La nota di Casa Savoia: "Circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra". I funerali il 10 febbraio a Torino
E' morto oggi a Ginevra Vittorio Emanuele di Savoia, il figlio dell'ultimo re d'Italia aveva 86 anni.
"Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 Febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra", recita una nota di Casa Savoia che dà notizia della morte.
I funerali di Vittorio Emanuele di Savoia si svolgeranno a Torino sabato 10 febbraio alle ore 15 nella Basilica di Superga. Lo confermano all'Adnkronos ambiente della famiglia.
La nascita, l'esilio, il caso Hamer, il ritorno: chi era Vittorio Emanuele
Il principe Vittorio Emanuele di Savoia, nato a Napoli il 12 febbraio 1937, era figlio dell'ultimo re d'Italia Umberto II e di Maria José. Era sposato con Marina Doria, da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto.
Pretendente al trono d'Italia, per anni in disputa con la linea dinastica di Aimone di Savoia-Aosta, Vittorio Emanuele di Savoia, è stato una personalità controversa, segnata dalla vicenda dell'omicidio di Dirk Hamer sull'isola di Cavallo nel 1978, che cambiò per sempre la sua vita.
Il suo nome completo è Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria e alla sua nascita venne subito acclamato come "il principe dell'Impero" allora da poco proclamato dal regime fascista. Vittorio Emanuele ricevette il titolo di principe di Napoli insieme a quello storico di principe di Piemonte. Suo padre Umberto II aveva intenzione di abdicare per renderlo re ma il 2 giugno 1946, il referendum istituzionale che dette agli italiani l'opportunità di scegliere tra monarchia e repubblica, fece cadere, al contrario delle convinzioni dei Savoia, la sua possibilità di salire al trono.
Il 12 e 13 giugno del 1946 il governo conferì i poteri dello Stato al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il 1 gennaio 1948, venne stabilito che i discendenti maschi della famiglia Savoia sarebbero dovuti andare in esilio con divieto di ingresso in Italia. Così, i Savoia, andarono via dal Paese e restarono in esilio tra la Svizzera, la Francia e la Corsica fino alla fine del 2002 quando poterono tornare in Italia in seguito all'abolizione della norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di casa Savoia all'esilio.. Nel 2002, con un comunicato emesso da Ginevra, prese ufficialmente le distanze dalle leggi razziali, per la prima volta nella storia di casa Savoia. Sempre nel 2002 furono pubblicate dichiarazioni in cui accettava la fine della monarchia: insieme con il figlio giurò per iscritto e senza condizioni fedeltà alla Costituzione repubblicana e al presidente della Repubblica, rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo Stato italiano.
Nel 2007 Vittorio Emanuele chiese il risarcimento allo Stato italiano di 260 milioni di euro per l'esilio e la restituzione dei beni confiscati nel 1948. Nel 2022 ha chiesto, invece, la restituzione dei gioielli di famiglia, che sono custoditi da tempo nei forzieri della Banca d'Italia.
Vittorio Emanuele di Savoia dopo 13 anni di fidanzamento, nonostante la contrarietà di suo padre Umberto, sposò Marina Doria con rito civile a Las Vegas l'11 gennaio 1970 e con rito religioso a Teheran il 7 ottobre 1971. Dal matrimonio con Marina Doria nacque, nel 1972, suo figlio Emanuele Filiberto, diventato nel frattempo anche un noto personaggio televisivo.
Vittorio Emanuele è stato al centro di diversi scandali e molte accuse. Negli anni '70 venne indagato per traffico internazionale di armi in alcuni paesi mediorientali che erano sotto embargo. L'indagine finì con un'archiviazione. Vittorio Emanuele era intermediario d'affari per conto della Agusta e, grazie all'amicizia con lo scià di Persia Reza Pahlavi, proprio in quegli anni si era occupato della compravendite di elicotteri tra l'Italia, l'Iran e altri paesi arabi.
Il 18 agosto 1978 venne accusato di omicidio per aver sparato al giovane tedesco Dirk Hamer, 19 anni, nell'isola di Cavallo in Corsica. L'ipotesi d'accusa di omicidio volontario, sulla base della quale fu in seguito arrestato, cadde nel novembre del 1991 quando fu prosciolto dalla Camera d'accusa parigina e condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d'arma da fuoco, "fuori dalla propria abitazione". Il 21 giugno 2006, durante la sua detenzione nel carcere di Potenza, una microspia ha intercettato una sua conversazione in cui ammetteva di aver sparato il colpo alla gamba, vantandosi di essere uscito vittorioso dalla vicenda. Il contenuto della conversazione fu divulgato poco tempo dopo dalla stampa.
Come molte personalità della classe dirigente italiana, Vittorio Emanuele risultò iscritto alla loggia massonica P2 di Licio Gelli con la tessera numero 1.621. Tra gli altri guai delll'erede Savoia, il 16 giugno 2006 su ordine del Gip del Tribunale di Potenza, su richiesta del pubblico ministero Henry John Woodcock, venne arrestato con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell'ambito di un'indagine legata al casinò di Campione d'Italia. Dopo una lunga vicenda giudiziaria è stato assolto da ogni accusa. Il 23 febbraio 2015 Vittorio Emanuele di Savoia ha ottenuto un risarcimento di 40.000 euro per i giorni trascorsi in cella da innocente.
Guardie d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon: "Preparati da tempo, notizie ci addolora"
"Eravamo preparati da tempo, è una notizia che ci addolora molto. Quella del principe Vittorio Emanuele è stata una vita decisamente sfortunata, massacrato per tutta la vita; purtroppo da buona parte della stampa ogni cosa che ha fatto è stata utilizzata a suo danno". E' il ricordo all'Adnkronos del capitano di vascello Ugo D'Atri, presidente dell'Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon.
"Ricordo quando nel 2006 venne arrestato e poi si è scoperto che non c'era niente sotto, e poi la morte del ragazzo tedesco per un colpo di pistola, mentre il principe aveva in mano un fucile e non poteva essere lui - continua - Eppure nell'immaginario collettivo è stata sempre colpa sua. Nessuno si è mai posto il problema di quanto abbia sofferto, se non chi stava intorno a lui, come noi Guardie d'Onore. Ha avuto nella vita meno di quanto meritava, è nato in una reggia, doveva diventare Re e poi a 9 anni è stato mandato in esilio che si è protratto per 57 anni, gran parte della sua vita. Una cosa medievale, inumana, anacronistica, assurda nel XX secolo". "Il principe Emanuele Filiberto mi ha chiamato un'ora fa - aggiunge il presidente D'Atri - dicendo che le intenzioni della famiglia sono di portarlo a Superga".
Cronaca
Violenza su donne, il presidente del Tribunale di Milano:...
Roia: "L'intermittenza o il giustificazionismo non fa bene, non fa bene un linguaggio improprio, non fanno bene interventi scomposti o inappropriati perché il tema maggiore è fare capire agli uomini che agiscono violenza che quello è un crimine"
"Non sono gli immigrati che creano il problema della violenza sulle donne, il problema della violenza di genere è storico, strutturale e sociale". Il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, intervistato dall’Adnkronos alla vigilia della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, non fa giri di parole e d'altronde ha i numeri dalla sua parte.
Gli italiani condannati in tribunale a Milano per reati legati al genere sono 440 negli ultimi 12 mesi, con un incremento del 15%. Se si guarda alla nazionalità, gli italiani rappresentano il 62% delle 714 condanne totali, in crescita del 3% rispetto all'anno precedente. Nel 2024 il Tribunale di Milano, dove si registra un aumento delle misure cautelari (1.246 a fronte delle 758 precedenti, +64% in un anno) ha inflitto pene per 798 anni di carcere. Inutile negare che in alcuni paesi la donna gode di meno diritti rispetto agli standard medi europei, ma se "questo può incrementare il numero delle violenze, non incrementa un fenomeno che ha solide radici nel patriarcato".
E' l'identità della donna che chi compie violenza vuole cancellare. "Deve cambiare il linguaggio, a maggior ragione quello degli atti giudiziari", per non incorrere in "una cattiva informazione e nella vittimizzazione secondaria" spiega Roia. "Ad esempio, abbiamo ancora una categoria giuridica, che applichiamo dal diritto romano, che è la 'diligenza del buon padre di famiglia' che è espressione di un linguaggio antico che necessiterebbe di un cambiamento". Occorre insomma una rivoluzione culturale per un fenomeno che anche quest'anno tocca le tre cifre: sono quasi cento i femminicidi in Italia. Secondo i dati diffusi a inizio novembre dal Tribunale di Milano, le vittime più numerose - il totale è di 1.132 (circa il 70% italiane) - ha tra 26-35 anni (187, pari al 16,5%) seguita dalla fascia 36-45 anni (180).
E' tra le "mure domestiche" che si annida maggiormente la violenza, conferma il presidente Roia che definisce "Allarmante" i dato sui minorenni coinvolti come vittime: sono 325 con un aumento pari al 46% rispetto al 2023. "Quando i figli sono esposti a situazioni di violenza subiscono un trauma e da adulti possono sviluppare un trauma mediato, come autori o come vittime. Quando ci sono minori che assistono a fatti di violenza è importante parlarne, andare ai centri antiviolenza, trovare dei riferimenti per uscire da un legame tossico che fa più vittime".
Gli strumenti offerti dal legislatore sono "ottimi per intervenire sotto tutti i punti di vista: nel settore penale, nel campo della prevenzione dove possiamo usare per la violenza domestica il codice antimafia, o nel civile con gli ordini di protezione in caso di violenza familiare in presenza di un bambino. Le leggi ci sono, vanno applicate bene, con competenza, efficacia e specializzazione". Eppure la violenza di genere sembra un problema che non riguarda tutti.
L'emergenza "viene vista a intermittenza, con troppo giustificazionismo, forse con troppa ideologia, non capendo che questo è un tema di civiltà trasversale che deve andare da destra a sinistra, da sinistra a destra passando per il centro, che deve interessare e impegnare tutti i punti cardinali della politica perché è una spia del grado di civiltà di un paese". L'intermittenza o il giustificazionismo "non fa bene, come non fa bene un linguaggio improprio, come non fanno bene certi interventi scomposti o inappropriati perché il tema maggiore è fare capire agli uomini che agiscono violenza che quello è un crimine al pari di commettere una rapina in un officio postale o spacciare droga" conclude il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia. (di Antonietta Ferrante)
Cronaca
‘Aspettando Atreju’, Bellucci: “Con...
Al Museo delle Genti di Pescara momento di confronto sui principali temi di attualità, analizzati dagli esponenti nazionali di Fratelli d’Italia
Maria Teresa Bellucci (Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali) è intervenuta nel corso dell’iniziativa “Aspettando Atreju”. L’appuntamento, tenutosi al Museo delle Genti di Pescara, è stato un momento di confronto sui principali temi di attualità, analizzati dagli esponenti nazionali di Fratelli d’Italia. Insieme al Viceministro sono intervenuti nel panel “L’Italia torna a correre” anche Giovanni Donzelli (Responsabile Nazionale Dipartimento Organizzazione di Fratelli d’Italia), Sara Kelany (Responsabile Nazionale Dipartimento Immigrazione di Fratelli d’Italia), Marco Osnato (Presidente della VI Commissione Finanze) e Marco Marsilio (Presidente della Regione Abruzzo). Il Viceministro Bellucci ha dichiarato: "Per chi governa questa nazione e, come me, ha responsabilità di governo, immergersi tra le persone è la possibilità di avere un ritorno di energia positiva che ci incoraggia ad andare avanti".
"Come Governo Meloni abbiamo cambiato paradigma non solo del lavoro, ma anche delle politiche sociali. Ad una cultura basata meramente sui sussidi, noi abbiamo proposto un paradigma fondato sulla libertà, sul diritto al lavoro e sul poter e dover partecipare alla crescita dell’Italia. Abbiamo voluto riconoscere un ruolo da protagonista al lavoro. Sono particolarmente fiera di poter parlare di record d’occupazione femminile, oggi al 53%, ma ogni mattina mi alzo e penso a quelle restanti donne escluse ancora dal mercato lavoro -ha aggiunto Bellucci-. Il diritto di ogni donna ad essere riconosciuta per quanto vale non passa per una vocale al femminile: è la destra italiana ad aver determinato la prima donna alla Presidenza del Consiglio dei ministri; siamo stati noi a raggiungere il record occupazionale; siamo stati noi a varare numerose misure volte all’inclusione lavorativa delle donne così da contribuire allo sviluppo del paese".
"L’obiettivo è uno solo: far partecipare tutti, nessuno escluso, e avere pensatori liberi di poter pensare e partecipare in ogni modo, autonomo o dipendente che sia. La mia identità professionale è la cosa più cara che ho, e io credo che ogni imprenditore che si alza la mattina e mette a rischio tutto sia un eroe, e come tale vada riconosciuto, non con l’etichetta di evasore che da sempre gli mette addosso la sinistra", ha spiegato il viceministro.
"Il Governo Meloni è quello che dice che non esistono lavori o cittadini di serie a e di serie b, ma solo italiani a cui va garantito il diritto di vivere la propria vita in maniera libera e autodeterminata. A chi ci dice che siamo disattenti verso i giovani e i più fragili, ricordo che nei confronti dei primi è il Governo Meloni ad aver stanziato oltre 250 milioni di euro per aprire comunità giovanili in nome dello sport, della formazione, della musica e dell’arte. Ed è sempre questo esecutivo a potenziare i servizi sociali con oltre 300 milioni di euro come ad aver varato la prima riforma in favore delle persone anziane, in 78 anni della Repubblica italiana, con oltre un miliardo di euro messo a disposizione che ancora non basta ma che dà sicuramente il segno di quanto le persone siano per noi una priorità", ha proseguito Bellucci.
Infine, in vista della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Viceministro ha detto: "Per una vera difesa della donna, tra le tante azioni del Governo Meloni, abbiamo raddoppiato i fondi del Piano di prevenzione e contrasto alla violenza, abbiamo diffuso il numero antiviolenza 1522, abbiamo reso strutturale il reddito di libertà. Sono sempre stata convinta che una donna è molto più fragile quando non può puntare sulle proprie risorse economiche, e la nostra azione in questo senso è sempre stata - e continuerà ad essere - particolarmente incisiva".
Cronaca
Violenza su donne, pm Stagnaro: “Mai incontrato...
La sostituta procuratrice in forza al quinto dipartimento della procura di Milano racconta la sua esperienza e svela che non c'è l'identikit del malvagio: pensarlo è un concetto tranquillizzante per tutti, per delimitare persone che percepiamo estranee a noi.
Nessun lupo cattivo delle fiabe, la violenza ha il volto di chi ci sta accanto. Rosaria Stagnaro, sostituta procuratrice in forza al quinto dipartimento della procura di Milano, combatte da anni il fenomeno e sa bene che non esiste nessun identikit del malvagio. "Il problema principale della violenza di genere è che è prossima, è familiare, e vicina; non può essere delimitata e quindi appiccicata come una etichetta deteriore ai confini della società. In questi anni in cui mi sono occupata principalmente di violenza di genere io non ho incontrato mostri; ho incontrato padri, fratelli, nonni, fidanzati" dice in un'intervista all'Adnkronos alla vigilia del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
"Credo non esista alcun identikit dell'uomo violento e che pensarlo sia un concetto tranquillizzante per tutti, per delimitare persone - lo straniero, il folle, ', il geloso ossessivo, il paranoico - che percepiamo estranee a noi". Un inganno per sentirsi diversi, innocenti, per non far parte della schiera dei quasi 100 uomini che solo nel 2024 hanno ucciso una donna. "La violenza è la forma di controllo materiale, psicologico e di possesso da parte di un uomo, determinata dall’esigenza di attaccare la sua identità di donna" che si concretizza nell'abominio "tu hai senso in quanto mia e ora te lo dimostro".
Un'aggressione costante, stabile, che trova terreno fertile "nelle relazioni familiari, domestiche e anche lavorative perché è in tutti questi rapporti che emerge con evidenza l’identità di donna" spiega la magistrata che rileva come le denunce sul lavoro siano ancora poche, quasi nulle. Un dato che ribadisce come il sommerso sia troppo diffuso. Eppure uscire dal silenzio è l'unica strada possibile. "Bisogna denunciare perché non è vero che non serve, non è vero che non accade nulla, non è vero che gli uomini violenti non vengono condannati, non è vero che le vittime non vengono credute".
Il processo penale, spiega la magistrata Rosaria Stagnaro "può e deve rappresentare un nuovo inizio in cui la vittima comincia a guardarsi non più come la guarda l'uomo violento, ma come lei guarda se stessa e come la società la guarda: una donna che ha subito un'ingiustizia". E osservare l'altro, a casa come a scuola, resta importante per cogliere possibili campanelli d’allarme in chi, "anche nelle generazioni più giovani, vede la donna come oggetto di un possesso da esercitare e di uno strumento da utilizzare per un personale appagamento", portando così la vittima a isolarsi "convinta dall'autore della violenza di avere bisogno solo di lui. Bisogna spezzare la catena dell'isolamento e dell'esclusività".
Le riforme, come il 'codice rosso', hanno introdotto "una serie di strumenti legislativi e operativi efficaci e più rapidi" per affrontare un argomento che ha assunto i caratteri "di un fenomeno criminologico caratterizzato da stabilità: non ci occupiamo più di singoli episodi o di una situazione transitoria di mera emergenza". Ogni quattro giorni c'è un femminicidio, ma almeno sei vittime su dieci non hanno mai raccontato a nessuno le violenze subite.
"E' evidente che permane una difficoltà delle donne a rivolgersi all'autorità giudiziaria e a denunciare, e questo impone una responsabilità aggiuntiva. Occorre che nelle realtà più prossime ai nuclei familiari (istituti scolatici, servizi sociali, presidi medici, consultori) sia presente personale specializzato per fornire alla vittima le informazioni necessarie, in relazione ai centri antiviolenza, al supporto legale e anche i contatti con le forze dell'ordine territorialmente competenti. Il primo contatto con la vittima assume una valenza decisiva, è l'inizio di un percorso in cui si dice alla vittima 'non sei sola con lui'" conclude la pm Rosaria Stagnaro. (di Antonietta Ferrante)