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"L'unica cosa che non posso fare è dare il mio ok a un Patto che non io, ma nessun governo italiano potrebbe rispettare". Fonti Ue: Ecofin confermato in videoconferenza

Giorgia Meloni (Fotogramma)

"Cerchiamo di ottenere un Patto di Stabilità che ci offra le condizioni per fare seriamente il nostro lavoro". E' quanto ha detto oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sull'ipotesi di un veto dell'Italia. "Non la voglio mettere così. Ho detto in Parlamento e ripeto: l'unica cosa che non posso fare è dare il mio ok a un Patto che non io, ma nessun governo italiano potrebbe rispettare. Perché sarebbe ingiusto e non sarebbe utile per noi". "Addirittura Mario Monti dice: mettete il veto. Se la mettiamo così, non è un buon modo di cercare delle sintesi con gli altri" dice la premier, parlando a Bruxelles.

"Noi non chiediamo una modifica del Patto per gettare soldi dalla finestra, chiediamo una modifica che ci consenta di fare quello che riteniamo giusto fare e che l'Europa si è data come strategia, parlo degli investimenti, senza essere per questo colpiti. Perché sarebbe una strategia miope: ma non per l'Italia, per l'Europa. Cerchiamo su questo di coinvolgere più Paesi possibile", ha sottolineato Meloni al termine del Consiglio europeo. "Non penso sia impossibile trovare un accordo. Penso che un accordo alla fine si possa e si debba trovare, ma non potrei dire che lo abbiamo già trovato" dice. "E' una trattativa molto complessa e molto tecnica. Bisogna tenere aperte tutte le strade fin quando non si capisce qual è il punto di caduta migliore che si può ottenere", ha osservato Meloni.

Per Giorgetti la riforma del Patto non si può decidere in videoconferenza, ha ragione? "Probabilmente sì. Quello che ho imparato da queste parti sulle trattative è che le interlocuzioni a margine spesso sono molto più utili di quello che si dice nel confronto. Togliendo questa opportunità, diventa più difficile".

Tuttavia, a quanto apprende l'Adnkronos da fonti Ue l'Ecofin straordinario convocato per mercoledì 20 dicembre per discutere della riforma del patto di stabilità è confermato in videoconferenza.

La riforma del Patto di Stabilità, spiega la premier Meloni, "non è stata oggetto dei lavori del Consiglio, sicuramente ci sono state interlocuzioni a margine: sono giorni di trattative. Ma il tema è rimandato all'Ecofin del prossimo 20 dicembre. Le posizioni sono ancora abbastanza distanti, bisogna lavorare su questo".

"Ho avuto un bilaterale con Macron, poi Scholz, che era seduto al tavolo accanto, si è fermato" dice la premier a proposito degli incontri di mercoledì sera. "Ma a quel punto non c'erano particolari dossier. Con il presidente francese abbiamo affrontato il tema del Patto di Stabilità e tutti gli altri dossier sui quali pensiamo si possa costruire una convergenza con la Francia. E sul Patto ci sono diverse convergenze su interessi comuni. Abbiamo passato in rassegna i principali dossier" a livello bilaterale e multilaterale.

Il "link" tra Patto di stabilità e Mes "lo vedo solo nel dibattito italiano". "Sicuramente per noi fa la differenza sapere quale sia il Patto del quale disponiamo, perché gli strumenti si mettono insieme tutti quanti, ma non c'è la dimensione del ricatto nel dire 'se non fai questo non ti diamo questo'. Nessuno ha mai posto la questione così" dice negando l'ipotesi di uno scambio tra Patto di stabilità e ratifica del Mes.

Ucraina, guerra e adesione Ue

E' stato "un Consiglio europeo chiaroscuro", commenta la premier Giorgia Meloni al termine del summit dei capi di Stato e di governo della Ue. "Siamo molto soddisfatti del lavoro che è stato fatto sull'allargamento - ha spiegato Meloni - con un obiettivo che molti di noi consideravano difficile riuscire ottenere" ovvero "l'inizio delle negoziazioni, in particolare con l'Ucraina" per l'adesione alla Ue. "Ma sono anche molto soddisfatta del bilanciamento con i Balcani occidentali. L'Italia era una delle nazioni in prima linea per chiedere dei passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina. Quindi sulla parte dell'allargamento c'è stato un risultato molto importante", ha sintetizzato la presidente del Consiglio, che invece ha rimarcato come sulla revisione del bilancio non ci sia ancora un accordo tra i leader europei.

"Non siamo riusciti a trovare una soluzione sulla revisione del bilancio pluriennale, anche se è una soluzione a mio avviso alla portata. Non sono pessimista sul fatto che si possa raggiungere nel prossimo Consiglio europeo" ribadisce la premier. "Siamo in ogni caso soddisfatti del testo di negoziazione", ha evidenziato Meloni, "dove ci sono tutte le priorità che l'Italia aveva posto: dalla flessibilità dei fondi esistenti alle migrazioni. C'è stato un punto, in questa trattativa, in cui sulle migrazioni era previsto niente e adesso siamo arrivati quasi a 10 miliardi da spendere. Un grande risultato se riusciremo a confermarlo al prossimo Consiglio europeo" ha rivendicato la premier.

"Ho sempre ribadito il fatto che non sarebbe compresa una modifica delle risorse unicamente per l'Ucraina. La guerra impatta sulle nostre società e ci sono conseguenze, se noi non siamo capaci di affrontare efficacemente anche quelle conseguenze allontaneremo il sostegno dell'opinione pubblica dalla causa ucraina. Per me è sempre stato molto importante rivendicare e difendere una logica di pacchetto, che serve a noi, all'Europa e all'Ucraina".

Sospensione accordo Italia-Albania

Dopo la sospensione decisa dall'Alta Corta albanese, il patto sui migranti tra Italia e Albania è a rischio fallimento? "Questo non lo so dire, spero di no. Sono ottimista che non accada" ma "rispetto le decisione di una nazione sovrana. Vedremo come andrà nelle prossime settimane e faremo del nostro meglio, se le cose andranno bene, per accelerare ancora di più. Per ora non abbiamo bisogno di un piano b. Eventualmente lo cercheremo", ha detto la premier Giorgia Meloni.

Medio Oriente

Sulla guerra in Medio oriente al Consiglio europeo "c'è stata una discussione molto approfondita" ma "si è preferito ribadire le conclusioni dell'ultimo Consiglio, perché se avessimo rinnovato quelle conclusioni probabilmente alcune divergenze avrebbero reso il lavoro difficile", ha ammesso la premier Giorgia Meloni, al termine del summit dei capi di Stato e di governo della Ue. "In ogni caso - ha proseguito - siamo tutti d'accordo sul fatto che occorra: continuare a condannare gli attacchi di Hamas dello scorso 7 ottobre, ribadire il diritto di Israele a difendersi nell'ambito delle norme internazionali, lavorare su una soluzione di lungo periodo, due popoli in due Stati".

Viktor Orban

Con Orban "ho fatto esattamente quello che avevo detto avrei fatto". "Penso che si è molto più utili quando si ha la facoltà di parlare con tutti e quando si cerca un punto di incontro - dice la presidente del Consiglio a margine dell'incontro di ieri con il primo ministro ungherese che, dopo aver minacciato il veto sull'ok al negoziato di adesione dell'Ucraina, alla fine non ha partecipato al voto consentendo così il via libera -. Se non riusciamo a fare questo, non riusciamo neanche ad arrivare agli obiettivi che vogliamo raggiungere. Bisogna avere una capacità di mediare, mettere insieme le posizioni. Questo ha consentito all'Italia di giocare un ruolo da protagonista per i risultati ottenuti. Non siamo riusciti in tutti gli intenti che avevamo ma anche per questo bisogna continuare a lavorare".

L'incontro con von der Leyen

La premier Giorgia Meloni ha incontrato a Bruxelles la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, prima dell'inizio dei lavori del Consiglio europeo. Tra i temi sul tavolo del Consiglio europeo, toccati oggi, la situazione in Medio Oriente, un focus su sicurezza e difesa della Ue e la lotta all'antisemitismo, razzismo e xenofobia. I capi di Stato e di governo dell'Ue hanno tenuto un dibattito, riferisce una fonte europea, "strategico" sulla situazione in Medio Oriente e "continueranno a discutere in futuro. Non sono state messe conclusioni sul tavolo, né erano previste".

Nel summit di ieri è stato dato il via libera all'avvio dei negoziati di adesione con l'Ucraina e la Repubblica di Moldova - il premier ungherese Viktor Orban, che aveva minacciato il veto in un primo momento, non ha preso parte alla votazione consentendo dunque l'ok alla storica decisione. Nella tarda serata si è anche discusso anche della revisione del quadro finanziario pluriennale della Ue, dove si è registrata l'intesa di 26 paesi eccetto l'Ungheria, che ancora una volta ha fatto muro. La discussione su questo punto riprenderà all'inizio del 2024.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Politica

Migranti, ingressi legali legati al lavoro: Ddl Pd in...

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Delrio presenta al Nazareno il disegno di legge: immigrazione non più tema di ordine pubblico ma gestito dal ministero del Lavoro, modello Canada

Migranti  - Fotogramma

"Permettere ingressi legali" in cui "il lavoro diventa centrale" facendo incontrare domanda e offerta, "semplificare e allargare il permesso di soggiorno, spostare il concetto dell'immigrazione da tema di ordine pubblico a fatto di crescita e dinamismo della società che va gestito e controllato nell'interesse nazionale". Graziano Delrio, primo firmatario del ddl Pd per il superamento della Bossi-Fini, sintetizza così la proposta presentata oggi ad una iniziativa al Nazareno. Un ddl in 7 articoli e una risposta ai centri di Giorgia Meloni in Albania. Seguendo tutta un'altra strada nella gestione dei flussi migratori. Sul modello del Canada, l'immigrazione da tema di ordine pubblico in capo al ministero dell'Interno diventa materia da ministero del Lavoro.

"Una sfida alla destra", dice Delrio. Nella consapevolezza, ammette, che "la posizione di Meloni sta purtroppo riscuotendo successo in Ue, anche tra i Paesi guidati dal centrosinistra". Di qui la controproposta dem: "Il primo tema che noi ci poniamo è quello di governare l'immigrazione ma - argomenta il senatore Pd - con una diagnosi differente. Al momento non si può entrare legalmente in Italia: i permessi di soggiorno reali sono pochissimi. E questo è un grandissimo problema. La non conoscenza alimenta la paura. L'unico modo per accendere la luce è quello di dare un nome e un cognome alle persone, nomi contenuti in una lista verificata di persone in cerca di lavoro. Questo è il modo in cui Paesi avanzati, come il Canada, governano e non subiscono i flussi migratori".

Competenze dal ministero dell'Interno a quello del Lavoro

"L'interesse nazionale oggi, qualsiasi impresa lo dice, non è quello di bloccare i flussi. Le forze sociali possono allearsi con noi per rendere possibile l'ingresso in Italia attraverso canali legali. Con uno spostamento di competenze dal ministro dell'Interno al ministero del Lavoro. Le liste vengono organizzate e stabiliti criteri di priorità per coloro che hanno frequentato nel loro paese corsi di formazione lavoro e di lingua. Se il lavoratore entra, iscritto in una lista attraverso un sistema pulito e legale, a questo punto il permesso di soggiorno può essere rilasciato dal Comune sgravando le forze dell'ordine che ora sono caricate di un lavoro burocratico enorme mentre potrebbero dedicarsi ad altro. E sempre in questa ottica si può allungare la durata del permesso. Tutta una serie di semplificazione per arrivare a una immigrazione più legale, più semplice e più sicura".

Nella proposta Delrio si sottolinea che, con la Bossi-Fini, "si è passati a una disciplina volta a contrastare l'ingresso e il soggiorno irregolare, puntando sull'aspetto 'clandestino' degli ingressi e spostando l'attenzione sulla sicurezza e sul contrasto alla criminalità". Si è arrivati così a "una sostanziale assenza" di canali "di ingresso regolari": l'impossibilità di regolarizzare il soggiorno ha prodotto una conseguente crescita esponenziale della immigrazione clandestina e dei rischi di sfruttamento dei migranti irregolari. Il ddl Pd sposta la gestione delle politiche migratorie dal ministero dell'Interno al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali "passando da una visione esclusivamente securitaria a una visione inclusiva e responsabilizzante".

Stop illegalità, ingressi regolati con liste

E quindi come si entra in Italia? Nel testo si spiega che "i criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso" devono tener conto "dei dati relativi alla richiesta di lavoro elaborati dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali" e "delle indicazioni provenienti dai consigli territoriali per l'immigrazione istituiti presso le Prefetture in rapporto alle capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo". Il ddl, si legge nelle slide Pd sulla proposta Delrio, introduce "liste alle quali possano iscriversi i lavoratori stranieri che intendano fare ingresso in Italia per lavoro, organizzate in base alle singole nazionalità con criterio cronologico" ma anche secondo il grado di conoscenza della lingua e i titoli e la qualifica professionale.

Quindi, "l'ingresso nel territorio dello Stato per l'inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero iscritto nelle liste avviene a seguito di richiesta, nominativa o numerica, proveniente da Regioni, Provincie autonome, enti locali, associazioni imprenditoriali, professionali e sindacali, nonché istituti di patronato, con la costituzione di forme di garanzia patrimoniale a carico dell'ente o dell'associazione richiedente". La legge stabilisce chi è autorizzato "all'attività 'intermediazione tra datori di lavoro italiani e cittadini stranieri" ovvero "le organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi, enti e associazioni operanti nel settore dell'immigrazione, università, fondazioni universitarie, enti pubblici nazionali di ricerca, centri per l'impiego, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura".

Permesso di soggiorno, tempi più veloci e maggiore durata

Il permesso di soggiorno deve essere richiesto al Comune in cui lo straniero si trova, entro ventiquattro ore dal suo ingresso nel territorio dello Stato. La durata del permesso di soggiorno è quella indicata nel contratto di lavoro e non può comunque superare: 1 anno per lavoro stagionale; 2 anni per ricerca di lavoro; 3 anni per lavoro subordinato a tempo determinato; 4 anni per lavoro a tempo indeterminato.

Si prevede anche la possibilità di permesso per istanza e per radicamento sociale. In questo caso, allo straniero presente da almeno tre anni nel territorio dello Stato che dimostri di essere radicato nel territorio nazionale e integrato nel tessuto civile e sociale del Paese, in assenza di sentenze di condanna passate in giudicato, è rilasciato dal Questore il permesso di soggiorno per radicamento sociale, della durata di due anni, rinnovabile e convertibile in permesso di lavoro.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, lo straniero deve essere in possesso dei seguenti requisiti: la sussistenza di legami familiari o affettivi nel territorio italiano; l’inserimento sociale e lavorativo; la durata della permanenza sul territorio; la conoscenza della lingua italiana; altre circostanze di fatto o comportamenti idonei a dimostrare un legame stabile con il territorio nel quale vive. Con le nuove regole di ingresso, secondo il ddl, non c’è più motivo di mantenere il contratto di soggiorno. Inoltre, l'introduzione dell’ingresso per ricerca di lavoro e le nuove tipologie di permessi di soggiorno rendono superabili i reati di ingresso e soggiorno illegali.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Politica

Question time con ‘riposino’ per Lotito, patron...

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La stessa cosa accadde a febbraio al dem Andrea Crisanti

Question time con 'riposino' per Lotito, patron Lazio vinto dal sonno in Senato

Question time con 'pennica' in Senato, come si dice a Roma. Sarà il tema ostico della manovra, sarà l'orario post pranzo, ma in Aula, mentre il collega di partito, il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, interroga il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti -tema: il fondo indennizzo dei risparmiatori - il patron della Lazio, senatore azzurro Claudio Lotito, viene sorpreso dalle telecamere mentre pericolosamente oscilla sullo scranno, vinto dal sonno. Un riposino che dura per tutto l'intervento (breve) di Zanettin. Un momento di stanchezza, che oggi vede protagonista il senatore della maggioranza eletto in Molise, di solito tra i più attivi e vivaci in Aula e nelle Commissioni di Palazzo Madama, che però ha numerosi precedenti.

Il precedente

Da ultimo si ricorda quando lo scorso 13 febbraio, il sonno sorprese il senatore del Pd Andrea Crisanti, mentre si votavano gli emendamenti al ddl Nordio. In quel caso, il collega di partito del virologo, Francesco Giacobbe, residente in Australia ed eletto nella circoscrizione Oceania, fu lesto ad allungare la mano e scuotere Crisanti, mentre lui, testa trattenuta dalle mani e gomiti sul banco, provava senza successo a restare sveglio.

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Manovra, da Meloni “imbroglio” su banche e...

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Schlein: "Trattano da stupidi gli italiani". Conte: "Tassa su extraprofitti non esiste". Avs: "Una truffa"

Elly Schlein e Giuseppe Conte - Fotogramma

Opposizioni all'attacco sulla Manovra 2024 con il governo accusato di trattare "da stupidi gli italiani" annunciando provvedimenti su sanità e banche che non sono altro che "un imbroglio". Il primo per l'entità dei fondi: non 3,7 miliardi come annunciato dal governo, ma 900 milioni per il 2025, sostiene l'altra metà di campo. Il secondo sul meccanismo: nessuna nuova tassa, la denuncia del campo progressista, ma un "anticipo di tasse già dovute dalle banche e assicurazioni che saranno loro puntualmente restituite tra il 2027 e il 2029", spiega Elly Schlein in un video sui social. Sintetizza Giuseppe Conte: "Un imbroglio". Per Carlo Calenda, "una cavolata". E quindi Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli: "Una truffa".

Sul capitolo sanità l'accusa al governo è quella aver 'gonfiato' le cifre. "Anche oggi il governo ci da una buona dose di propaganda quotidiana: annunciano 3,7 miliardi in più sulla sanità ma la verità è che per il 2025 mettono soltanto 900 milioni che si aggiungono al miliardo già stanziato. Quindi, meno della metà di quello che hanno annunciato", rimarca Schlein. E Conte incalza: "Siete mai entrati, cari ministri, cara Giorgia Meloni, in un pronto soccorso? Avete visto le prenotazioni di un esame diagnostico per cui servono due o tre anni? Guardate - spiega - che tutti i medici e gli infermieri sono sul piede di guerra e noi con loro". Il leader M5S si rivolge al ministro Schillaci: "Sei un tecnico, se non ti danno i finanziamenti devi battere i pugni, devi farti valere. E se, nel caso" non li ottenessi, "metti sul tavolo le dimissioni".

Per Raffaella Paita di Iv "sulle risorse per la sanità nella legge di bilancio, il governo fa il gioco delle tre carte. Ancora non è chiaro per quali anni saranno stanziati i 2,3 miliardi sbandierati dal ministero dell'Economia. Se per il 2025 fossero solo 900 milioni, saremmo di fronte all'ennesima presa in giro. I medici giustamente sono già sul piede di guerra, e noi saremo dalla loro parte".

Ma è sui 'sacrifici', come ribadito anche oggi da Giancarlo Giorgetti, che il governo avrebbe chiesto alle banche che si concentrano gli attacchi delle opposizioni. Per Schlein "siamo al solito gioco delle tre carte come se gli italiani fossero stupidi ma non ci faremo prendere in giro". Conte è netto: "La tassa sulle banche non esiste, è un imbroglio. Il governo sta chiedendo un prestito alle banche che noi contribuenti restituiremo nel 2027, per altro quando questo governo non sarà più in carica".

Per Fratoianni e Bonelli quella del governo è "una truffa" e attaccano: "Giorgia Meloni in aula, rispondendo ai nostri interventi, ha detto 'vi stupirò, vi sorprenderò. Sulle banche, vedrete che sarò più coraggiosa della sinistra' e in effetti ci ha sorpreso e ci ha scandalizzato: la tassa sulle banche è una truffa. In realtà non c'è nessuna tassa sulle banche o sugli extraprofitti. Sono solo anticipazioni di imposte che lo stato dovrà restituire tra il 2027 e 2029”.

Stessa lettura da parte di Calenda: "I 3,5 miliardi dalla banche sono una cavolata perché solo sono un anticipo di un'imposta e non soldi dalle banche". Una sintonia tra le opposizioni che potrebbe tradursi in emendamenti comuni alla manovra.

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