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Violenza sulle donne, dall’impiegata alla manager le voci al rientro al lavoro dopo la maxi-mobilitazione

Più forza, consapevolezza e più condivisione: dieci storie italiane

Donne alla manifestazione del 25 novembre - Fotogramma

Più forza, più consapevolezza, più condivisione. Dopo l'ondata di mobilitazione nella giornata contro la violenza sulle donne, a partire dalla grande partecipazione alla manifestazione del Circo Massimo a Roma, resta forte il 'grido' delle donne. Adnkronos ha raccolto, al lunedì al rientro al lavoro, le voci di dieci donne, impegnate in diversi ambiti lavorativi.

La commerciante

"E' stata una delle prime volte -spiega Francesca Recine, commerciante di Genova, più punti vendita abbigliamento sportivo e articoli sportivi, vicepresidente di Fismo Confesercenti (negozi di abbigliamento) ad Adnkronos/Labitalia- in cui nel nostro Paese si è sentita una voce così forte contro la violenza sulle donne, a partire dalla manifestazione al Circo Massimo. E questo mi ha lasciato una grande forza, che viene dalla condivisione. Spesso gli atti di violenza accadono in ufficio, sul luogo di lavoro, e aver dato voce a una realtà spesso silente è stato molto importante. Da oggi credo che le tante donne vittime di violenza, che oltre ai gesti può essere contenuta anche nelle parole, non si sentano più sole. E da oggi proprio grazie alla condivisione che si è creata su questo tema tutti abbiamo capito che bisogna tenere gli occhi aperti, sempre", conclude.

La casalinga

Per Federica Rossi Gasparrini, presidente di Obiettivo Famiglia/Federcasalinghe, “inattesa ma bellissima è la grande partecipazione di donne e uomini alle iniziative contro la violenza sulle donne". "Noi c’eravamo, a far rumore, con coperchi e mestoli. Anche in famiglia, talvolta, serve rapportare la cultura del rispetto e della condivisione. Noi ci siamo!”, dice ad Adnkronos/Labitalia.

La libera professionista

"Degli eventi di questi giorni contro la violenza sulle donne -afferma Marcella Caradonna, commercialista e presidente dell'ordine dei commercialisti di Milano ad Adnkronos/Labitalia- resta la voglia di mettersi a disposizione e di fare rete contro questo fenomeno, offrendo le proprie competenze. Noi come commercialisti abbiamo fatto tanto contro la violenza economica. Spesso e volentieri infatti tante donne sono vittime di violenza e non riescono a staccarsi dal contesto in cui la subiscono perchè non hanno un lavoro e hanno paura di restare in mezzo a una strada. E allora è necessario creare una 'cintura di sicurezza' intorno a queste donne, facendo ognuno la propria parte, mettendo ognuno un tassello. Noi commercialisti ci siamo, uomini e donne".

La preside

Cristina Costarelli, preside e presidente dell'Anp Lazio, definisce la manifestazione contro la violenza sulle donne che sabato ha visto riempirsi le piazze di tutta Italia "un segno di speranza per il futuro nonostante la consapevolezza delle difficoltà". "La manifestazione di sabato - sottolinea Costarelli All'Adnkronos - sicuramente dà un segno positivo di coinvolgimento e di attenzione. Aver visto così tante persone di entrambi i sessi, di tutte le età, di tutte le professioni, unirsi in questi numerosi momenti su scala nazionale veramente dà un idea di quanto sia sentita questa situazione ci lasci ben sperare per il futuro anche se siamo consapevoli di tante difficoltà, tante criticità che necessitano di tempo affinché siano realmente superate. L'impresssione della partecipazione è sicuramente positiva".

L'impiegata

"Più che rispetto al ritorno in ufficio forse la domanda dovrebbe essere come mi sono sentita a tornare a casa. In realtà il nostro ufficio nel Municipio VIII di Roma è una realtà piuttosto virtuosa dove non si percepisce in alcun modo una discriminazione nei confronti nelle donne. Io vengo dal privato e il passaggio qui in Municipio è stato il passaggio in una oasi. Nel privato era complicato anche solo prendersi delle ore per i bambini piccoli, piuttosto che una giornata di malattia mentre qui c'è una grande attenzione alle necessità delle persone", dice all'Adnkronos Federica, dipendente del Comune di Roma, che sabato era in piazza per dire basta alla violenza contro le donne. "Io ho 50 anni - aggiunge - e gli uomini della mia generazione sono cresciuti con una cultura del patriarcato, una parola tornata d'attualità recentemente, difficile da scardinare, anche in famiglia, per quanto il clima sia non violento. Ci sono comunque delle libertà che un uomo si sente di prendere con più facilità rispetto ad una donna. Un uomo, come mio padre o anche il mio compagno, non si sente di giustificarsi in alcun modo per le proprie scelte mentre noi, anche per un retaggio culturale, ci viene quasi automatico giustificarci per la più piccola libertà che ci prendiamo. Per lui è naturale dire 'esco' senza aggiungere 'dove come e perché', per me no".

La scienziata

Dopo i cortei di Roma e Milano "mi sono sopresa ad essere invasa da una tristezza, la tristezza che le nostre lotte femministe non avessero messo fine agli abusi, alle discriminazioni per non parlare poi della violenza estrema sulle donne, il femminicidio", commenta l'astrofisica Patrizia Caraveo, classe 1954, con l'Adnkronos. La scienziata sottolinea di essere "rimasta molto colpita dalla numerosità e dalla quantità di persone, donne di tutte le età ma anche uomini, che hanno partecipato alle manifestazioni: è un segno di quanto sia necessario fare qualcosa, di quanto il problema continui ad essere importante e non risolto".

Patrizia Caraveo è stata direttore dell'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano (Iasf) e direttore di ricerca dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, e fa parte del network di "100 donne contro gli stereotipi", "un elenco di donne scienziate - spiega - voluto dalla Fondazione Bracco con l'idea di dare ai media un 'catalogo' di possibili interlocutrici perché in Tv l'esperto di turno da consultare era sempre un maschio. L'elenco è iniziato con le scienziate, poi è stato ampliato con le donne in economia e adesso con le sportive: i premi per le donne sportive, per esempio, sono inferiori a quelli degli uomini".

"Sarebbe stato bello - prosegue Patrizia Caraveo - aver potuto vedere delle differenze fra le lotte femministe dei nostri anni e quelle di oggi, ma non mi sembra sia così. Dopo l'università davo per scontato che avevamo sviscerato questo problema e che la società sarebbe stata pronta a risolverlo. Poi quando mia figlia è cresciuta, io sono andata avanti con la carriera ed una mia amica americana mi ha chiesto di partecipare ad una conferenza vicino Washington su cosa accadeva alle donne nella scienza. Era la fine degli anni '90, per partecipare alla conferenza ho iniziato a cercare dati in Italia e sono letteralmente 'caduta dal pero'. Vivevo nell'ipotesi che il movimento femminista avesse ottenuto qualcosa, invece niente". "La verità - continua l'astrofisica - è che sui temi della parità di genere dovremmo 'copiare' la Coca-Cola: non smette mai di fare marketing ed i loro guru della pubblica dicono sempre che 'è vero che la Coca-Cola è conosciuta in tutto il mondo ma se smettessimo di fare spot i consumatori ci dimenticherebbero. E questo vale anche per le lotte di genere, le lotte per una vera parità di genere. Insomma un corteo è come fare uno spot: è evidente invece che dobbiamo battere sul tema ogni giorno, ancora e ancora".

L'operaia

"La vicenda di Giulia è stata una scossa forte ma qualcosa si stava già muovendo anche a livello delle istituzioni locali. Bisognerebbe però lavorare di più sulla cultura, intervenire a livello di scuola: insegnare che si può lavorare a braccetto uomo-donna ma sempre con rispetto. Ma bisognerebbe iniziare sradicando del tutto questa concezione anche un pò impalpabile per cui l'uomo può aspirare a fare l'astronauta e la donna no perchè fa i figli. Una forma di pressione che aleggia anche nelle fabbriche più rispettose, come la mia, dove restano sempre poche le donne che sono a capo o quelle inserite nella manutenzione oppure quelle che trovano spazio a livello di quadri amministrativi...c'è sempre velata, latente, questa sorta di preconcetto legato al fatto che a un certo punto la donna si deve assentare per i figli. Quasi che si debba scegliere tra carriera e maternità", sottolinea Miriam, operaia alla Stellantis di Val di Sangro in Abruzzo, due figlie di cui l'ultima di 4 anni, conversando con l'Adnkronos. "Eppure quando poi ci assentiamo, a qualsiasi livello, l'azienda il peso lo sente eccome: per questo la parità passa anche da un aiuto vero alla famiglia, di un sostegno soprattutto da un governo che dice di essere a favore della famiglia".

La dirigente

"Questo 25 novembre ci lascia due consapevolezze. La prima è quanto sia ancora necessario un impegno ampio, vero e diffuso per ridurre il fenomeno allarmante delle violenze. La seconda è che altrettanta dedizione ed attenzione dovrà essere messa nel mondo del lavoro per contrastare le discriminazioni e gli ostacoli che pregiudicano la partecipazione paritaria delle donne al lavoro, circostanza che ancora caratterizza il nostro Paese. Abbiamo assistito in queste settimane forse a un risveglio collettivo di coscienze. Adesso non dobbiamo disperdere questa attenzione, ma renderla concreta. Se davvero vogliamo raggiungere una democrazia paritaria, dobbiamo prima di tutto investire nelle infrastrutture sociali ed educative, a cominciare dagli asili nido e dall'assistenza degli anziani. La cura dell'essere umano è il primo passo per alleggerire le donne e permettergli di realizzarsi a pieno", dice ad Adnkronos/Labitalia Antonella Giachetti, presidente nazionale dell’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda.

"Serve poi una formazione anche economica e finanziaria, che consenta alle donne di essere autonome e di avviare percorsi di attività economiche anche in modo indipendente. Oggi più che mai abbiamo bisogno della componente femminile, della sua visione di resilienza e creatività anche in ambito economico. Ma prima ancora, la nostra società necessità di un cambio culturale, che metta al centro il valore sacro di ogni singola vita. Solo così possiamo prevenire ogni violenza e conflitto", aggiunge.

La donna medico

La violenza di genere coinvolge le donne medico tre volte: "In primo luogo come professioniste che assistono e curano le vittime, in secondo luogo per il rischio di aggressioni ai sanitari che nel 70% colpiscono proprio le donne, e infine nelle dinamiche di lavoro per i diritti non rispettati e gli ostacoli alla carriera rispetto ai colleghi maschi: siamo la maggioranza degli operatori sanitari e la minoranza nei posti di comando", illustra all'Adnkronos Salute Chiara Rivetti, segretaria regionale Anaao Assomed Piemonte e medico internista.

Da medico, ribadisce Rivetti, "i punti di vista sul tema sono diversi. Attraverso l'assistenza e la cura delle vittime si ha una consapevolezza diretta della frequenza, della dimensione e dell'importanza del fenomeno che, nella metà dei casi, evidenzia violenze che si consumano dentro la famiglia. Abbiamo la percezione precisa dell'urgenza che serve fare subito qualche cosa". Come lavoratrici, invece, "credo che il successo della manifestazione sia servito a non far sentire sola nessuna di noi: ormai è chiaro che siamo in tante a vivere un ambiente di lavoro in cui esiste il rischio di violenza psicologica o fisica. E che possiamo sostenerci a vicenda", aggiunge Rivetti, ricordando che sul lavoro"ci sono aggressioni che non sempre riusciamo a riconoscere, come i diritti negati. E anche in questo caso credo che la manifestazione ci abbia aiutato a cambiare sguardo, a porsi la domanda fondamentale: ma il mio primario, rispetto a una mia richiesta, avrebbe dato la stessa risposta se fossi stata un uomo? Una domanda che troppe volte non ci siamo fatte a fronte di un avanzamento di carriera mancato, per esempio".

In sanità, inoltre, come dimostra la cronaca, "siamo a rischio anche di aggressioni da parte dei pazienti, in particolare in aree come i pronto soccorso. In 7 casi su 10 sono colpite proprio le donne. E credo che anche qui una delle prime domande è sempre: se la collega aggredita fosse stata un uomo, sarebbe successo lo stesso? In molti casi - osserva Rivetti - la risposta è negativa. Penso che ora, dopo questa mobilitazione, mai vista prima con questi numeri, siamo più consapevoli che molte delle nostre problematiche lavorative sono anche legate al genere. Il dato positivo è che ci sentiamo meno isolate".

L'infermiera

"Come professioni infermieristiche siamo sempre più coinvolti sul tema della violenza sulle donne. Siamo quelli che facciamo front office in Pronto soccorso, le braccia che accolgono le donne che arrivano in ambulanza o con le proprie gambe. Come siamo in prima linea quando si parla di aggressione ai nostri danni da parte di pazienti o familiari in attesa in Pronto soccorso", dice, all'Adnkronos Salute, Natascia Mazzitelli, segretario del Consiglio direttivo dell'Ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Roma, che sabato ha partecipato all'inaugurazione di una panchina rossa nel cuore del commissariato Casilino con una dedica a Giulia Cecchettin e a tutte le vittime di femminicidio e violenza di genere. "Per questo, con forza, non vogliamo che si dimentichi la grande manifestazioni di sabato al Ciro Massimo che deve farci da guida affinché quello che è accaduto a Giulia Cecchettin non si verifichi mai più", rimarca. "La panchina rossa è un simbolo - prosegue - per promuovere la cultura del rispetto". Sul tema del riconoscimento professionale delle donne, la segretaria Opi di Roma aggiunge che "da questo punto di vista sono stati fatti enormi passi in avanti, il 70% degli infermieri è donna ma ci sono colleghi maschi bravissimi. Certo, è chiaro che quando una assistita anziana si vede arrivare un infermiere e non una infermiera - conclude - ancora fa fatica ad accettarlo, ma questo fa parte del lavoro e comunque c'è oggi una grande integrazione di genere nel nostro".

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Economia

Adr, Troncone: “Urgente avvio lavori per espansione...

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L'ad: "Pronti investimenti per altri 9 miliardi per aumentare capienza, scalo chiude 2024 a 50 milioni passeggeri"

Aeroporto di Fiumicino - Fotogramma

L'"espansione" per l'aeroporto di Fiumicino, che chiuderà il 2024 sfiorando i 50 milioni di passeggeri, "è già una priorità", in relazione alla forte crescita del traffico soprattutto intercontinentale di lungo raggio di Ita e degli altri vettori. Emblematico anche il dato delle festività natalizie: al Leonardo da Vinci sono previsti 1,5 milioni di passeggeri dal 20 al 31 dicembre e in breve tempo la capienza dello scalo sarà ai limiti. E' il messaggio dell'amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone, che al 'Corriere della Sera', indica per lo scalo, "forte" di questi numeri, le sfide imminenti, come quella dei flussi di arrivi per il Giubileo, e le prospettive di crescita e di sviluppo nel futuro con una spinta ai piani di espansione mantenendo anche il timone della sostenibilità acustica.

Il riferimento è al piano di investimenti privati da 9 miliardi per l’aeroporto della Capitale, il cui iter di approvazione è in corso dal 2021 e ancora non concluso. Troncone, per evitare la "congestione", indica per Fiumicino il limite di 60 milioni di passeggeri: "Oggi siamo dentro i limiti ma l’espansione è già inevitabile - afferma - viste le previsioni rischiamo di arrivare tardi e avere periodi di sofferenza se non ci diamo una mossa. Se vogliamo far lavorare bene Fiumicino come un hub per l’Italia ed il bacino del Mediterraneo, e quindi puntando sulle ondate di connessione, in particolare verso i mercati strategici, nella prima parte della giornata verso il Nord America e nella parte finale della giornata verso il Sud America e l'Asia, dobbiamo farlo da subito".

"Lufthansa - aggiunge il ceo di Adr - ha delle aspettative dall'aeroporto anche in termini di quantità, oltre che di qualità". Le prospettive migliori per Fiumicino dal matrimonio Ita-Lufthansa derivano, per l’ad, dal Nord America "dove potrebbero aggiungere destinazioni anche utilizzando United Airlines". "Prevediamo un rafforzamento sul Sudamerica (Brasile e Argentina) e Messico. Sull'Africa si potrebbe intensificare la connettività con il Nord e sicuramente puntare di più sulla parte sub-sahariana", conclude Troncone.

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Economia

Usa, anche Panama nel mirino di Trump: “Potremmo...

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Dopo il Canada, definito il 51° Stato americano, il presidente eletto attacca anche le tariffe imposte alle navi Usa

Festa per la vittoria di Trump - Afp

Dopo il Canada, che ha bollato di recente come il 51mo stato degli Usa, ora Donald Trump prende di mira anche Panama, attaccando le "ridicole" tariffe di transito imposte alle navi americane che utilizzano il Canale e minacciando la ripresa in mano agli Stati Uniti del controllo della rotta di navigazione. In un post sul suo social Truth ha suggerito che la Cina abbia una crescente influenza sul canale, che è tuttavia una rotta marittima chiave per gli scambi delle imprese americane tra Atlantico e Pacifico e per gli interessi di Washington.

La minaccia di Trump

"La nostra marina e il nostro commercio sono trattati in modo particolarmente ingiusto. Le tariffe (di transito) che Panama pretende sono ridicole", ha scritto il presidente eletto. "Questa + truffa + totale contro il nostro Paese finirà immediatamente", ha promesso. Il controllo del Canale di Panama, completato dagli Stati Uniti nel 1914, è stato interamente restituito al paese centroamericano nel 1999, in base a un accordo firmato dal presidente democratico Jimmy Carter nel 1977. “Spettava solo a Panama gestirlo, non alla Cina o a nessun altro”, ha scritto trump. “Non permetteremmo MAI che cada nelle mani sbagliate!” Se Panama non sarà in grado di garantire "il funzionamento sicuro, efficiente e affidabile" di questa rotta marittima, "chiederemo allora che il Canale di Panama ci venga restituito, per intero e senza domande", ha dichiarato Donald Trump. Le autorità panamensi non hanno reagito immediatamente alla pubblicazione di Donald Trump.

Il Canale di Panama

Secondo le stime, circa il 5% del traffico marittimo mondiale passa attraverso il canale, che consente alle navi che viaggiano soprattutto tra l'Asia e la costa orientale degli Stati Uniti di evitare una lunga deviazione attraverso la punta meridionale dell'America meridionale.

L'intensificarsi degli scambi e i pericoli rappresentati da altre rotte hanno tuttavia creato un 'ingorgo' agli imbocchi del Canale, con navi costrette ad attendere diversi giorni il proprio turno per attraversare la struttura e - in alcuni casi - vere e proprie aste per assicurarsi un passaggio anticipato. A ottobre l'Autorità del Canale di Panama ha annunciato di aver registrato nell'ultimo anno fiscale un fatturato di quasi cinque miliardi di dollari (+1%), confermando la struttura come un elemento fondamentale del Pil nazionale.

Il risultato è tanto più significativo in quanto - a causa della siccità nella regione che ha limitato le possibilità di transito - il numero di navi che hanno attraversato il Canale è sceso a 9.944 unità (-21% sui dodici mesi precedenti. Per l'esercizio in corso, invece, è previsto un ritorno alla normalità, con un totale di navi in transito stimato intorno a 12.500 unità e ulteriore conseguente aumento dei ricavi a 5,62 miliardi di dollari.

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Economia

Nespresso, progetto ‘Da chicco a chicco’: per...

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Quest’anno il progetto si amplia ulteriormente includendo anche le Cucine mobili di Fondazione Progetto Arca che nella città di Torino distribuiranno, a partire dal 18 dicembre, piatti di riso caldo direttamente sulle strade.

Nespresso, progetto 'Da chicco a chicco': per Torino 100.000 piatti riso donati

Un chicco di caffè che può trasformarsi in un chicco di riso per chi ne ha bisogno con il supporto di Banco Alimentare del Piemonte e Fondazione Progetto Arca con il progetto Cucine Mobili a Torino. Tutto grazie all’impegno di chi sceglie di riciclare le capsule di caffè in alluminio di Nespresso, che dal 2011 ha attivato il progetto “Da Chicco a Chicco” per consentire di rigenerare i due materiali di cui sono composte le capsule, alluminio e caffè, e sopperire a una dinamica di riciclo che non consente alle capsule di essere conferite nella raccolta differenziata, nonché di essere rilevate dagli impianti di riciclo in Italia perché piccole e leggere come altri oggetti in alluminio.

È infatti dal recupero dei due materiali, alluminio e caffè, questo poi usato per il fare compost per la coltivazione di riso, che nascono gli oltre 90 quintali di riso (circa 100.000 piatti) donati quest’anno a Banco Alimentare del Piemonte, beneficiario del progetto di economia circolare dal 2022, a cui partecipano i clienti Nespresso, che possono riportare le capsule esauste presso le Boutique e le isole ecologiche partner, in Piemonte e in tutta Italia. Una collaborazione che unisce solidarietà e circolarità e che in 2 anni ha consentito di raggiungere circa 300.000 piatti di riso distribuiti in Piemonte.

Quest’anno il progetto si amplia ulteriormente includendo anche le Cucine mobili di Fondazione Progetto Arca che nella città di Torino distribuiranno, a partire dal 18 dicembre, piatti di riso caldo direttamente sulle strade. Nato a Milano durante la pandemia per rispondere alla chiusura obbligata delle mense per i poveri e per garantire cibo sano e adeguato a chi non può permetterselo, il servizio di Cucine mobili è attivo a Torino dal 2022 ed entra a far parte del progetto “Da Chicco a Chicco” di Nespresso anche nelle città di Milano, Roma e Bari.

Un primo aiuto molto importante perché, oltre a fornire un piatto caldo e nutriente, è funzionale a creare un rapporto di fiducia e ad accorciare le distanze tra chi è in difficoltà e chi può fornire supporto, ponendo le basi per un percorso di reintegrazione sociale. Allestita su un food-truck attrezzato con fornelli, forno e bollitori, la Cucina mobile a Torino serve circa 130 pasti caldi ogni sera per 5 giorni alla settimana, all’interno dei quali si inserirà una volta la settimana anche il riso prodotto dalle capsule di caffè.

Una produzione totale che quest’anno conta oltre 100.000 chili di riso, distribuiti a persone, famiglie e associazioni in 5 regioni italiane grazie alle sedi regionali di Banco Alimentare in Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia-Romagna e alle Cucine mobili di Progetto Arca. Grazie a un incremento, anno dopo anno, delle associazioni coinvolte nel progetto, in questi 13 anni “Da Chicco a Chicco” ha rappresentato un supporto concreto per oltre 500.000 persone in difficoltà, ogni anno, sul territorio italiano, attraverso la donazione di riso a più di 2.500 strutture caritative tra case di accoglienza e mense, oltre a consegne dedicate e pacchi solidali.

Attraverso “Da Chicco a Chicco” Nespresso dal 2011 promuove e consente la raccolta e il riciclo delle capsule di caffè in alluminio esauste, con l’obiettivo di riportare a nuova vita i due materiali di cui sono composte, e facendo in modo che possano trasformarsi in una risorsa non solo per l’ambiente, ma anche per la comunità, con un impatto concreto sul territorio e le persone. Grazie a una collaborazione sancita da un protocollo di intesa con CIAL, Utilitalia e CIC (Consorzio italiano Compostatori), “Da Chicco a Chicco” permette infatti ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nelle Boutique Nespresso o in isole ecologiche partner in tutta Italia, per un totale di oltre 200 punti di raccolta in più di 100 città italiane.

Una volta raccolte le capsule esauste vengono trattate affinché i due materiali che le compongono vengano separati e avviati a riciclo: l’alluminio viene fuso e trasformato in nuovi oggetti, come penne, biciclette o coltellini, mentre il caffè può diventare compost per fertilizzare il terreno di una risaia italiana, da cui nasce il riso che Nespresso riacquista e dona al Banco Alimentare e, da quest’anno, a Fondazione Progetto Arca. Un progetto di economia circolare che ha permesso in 13 anni di donare oltre 6.600 quintali di riso, l’equivalente di oltre 7 milioni di piatti (1 piatto = 90gr).

“Attraverso il programma Da Chicco a Chicco, ci impegniamo a trasformare gli sforzi di tutte le persone che riconsegnano le capsule esauste in un aiuto concreto per il territorio, ha dichiarato Silvia Totaro, Responsabile Sostenibilità di Nespresso Italiana. Quest'anno, l’ampliamento del progetto al servizio Cucine Mobili di Progetto Arca a Torino, oltre al Banco Alimentare del Piemonte, partner del progetto dal 2022, ci permette di raggiungere ancora più persone con un aiuto concreto, unendo economia circolare e sostegno sociale.

A partire dalla serata del 18 dicembre, contemporaneamente in 4 città, Milano, Roma, Torino e Bari le Cucine mobili di Progetto Arca distribuiranno i piatti di riso caldo alle persone in strada, con la possibilità di raggiungere nel corso di tutto il 2025 oltre 60.000 piatti distribuiti alle persone che usufruiscono di questo servizio diventato parte strutturale della presenza in strada con oltre 6.300 pranzi, cene e prime colazioni servite ogni settimana dai volontari.

“A Torino siamo presenti ogni sera con i nostri volontari per portare in strada con la Cucina mobile un sostegno alimentare completo, accurato nella preparazione e continuo nella distribuzione. Da oggi, grazie alla donazione di Nespresso, le persone che si rivolgono a noi vedranno un nuovo piatto inserito nel menù, gustoso e versatile, che si adatta bene a tutte le esigenze alimentari, sia per cultura che per dieta. Una novità concreta per continuare a essere al fianco delle persone fragili ogni giorno” ha dichiarato Alberto Sinigallia, presidente Fondazione Progetto Arca

Un sentito grazie a Nespresso per il prezioso sostegno alla nostra attività, con il progetto da Chicco a Chicco, che ci permette di donare riso a 100 Organizzazioni Partner del Piemonte, che aiutano insieme a noi, le persone in difficoltà alimentare. Questo riso raggiungerà famiglie, anziani soli, persone senza fissa dimora e tanti bambini in situazioni di disagio. Le tipologie di associazioni che beneficeranno di questa iniziativa sono Strutture Caritative, Centri di accoglienza, Mense per persone indigenti, Comunità per minori e famiglie in difficoltà, ha dichiarato Salvatore Collarino, Presidente del Banco Alimentare del Piemonte. Grazie a da Chicco a Chicco, nel solo ultimo anno siamo riusciti a distribuire quasi 1.000 kg di riso a chi ha bisogno. Il riso è un alimento fondamentale: è nutriente, versatile e adatto a tutte le età, oltre a rappresentare un pilastro della nostra tradizione alimentare. Con questa iniziativa, anche insieme a Nespresso, non portiamo solo cibo, ma un aiuto concreto e tangibile a chi affronta difficoltà ogni giorno.

I dati sulle donazioni di riso si sommano a quelli relativi al riciclo delle capsule Nespresso che, nel primo semestre del 2024, hanno segnato un +8% a livello nazionale rispetto allo stesso periodo del 2023, consentendo di rimettere in circolo oltre 600 tonnellate di caffè e più di 55 tonnellate di alluminio, entrambe risorse pronte per essere riutilizzate. Una tendenza positiva riscontrata anche in Piemonte con oltre 43 tonnellate di caffè e 4 di alluminio rimessi in circolo. “Da Chicco a Chicco” è parte del programma “Nespresso per l’Italia” che racchiude progetti e iniziative per un impatto positivo e concreto sul territorio italiano, a favore non solo dell’ambiente ma anche delle persone e delle comunità.

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