Fmi non cambia le stime per l’Italia: Pil al +0,7% nel 2024
Previsto, invece, un rialzo al +1,1% per l'anno prossimo
Il Fondo Monetario Internazionale conferma oggi le stime sull'economia italiana. Nell'aggiornamento del World Economic Outlook, appena diffuso, l'Fmi ribadisce per il nostro Paese la previsione di una crescita modesta per il 2024 pari a +0,7%, mentre per il prossimo anno rialza di 0,1 punti il giudizio di ottobre scorso, stimando un Pil a +1,1%. Va molto peggio in Europa alla Germania che subisce sia quest'anno che nel 2025 un taglio di 0,4 punti che portano la crescita stimata rispettivamente a 0,5 e 1,6%. Taglio anche per la Francia, con un Pil previsto quest'anno a +1% (-0,3 punti) e nel 2025 a +1,7% (-0,1 punti). Queste revisioni impattano sulla previsione dell'Fmi per l'Eurozona che, dopo il deludente 2023 a +0,5%, ora è vista nel 2024 in crescita solo dello 0,9% (-0,3 punti) e dell'1,7% il prossimo anno (-0,1).
Il Fondo Monetario Internazionale vede - cautamente - rosa e nell'aggiornamento del World Economic Outlook rivede al rialzo le stime della crescita globale che per il 2024 ora è prevista al 3,1% - in aumento di 0,2 punti rispetto alle valutazioni di ottobre scorso - mentre per il prossimo anno la stima è di +3,2%. Una revisione che l'Fmi motiva con l'andamento migliore del previsto dell'economia negli Stati Uniti e in diversi grandi mercati emergenti e economie in via di sviluppo, ma anche con le misure di sostegno fiscale previste in Cina. Il fondo riconosce come le previsioni per il 2024-25 sono, tuttavia, inferiori alla media storica (2000-2019) del 3,8%, con tassi di riferimento elevati da parte delle banche centrali per combattere l’inflazione, mentre il ritiro delle misure di sostegno di bilancio in un contesto di debito elevato grava sull’attività economica assieme a una bassa crescita della produttività di fondo.
La crescita del commercio mondiale è prevista al 3,3% nel 2024 e al 3,6% nel 2025, al di sotto del tasso di crescita medio storico del 4,9%. Il fondo pone anche l'accento sul peso di dazi e misure restrittive: secondo i dati del Global Trade Alert, sono state imposte circa 3.200 nuove restrizioni al commercio nel 2022 e circa 3.000 nel 2023, rispetto alle circa 1.100 del 2019.
Calo dell'inflazione nel 2025 a livello globale
Il Fmi vede ancora un'inflazione in calo con un dato globale che dal 6,8% del 2023 dovrebbe passare quest'anno al 5,8% per, poi, scendere ancora al 4,4% nel 2025. Nell'aggiornamento del World Economic Outlook il Fondo rivede così al ribasso di 0,2 punti percentuali la stima per il 2025 con una discesa più forte per le economie avanzate che nel 2024 dovrebbero registrare un dato del 2,6% (e quindi vicino al target fissato dalle principali banche centrali), mentre mercati emergenti ed economie in via di sviluppo dovrebbero vedere l’inflazione diminuire di appena 0,3 punti percentuali sul 2023, scendendo quest'anno all’8,1%. Nel complesso, l'Fmi prevede che nel 2024 circa l’80% delle economie mondiali registrerà un’inflazione complessiva e core annua media inferiore a quella del 2023. "In diverse grandi economie - sottolinea il Fondo - la revisione al ribasso dell’andamento previsto dell’inflazione , combinato con un modesto miglioramento dell’attività economica, implica un 'atterraggio' più morbido del previsto".
Economia
Bonus ristrutturazioni 2025: Ecco come cambia e perché è...
Allora, diciamolo chiaramente: se stai pensando di ristrutturare casa, il 2025 potrebbe essere il momento giusto. Non è una di quelle decisioni che prendi su due piedi – lo capiamo benissimo. Perché parliamo di bonus, scadenze, regole che cambiano ogni anno. Una vera giungla, insomma. Quest’anno, la Legge di Bilancio ha cambiato un po’ le carte in tavola sul Bonus Ristrutturazioni, e ci sono delle cose importanti da sapere. Perché? Perché tutto cambia e anche in fretta. Quindi fai un bel respiro, rilassati e vediamo insieme cosa c’è di nuovo e come fare per sfruttarlo al meglio. Non è solo questione di numeri: è capire come fare la mossa giusta al momento giusto.
Prime case: quali sono le novità?
Se hai una prima casa e stai pensando di ristrutturarla, c’è una bella notizia per te. Fino alla fine del 2025 puoi ottenere una detrazione del 50% su quello che spendi, fino a un massimo di 96.000 euro per ogni unità immobiliare. Non è per niente male, no? Ma attento: dal 2026 la detrazione scenderà al 36%, sempre con lo stesso limite di spesa. Quindi, tradotto in parole semplici, hai poco più di un anno per goderti questo vantaggio al massimo. E se hai in mente di fare qualche lavoretto, di cambiare qualcosa, il momento giusto è proprio adesso. Non aspettare, perché ogni mese che passa potrebbe significare meno risparmi in futuro.
Ma cosa significa questo in pratica? Che il 2025 è l’ultimo anno per ottenere il massimo dai lavori sulla tua casa principale. Se hai già in mente di rifare il bagno, cambiare gli infissi o migliorare l’efficienza energetica della tua abitazione, questo è il momento di fare sul serio.
E per le seconde case?
Le cose sono leggermente diverse se parliamo di seconde case. La detrazione applicabile nel 2025 è del 36%, sempre con il tetto dei 96.000 euro. Ma anche qui, c’è una sorpresa: dal 2026, l’aliquota scenderà ulteriormente al 30%. Non c’è molto tempo per prendere decisioni, quindi è meglio valutare bene se è il caso di intervenire subito.
Certo, è evidente che il Governo abbia voluto incentivare maggiormente gli interventi sulle abitazioni principali, penalizzando un po’ chi possiede una seconda casa. Ma questa è la linea intrapresa da chi sta a capo: premiare chi investe nella propria abitazione principale e spinge verso un miglioramento strutturale del proprio bene.
Che tipi di lavori sono inclusi?
La lista degli interventi coperti dal Bonus Ristrutturazioni è piuttosto ampia. Si va dai lavori di manutenzione straordinaria, come il rifacimento degli impianti elettrico e idraulico, alla sostituzione di infissi e serramenti, fino a interventi più complessi di isolamento termico e efficientamento energetico. Se, invece, hai problemi di accessibilità, sono inclusi anche interventi come l’installazione di ascensori o montascale.
Per quanto riguarda i condomini, il bonus si applica anche alla manutenzione ordinaria su parti comuni come facciate, scale e androni. E non dimentichiamoci della bonifica dell’amianto e dell’installazione di sistemi di sicurezza come allarmi e telecamere. Insomma, c’è parecchio da fare e ci sono tante possibilità di miglioramento.
Addio sessione del credito: la grande novità del 2025
Una delle modifiche più significative è l’eliminazione della cessione del credito e dello sconto in fattura. Sì, avete letto bene: non si potrà più cedere il credito a terzi o ottenere uno sconto diretto sul conto del fornitore. Il bonus sarà utilizzabile solo sotto forma di detrazione Irpef, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo. Questo cambia un po’ le carte in tavola, perché chi aveva bisogno di liquidità immediata potrebbe trovarsi in difficoltà.
È una scelta che non ha messo d’accordo tutti, anzi, in molti la vedono come un passo indietro. La cessione del credito era una soluzione che permetteva a tante persone di poter fare lavori senza dover anticipare l’intero costo. Ma ora, bisognerà tornare a fare i conti con il proprio budget e organizzarsi di conseguenza.
Bonus mobili: ancora qualcosa per arredare
Diciamocelo, quando ristrutturi casa, chi riesce a resistere alla tentazione di rifare anche gli interni? E qui il Bonus Mobili ti viene in aiuto. Anche per il 2025, puoi contare su una detrazione del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, purché di classe energetica A+ o superiore. C’è un limite di 5.000 euro, ma è comunque una bella mano, soprattutto se vuoi dare un nuovo look a tutto. Che dire? Se hai sempre sognato di rinnovare ogni angolo della tua casa, questo potrebbe essere il momento giusto. Può essere visto come un vero e proprio “rinnovo completo” che ti permette di respirare aria nuova.
Occhio all’aggiornamento catastale
Un aspetto spesso trascurato – ma non meno importante – riguarda l’aggiornamento catastale. Se si vogliono fare lavori che comportano modifiche strutturali significative, bisognerà aggiornare le planimetrie. Questo passaggio è fondamentale per garantire la trasparenza e la correttezza delle operazioni eseguite. Se l’immobile ha già usufruito del Superbonus, poi, è necessario verificare che tutte le modifiche siano state correttamente dichiarate.
La documentazione: cosa serve per ottenere il bonus?
Burocrazia, burocrazia, burocrazia. Sì, perché per accedere al Bonus Ristrutturazioni è indispensabile presentare una serie di documenti: permessi edilizi (come Scia, Cil o Cila), fatture e ricevute di pagamento (da effettuare rigorosamente tramite bonifico “parlante”) e per chi abita in condominio, la dichiarazione dell’amministratore che attesti le spese sostenute. Per gli interventi di efficientamento energetico, potrebbe essere richiesta anche una certificazione energetica.
Insomma, serve un po’ di pazienza, ma è tutto a portata di mano se ci si organizza per tempo.
Il nostro consiglio? Non aspettare
Con tutte queste novità, il messaggio è chiaro: se hai in programma dei lavori di ristrutturazione, muoviti ora. Non aspettare che le aliquote scendano o che le condizioni cambino ulteriormente. Pianifica tutto nei minimi dettagli, verifica la conformità del tuo immobile e preparati a conservare accuratamente ogni singola ricevuta.
Le modifiche introdotte nel 2025 sono un invito a investire nella propria abitazione principale, migliorandone l’efficienza e la sicurezza. E forse, proprio in questo, possiamo leggere il vero spirito del Bonus Ristrutturazioni: migliorare la qualità della nostra vita, una ristrutturazione alla volta.
Economia
Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?
Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione
Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.
Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?
E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.
Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.
Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.
Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.
La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)
Economia
Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...
Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.
“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.
“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.