Prodi ‘benedice’ Schlein: “Può federare il centrosinistra”
Il Professore ospite d'onore al Forum Pd sull'Ue disegna orizzonte dem in vista europee e attacca Atreju e Meloni
Quando dici 'tenerci' al Pd. Romano Prodi arriva e dà una mano ai dem e a Elly Schlein. Non solo la presenza e l'intervento dal palco al Forum sull'Europa agli Studios sulla Tiburtina. Ma si ferma con i cronisti e attacca Atreju, punge Giorgia Meloni sul suo posizionamento in Ue. Poi lancia l'assist alla segretaria. Può essere lei la federatrice del centrosinistra? "Ogni momento ha il suo federatore e io credo che lei possa benissimo esserlo'', è l'investitura del Professore. Certo, aggiunge, "il problema è farsi federare...", alludendo alle ritrosie dei potenziali alleati da Calenda a Conte. Questa la sfida, aperta, per Schlein. E Prodi è dalla sua parte.
Anche quando dice che ha fatto bene a non andare ad Atreju. "Il confronto si fa in Parlamento, che lo vogliamo fare nelle prigioni di Castel Sant'Angelo?". E proprio mentre Elon Musk con la sua Tesla sta arrivando da Fdi, il Professore rimarca: "Quando chiamate Musk o Vox o questi interlocutori, vuol dire che vivete in un mondo diverso, statevene nel mondo diverso, questo è quello che penso. Schlein che ci andava a fare? E' uno show, un dibattito finto".
L'affondo su Meloni e le posizioni in Ue
E sulla premier e le sue relazioni in Ue, Prodi esclama: "Ma si decida signora, si decida. Meloni ci sta isolando? Non ha ancora deciso se stare con Bruxelles o con Budapest. Sta tenendo il suo voto in sospeso per vedere quando sarà più necessario al momento delle elezioni, intanto però si perde la guida dell'Europa. In Europa c'è un nucleo forte e l'Italia ha sempre contribuito. Non ho mai pensato che l'Italia fosse il motore dell'Europa, ma è sempre stata decisiva". Parla anche di Victor Orban per riferirsi al governo Meloni: "Orban è sempre contro l'Europa, ma non sarà mai fuori dall'Europa, malgrado le sue contraddizioni che anche il nostro governo cavalca con grande spensieratezza".
"Ora la sfida è completare l'Europa"
Parlando di Europa, Prodi continua a insistere sul superamento del diritto di veto e dell'unanimità che blocca ogni decisione. L'ultimo quello di Orban che ha causato il rinvio dell'approvazione del bilancio Ue e dei fondi a KIev. Parla anche di Ucraina, di guerra e soprattuto di pace, il Professore. "Abbiamo solo un'unità sostanziale sull'Ucraina" ma "senza capacità propositiva e quindi nessun ruolo nemmeno per iniziative di pace. Se si pensa che ne ha avuto più la Turchia che l'Ue qualcosa vuol dire che è mancato... Quindi primo grande obiettivo è politica estera e di difesa comune per avere nel mondo la forza di portare avanti il compiti di equilibrio e moderazione che è indispensabile per la pace e che è proprio dell'Europa". E specifica: "Non parlo di un assurdo aumento di spese militari, noi spendiamo molto, 480 miliardi" ma di una difesa unitaria.
Quindi Prodi si rivolge al Pd: "La sfida di noi riformisti è completare l'Europa, fare l'Europa federale". E guardando alle europee di giugno, il Professore invita a comporre liste di personalità "competenti", non usi le candidature come "premio di consolazione" perchè "non c'è Europa senza l'Italia e perchè continui ad essere un punto fermo anche in futuro, occorre mandare a Bruxelles una squadra forte, coesa, competente e che si prepara a ricoprire ruoli prestigiosi, una squadra in cui si possano esprimere i vertici di domani".
Nomi e progetto forte, il suggerimento al Pd che in "questi 15 anni ha perso 6 milioni di voti". "Il populismo -osserva- non è un evento casuale ma il rifugio di chi non trova una casa utile e molti non l'hanno più trovata nel Pd. In 15 anni si sono persi 6 milioni di voti e questo vuol dire che dobbiamo trovare una nuova strada per costruire un rapporto forte con la società perché" in ogni caso "il Pd resta l'unico partito in Italia ancora capace di parlare con i suoi elettori".
Politica
Elezioni Regionali, Follini: “Veri vincitori sono i...
Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"I partiti a più alta densità di populismo sono usciti piuttosto malconci dalla prova elettorale di domenica scorsa. La Lega di Salvini ha perso la gran parte dei suoi voti e ha dovuto ammaiare la bandiera della presidenza della regione umbra. I Cinque stelle di Giuseppe Conte a loro volta hanno continuato quella loro discesa agli inferi, quantomeno numerici, che ha attraversato i loro più recenti percorsi elettorali.
Si dirà che i numeri di questa tornata, per quanto così poco fruttuosi, non bastano per annunciare un declino definitivo. Si aggiunga pure che né Salvini né Conte sono i soli depositari delle fortune del populismo -che s’è almeno in parte insinuato anche tra quelle forze che pure se ne proclamano agli antipodi. Resta il fatto che quell’onda di piena che sembrava destinata a travolgere irrimediabilmente ogni brandello dell’ufficialità politica di più lungo corso oggi sembra almeno in parte rifluire. Riconsegnando molte chiavi della disputa ai professionisti della materia. Con quale esito, si vedrà più avanti.
Inoltre i veri vincitori di questa ultima contesa dell’anno sono -non per caso- due sindaci (tre con quello di Genova). Come a richiamare in servizio quel nobile apprendistato politico che si nutre di conoscenza del territorio, di accudimento dell’elettorato, di cura la più concreta e operativa della propria comunità. Tutti segni del fatto che forse sta pian piano tornando d’attualità una politica che non si abbandona troppo a certe fumisterie demagogiche ma reclama semmai una presenza dentro le fibre più minute degli ambiti in cui si esprime un mestiere antico e nobile -ancorché non più così di moda.
Insomma c’è più di qualche indizio a favore di un ritorno in campo della politica. Anche se poi la marea montante dell’astensionismo, che ogni volta fa balzi da gigante verso proporzioni sempre più angosciose, lascia intendere che la partita è ancora apertissima a tutti gli esiti e che il sentimento di protesta e di disaffezione antipolitico è tutt’altro che archiviato.
Resta il fatto che quel malessere oggi non si incanala più così facilmente verso le formazioni che si illudevano di beneficiarne in nome della loro (supposta) purezza. Circostanza che a sua volta pone problemi inediti e non facilissimi anche ai loro stessi alleati. Infatti Salvini e Conte continuano ad essere considerati decisivi per le fortune delle coalizioni. Laddove cresce l’insofferenza nei loro riguardi e la consapevolezza della loro china discendente. Ma non fino al punto di espungerli dai due campi. Meloni infatti si trova tuttora a governare con Salvini e senza i suoi voti non può disporre né di una maggioranza parlamentare né, forse, di una maggioranza elettorale. E il Pd di Schlein a sua volta insiste a confidare anche nei voti del M5S per allestire una coalizione numericamente competitiva. Così, i due populisti, già autori del primo governo gialloverde nella scorsa legislatura, continuano a disporre di buone carte malgrado i numeri stentati di queste ultime tornate.
Si dirà che il populismo non è solo quello di Salvini e di Conte. E che alcune delle sue parole d’ordine sono penetrate anche ben dentro le mura di quei partiti che non vogliono dirsi populisti. Circostanza che rende ancora più complessa la questione e più ardua la previsione. Ma che per l’appunto dovrebbe indurre i players politici più collaudati a cercare finalmente di attraversare il bivio che li ha paralizzati fin qui. Perché con i populisti le mezze misure non funzionano. O si chiede loro di restare a bordo, e allora bisognerà accettare almeno in parte il loro modo di vedere le cose. Oppure si decide di lasciarli a terra, e a quel punto
Si vedrà se il loro è un incendio che ancora divampa oppure è diventato ormai un fuoco di paglia. La notizia è che forse, a questo punto, lasciarli a terra non è più così proibitivo come appena qualche mese fa". (di Marco Follini)
Politica
Mandato d’arresto Netanyahu, Tajani: “Salvini...
Il ministro degli Esteri: "Non credo che la decisione favorisca la pace ma la sentenza va rispettata"
Sul mandato d'arresto spiccato dalla Corte penale internazionale sul premier israeliano Benjamin Netanyahu "le opinioni di Salvini sono legittime ma parla in quanto capo di partito. La posizione dell'Italia e del governo è la posizione del presidente del Consiglio, che il ministro degli Esteri ha il dovere di attuare anche perché poi il ministro degli Esteri condivide la posizione del presidente del Consiglio". Così il vicepremier, Antonio Tajani, ospite di '4 di sera Weekend' su Retequattro commentando le affermazioni del leader della Lega secondo cui se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto.
"La posizione del governo - ribadisce Tajani- è quella del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri".
"Ora prudenza e capire il motivo della decisione"
"Bisogna vedere le carte, cioè cercare di capire per quale motivo si è arrivati a questa decisione da parte della Corte. Noi la rispettiamo, però dobbiamo tener conto che la Corte deve svolgere soltanto un ruolo giuridico, non un ruolo politico", chiarisce Tajani. "In questo momento -aggiunge - serve grande prudenza perché non credo che il mandato di arresto per Netanyahu e per l'ex ministro della difesa sia un passaggio utile che favorisca la pace e il cessate il fuoco".
La decisione della Cpi "semmai fa indispettire Israele - spiega il ministro - Netanyahu non verrà mai arrestato perché non andrà in nessun Paese in questo momento, essendoci la guerra in corso in Israele, ma rimarrà in Israele. Se va negli Stati Uniti, gli Usa non riconoscono la Corte, quindi non c'è alcun pericolo sostanziale per lui. È una scelta politica, ripeto, noi decideremo insieme ai nostri alleati il da farsi, tant'è che lunedì e martedì si svolgerà il G7 esteri a Fiuggi. Ne parleremo con i nostri alleati, porremo il problema, vedremo se si potrà arrivare ad una posizione comune e, come Occidente, decidere il da farsi".
"L'unica cosa che noi politicamente dobbiamo dire - sottolinea Tajani - è che non si può assimilare Netanyahu, che è il presidente del Consiglio di un Paese democratico dove ha vinto le elezioni ed è stato eletto dal popolo israeliano, al capo di una organizzazione terroristica. Cioè all'uomo che ha pensato e organizzato la strage degli israeliani il 7 ottobre dell'anno scorso. Questo è per noi un aspetto politicamente di grande rilievo".
"Auspico cessate il fuoco in Libano e a Gaza"
"Mi auguro che si possa arrivare ad un cessate il fuoco che chiuda questa stagione di guerra, almeno in Libano. Le trattative sono in corso, non so se l'Iran effettivamente vuole raggiungere il cessate il fuoco, ma bisogna fare di tutto perché si raggiunga questo obiettivo", afferma il vice presidente del Consiglio aggiungendo che "questo naturalmente metterebbe in maggior sicurezza i nostri militari che si muovono sotto le bandiere dell'Unifil, cioè delle Nazioni Unite. Hanno dei bunker dove potersi proteggere e fortunatamente i quattro militari sono stati feriti leggermente".
"Lunedì incontrerò il ministro degli esteri del Libano - prosegue Tajani -che sarà qui a Roma e gli ribadirò che i militari italiani non si toccano. Le truppe Hezbollah non sono l'esercito regolare libanese, sono truppe che di fatto rispondono più all'Iran che al Libano. Sono le truppe armate del Partito di Dio, sono un'organizzazione praticamente semiterroristica che ha attaccato fino ad oggi lo Stato di Israele. L'Unifil stava in mezzo tra israeliani e Hezbollah proprio per impedire che ci fosse il peggioramento della situazione che invece c'è stato. E' chiaro che stando in mezzo rischiano di essere colpiti da una parte e dall'altra".
"Noi siamo stati espliciti con il governo israeliano che ci ha garantito il massimo impegno - dichiara il ministro - perché i nostri militari non vengano colpiti da parte israeliana. Con Hezbollah è impossibile parlare perché non è un'organizzazione statale, è un'organizzazione di fatto terroristica. Non so se hanno voluto intimidire i nostri militari oppure se non sono capaci di utilizzare le armi che hanno, che sono armi fornite dall'Iran. Certamente la situazione è quella che è, bisogna lavorare assolutamente per il cessate il fuoco. Noi sosteniamo la posizione americana che punta veramente a trovare un accordo. Poi si lavorerà per trovare un cessate il fuoco a Gaza perché la situazione è veramente preoccupante in tutta l'area".
Politica
Vannacci lancia il suo movimento ‘Il mondo al...
Il generale presenta anche un calendario: c'è la vignetta su Paola Egonu
Roberto Vannacci lancia il suo movimento politico 'Il mondo al contrario' ma, assicura, "non è un partito" e "non intende lanciare un'opa sulla Lega". Con Matteo Salvini "nessuna spaccatura".
''Questa è la seconda Assemblea del 'Mondo a contrario' che segna il passaggio da movimento culturale a politico - spiega Vannacci - . Vogliamo radunare tutti coloro che si riconoscono nella casa che segue il sottoscritto. Non è un partito, state tranquilli. Chi continua a pensare e dire che faccio un partito per fare un'opa sulla Lega dice balle, non è così...''.
"Con Salvini siamo in sincronia"
''Che io spacchi il centrodestra e la Lega ormai è un ritornello che si ripete da mesi. E che viene ripetuto da certa stampa. Non c'è alcuna spaccatura con Salvini che ho sentito ieri e abbiamo avuto una bellissima conversazione amichevole. Siamo entrambi convinti che nel futuro della Lega ci siamo tutti e due e - ha assicurato l'europarlamentare - portiamo avanti questa splendida avventura. Come si è visto a Pontida. Tra di noi non ci sono problemi di competizione e neanche problemi di fraintendimenti. Siamo in sincronia senza bisogno di discuterne prima. Sono un valore aggiunto per la Lega. Si è detto che Vannacci usa la Lega come un taxi, ma io non ho bisogno di taxi e non mi sono mai scostato dalla vita della Lega stessa''.
Il calendario e la vignetta su Egonu
L'iniziativa è l'occasione per promuovere anche un calendario ('Un anno con Vannacci' la scritta in copertina) dove il generale viene raffigurato in divisa da parà. Dentro c'è una seria di vignette, una per ogni mese. Per aprile la protagonista del fumetto è una ragazza simile all'olimpionica azzurra della pallavolo Paola Egonu, nata da genitori nigeriani, che esclama: 'Ho i tratti somatici italiani!'. Accanto, girato di spalle, c'è Vannacci che replica: 'Certo, come io ho quelli nigeriani'.
'