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Chirurgia, Brausi (Cic): “spesa più bassa di media Ue ma si può spendere meglio”
Il presidente dei chirurghi, 'migliori risultati con organizzazione e analisi costo-beneficio'
Rispetto agli altri Paesi europei, l'Italia spende "meno di come dovrebbe". Ma "spendendo meglio", con modelli organizzativi adeguati, "sfruttando la rete dei centri", tenendo presente, "in ogni caso clinico, il rapporto costo-beneficio, si potrebbero ottenere migliori risultati per il paziente a costi minori". Così Maurizio Brausi, presidente del Collegio italiano dei chirurghi (Cic), all'Adnkronos Salute sintetizza i contenuti della sessione dedicata ai cambiamenti in chirurgia che ha moderato al Forum Sanità che si è appena concluso ad Arezzo.
"La spesa sanitaria in chirurgia - spiega - con 2.609 euro pro capite all'anno, è ben più bassa dei 3.269 euro della media europea. Anche il rapporto rispetto al Pil è dell'8,6% contro il 10,9% della media Ue". Con questi valori, "l'Italia è al 13esimo posto nella graduatoria dei Paesi Ue per spesa pro capite: sotto a Repubblica Ceca e Malta, e molto distante dalla Francia che spende 3.807 euro, e della Germania che spende 4.831 euro pro capite all'anno. E le previsioni per il 2024-26 non sono molto rosee. Da studi Gimbe emerge che ci sarà un definanziamento del -1,3% nel 2024". Una delle situazioni più critiche "è il numero i medici e infermieri". Non solo "il numero dei chirurghi va riducendosi - osserva Brausi - anche la formazione dei nostri chirurghi non è congrua. Deve essere modernizzata. In questo Forum si è richiesto alla sanità di indire dei fellowship, dopo la specialità, cioè dei periodi di perfezionamento di 2 anni dopo la specialità che ogni chirurgo potrebbe fare nell'area d'interesse". Un altro punto critico riguarda i contenziosi medico-legali: "Le denunce da parte dei pazienti che subiscono l'atto chirurgico sono le più alte d'Europa - rimarca il presidente Cic - Nel 90% dei casi finiscono in un nulla di fatto, ma hanno implicazioni importantissime sia dal punto di vista economico che psicologico sul professionista che si trova coinvolto in queste situazioni". Funzionano come "un deterrente per chi vuole intraprendere la specialità chirurgica".
Al ministro della Salute Orazio Schillaci, "che abbiamo incontrato, abbiamo portato anche delle proposte", prosegue Brausi. A fronte dei finanziamenti scarsi, proponiamo di "usare i fondi a disposizione in modo più congruo. La prima cosa da fare - elenca il numero uno del Cic - è lavorare con le Regioni e insieme. Non è più possibile che gli istituti e le direzioni decidano e che i chirurghi eseguano pedissequamente. Deve esserci una decisione condivisa. Ci sono cose che i legislatori e le Regioni possono fare, come per esempio prevedere l'accorpamento delle chirurgie, ove possibile, per ridurre il numerino di medici e infermieri richiesti, e quindi dei costi. Poi è bene utilizzare la rete. Nel caso di Modena, che conosco direttamente, con 7 urologie (2 hub e 5 spoke), considerando i piccoli centri che afferiscono ai grossi, si è ridotta la necessità di personale, dei costi, ma anche delle liste d'attesa chirurgiche, cosa molto importante".
Un altro punto su cui agire è la presa in carico dei casi chirurgici in modo multidisciplinari (Mdt, Multidisciplinary Team). "Questo vale soprattutto per i casi oncologici - sottolinea Brausi - E' necessario che il chirurgo discuta il caso con l'oncologo, il radioterapiesta, il radiologo e il patologo perché, come dimostrato, agendo in questo modo si eseguono meno esami e si ottengono, a costi inferiori, risultati migliori. Si tratta quindi di agire sui Pdta, i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali".
All'incontro si è parlato anche della diffusione della tecnologia. "Le nuove tecnologie riducono i tempi operatori e determinano un avanzamento nel nostro lavoro, ma bisogna che siano sostenibili - ribadisce il presidente Cic - Il robot, per esempio, deve eseguire almeno 250-300 casi all'anno. E' quindi consigliabile che il legislatore preveda, per i robot che non arrivano" a questo numero di prestazioni, "che lavorino su piattaforma e siano impiegati su più specialità, invece che su una sola. Anche il loro acquisto dovrebbe essere fatto in base al numero degli abitanti". Non si deve poi dimenticare che "con la robotica il numero di chirurghi in sala operatoria può essere non più di 2, così come gli infermieri".
Infine, "per i ridurre i costi della chirurgia vera e propria - indica ancora Brausi - si devono ottimizzare i tempi di sala operatoria e di degenza, con il paziente che entri il giorno prima ed esca il giorno dopo l'intervento, incidendo sui costi di degenza che possono essere intorno ai mille euro al giorno. Abbiamo poi altre tecnologie, come le suturatrici meccaniche, apparecchiature per la coagulazione e dissezione, stent, protesi ortopediche, valvole cardiache. Il suggerimento è di avere dei meeting tra i chirurghi, a livello regionale, in modo che il legislatore decida uno o due tipi di device da acquistare con una gara di area vasta. Questo - conclude - comporterebbe dei costi inferiori".
Salute e Benessere
Influenza, Unità mobile di Fondazione Consulcesi e Fimmg...
Medici in aiuto a migliaia di persone per attività di counseling e somministrare vaccini
Mentre si sta raggiungendo il picco dell'influenza, migliaia di persone, solo a Roma, devono affrontare la malattia senza un posto caldo in cui stare e senza le adeguate cure mediche. Un esercito invisibile di vulnerabili costretti a vivere per strada al freddo e ad affrontare l'influenza e gli altri virus respiratori stagionali, dai parainfluenzali, al respiratorio sinciziale (Rsv), al Covid-19, responsabili di infezioni respiratorie anche gravi, fino alla polmonite. In questo delicato contesto, Fondazione Consulcesi è in campo attraverso l'Unità mobile salute e inclusione, una risorsa fondamentale per garantire assistenza medica e promuovere la prevenzione vaccinale. Grazie al progetto VacciNet, promosso dalla Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg) Lazio e Regione Lazio, i medici dell'Unità mobile - spiega una nota - hanno avviato un'importante attività di counseling e somministrazione vaccinale per estendere la campagna vaccinale tra le fasce più vulnerabili della popolazione che spesso hanno difficoltà ad accedere al servizio.
"Diventa molto importante, specialmente in queste settimane, potenziare e associare l'attività di prevenzione alla consueta attività di diagnosi e cura - afferma Alessandro Falcione, medico e coordinatore dell'Unità mobile salute ed inclusione della Fondazione Consulcesi - Per tutti, ma ancor di più per i più fragili, il vaccino antinfluenzale rappresenta la soluzione più sicura ed efficace per ridurre l'incidenza di forme severe e complicazioni ed evitare quindi conseguenze molto serie, dal ricovero ospedaliero ai rari, ma purtroppo possibili, esiti fatali. Oggi, per molti dei nostri assistiti dell'Unità mobile, l'influenza rappresenta un pericolo molto grande. Parliamo di una popolazione fragile, con scarso accesso ai servizi sanitari, difficoltà nel monitoraggio delle proprie condizioni cliniche e ridotto accesso ai farmaci in fascia C, quelli a pagamento. Ricordiamoci che il virus influenzale può provocare, direttamente o indirettamente, anche la polmonite".
L'emergenza "colpisce le fasce più vulnerabili della popolazione - osserva Simone Colombati, presidente della Fondazione Consulcesi - e cresce ogni giorno di più. Per questo, per il 2025, abbiamo in programma di aumentare il numero di piazze raggiunte e di intensificare l'attività preventiva che svolgiamo insieme alla Fimmg Lazio".
Nel corso del 2024, l'Unità mobile della Fondazione ha già erogato oltre 3.500 interventi gratuiti, raggiungendo 2.300 persone vulnerabili in tre punti strategici della capitale: Piazza SS. Apostoli, Piazzale dei Partigiani e Stazione Tuscolana. Tra le attività principali ci sono oltre 3mila visite mediche generali, altrettante prescrizioni e consegne di farmaci da banco o integratori, circa 600 orientamenti socio-sanitari e più di 100 medicazioni.
"La campagna di vaccinazione contro l'influenza, particolarmente importante in un inverno caratterizzato da un aumento dei casi di virus respiratori - aggiunge Colombati - rappresenta una risposta concreta e immediata per tutelare la salute delle persone più esposte. Attraverso questa iniziativa, la Fondazione Consulcesi ribadisce il suo ruolo centrale nell'assistenza sanitaria inclusiva, garantendo non solo cure mediche, ma anche un sostegno educativo che possa rafforzare la consapevolezza sull'importanza della prevenzione". Per ulteriori informazioni e per sostenere le attività, è possibile visitare il sito 'Fondazione Consulcesi'.
Salute e Benessere
Batterie ‘killer’ per bambini, 68 decessi negli...
In Italia 3 morti negli ultimi anni per ingestione del tipo a bottone
Non c'è oggetto più pericoloso da ingerire per un bambino di una batteria. A ricordarlo, dopo che in Toscana sono saliti a quattro in due mesi i casi di bambini ricoverati proprio per questo motivo, è Filippo Torroni, responsabile dell' Endoscopia d'urgenza dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. "L'oggetto più pericoloso da mettere in bocca per un bimbo, soprattutto quelle a bottone. Nel mondo - ha spiegato all'Adnkronos Salute - si contano 68 decessi negli ultimi 20 anni causati dalle batterie, il dato italiano è di tre decessi negli ultimi 15-20 anni. Ma da noi al Bambino Gesù arrivano 2-3 casi al mese, fortunatamente non gravi. Le batterie a bottone o dischetto, soprattuto le Cr2032 sono quelle 'killer' in caso di ingestione perché erogano una scarica elettrica di altissimo voltaggio, pari a 3 V, che è qualcosa che crea un danno nelle strutture biologiche dei tessuti e ha una pericolosità nel perforare un organo e farlo sanguinare, o creando fistole anche aortiche, con il rischio che il bambino muoia dissanguato".
Cosa fare se un bambino ingerisce una batteria
"Quando un genitore si accorge dell'ingestione di una batteria deve dare al piccolo del miele che congloba e avviluppa il corpo estraneo riducendo l'erogazione di elettricità e quindi il danno - suggerisce l'esperto - poi va portato al pronto soccorso entro le due ore, che è il tempo in cui la pila si 'squaglia' e crea i danni maggiori".
Nella pancia dei bambini gli endoscopisti d'urgenza, oltre alle pile, spesso trovano "ami, spille, spilloni, chiavi, anche una lampadina, ed è capitato di dover estrarre una pendrive che il papà ingegnere non trovava più. Ma le pile a bottone restano gli oggetti più pericolosi che un bambino può ingoiare", precisa Torroni. "L'età a rischio è 1-5 anni, con un picco a 2 anni quando il bambino si interfaccia con gli oggetti, ovvero è la 'fase orale'. L'organo bersaglio più critico è l'esofago, ma lì vicino ci sono il cuore e i polmoni, l'endoscopista lo deve tenere bene a mente e procedere ad una estrazione di urgenza".
I segnali d'allarme a cui il genitore deve prestare attenzione? "Se il piccolo ha disfagia, tosse e dolore toracico, ma può capitare di vomitare sangue - risponde l'esperto - Dipende anche dalle fattezze e lunghezze. Oggetti con una lunghezza maggiore di 6 cm non passeranno mai in strutture come il duodeno". Quando il bambino arriva al pronto soccorso "viene preso in carico dal pediatra, viene eseguito un Rx collo-torace-addome per individuare il corpo estraneo - illustra il medico - le fattezze e la localizzazione, poi veniamo chiamati noi e portiamo il bambino in sala operatoria previa effettuazione di una Tac per vedere se la batteria ha causato danni extra-esofagei. Viene eseguita una anestesia generale con intubazione oro-tracheale e si procede con endoscopi flessibili, e altri device come le pinze, ad estrarre la pila in sicurezza".
Salute e Benessere
Morti cardiache improvvise, medici Italia-Uk a confronto...
Il 28 gennaio a Londra un simposio organizzato da Ambasciata d'Italia e Federazione medico sportiva italiana
Cardiologi e medici sportivi italiani e britannici a confronto sui programmi di screening del rischio di morte cardiaca improvvisa nei giovani atleti. E' il tema al centro del simposio 'Italy and UK pre-participation screening programme from elite to amateur: a common effort to prevent sudden cardiac death in the young', in programma martedì 28 gennaio presso l'Ambasciata d'Italia a Londra. L'evento è co-organizzato dall'Ambasciata e dalla Federazione medico sportiva italiana (Fmsi), con la diretta collaborazione di Lord Polak, membro della Camera dei Lords.
"Questo evento testimonia il valore riconosciuto in tutto il mondo del modello italiano di medicina dello sport", afferma l'onorevole Maurizio Casasco, presidente Fmsi. "Le leggi nazionali e i protocolli scientifici della Federazione medico sportiva italiana, unica società scientifica di medicina dello sport in Italia - sottolinea - hanno consentito la straordinaria riduzione delle morti improvvise da sport nel nostro Paese rispetto al resto del mondo, in un rapporto di 1 a 1 milione e mezzo versus 1 a 100mila. La certificazione di idoneità alla pratica sportiva - continua Casasco - ha un grande valore in chiave di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, sia nella lotta alle principali patologie non trasmissibili (cardiovascolari, neurodegenerative, oncologiche, metaboliche, etc.), sia perché permette di individuare potenziali fattori di rischio o patologie minori, con evidenti benefici per lo stato di salute e la qualità della vita del singolo e conseguente risparmio per il Servizio sanitario nazionale e il sistema assicurativo".
Il simposio inizierà alle 9 con la registrazione dei partecipanti, per poi entrare nel vivo dei lavori dalle 9.30 alle 12.30, compresa una sessione finale di domande e risposte. L'evento si inserisce nel quadro del Memorandum of Understanding di collaborazione bilaterale sottoscritto da Italia e Regno Unito nel 2023, che incoraggia il dialogo tra personale medico dei due Paesi. "Sono orgoglioso che l'Ambasciata d'Italia ospiti il simposio e abbia attivamente contribuito a organizzarlo, grazie al fattivo sostegno della Fmsi e del suo presidente, l'onorevole professor Maurizio Casasco. Sono infatti certo che il modello italiano di screening possa essere di grande interesse per il sistema sanitario britannico", dichiara l'ambasciatore Inigo Lambertini.