazione aumenta, mentre quella dei geni correlati alla funzione e alla struttura neuronale diminuisce. Gli scienziati hanno scoperto un punto caldo specifico che combina sia la diminuzione della funzione neuronale sia l'aumento dell'infiammazione nell'ipotalamo. I cambiamenti più significativi nell'espressione genica sono stati riscontrati nei tipi di cellule vicino al terzo ventricolo dell'ipotalamo, inclusi taniciti e cellule ependimali (cellule gliali, che sostengono i neuroni), e neuroni noti per il loro ruolo nell'assunzione di cibo, nell'omeostasi energetica, nel metabolismo e nel modo in cui il nostro corpo utilizza i nutrienti. Questo, riflettono gli esperti, suggerisce una possibile connessione tra dieta, fattori legati allo stile di vita, invecchiamento del cervello e cambiamenti che possono influenzare la nostra suscettibilità ai disturbi cerebrali legati all'età.
"La nostra ipotesi è che quei tipi di cellule diventino meno efficienti nell'integrare segnali dal nostro ambiente o da cose che stiamo consumando", illustra Kelly Jin, scienziata dell'Allen Institute for Brain Science e autore principale dello studio. "E quella perdita di efficienza in qualche modo contribuisce a ciò che conosciamo come invecchiamento nel resto del nostro corpo. Penso che sia notevole che siamo in grado di trovare quei cambiamenti molto specifici con i metodi che stiamo utilizzando", rimarca.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno fatto ricorso a strumenti avanzati di analisi genetica sviluppati tramite The Brain Initiative dei Nih per studiare singole cellule e mappare oltre 1,2 milioni di cellule cerebrali di topi giovani (2 mesi) e anziani (18 mesi) in 16 ampie regioni cerebrali, che costituiscono il 35% del volume totale del cervello di un topo.
I topi anziani sono ciò che gli scienziati considerano l'equivalente di un essere umano di mezza età e i cervelli dei roditori - precisano gli esperti - condividono molte somiglianze con i cervelli umani in termini di struttura, funzione, geni e tipi di cellule. Nello studio gli autori hanno osservato da un lato che l'invecchiamento ha aumentato l'attività dei geni associati ai sistemi infiammatorio e immunitario del cervello, così come alle cellule dei vasi sanguigni cerebrali. Dall'altro lato, i risultati hanno evidenziato una diminuzione dell'attività dei geni associati ai circuiti neuronali.
Il terzo ventricolo, finito in particolare sotto la lente, è un importante condotto che consente al liquido cerebrospinale di passare attraverso l'ipotalamo. Situato alla base del cervello del topo, l'ipotalamo produce ormoni che possono controllare i bisogni di base del corpo, tra cui temperatura, frequenza cardiaca, sonno, sete e fame. I risultati hanno mostrato che le cellule che rivestono il terzo ventricolo e i neuroni adiacenti nell'ipotalamo presentavano i maggiori cambiamenti nell'attività genetica con l'età.
Se è noto che i neuroni sensibili all'età nell'ipotalamo producono ormoni che controllano l'alimentazione e l'energia, e che le cellule che rivestono il ventricolo controllano il passaggio di ormoni e nutrienti tra il cervello e il corpo, gli esperti puntualizzano che sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare i meccanismi biologici alla base dei risultati dello studio, nonché per cercare eventuali possibili collegamenti con la salute umana. La comprensione di questo 'hot spot' nell'ipotalamo lo rende un punto focale per studi futuri, concludono gli autori. Oltre a sapere quali cellule colpire specificamente, questo potrebbe portare allo sviluppo di terapie correlate all'età, aiutando a preservare la funzione e prevenire le malattie neurodegenerative.
Salute e Benessere
Sanità, Tar Lazio revoca stop decreto nuove tariffe
Richiesta presentata dal ministero della Salute attraverso l'Avvocatura dello Stato
Contrordine sulla sospensione del nuovo tariffario che doveva entrare in vigore ieri. Oggi il Tar del Lazio ha "accolto l'istanza di revoca e conferma la fissazione alla Camera di consiglio del 28 gennaio", perché "l'istanza di revoca è stata esportata al relatore intorno alle ore 11.30 del 31 dicembre" e "non si ravvisano evidentemente i presupposti per un'audizione anche informale delle parti". Così la pronuncia del Tar del Lazio, dopo che il ministero della Salute, attraverso l'Avvocatura dello Stato, ha presentato un'istanza di revoca dell'ordinanza sospensiva del Tar.
Il tribunale ha "preso atto della dichiarata gravità delle conseguenze della sospensione del decreto in esame, che determinerebbero il blocco del sistema di prescrizione, prenotazione ed erogazione, con conseguente disservizio all'utenza e ritardi nell'erogazione delle prestazioni e, in ultima analisi, con un impatto sulla salute dei pazienti".
In mezzo a questo guado burocratico rimangono i cittadini e i loro bisogni di salute. In molte regioni si stanno registrando diversi problemi, segnalati anche dai medici di famiglia, nella prenotazione di esami e visite. Ora la nuova decisione del Tar del Lazio e l'attesa per capire come andrà a finire. Un 2025 che inizia in salita. Con il nuovo decreto venivano aggiornate 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale. Il 2025 poteva porre fine a diverse attese: 28 anni per il nomenclatore delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e 25 anni per quello dell'assistenza protesica.
Salute e Benessere
Monossido di carbonio, Bignami (Siaarti) ‘non si...
"Il monossido di carbonio è inodore, incolore e insapore. Non si percepisce, si diffonde e si assorbe molto velocemente, si lega più facilmente all'emoglobina al posto dell'ossigeno e arriva quindi al cervello dove riduce la respirazione perché provoca, di fatto, il blocco del respiro". Così Elena Bignami, presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), commenta all'Adnkronos Salute gli ultimi casi di cronaca che si sono verificati nelle scorse ore nel Palermitano e a Trieste. A causa dell'intossicazione da monossido di carbonio, a Cefalù è morto un giovane turista tedesco, mentre i genitori e la sorella della vittima sono ricoverati in condizioni gravi all'ospedale di Partinico. Nel capoluogo giuliano, sempre una presunta fuga dello steso gas è costata la vita a un uomo, mentre risultano intossicate almeno altre 6 persone.
"Il rianimatore - spiega Bignami - serve per due motivi: se arriva sul posto e il paziente sta respirando ed è ancora cosciente, somministra ossigeno al 100%; se invece è in arresto cardiaco, pratica le manovre di rianimazione. In tutti i casi è fondamentale essere tempestivi e portare il paziente in un centro specialistico per la terapia iperbarica, cioè la somministrazione di ossigeno puro al 100%. Nell'aria - chiarisce la specialista - è presente al 21%", quindi si agisce in un ambiente "ad elevate pressioni i di ossigeno, 2-3 volte più del normale, per fare in modo di avere a disposizione tanto ossigeno" in grado di scalzare nel sangue il monossido di carbonio dall'emoglobina e ristabilire la corretta ossigenazione. I tempi per intervenire sono molto brevi perché il monossido di carbonio diffonde velocemente - rimarca Bignami - e può essere particolarmente pericoloso in ambienti piccoli e senza diretto accesso a uno spazio esterno".
In ogni caso, raccomanda la presidente Siaarti, è importante fare attenzione a dei campanelli di allarme di possibile intossicazione come "un improvviso mal di testa e un senso di pesantezza, di spossatezza eccessiva, in assenza di altre cause come il raffreddore" e, soprattutto, in più persone contemporaneamente. In questo caso, "la prima cosa da fare è uscire all'aperto e chiamare soccorsi".
Il trattamento tempestivo "ha prognosi, la maggior parte delle volte, favorevole - sottolinea Bignami - Più passa il tempo e più può diventare sfavorevole". La terapia in camera iperbarica, infatti, "non è di una singola seduta: può proseguire anche per settimane. Di solito c'è una restituzione 'ad integrum', si torna a quello che si era. Se il paziente è giovane e sano - precisa l'esperta - nel giro di qualche settimana tutto si risolve. Se invece il paziente è magari un anziano o già con un problema di salute, questi deficit si aggravano, perché comunque c'è stata una transitoria riduzione dell'ossigeno in tutte le cellule sullo spazio cerebrale, quindi eventuali situazioni già esistenti - conclude - peggiorano".