Profughi palestinesi a La Spezia, Fcei: “Per loro primi attimi di normalità”
In cinque, arrivati con Nave Vulcano, saranno ospitati a Roma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia in attesa di ricongiungersi con i familiari
C'è una ragazza incinta che in Italia è arrivata con la cognata ma che in Turchia ha lasciato la figlia bisognosa di cure con la nonna. Ma c'è anche chi sotto le bombe ha perso la moglie. Sono storie drammatiche quelle dei 62 profughi palestinesi, tra cui 32 minori, 18 di loro bisognosi di cure mediche e sanitarie specifiche, arrivati stamani al porto di La Spezia a bordo di nave Vulcano, la nave ospedale della Marina Militare. Si tratta per lo più di nuclei familiari arrivati in Egitto scappando da Gaza attraverso il Varco di Rafah. Cinque di loro, tra cui la futura mamma e l'uomo che a Gaza ha visto morire la sua compagna di vita, saranno ospitati dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) in attesa di potersi ricongiungere con i loro familiari.
"Sono tutti giovani, ovviamente hanno storie di dolore alle spalle, ci hanno detto di essere felici di essere qui e di poter aspettare in sicurezza i loro cari, per la sorte dei quali la paura resta tantissima", racconta all'Adnkronos Federica Brizi, responsabile accoglienza della Fcei, che stamani era a La Spezia quando nave Vulcano ha attraccato in porto. E' lei ad essersi occupata dell'organizzazione dell'arrivo dei cinque profughi che saranno ospitati dalla Federazione a Roma. "Sono responsabile corridoi umanitari per la Fcei - dice -, ma questa è una situazione totalmente diversa, più emergenziale e con un bisogno sanitario molto più urgente".
Chi è arrivato stamani era "molto provato, anche psicologicamente", spiega. Sono preoccupati per i familiari lasciati nell'inferno della guerra. "Tanti hanno figli e parenti stretti che arriveranno per curarsi, ma altrettanti lasciano familiari in una situazione gravissima - aggiunge -. Allo stesso tempo, sono contenti di essere arrivati e desiderosi di chiedere l'asilo qui in Italia. Ci hanno detto che da sempre avvertono il sostegno degli occidentali nei confronti della popolazione palestinese. E' una cosa che mi ha molto colpito". Sul pullman che li conduce a Roma, oltre alla futura mamma, accompagnata dalla cognata, ci sono tre ragazzi. "Uno è un infermiere, un altro è un insegnante di fisica e il terzo lavorava in una ditta di auto", racconta Federica. Tutti e tre hanno lasciato i loro familiari. "Uno di loro ha tre figli che hanno bisogno di cure mediche, l'altro ha un bimbo ferito ma sotto le bombe ha perso la moglie. La moglie e il figlio del terzo, invece, sono rimasti a Gaza, non riescono a uscire".
Durante la sosta in autogrill nel viaggio verso Roma hanno pregato. "Sono piccoli momenti di normalità, vissuti chissà dopo quanto tempo", aggiunge Federica. Nella Capitale li attende una nuova vita. Ma la loro è una gioia a metà. "Il pensiero va a chi hanno lasciato indietro, a chi li raggiungerà presto ma anche a chi non potrà farlo", dice Federica. Ecco perché la Fcei torna a chiedere "un cessate il fuoco immediato" e nell'attesa un "corridoio umanitario dalla Striscia di Gaza per le persone in condizione di vulnerabilità che necessitano di interventi urgenti". (di Rossana Lo Castro)
Esteri
Ucraina, la previsione di Blinken: “Tregua? Putin...
Per il segretario di Stato Usa, un cessate il fuoco sarebbe l'occasione per dare modo alle truppe di Mosca di riorganizzarsi e attaccare di nuovo: "Improbabile che il presidente russo rinunci alle sue ambizioni"
Vladimir Putin "attaccherà ancora" l'Ucraina, anche in caso di un'ipotetica tregua nella guerra tra la Russia e Kiev. Un cessate il fuoco non è una garanzia per uno stop al conflitto: Mosca sarebbe destinata a riprendere l'offesiva. Ne è convinto Antony Blinken, segretario di Stato Usa, che in un'intervista al New York Times anticipa con una previsione - per nulla ottimista - le probabili future mosse dello 'zar' in caso di uno stop temporaneo al conflitto.
"È improbabile che Putin rinunci alle sue ambizioni. Se ci sarà un cessate il fuoco - ha spiegato Blinken -, probabilmente darà alle sue truppe il tempo di riposarsi, riorganizzarsi e attaccare di nuovo in futuro".
Per il segretario di Stato, il cessate il fuoco dovrebbe essere a lungo termine e l’Ucraina - a quel punto - dovrebbe avere il potenziale per scoraggiare l’aggressione. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, intendono aiutare l’Ucraina nel suo percorso verso la Nato o garantire la sicurezza di altri Paesi.
Blinken ha espresso quindi la speranza che gli Stati Uniti continuino a sostenere l'Ucraina perché, ha chiarito, "non si tratta solo dell'Ucraina. Non è mai stata solo una questione dell'Ucraina", ha sottolineato.
In un'altra intervista concessa al Finacial Times, Blinken ha quindi parlato dei rischi per l'Europa legati al conflitto in corso in Ucraina. "La più grande minaccia alla sicurezza degli europei - ha detto - è purtroppo causata in parte dai contributi dei Paesi che si trovano dall'altra parte del mondo, nell'Indo-Pacifico".
Oltre alla presenza di soldati nordcoreani che combattono a fianco dei russi contro gli ucraini, Blinken ha criticato in particolare la Cina, che si propone come mediatore di pace, ma allo stesso tempo invia in Russia materiale fondamentale per aiutarla a ricostruire la sua industria della difesa.
"Cercano di avere entrambe le cose", ha sottolineato Blinken, affermando che "la Cina sta sollevando la preoccupazione di molti Paesi" che come gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alle entità cinesi che aiutano lo sforzo bellico russo.
Rispondendo sull'efficacia delle sanzioni statunitensi, Blinken ha poi spiegato che "non è un interruttore della luce, ma penso che stia mettendo la Cina in una posizione sempre più difficile. Di sicuro non gli piacciono le azioni che abbiamo intrapreso contro le entità cinesi. E immagino che ce ne saranno altre in arrivo, se necessario, anche nelle prossime settimane".
Esteri
New Orleans, figliastro dell’ex tata di William e...
Edward Pettifer, 31 anni, è tra le 14 persone rimaste uccise a Capodanno
Tra le 14 vittime dell'attacco terroristico di New Orleans, avvenuto nella notte di Capodanno, c'è anche il 31enne Edward Pettifer, figliastro dell'ex tata dei principi William e Harry. Re Carlo, che ha appreso della morte di Pettifer attraverso i canali ufficiali, ne è rimasto profondamente rattristato e si è messo subito in contatto con la famiglia per esprimere le proprie condoglianze.
Secondo la ricostruzione del Telegraph, Pettifer era il figliastro di Alexandra Pettifer, precedentemente nota come Tiggy Legge-Bourke, tata del Principe William e del Principe Harry negli anni '90. Secondo il giornale, Pettifer era il figlio maggiore di Charles Pettifer, ex ufficiale delle Coldstream Guards, e di Camilla Wyatt, figlia di un allevatore di cavalli da corsa. Charles e Tiggy hanno avuto due figli che sono figliocci di William e Harry.
"Io e Catherine siamo tristi e sotto shock per la tragica morte di Ed Pettifer", scrive William sul profilo Instagram dei principi del Galles. "I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con la famiglia Pettifer e con tutte quelle persone innocenti tragicamente colpite da questo orribile attacco".
La famiglia di Pettifer ha rilasciato un comunicato in cui dice che “l'intera famiglia è devastata dalla tragica notizia della morte di Ed a New Orleans. Era un figlio, un fratello, un nipote e un amico meraviglioso per tanti. Mancherà terribilmente a tutti noi. I nostri pensieri sono rivolti alle altre famiglie che hanno perso i loro familiari a causa di questo terribile attacco - continua - Chiediamo di poter piangere la perdita di Ed come famiglia in privato. Grazie”. Il medico legale di New Orleans ha indicato la causa preliminare della morte di Pettifer come “ferite da corpo contundente”.
Esteri
Vescovo Aleppo vede al-Jawlani: “Incontro positivo,...
Monsignor Jallouf ha spiegato che il nuovo leader de facto è aperto verso i cristiani e si è detto certo che le cose andranno sempre meglio
E' stato ''un incontro molto positivo'' quello che, lo scorso 31 dicembre, il vescovo latino e vicario apostolico di Aleppo, monsignor Hanna Jallouf, ha avuto con il leader de facto della nuova Siria, Abu Mohammed al-Jawlani. ''Si è dimostrato molto, molto aperto nei confronti dei cristiani e questo ci rallegra'', ha dichiarato Jallouf all'Adnkronos riferendosi all'incontro che al-Jawlani ha voluto con ''tutti i capi religiosi della comunità cristiana in Siria l'ultimo giorno dell'anno''. In quell'occasione ''ci ha assicurato che come cristiani saremo parte integrante della nuova Siria'' e ha detto di voler ''lavorare per il bene di tutti i siriani''.
I primi passi, concreti, si stanno già vedendo spiega il vescovo. ''Abbiamo diversi segnali che le cose andranno bene, piano piano sempre meglio, direi benissimo'', afferma Jallouf spiegando di aver ''potuto festeggiare tranquillamente Natale e Capodanno''. Inoltre, aggiunge, ''al-Jawlani ha creato una commissione per l'università di Aleppo composta da cinque uomini musulmani e due cristiani''. Per il futuro, verso il quale ''c'è ottimismo'', Jallouf spiega che ''durante l'incontro al Palazzo presidenziale di Damasco abbiamo dato ad al-Jawlani due documenti, uno preparato dai patriarchi di Damasco e uno dei vescovi di Aleppo''.
Nei documenti erano presenti ''i contenuti che come comunità cristiana chiediamo che vengano integrati nella nuova Costituzione'' siriana. Non solo ''i diritti legati alla libertà di culto'', ma anche il rispetto dei ''diritti delle donne, il diritto al lavoro, il diritto alla parità'', spiega.
Rispetto ai timori legati al gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Jallouf afferma che ''non è certo vero, come si è detto, che sono venuti ad ammazzare i cristiani, a sgozzarli''. Certo, ammette, ''sul terreno c'è gente che è arrivata con al-Jawlani e che non è alla sua altezza''. Tra l'altro ''non sono tutti siriani, né hanno la sua mentalità''. Ma l'ottimismo resta dominate presso il collegio francesano di Aleppo: ''ci vuole un tempo'' e allo stato attuale ''ogni problema che nasce, viene risolto''.