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Israele-Hamas, trattative per ostaggi: il ‘regista’ è il direttore della Cia

Il ruolo centrale di Burns, protagonista dietro le quinte

Ostaggi liberati

C'è un regista dietro le trattative tra Israele e Hamas per la liberazione degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza da quasi 2 mesi. E' William Burns, direttore della Cia, negoziatore chiave per la crisi. Ieri ha raggiunto il Qatar ieri per partecipare ad incontri riservati con i vertici dell'intelligence israeliana e il primo ministro del Qatar volti a concordare un ampliamento della tregua tra Israele e Hamas. Attribuendo la notizia a tre fonti anonime a conoscenza degli incontri, il Washington Post sottolinea il ruolo centrale assunto da Burns in questa crisi.

Burns è il principale negoziatore per gli Stati Uniti nella crisi degli ostaggi, apprezzato dal presidente americano Joe Biden per la sua rete di contatti in Medio Oriente e, in particolare, all'interno del servizio di intelligence israeliano, il Mossad. "Lo ascoltano e lo rispettano molto", ha spiegato una fonte citata dal quotidiano.

Diplomatico, ex ambasciatore americano a Mosca, viene spesso scelto da Biden per gestire le sfide più delicate ma anche scomode dell’amministrazione, dai moniti alla Russia sull'uso di armi nucleari in Ucraina ai negoziati con i talebani nel contesto della crisi di evacuazione americana dall'Afghanistan. Nell'attuale crisi mediorientale, il suo ruolo assume particolare importanza alla luce della centralità per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu del capo del Mossad David Barnea.

"Barnea è la figura chiave in Israele per questi negoziati", sottolinea Natan Sachs, studioso israeliano presso il think tank Brookings Institution, citato dal Washington Post. "È lui quello autorizzato a parlare a nome del primo ministro".

Più laterali rispetto alla ristretta cerchia di fiducia di Netanyahu ci sono il ministro dell'intelligence israeliano, Gila Gamliel, e il ministro degli esteri, Eli Cohen, rivelano gli osservatori con cui ha parlato il quotidiano statunitense. E questo rende gli incontri di Burns con la sua controparte un momento essenziale della ricerca di accordi. "Il segretario di Stato Antony Blinken sarebbe la controparte se il ministro degli Esteri israeliano avesse una sua influenza" sul governo, "ma non è così", secondo Sachs.

Il canale Burns-Barnea è stato 'messo in attività' all'inizio del mese quando i due si sono incontrati in Qatar per discutere una pausa nei combattimenti e le linee generali per il rilascio di ostaggi, assieme al primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, il 9 novembre.

Alcune ore dopo la conclusione dell’incontro, la Casa Bianca ha annunciato che Israele avrebbe iniziato pause di quattro ore nel nord di Gaza per consentire ai palestinesi di fuggire dalla zona teatro di ostilità, un passo gradito alla Casa Bianca ma non all'altezza delle aspettative di pause di più giorni.

Attualmente Burns sta spingendo affinché Hamas e Israele allarghino i negoziati in corso sugli ostaggi, finora limitati al rilascio di donne e bambini, fino ad includervi anche gli uomini e il personale militare. Sta anche premendo per concordare una pausa più lunga, altri giorni di sospensione nei combattimenti, con la richiesta israeliana che Hamas rilasci almeno 10 persone per ogni giorno di pausa nella guerra.

Burns - rende inoltre noto il Washington Post - sta spingendo per il rilascio immediato degli ostaggi americani detenuti da Hamas. Funzionari statunitensi ritengono che quegli ostaggi siano otto o nove. Ad una richiesta di conferme del Washington Post sulla nuova missione del direttore della Cia, l'intelligence agency ha replicato sottolineando il carattere di segretezza del viaggio di Burns.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Cecilia Sala a Evin, lo stesso famigerato carcere di...

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La storia della prigione dove attualmente si trova rinchiusa la giornalista italiana

Cecilia Sala (Fotogramma)

Detenzioni arbitrarie, torture fisiche e psicologiche e abusi che si ripetono da decenni accompagnano la storia del famigerato carcere di Evin, dove attualmente si trova rinchiusa la giornalista italiana Cecilia Sala. Il penitenziario, che si estende su 43 ettari ai piedi delle montagne a nord di Teheran, è stato aperto nel 1972 e già da allora, quando era gestito dalla Savak, la polizia segreta che rispondeva al regime dell'ultimo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, era il luogo dove venivano incarcerati oppositori e detenuti politici.

La storia del carcere

Con la rivoluzione islamica guidata da Ruhollah Khomeini, a Evin vennero rinchiusi filo-monarchici e dissidenti. Secondo Human Rights Watch, il periodo più buio nella storia del carcere fu l'estate del 1988, alla fine della guerra con l'Iraq, quando migliaia di detenuti furono giustiziati dopo processi sommari. Con le rivolte antigovernative del 2009, successive alla rielezione alla presidenza di Mahmoud Ahmadinejad, il carcere aprì le sue porte a molti giovani contestatori della cosiddetta Onda Verde.

La sezione 209, sospettata di essere gestita dal ministero dell'Interno, è l'ala del carcere dove è più dura la mano del regime. I detenuti che hanno vissuto quest'esperienza hanno raccontato di essere stati bendati e portati in un seminterrato dove si trovano una novantina di celle su più file. La luce rimane accesa 24 su 24 e in ogni cella c'è solo una piccola finestra. Qui, come spesso denunciato dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani, tra cui Amnesty International, gli abusi e le violenze sono all'ordine del giorno.

A Evin sono stati rinchiusi in questi anni tutti i più noti dissidenti nonché i cittadini con doppia nazionalità arrestati nella Repubblica islamica come, tra gli altri, il noto regista Jafar Panahi, che con uno sciopero della fame aveva denunciato le disumane condizioni di detenzione, la cittadina britannico-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe, l'attivista e premio Nobel per la Pace, Narges Mohammadi, l'avvocata per i diritti umani, Nasrin Sotoudeh.

A Evin venne rinchiusa anche Alessia Piperno, la giovane romana arrestata a Teheran il 28 settembre 2022 e rilasciata il 10 novembre dello stesso anno. Durante il periodo della sua detenzione scoppiò un incendio nel carcere, probabilmente innescato da una rivolta, che causò la morte di diversi detenuti.

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Esteri

Elon Musk è Babbo Natale Magro, la foto su X:...

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Il magnate sta assumendo un farmaco per perdere peso

La foto pubblicata da Elon Musk

Su X fa discutere la foto di un Babbo Natale snello. Dietro la 'maschera' l'imprenditore Elon Musk, che pubblica lo scatto con un commento lapidario di due parole: "Ozempic Santa". Il riferimento è ai farmaci antidiabete e antiobesità che sono sotto i riflettori da mesi e promettono il raggiungimento di significative perdite di peso nei pazienti trattati. Tanto basta per accendere il dibattito e i commenti, anche di qualcuno che invita alla prudenza e a non banalizzare temi seri come la lotta all'obesità. Musk in un secondo post rivela pure quale delle molecole che fanno parte della famiglia degli agonisti del recettore del Glp-1 sta utilizzando nello specifico: "Tecnicamente, Mounjaro, ma non ha lo stesso suono", scrive ironicamente il Ceo di Tesla e fondatore di SpaceX.

Non è la prima volta che il nome di Musk viene associato a questi farmaci, in primo luogo perché è stato fra i primi pazienti Vip a dichiararne l'uso, ma anche per esternazioni recenti, come quella pubblicata sempre via X l'11 dicembre: "Niente migliorerebbe di più la salute, la durata e la qualità della vita degli americani che rendere" questi farmaci "super economici per il pubblico. Niente altro ci si avvicina nemmeno lontanamente", ha osservato Musk, aggiungendo di essere consapevole del fatto che "molte persone si lamenteranno di questo post, ma ho ragione".

Parole, quelle dell'imprenditore coinvolto nel team della nuova amministrazione Trump per guidare uno sforzo di spending review ed efficientamento, che stridono se si considera la linea sostenuta invece da Robert F. Kennedy Jr, scelto dal presidente eletto Donald Trump per il ruolo di segretario della Salute. Secondo Kennedy Jr, infatti, la soluzione all'obesità in America, che ora colpisce il 40% degli adulti, vede "come prima linea di risposta lo stile di vita".

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Esteri

Cecilia Sala, chi è la giornalista italiana arrestata in...

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Nata a Roma nel 1995, ha raccontato la guerra in Ucraina e il ritorno dei Talebani

Cecilia Sala - Fotogramma

Cecilia Sala è stata arrestata in Iran. La giornalista italiana, in Medio Oriente per svolgere servizi giornalistici, è stata fermata lo scorso 19 dicembre dalle autorità di polizia di Teheran. A renderlo noto è stata la Farnesina, che ha precisato anche che su disposizione del ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, l'ambasciata e il consolato d'Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio. Ma chi è Cecilia Sala?

Chi è Cecilia Sala

Cecilia Sala è uno dei volti più noti del giornalismo italiano. Nata a Roma nel 1995, è da sempre molto attiva sui social e da anni ormai tratta di politica estera documentando quello che succede in varie zone di conflitto. Sala si è recata diverse volte in Ucraina per raccontare la guerra ancora in corso con la Russia, ma si trovava anche in Afghanistan nel 2021 durante il ritorno al potere dei Talebani. In quella occasione dovette interrompere una diretta con La7 a causa di alcuni spari contro l'hotel dove si trovava. Una scena che è diventata subito virale sui social.

Gli inizi e i podcast

Sala inizia a interessarsi al giornalismo quando ancora studiava economia all'Università Bocconi di Milano. A pochi esami dalla laurea decise di interrompere gli studi e dedicarsi alla sua nuova passione, iniziando a trattare in particolare la politica estera. Nel 2015 comincia a lavorare nella redazione di Vice e negli anni successivi comincia a collaborare con Vanity Fair, L'Espresso e Il Foglio. Diventa presto anche un volto televisivo, apparendo in diverse trasmissioni su La7.

Cecilia Sala ha da sempre avuto un'attenzione particolari alle nuove frontiere del giornalismo digitale. Molto attiva sui social network, nel 2020 ha esordito con il podcast 'Polvere', un'inchiesta condotta insieme a Chiara Lalli che trattava dell'omicidio di Marta Russo, giovane uccisa alla Sapienza nel 1997. Il podcast ha avuto tanto successo da essere trasformato in un libro pubblicato, con lo stesso titolo, da Mondadori nel 2021. L'anno successivo diviene protagonista di un altro podcast, 'Stories', prodotto da Chora Media, in cui ogni giorno racconta storie dal mondo.

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