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A1, protesta agricoltori blocca traffico: chiuso il casello di Orte

I mezzi fermi sull'autostrada hanno sventolato il tricolore. Il ministro Lollobrigida: "Governo al fianco dei produttori, creare difficoltà ai cittadini non ha senso"

Protesta trattori (Fotogramma)

Decine di trattori e tir hanno bloccato oggi il traffico sull'A1 in entrata e in uscita da Orte. La manifestazione di protesta degli agricoltori, con il tricolore sventolato dai mezzi fermi, ha costretto alla chiudere il casello di Orte in entrambe le direzioni al km 491.3. E' stato, poi, riaperto attorno alle 15.50. Tutti i manifestanti sono stati allontanati, mentre resta il presidio solitamente presente accanto al casello.

Lollobrigida: "Governo al fianco dei produttori, creare difficoltà ai cittadini non ha senso"

"Qualche punto di chiarezza per capire che in Italia la situazione è differente perché il Governo Meloni è dalla parte degli agricoltori, senza se e senza ma" scrive il ministro dell'Agricoltura e Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida in un lungo post su Facebook. "Se i problemi sono stati causati dalle scelte di Bruxelles, creare difficoltà ai nostri cittadini non ha molto senso. In Italia non c’è un Governo da convincere come in altre nazioni. Sappiamo bene quel che va fatto". "Questo Governo è al fianco di chi intende lavorare per avere il giusto reddito e creare ricchezza per se e la Nazione. Molto ancora si può e si deve fare, ma siamo e rimaniamo convintamente al fianco degli agricoltori, pronti al massimo impegno in Italia come in Europa". "Le politiche dell’Unione Europea, avallate dai Governi che ci hanno preceduto, - sottolinea - sono state semplicemente folli".

Perché protestano gli agricoltori

La protesta degli agricoltori dilaga anche in Italia, come un’onda che partita dalla Germania e dalla Francia sembra non fermarsi per contrastare una politica europea troppo penalizzante, orientata come è al Green Deal. E coltivatori e allevatori italiani ridotti allo stremo da costi di produzione esagerati e basse remunerazioni faranno sentire sempre di più la loro voce sfilando con i loro trattori per le strade e nelle piazze. Raduni sono previsti anche martedì prossimo 30 gennaio in varie zone della Lombardia, in Toscana e Sardegna dal movimento 'Riscatto Agricolo' mentre mercoledì 31 a Verona un altro gruppo sta organizzando un grande presidio in occasione della inaugurazione di Fieragricola, la fiera di riferimento del settore che si tiene nel quartiere fieristico.

"Non ci sentiamo rappresentati dalle organizzazioni agricole, ci sono questioni che riguardano la politica europea ma molte vanno affrontate anche a livello nazionale come il fatto che venga riconosciuto un costo di produzione, fermo dal 2019” afferma all’Adnkronos Giorgio Bissoli, contoterzista di Verona, portavoce di un movimento di base, che risponde allo slogan ‘Uniti si vince’. Una protesta dunque che esula dalle appartenenze di ciascun agricoltore o allevatore alle associazioni del settore come Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri.

Martedì scorso Remo Roncari, 52 anni, commerciante veneto di materie prime, ha partecipato ad una manifestazione sempre a Verona nei pressi del mercato ortofrutticolo che si è svolta in maniera pacifica. Gli agricoltori si sono accampati nei pressi del mercato ortofrutticolo per due giorni, sono rimasti tutta la notte e sono andati via il pomeriggio del giorno seguente. “Siamo arrivati con 400 trattori, eravamo un migliaio, – riferisce raggiunto al telefono – se non avremo risposte andremo avanti ma non vogliamo fare blocchi stradali, noi chiediamo sempre le autorizzazioni. Nel mio gruppo whatts app siamo circa 900 persone”. Si tratta infatti di gruppi di centinaia di contadini che interagiscono tra loro e si autoconvocano via social nelle varie province, da Nord a Sud.

“Il mercato sta cambiando per via delle massicce importazioni di prodotti agricoli come il mais che fanno abbassare i prezzi delle nostre produzioni, mentre non si sono abbassati i costi produttivi e gli agricoltori non ce la fanno – spiega ancora Roncari - e quello che ci fa anche innervosire è che il prezzo al consumo non si è abbassato”. Anche le tasse, dall’Imu all’Irpef pesano sui redditi agricoli ed incombe la minaccia che possa essere tolta l’agevolazione sul carburante, secondo quanto riferiscono i diretti interessati, come è avvenuto per i colleghi francesi e tedeschi. Tra le varie rivendicazioni anche quella di contenere la fauna selvatica che provoca ingenti danni come, ad esempio, le nutrie in Emilia Romagna.

Steven Tuffi, 27 anni, è titolare di un’azienda agricola con vacche da latte a Frosinone, ha partecipato ad una manifestazione di tre giorni in piazza a Frosinone con corteo in città nei giorni scorsi con una partecipazione numerosa con circa 200 trattori. “Ci stiamo battendo per una giusta remunerazione che viene ostacolata da norme europee, come quella sull’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni, ma non solo. – sostiene l’imprenditore agricolo – Noi vogliamo tutelare i prodotti italiani e sfatare l’opinione che gli agricoltori inquinano quando invece siamo i custodi dell’ambiente. Noi stiamo scendendo in piazza senza bandiere sindacali perché le associazioni a cui aderiamo non sono riuscite a raggiungere determinati obiettivi e ci siamo rotti le scatole. Il latte che proviene dall’estero viene venduto come italiano e questo è intollerabile, inoltre la filiera guadagna ma al produttore arriva ben poco”.

Quanto alla politica Tuffi afferma: “siamo aperti al dialogo con il ministero e con l’Europa ma dobbiamo raggiungere determinati risultati. Siamo compatti e vogliamo far sentire la nostra voce sui territori comunali, provinciali e anche a livello nazionale. Facciamo manifestazioni pacifiche e ci dissociamo da chi può creare danni alla popolazione. Ma siamo disposti ad andare avanti perché vogliamo salvaguardare le nostre aziende e le nostre famiglie".

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Cronaca

Giulia Cecchettin, oggi parola alla difesa e Turetta torna...

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Il pm ha chiesto ieri l'ergastolo

Filippo Turetta - Agenzia Fotogramma

Dopo la richiesta di ieri di una condanna all'ergastolo a Filippo Turetta da parte del pm di Venezia Andrea Petroni, oggi la parola nel processo per l'omicidio di Giulia Cecchettin passa alla difesa. Gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera terranno la loro arringa davanti alla corte d'Assise di Venezia e per il 22enne chiederanno la pena che gli spetta con la speranza che il carcere assuma la sua funzione di rieducazione e possa permettere al giovane, accusato dell'omicidio dell'ex fidanzata, di capire il disvalore del suo gesto e avere la possibilità - data sua giovane età - di riscattarsi. Non chiederanno altro i difensori, l'avvocato Giovanni Caruso e la collega Monica Cornaviera, che domani terranno la loro arringa davanti alla corte d'Assise di Venezia.

Secondo indiscrezioni, la difesa parlerà un paio di ore per rispondere alla richiesta di ergastolo formulata dal pm Andrea Petroni. Oggi l'imputato, che ieri ha assistito all'intera udienza quasi immobile e sempre a testa bassa, dovrebbe tornare in aula per l'ultima udienza prima della sentenza prevista il 3 dicembre.

Gino Cecchettin: "Vengano applicate le leggi"

"Mi aspetto solo che vengano applicate le leggi. Io sono già morto dentro di fatto, la mia battaglia, ma preferirei chiamarla il mio percorso ,è fuori dall'aula. Per me non cambierà nulla, Giulia non la rivedrò più. L'unica cosa che posso fare è prodigarmi, come farebbe Giulia, per fare in modo che ce ne siano il meno possibile di casi come il suo, di genitori che debbano piangere una figlia morta. Io so cosa vuol dire e lavorerò per questo", ha affermato Gino Cecchettin, il papà della ventiduenne di Vigonovo uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, ospite a Rai Radio2, ai microfoni di Serena Bortone e del 'consigliere' Francesco Cundari a '5 in Condotta'.

Nel corso dell'intrevento Cecchettin ha annunciato che "con il ministro Valditara ci incontreremo i primi di dicembre. Vorrei portare dei dati concreti insieme al nostro comitato scientifico e vorrei confrontarmi in modo costruttivo. Ognuno ha le sue opinioni ma penso che si possa cercare di trovare un percorso sulle parti condivisibili. La scuola dovrebbe continuare il percorso di formazione verso l’affettività, dare come valori fondamentali il rispetto della vita altrui e l’amore verso gli altri, e condannare la violenza in tutte le sue forme e da ovunque arrivi".

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Cronaca

Carabinieri, Mario Cinque nominato vicecomandante generale

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Lo riferisce la nota del Cdm

Carabinieri, Mario Cinque nominato vicecomandante generale

Su proposta del ministro della Difesa, Guido Crosetto, il consiglio dei ministri ha deliberato la nomina del Generale di Corpo d’armata del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente, Mario Cinque, a Vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Lo riferisce la nota del Cdm.

Nato a Napoli il 6 febbraio 1963, sposato, con due figli, il generale di Corpo d'Armata Mario Cinque ha intrapreso la vita militare nel 1978, frequentando la Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli e successivamente i corsi dell’Accademia Militare di Modena, della Scuola di Applicazione Carabinieri di Roma e della Scuola di Guerra a Civitavecchia.

Laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna, master in “Scienze Strategiche”, Cinque ha ricoperto numerosi incarichi nelle varie organizzazioni dell’Arma. In quella addestrativa, ha svolto servizio presso la Scuola Sottufficiali di Firenze e all’Accademia Militare di Modena. Nell’Arma territoriale, ha operato per diversi anni nel Lazio, quale Comandante della Compagnia di Bracciano e del Reparto Territoriale di Frascati, in Campania, quale Comandante Provinciale di Napoli e della Legione e in Sicilia, in provincia di Catania, quale Comandante di Compagnia. In Sicilia è stato anche Comandante della Sezione Anticrimine del Raggruppamento Operativo Speciale.

I suoi periodi di Comando sono stati alternati con incarichi di Stato Maggiore presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, tra cui Capo Sala Operativa e Capo Ufficio Operazioni, Capo Ufficio Personale Ufficiali e Capo del I Reparto. Inoltre, da Colonnello, ha retto l’incarico di Comandante del Reggimento Corazzieri e Aiutante di Campo del Presidente della Repubblica. Dal 6 settembre 2018 al 24 gennaio 2021 è stato Sottocapo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Il 25 gennaio 2021 è stato nominato Capo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri dopo che il suo predecessore Teo Luzi ha assunto la carica di Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri.

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Cronaca

Violenza sulle donne. “La mia Paola uccisa mentre...

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Vito Calabrese, marito della psichiatra Labriola: "Se fosse stata uomo forse sarebbe ancora con noi. Recuperiamo i valori della bellezza e della gentilezza"

Violenza sulle donne.

"Ho un pensiero fortissimo, anche se non potrei sostenerlo in nessun modo: che se al posto di Paola ci fosse stato un uomo, quel giorno, sarebbe andata diversamente". Chissà quante volte avrà sognato di riportare indietro le lancette del tempo, Vito Calabrese, marito di Paola Labriola, la psichiatra uccisa a coltellate da un paziente nel settembre del 2013 nel Centro di salute mentale in cui prestava servizio. "A mio parere - ragiona mentre si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne - la sua morte si potrebbe definire un femminicidio. E' stato certo un episodio di violenza verso un operatore sanitario, violenza che è molto aumentata", ma colpiscono i numeri: in 2 casi su 3 anche qui ad essere colpite sono le donne. "E' chiaro che è un discorso anche culturale e c'è sempre tantissimo da fare, in tutti i momenti della vita, in tutte le situazioni, a partire dal linguaggio. E' un lavoro culturale che, secondo me, dobbiamo fare tutti", per opporre "cultura, bellezza, gentilezza", alla violenza sulle donne, ma anche in sanità, dice Calabrese, psicologo in pensione, amante del bello e della letteratura.

Sul fronte sanitario "non è cambiato niente. Penso che la risposta non sia quella 'securitaria'. Certo, l'inasprimento delle pene ci sta, anche il rafforzamento della sicurezza con vigilantes e tutto il resto, è chiaro che ci vogliono centri attrezzati anche contro questo tipo di problematica. Ma c'è anche altro: la sanità pubblica è diventata sempre più calpestata. Le risorse sono sempre diminuite. Dalla situazione di Paola in poi, se ci penso, le cose sono peggiorate, è aumentata la violenza ed è diminuito il personale. Sono cresciute le liste d'attesa. E se si lavora male, diminuisce la gentilezza, le persone sono esasperate dal grandissimo disagio sociale ed economico. Questo non giustifica la violenza - precisa - Ma sono dei presupposti. Noi viviamo in un mondo violento, le cose belle vengono poco rappresentate. Penso a una mia cara amica, che faceva rappresentare i sogni dei bambini, e ha scritto un libro bellissimo. Sarebbe bello che si parlasse di questo, anche del fatto che in un piccolo paesino è stata fatta un'esperienza così bella in una scuola. Ma non importa a nessuno. Sembra una banalità, o facile buonismo, ma si tratta di opporre la gentilezza, le cose belle alla violenza".

Il film di quello che è accaduto in quel terribile giorno del 2013 lo ha scorso tante volte nella sua mente, Vito. "Ma questo fa parte dei tormenti di una persona che vive una vicenda del genere, è normale, fa parte di un percorso personale - racconta - E' stata una prova notevole per la nostra famiglia. Però, devo essere anche sincero, ho sentito una grande partecipazione da parte delle persone. Paola è stata molto rappresentata. Anche gli aspetti simbolici sono importanti. C'era chi mi diceva: che cosa ti interessa di una medaglia se ti hanno ammazzato la moglie? Lo pensavo anch'io, però poi ho capito il senso. Noi non dobbiamo soltanto abitare lo spazio, dobbiamo anche abitare il tempo, la ritualità".

Insomma, "anche l'aspetto simbolico è importante, per i miei figli lo è stato - assicura - Paola ha avuto un riconoscimento, una medaglia d'oro, siamo stati dal presidente della Repubblica, che ha parlato con noi. Non è che questo me la può restituire, ma quel discorso sarà stato prezioso per i miei figli, sono state anche esperienze di partecipazione. Io poi ho scritto un libro, sto continuando anche una mia riflessione. Ho fondato un'associazione, come fanno un po' tutte le vittime. E' una risposta che uno può dare per dare un senso a quel che è successo. Potevo chiudermi nel mio silenzio, non l'ho fatto. E oggi mi sento un uomo più forte di prima, anche se è chiaro che Paola mi manca da morire, e mi mancherà per sempre".

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