Sostenibilità
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Università, Polimeni (Sapienza Università di Roma): “Puntare ad offerta formativa contaminata da più saperi”
Così la rettrice dell'ateneo romano all’evento 'Le nuove sfide della sostenibilità', a cura di Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos
Un'offerta formativa che punti al concetto di transdisciplinarità, inteso come contaminazione dei saperi. Ne ha parlato Antonella Polimeni, rettrice Università Sapienza di Roma, all’evento 'Le nuove sfide della sostenibilità', a cura di Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos
Rispetto alle nuove competenze, ha spiegato, "la realtà è che rispetto a quanto fino a qualche anno fa immaginavamo, se noi ci proiettiamo da qui a dieci anni, probabilmente ci troveremo di fronte alla necessità di professionalità e mestieri che oggi non esistono. Il contributo che porto in questa sede è ovviamente il contributo di un'istituzione che è deputata, come tutto il nostro sistema universitario nazionale, all'elaborazione di un'offerta formativa che deve avere, e questa è la prima parola chiave che dobbiamo lanciare come un hashtag, il concetto pervasivo della transdisciplinarità: 'trans'", inteso come "contaminazione" dei saperi "che deve essere sempre più osmotica".
"Esistono dei saperi e dei corsi di laurea di formazione più tradizionale che noi dobbiamo tenere come zoccolo duro, ma dobbiamo proiettarci nel futuro immaginando una formazione contaminata da più saperi. Un esempio: Sapienza ha attivato due anni fa un corso di laurea in intelligenza artificiale e filosofia, rappresentazione plastica di come le materie cosiddette Stem e le Humanities devono poter andare insieme", continua.
Polimeni ricorda come "in questo processo di innovazione dell'offerta formativa", sia "fondamentale l'attività dell'orientamento in entrata e quindi come ci debba essere un lavoro molto più rafforzato di affiancamento con gli studenti delle scuole medie superiori. Non bastano le kermesse di presentazione dell'offerta formativa, gli open day. Serve un lavoro costante che inizia dalle scuole medie inferiori per l'orientamento soprattutto delle ragazze per i corsi di laurea dell'area Stem ma che continua poi per tutto il periodo del liceo perché noi abbiamo, non solo la necessità di aumentare e differenziare le competenze, ma anche di aumentare il numero dei laureati, numero che non fa onore al nostro Paese".
"Noi dobbiamo riuscire a intercettare anche tutta quella popolazione giovanile che non si iscriverebbe mai all'università. Dobbiamo far passare il concetto che studiare è cosa buona e giusta, non solo perché i report dimostrano che ci sono delle differenze tra chi si laurea e chi non si laurea sul tasso di occupazione e sui salari, ma che studiare fa bene perché allunga anche la vita", conclude.
Sostenibilità
Imprese, studio Teha con Philip Morris: investire in...
Presentato oggi nell’ambito della 50esima edizione del Forum di The European House – Ambrosetti
Nel mondo è in corso una vera e propria rivoluzione industriale data dall’integrazione pervasiva delle tecnologie digitali in azienda, che oggi accelera ulteriormente grazie all’intelligenza artificiale. Questa centralità di tecnologia e innovazione rende necessario sviluppare un nuovo paradigma nella relazione tra uomo e tecnologia: la società 5.0, dove la tecnologia non è più un qualcosa che sostituisce, ma diventa un abilitatore di nuovi modelli di cittadinanza e lavoro che vedano l’individuo al centro. In questo contesto, la chiave per la competitività è l’innovazione, che è a sua volta alimentata dalle competenze. È questo il principio che ha guidato la realizzazione dello Studio “Italia 5.0: le competenze del futuro per lo sviluppo dell’innovazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale in Italia e in Ue”, elaborato da Teha Group in collaborazione con Philip Morris Italia, presentato oggi nell’ambito della 50esima edizione del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Massimo Andolina (Presidente Regione Europea, Philip Morris International), Marco Hannappel (Presidente e Amministratore Delegato, Philip Morris Italia – Vp South West Europe Cluster) e l’Advisor scientifico e portavoce dell’iniziativa Giorgio Metta (Direttore Scientifico, Istituto Italiano di Tecnologia).
La ricerca si è posta l’obiettivo di definire gli elementi per un New Deal delle competenze per trasformare il nostro Paese in un’Italia 5.0 – in grado di cogliere da protagonista tutti i benefici derivanti da innovazione, digitalizzazione e nuove tecnologie – che rappresenti anche un modello da esportare a livello europeo. Lo studio ha fatto leva su un’ampia attività di stakeholder engagement, che ha visto la partecipazione di oltre 10 vertici di imprese, delle istituzioni e delle associazioni di categoria in interviste riservate, nonché il coinvolgimento di oltre 450 imprese da 4 Paesi UE (Italia, Germania, Francia, Spagna) in una survey, somministrata in collaborazione con Coldiretti, per misurare digitalizzazione e competenze nei settori agricolo e manifatturiero.Questi i punti chiave emersi dallo studio: L’adozione del paradigma 5.0 rappresenta un imperativo competitivo: i paesi che investono di più in R&D crescono maggiormente e sono più competitivi. Inoltre, c’è una forte correlazione tra digitalizzazione delle aziende e capacità di generare innovazione.
L’Italia è una potenza agricola e manifatturiera. Le pmi sono centrali nel tessuto economico europeo ed italiano, rappresentando il 97% del totale delle imprese in Europa e il 98% in Italia. Il ruolo delle grandi aziende è fondamentale per guidare un processo di digitalizzazione, innovazione e sostenibilità delle filiere assumendo il ruolo di capofiliera. Le aziende parte di una filiera sono infatti più innovative e più sensibili a sostenibilità e digitale.
Essere parte di una filiera genera degli impatti positivi anche per quanto riguarda la produttività e la sostenibilità, come dimostra il significativo differenziale nei dati tra la media di aziende agricole italiane e aziende tabacchicole associate a Coldiretti che collaborano con Philip Morris Italia (+56% per la produttività e +24% per la sostenibilità). Per la società 5.0, le competenze sono chiave: serve alfabetizzare digitalmente 15 milioni di cittadini, aumentare gli iscritti a corsi di laurea ICT e agli ITS e puntare sulla formazione continua. Secondo Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di Teha Group e The European House – Ambrosetti, “per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dall’intelligenza artificiale, è chiave per l’Italia muoversi verso un nuovo paradigma di dispiegamento tecnologico: quello della Società 5.0. Per costruire un'Italia 5.0 è strategico il ruolo delle aziende capofiliera: l’Italia è infatti un Paese di Pmi, che generano il 48% del valore aggiunto del Paese e impiegano il 57% degli occupati, ma sono più in difficoltà rispetto a digitalizzazione e competenze, per cui è necessario il ruolo di stimolo della grande impresa. Inoltre, le competenze sono chiave, soprattutto per cogliere i benefici dell’intelligenza artificiale: il Paese è in ritardo, serve un Piano Marshall delle competenze”.
“La ricerca conferma – anche con le testimonianze dirette provenienti dal mondo delle aziende - che il capitale umano è oggi l’elemento chiave della competitività delle imprese e della crescita dell’economia, elemento ulteriormente valorizzato dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale”, ha sottolineato l’Advisor scientifico dell’iniziativa Giorgio Metta, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “l’Italia è un Paese di eccellenze anche nella ricerca e nell’istruzione. Tuttavia, l’Italia ha un problema di scala sulle competenze: nonostante le eccellenze, l’Italia sconta un ritardo sistemico sulle competenze digitali, sia di base che avanzate: mancano infatti 15 milioni di cittadini da alfabetizzare al digitale, aumentare gli iscritti a corsi di laurea Ict e agli Its e puntare sulla formazione continua”.
Per Massimo Andolina, Presidente Regione Europea di Philip Morris International, “L’ambizione dell’Italia può e deve essere quella di abbracciare un nuovo paradigma di sviluppo per posizionarsi come modello da esportare in Europa. Per colmare il gap di competenze digitali occorre partire dalle esperienze più virtuose e da una collaborazione pubblico-privato di tipo strutturato. In questo momento storico è fondamentale, da una parte, tenere il passo dell’innovazione, guidandola, per mantenere alta la competitività; dall’altra parte garantire il più ampio accesso possibile a percorsi di formazione all’avanguardia, che accompagnino i professionisti lungo il loro intero percorso in azienda”.
Secondo Marco Hannappel, Presidente e AD di Philip Morris Italia, "l’esperienza di Philip Morris Italia è emblematica: grazie alle competenze all’avanguardia della nostra filiera integrata – che oggi coinvolge oltre 41.000 persone e più di 8000 imprese - abbiamo costruito negli anni un modello di business invidiato in tutto il mondo, il cui principale driver è sempre stato la capacità di innovare. I dati oggi mostrano i frutti di questo percorso virtuoso e quanto il ruolo di capofiliera sia essenziale, in particolare nel mondo agricolo: grazie agli accordi di programma sottoscritti negli anni da Philip Morris con il Ministero dell’Agricoltura e con Coldiretti, gli agricoltori aderenti all’iniziativa mostrano dati sull’innovazione sensibilmente migliori rispetto alla media Italiana ed Europea: l’89% di tali aziende dichiara di aver realizzato o di avere in corso progetti agritech rispetto al 46% della media italiana e al 77% della media Ue.”
Sulla base delle prospettive fornite dalle attività di stakeholder engagement – survey, interviste riservate e tavoli di lavoro, sono state elaborate le 5 proposte chiave per lanciare il New Deal delle competenze per un’Italia 5.0: 1.Formazione in ingresso. Lanciare un Piano Marshall delle competenze con l’obiettivo di superare i gap del Paese e di rendere l’Italia una fucina di talenti per il paradigma 5.0. Nei prossimi anni sarà necessario innanzitutto accelerare l’alfabetizzazione digitale di 15 milioni di cittadini per centrare gli obiettivi Ue stabiliti nel Digital Compass (80% di adulti con competenze digitali di base). Inoltre, occorre fare un deciso passo avanti sulla formazione universitaria e su quella professionalizzante: per recuperare il gap con i Paesi benchmark più avanzati, è necessario aggiungere ai numeri attuali 137mila laureati Ict, 87mila ingegneri e 140mila iscritti agli Its. In questo, i fondi del Pnrr rappresentano un’opportunità da cogliere al meglio.
2.Formazione permanente. Oltre alla formazione in ingresso, per un’Italia 5.0 è necessario intervenire anche sui percorsi di reskilling e upskilling dell’attuale forza lavoro. Occorre individuare strumenti normativi adeguati per offrire ai lavoratori percorsi di miglioramento delle proprie competenze, sostenendo la transizione digitale del mercato del lavoro italiano. L’obiettivo è quello di formare almeno 2,8 milioni di lavoratori in Italia, al fine di raggiungere la media UE di quota di partecipazione a percorsi di formazione e istruzione nella popolazione adulta.
Collaborazione pubblico-privato per realizzare una strategia
3.Digitalizzazione delle Piccole e Medie Imprese (pmi). La digitalizzazione delle pmi italiane è cruciale per la competitività del sistema-Paese, in quanto rappresentano l’ossatura produttiva del nostro sistema economico. Per questo motivo è necessario creare un piano nazionale dedicato alla digitalizzazione delle pmi e in particolare delle filiere manifatturiere e agricole, al fine di rendere l’adozione di nuove tecnologie più accessibile. L’obiettivo è quello di digitalizzare almeno 126mila pmi per raggiungere il target UE fissato nel Digital Compass (90% di pmi con livello digitale di base). Il piano transizione 5.0 rappresenta un passo importante in questa direzione.
4.Capofiliera e innovazione. Per dimensione economica, impatto occupazione e propensione all’innovazione, la presenza di un’impresa capofiliera è determinante per la digitalizzazione di tutte le altre aziende coinvolte nella filiera, come evidenziato dalla survey Teha su 400 aziende europee: il 44,9% dei rispondenti in Italia e il 40,4% dei rispondenti in Spagna, Francia e Germania afferma che il capofiliera favorisce la formazione continua e lo sviluppo di competenze digitali. questo motivo, occorre valorizzare il ruolo dei capifiliera come motore per l’innovazione di prodotto e di processo, per la digitalizzazione e per la sostenibilità, promuovendo la diffusione di contratti di filiera come già fatto con successo in Italia.
5.Collaborazione pubblico-privato: per realizzare una strategia sul medio periodo è fondamentale che vi siano quadri regolatori efficaci, stabili, in grado di promuovere l’innovazione di prodotto e di processo e creare un ecosistema tra Istituzioni, università e aziende. Sotto questo aspetto, in virtù del quadro unionale nel quale l’Italia agisce, per recuperare competitività rispetto ad altri continenti è fondamentale che queste condizioni vengano garantite e promosse a partire dal legislatore europeo.
Sostenibilità
Venezia 81, Green Drop Award 2024 a ‘Vermiglio’...
Due le pellicole, tra quelle in concorso, selezionate dalla giuria per aver meglio interpretato i valori dell'ecologia, dello sviluppo sostenibile e della cooperazione fra i popoli
Ai film 'Vermiglio' di Maura Delpero e 'Ainda Estou Aqui' di Walter Salles, in concorso alla 81esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, è andato il 'Green Drop Award' 2024 di Green Cross Italia, giunto alla tredicesima edizione. Il premio, la goccia di vetro di Murano realizzata dal maestro Simone Cenedese, contiene quest’anno la terra della casa natale di Rachel Carson, a Springdale, nei pressi di Pittsburgh, in Pennsylvania. Il Green Drop Award, nato nel 2012, è il premio collaterale che Green Cross assegna al film, tra quelli in gara nella selezione ufficiale del Festival, che interpreta meglio i valori dell'ecologia, dello sviluppo sostenibile e della cooperazione fra i popoli.
“Ci sono stati due titoli che hanno rappresentato i valori e la mission di questo premio”, ha spiegato la giuria d’onore presieduta da Simone Gialdini, direttore generale Anec - Associazione Nazionale Esercenti Cinema, annunciando i vincitori di questa edizione.
Vermiglio per aver rappresentato, spiega una nota, "con echi poetici che richiamano il cinema di Ermanno Olmi, un mondo rurale che vive secondo il ritmo delle stagioni scandito dalla natura, dando vita a una narrazione che, oltre a recuperare memorie e valori di una società contadina ormai scomparsa, diviene un significativo apologo sulla modernità. Un’opera nella quale le montagne sono sfondo di ogni inquadratura fino a diventare protagoniste quanto gli interpreti. Una produzione cinematografica, infine, che, unisce alla tensione etica della narrazione quella tecnica e tecnologica di abbattere i suoi impatti e certificare la sostenibilità di ogni processo, nel rispetto dell’ambiente e delle generazioni future".
Ainda Estou Aqui perché "unisce il tema portante della resilienza civile al percorso della protagonista come attivista dei diritti civili, negli stessi anni in cui in Brasile si assiste, per esempio, alla campagna di perimetrazione dei territori della foresta amazzonica, ribadendo una volta di più, come i valori che riguardano l’umanità non siamo mai distanti e non possano essere disgiunti da un processo di crescita democratica e in generale come l’etica umana sia l’unica via di salvezza per il nostro pianeta".
Il Green Drop Award assegnato al film 'Vermiglio' è stato ritirato da Francesca Andreoli, produttrice del film, stamattina all’Hotel Excelsior, alla Terrazza Cinematografo. "Questo premio, per me, ha un significato particolare perché è il primo premio ricevuto da 'Vermiglio' che rappresenta il primo film prodotto da Cinedora, la mia nuova casa di produzione che ho fondato pochi anni fa con i miei soci Leonardo Guerra Seràgnoli, Santiago Fondevila e Maura Delpero. Questo primo premio a 'Vermiglio' mi fa capire che abbiamo imboccato la strada giusta che sicuramente cercheremo di seguire, anche nei prossimi film, negli anni a venire", ha spiegato Andreoli.
"'Vermiglio' - ha aggiunto - è stato un progetto produttivamente molto stimolante, ma anche molto impegnativo per rispettare il ciclo temporale della storia che la regista voleva raccontare, abbiamo deciso di girare davvero nel corso delle quattro stagioni: in questo modo abbiamo mostrato l’interno ciclo di vita del passaggio di tempo e delle stagioni del luogo. Il luogo è protagonista di questa storia, le montagne ricordano all’uomo quanto, in fondo, sia piccolo rispetto all’immensità della natura, una natura che ci dobbiamo impegnare sempre di più a conservare e a rispettare. In questo i protocolli di mobilità ambientale che sono stati studiati ed implementati in questi anni sono finalmente diventati uno strumento importantissimo ed imprescindibile per l’industria cinematografica e audiovisiva".
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Alla scoperta del mondo sommerso, gli obiettivi della...
Esperti a confronto al workshop di due giorni 'Forma Maris - Sistemi per la conoscenza e la mappatura del mondo subacqueo' (5 e 6 settembre a Lecce e Porto Cesareo)
Esperti a confronto a Lecce per svelare i segreti del mondo sommerso. Tre in particolare gli obiettivi della ricerca. "Primo, mappare i fondali marini ancora in larghissima parte sconosciuti: solo il 20% è noto. Secondo, tutelare un ambiente che è fondamentale per la vita sul pianeta. Terzo, ma non certo d’importanza, lavorare sul patrimonio archeologico subacqueo che è enorme". Così Vincenzo Pisani, responsabile coordinamento progetti di ricerca per Fondazione Leonardo Civiltà delle Macchine Ets, spiega all’Adnkronos i temi del workshop di due giorni 'Forma Maris - Sistemi per la conoscenza e la mappatura del mondo subacqueo' (5 e 6 settembre a Lecce e Porto Cesareo), promosso da Università del Salento in collaborazione con Fondazione Leonardo e Marina Militare.
Una iniziativa che si inserisce nell’ambito del programma ‘Civiltà del Mare - Il Subacqueo’. “La ricerca sulla dimensione subacquea nasce da una collaborazione con Marina Militare, che ha portato, nel marzo 2023, alla pubblicazione, in collaborazione con esperti e ricercatori della Sapienza e del Cnr, di ‘Civiltà del Mare. Il Subacqueo, nuovo ambiente dell’umanità, il primo rapporto multidisciplinare dedicato alla materia, e nel successivo avvio, a giugno 2023, dell’iniziativa Le Università per il Subacqueo, volta a diffondere e promuovere la cultura del subacqueo mettendo a conoscenza del grande pubblico la ricchezza, in questo campo, delle competenze scientifiche e delle attività di ricerca delle nostre Università. Ad oggi sono oltre 50 gli Atenei italiani che hanno aderito al progetto”.
Un impegno che si traduce in seminari, conferenze, workshop, su tutto il territorio nazionale. Obiettivo: "Coinvolgere non solo gli esperti, ma anche i più giovani, per stimolarli a diventare i futuri professionisti di un settore, che richiede competenze altamente specializzate, tra cui, solo per fare alcuni esempi: sommergibilisti, biologi marini, geologi, oceanografi, archeologi subacquei, esperti di diritto del mare".
Quello di Lecce, incentrato su archeologia subacquea e profili professionali del settore, è il terzo appuntamento del percorso ‘Le Università per il Subacqueo’. “Un’occasione di confronto e approfondimento sulle principali metodologie e tecnologie innovative necessarie per svolgere attività di ricerca, posizionamento, documentazione e monitoraggio, nonché per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio sommerso culturale e naturale a diverse profondità - spiega Pisani - In un Paese come il nostro, che cela sotto i suoi mari testimonianze di inestimabile valore delle varie civiltà succedutesi nel corso dei secoli, è fondamentale sapere quali soluzioni tecnologiche e metodologie possono facilitare e rendere più ergonomico ed economico il lavoro di archeologi, biologi e altri ricercatori. Ma soprattutto garantire condizioni di sicurezza durante le operazioni subacquee”. Il prossimo appuntamento con ‘Le Università per il Subacqueo’, fa sapere Pisani, è previsto in autunno nel capoluogo lombardo, in collaborazione l’Università degli Studi di Milano - Bicocca.
Un territorio immenso ancora da esplorare. “La dimensione subacquea abbraccia un’estensione di 360 milioni di km2, vale a dire oltre due terzi della superficie terrestre, con 1,3 miliardi di km3 d’acqua e una profondità media oceanica di 3800 metri. Paradossalmente, di questa dimensione, a noi molto più prossima rispetto alla volta celeste, sappiamo molto poco. Ad oggi, abbiamo mappato circa il 20% dei fondali marini e il 95% dei Paesi non dispone ancora degli strumenti necessari per mappare i propri territori oceanici - prosegue - Una mappa completa sarebbe fondamentale per analizzare la circolazione oceanica, per contribuire alla previsione degli tsunami, per la sicurezza della navigazione, per monitorare e contenere i rischi idrogeologici sottomarini, per la posa dei cavi e delle condutture: tutti aspetti per i quali è cruciale una approfondita conoscenza della forma del fondale marino”.
Molto importante il contributo che le innovazioni tecnologiche possono offrire. “Un prezioso contributo ci arriva dall’utilizzo della fotogrammetria subacquea, nonché dall’integrazione di vari tipi di telecamere e sensori, come sonar e multibeam, installati su droni sottomarini o di superficie telecomandati. Inoltre, il patrimonio subacqueo è attualmente riservato ai professionisti e ai subacquei sportivi: le tecnologie possono invece consentire l’accessibilità ‘ampliata’, la fruizione e la condivisione dei paesaggi sottomarini attraverso modelli 3D e percorsi immersivi o semi-immersivi, restituendo alle comunità un patrimonio ‘invisibile’ ancora privilegio per pochi”, conclude Pisani.