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Meloni a Tokyo ‘chiude’ il caso Sgarbi e incassa l’intesa sul premierato

La premier risponde a muso duro a Schlein su Salis e carceri. Sul caso Stellantis bolla come 'bizzarre' le parole di Tavares e sui trattori dice: "Fatto il possibile per gli agricoltori"

Giorgia Meloni a Tokyo - Afp

In una Tokyo sferzata da una tempesta di neve, Giorgia Meloni - dopo il bilaterale con l'omologo giapponese Fumio Kishida e il passaggio di consegne del G7 - chiude il caso Sgarbi e incassa, da Roma, l'accordo di maggioranza sul premierato. Ma dalla premier arriva anche la risposta a muso duro a Schlein su Ilaria Salis e carceri, mentre sul caso Stellantis bolla come 'bizzarre' le parole di Tavares. E sulla protesta dei trattori dice: "Fatto il possibile per gli agricoltori"

Sgarbi, caso chiuso: "Accolgo le dimissioni"

Dopo il verdetto dell'Antitrust che si è espresso sull’incompatibilità del critico d’arte con la carica di sottosegretario alla Cultura, Sgarbi ha scritto una lettera a Meloni - riportata sulle pagine del Corriere della Sera - in cui si dice disposto sì a fare un passo indietro, ma dimostra di non averla presa benissimo. Pur mettendo in chiaro che farà quello che decide Meloni, Sgarbi chiede che la verifica su eventuali incompatibilità si allarghi ad altri membri del governo. Se di trasparenza si tratta, allora che valga per tutti, non solo per lui.

Meloni dal Giappone, incalzata dai giornalisti, mostra di avere le idee chiarissime: "La decisione di Sgarbi di dimettersi è corretta, aspetto di incontrarlo a Roma per accogliere quelle dimissioni". "Accolgo le dimissioni", insiste. Vicenda chiusa, almeno per lei. Perché sulla richiesta di una verifica ‘allargata’, per Meloni occorre attenersi agli "elementi oggettivi", dunque Sgarbi non si aspetti che il governo "decida per altri con elementi che non sono oggettivi".

L'intesa della maggioranza sul premierato, la replica piccata a Schlein su Salis e carceri

Il caso sembra già alle spalle per Meloni, che da Tokyo incassa l’intesa di maggioranza sul premierato, con una modifica che adesso rende la norma "più chiara rispetto alla precedente". L'opposizione, sulle barricate con centinaia e centinaia di emendamenti, "fa il suo lavoro", del resto per Meloni - è l'affondo - remano contro coloro che hanno "privilegiato i governi costruiti nel Palazzo". Nel mirino, in particolare, il Pd di Elly Schlein, che da Strasburgo accusa il governo di ritardi sul caso Salis: "Non so che cosa intende Elly Schlein - risponde piccata la presidente del Consiglio -, se è più brava di noi sicuramente saprà cosa fare”.

Anche sul sovraffollamento delle carceri e sulle accuse mosse dei dem, Meloni non le manda a dire: "Se la segretaria Schlein ritiene che il problema del sovraffollamento carcerario, come ha fatto la sinistra, si risolva togliendo i reati - scandisce - io non sono d'accordo con la sinistra. Penso che si risolva aumentando la capienza nelle carceri, assumendo e sostenendo la polizia penitenziaria come il governo ha fatto in questo anno perché l'unica risposta seria che può dare uno Stato".

Il caso Stellantis: "Tavares? Letto cose bizzarre"

Battaglia politica ma non solo, perché le grane, a Roma, non riguardano certo solo il 'ring' con gli avversari. Nel giorno in cui i sindacati annunciano un nuovo mese di cassa integrazione a Mirafiori, Meloni torna sul caso Stellantis e sulle parole dall’ad Carlos Tavares, pronto a mettere a rischio gli impianti in Italia in assenza di sussidi per la produzione di auto elettriche: “Quello che ho letto mi è parso abbastanza bizzarro", dice la premier, "penso che un ad di una grande società sappia che gli incentivi non possono essere rivolti a una azienda nello specifico e penso che si sappia anche che noi abbiamo appena investito un miliardo sugli eco-incentivi".

Il governo da parte sua - assicura - è "sempre disponibile e aperto per tutto quello che in Italia può produrre posti di lavoro" ma "se invece si ritiene che produrre in altre nazioni sia meglio, non posso dire niente ma poi non mi si dica che l'auto prodotta è italiana e non si venda come italiana" perché "il rapporto deve essere equilibrato".

"Protesta dei trattori? Fatto il massimo possibile per il comparto"

Oggi intanto l’attende un altro giorno a Tokyo, poi il ritorno a Roma, dove si avvicina di ora in ora la protesta dei trattori, ormai arrivati alle porte della Capitale. Il mondo degli agricoltori, assicura, è "uno dei principali a cui abbiamo rivolto la nostra attenzione e lo dimostrano i fatti", ricorda dicendosi comunque pronta all’eventualità di incontrarli.

Per il comparto, però, il governo ha fatto il "massimo possibile”, dunque i problemi non sono imputabili a scelte del suo esecutivo ma portate avanti da altri, in particolare dall'Unione europea: "Molta della rabbia degli agricoltori - assicura - deriva da una lettura ideologica della transizione ecologica che ha pensato di poter difendere l'ambiente combattendo gli agricoltori e questa non è la mia visione. Io penso che invece gli agricoltori siano fondamentali e debbano essere coinvolti nella transizione ecologica se vogliamo che questa funzioni”.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Elezioni Regionali, Follini: “Veri vincitori sono i...

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Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos

Elezioni Regionali - Fotogramma

"I partiti a più alta densità di populismo sono usciti piuttosto malconci dalla prova elettorale di domenica scorsa. La Lega di Salvini ha perso la gran parte dei suoi voti e ha dovuto ammaiare la bandiera della presidenza della regione umbra. I Cinque stelle di Giuseppe Conte a loro volta hanno continuato quella loro discesa agli inferi, quantomeno numerici, che ha attraversato i loro più recenti percorsi elettorali.

Si dirà che i numeri di questa tornata, per quanto così poco fruttuosi, non bastano per annunciare un declino definitivo. Si aggiunga pure che né Salvini né Conte sono i soli depositari delle fortune del populismo -che s’è almeno in parte insinuato anche tra quelle forze che pure se ne proclamano agli antipodi. Resta il fatto che quell’onda di piena che sembrava destinata a travolgere irrimediabilmente ogni brandello dell’ufficialità politica di più lungo corso oggi sembra almeno in parte rifluire. Riconsegnando molte chiavi della disputa ai professionisti della materia. Con quale esito, si vedrà più avanti.

Inoltre i veri vincitori di questa ultima contesa dell’anno sono -non per caso- due sindaci (tre con quello di Genova). Come a richiamare in servizio quel nobile apprendistato politico che si nutre di conoscenza del territorio, di accudimento dell’elettorato, di cura la più concreta e operativa della propria comunità. Tutti segni del fatto che forse sta pian piano tornando d’attualità una politica che non si abbandona troppo a certe fumisterie demagogiche ma reclama semmai una presenza dentro le fibre più minute degli ambiti in cui si esprime un mestiere antico e nobile -ancorché non più così di moda.

Insomma c’è più di qualche indizio a favore di un ritorno in campo della politica. Anche se poi la marea montante dell’astensionismo, che ogni volta fa balzi da gigante verso proporzioni sempre più angosciose, lascia intendere che la partita è ancora apertissima a tutti gli esiti e che il sentimento di protesta e di disaffezione antipolitico è tutt’altro che archiviato.

Resta il fatto che quel malessere oggi non si incanala più così facilmente verso le formazioni che si illudevano di beneficiarne in nome della loro (supposta) purezza. Circostanza che a sua volta pone problemi inediti e non facilissimi anche ai loro stessi alleati. Infatti Salvini e Conte continuano ad essere considerati decisivi per le fortune delle coalizioni. Laddove cresce l’insofferenza nei loro riguardi e la consapevolezza della loro china discendente. Ma non fino al punto di espungerli dai due campi. Meloni infatti si trova tuttora a governare con Salvini e senza i suoi voti non può disporre né di una maggioranza parlamentare né, forse, di una maggioranza elettorale. E il Pd di Schlein a sua volta insiste a confidare anche nei voti del M5S per allestire una coalizione numericamente competitiva. Così, i due populisti, già autori del primo governo gialloverde nella scorsa legislatura, continuano a disporre di buone carte malgrado i numeri stentati di queste ultime tornate.

Si dirà che il populismo non è solo quello di Salvini e di Conte. E che alcune delle sue parole d’ordine sono penetrate anche ben dentro le mura di quei partiti che non vogliono dirsi populisti. Circostanza che rende ancora più complessa la questione e più ardua la previsione. Ma che per l’appunto dovrebbe indurre i players politici più collaudati a cercare finalmente di attraversare il bivio che li ha paralizzati fin qui. Perché con i populisti le mezze misure non funzionano. O si chiede loro di restare a bordo, e allora bisognerà accettare almeno in parte il loro modo di vedere le cose. Oppure si decide di lasciarli a terra, e a quel punto

Si vedrà se il loro è un incendio che ancora divampa oppure è diventato ormai un fuoco di paglia. La notizia è che forse, a questo punto, lasciarli a terra non è più così proibitivo come appena qualche mese fa". (di Marco Follini)

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Politica

Mandato d’arresto Netanyahu, Tajani: “Salvini...

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Il ministro degli Esteri: "Non credo che la decisione favorisca la pace ma la sentenza va rispettata"

Antonio Tajani - Afp

Sul mandato d'arresto spiccato dalla Corte penale internazionale sul premier israeliano Benjamin Netanyahu "le opinioni di Salvini sono legittime ma parla in quanto capo di partito. La posizione dell'Italia e del governo è la posizione del presidente del Consiglio, che il ministro degli Esteri ha il dovere di attuare anche perché poi il ministro degli Esteri condivide la posizione del presidente del Consiglio". Così il vicepremier, Antonio Tajani, ospite di '4 di sera Weekend' su Retequattro commentando le affermazioni del leader della Lega secondo cui se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto.

"La posizione del governo - ribadisce Tajani- è quella del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri".

"Ora prudenza e capire il motivo della decisione"

"Bisogna vedere le carte, cioè cercare di capire per quale motivo si è arrivati a questa decisione da parte della Corte. Noi la rispettiamo, però dobbiamo tener conto che la Corte deve svolgere soltanto un ruolo giuridico, non un ruolo politico", chiarisce Tajani. "In questo momento -aggiunge - serve grande prudenza perché non credo che il mandato di arresto per Netanyahu e per l'ex ministro della difesa sia un passaggio utile che favorisca la pace e il cessate il fuoco".

La decisione della Cpi "semmai fa indispettire Israele - spiega il ministro - Netanyahu non verrà mai arrestato perché non andrà in nessun Paese in questo momento, essendoci la guerra in corso in Israele, ma rimarrà in Israele. Se va negli Stati Uniti, gli Usa non riconoscono la Corte, quindi non c'è alcun pericolo sostanziale per lui. È una scelta politica, ripeto, noi decideremo insieme ai nostri alleati il da farsi, tant'è che lunedì e martedì si svolgerà il G7 esteri a Fiuggi. Ne parleremo con i nostri alleati, porremo il problema, vedremo se si potrà arrivare ad una posizione comune e, come Occidente, decidere il da farsi".

"L'unica cosa che noi politicamente dobbiamo dire - sottolinea Tajani - è che non si può assimilare Netanyahu, che è il presidente del Consiglio di un Paese democratico dove ha vinto le elezioni ed è stato eletto dal popolo israeliano, al capo di una organizzazione terroristica. Cioè all'uomo che ha pensato e organizzato la strage degli israeliani il 7 ottobre dell'anno scorso. Questo è per noi un aspetto politicamente di grande rilievo".

"Auspico cessate il fuoco in Libano e a Gaza"

"Mi auguro che si possa arrivare ad un cessate il fuoco che chiuda questa stagione di guerra, almeno in Libano. Le trattative sono in corso, non so se l'Iran effettivamente vuole raggiungere il cessate il fuoco, ma bisogna fare di tutto perché si raggiunga questo obiettivo", afferma il vice presidente del Consiglio aggiungendo che "questo naturalmente metterebbe in maggior sicurezza i nostri militari che si muovono sotto le bandiere dell'Unifil, cioè delle Nazioni Unite. Hanno dei bunker dove potersi proteggere e fortunatamente i quattro militari sono stati feriti leggermente".

"Lunedì incontrerò il ministro degli esteri del Libano - prosegue Tajani -che sarà qui a Roma e gli ribadirò che i militari italiani non si toccano. Le truppe Hezbollah non sono l'esercito regolare libanese, sono truppe che di fatto rispondono più all'Iran che al Libano. Sono le truppe armate del Partito di Dio, sono un'organizzazione praticamente semiterroristica che ha attaccato fino ad oggi lo Stato di Israele. L'Unifil stava in mezzo tra israeliani e Hezbollah proprio per impedire che ci fosse il peggioramento della situazione che invece c'è stato. E' chiaro che stando in mezzo rischiano di essere colpiti da una parte e dall'altra".

"Noi siamo stati espliciti con il governo israeliano che ci ha garantito il massimo impegno - dichiara il ministro - perché i nostri militari non vengano colpiti da parte israeliana. Con Hezbollah è impossibile parlare perché non è un'organizzazione statale, è un'organizzazione di fatto terroristica. Non so se hanno voluto intimidire i nostri militari oppure se non sono capaci di utilizzare le armi che hanno, che sono armi fornite dall'Iran. Certamente la situazione è quella che è, bisogna lavorare assolutamente per il cessate il fuoco. Noi sosteniamo la posizione americana che punta veramente a trovare un accordo. Poi si lavorerà per trovare un cessate il fuoco a Gaza perché la situazione è veramente preoccupante in tutta l'area".

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Politica

Vannacci lancia il suo movimento ‘Il mondo al...

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Il generale presenta anche un calendario: c'è la vignetta su Paola Egonu

Roberto Vannacci - Fotogramma

Roberto Vannacci lancia il suo movimento politico 'Il mondo al contrario' ma, assicura, "non è un partito" e "non intende lanciare un'opa sulla Lega". Con Matteo Salvini "nessuna spaccatura".

''Questa è la seconda Assemblea del 'Mondo a contrario' che segna il passaggio da movimento culturale a politico - spiega Vannacci - . Vogliamo radunare tutti coloro che si riconoscono nella casa che segue il sottoscritto. Non è un partito, state tranquilli. Chi continua a pensare e dire che faccio un partito per fare un'opa sulla Lega dice balle, non è così...''.

"Con Salvini siamo in sincronia"

''Che io spacchi il centrodestra e la Lega ormai è un ritornello che si ripete da mesi. E che viene ripetuto da certa stampa. Non c'è alcuna spaccatura con Salvini che ho sentito ieri e abbiamo avuto una bellissima conversazione amichevole. Siamo entrambi convinti che nel futuro della Lega ci siamo tutti e due e - ha assicurato l'europarlamentare - portiamo avanti questa splendida avventura. Come si è visto a Pontida. Tra di noi non ci sono problemi di competizione e neanche problemi di fraintendimenti. Siamo in sincronia senza bisogno di discuterne prima. Sono un valore aggiunto per la Lega. Si è detto che Vannacci usa la Lega come un taxi, ma io non ho bisogno di taxi e non mi sono mai scostato dalla vita della Lega stessa''.

Il calendario e la vignetta su Egonu

L'iniziativa è l'occasione per promuovere anche un calendario ('Un anno con Vannacci' la scritta in copertina) dove il generale viene raffigurato in divisa da parà. Dentro c'è una seria di vignette, una per ogni mese. Per aprile la protagonista del fumetto è una ragazza simile all'olimpionica azzurra della pallavolo Paola Egonu, nata da genitori nigeriani, che esclama: 'Ho i tratti somatici italiani!'. Accanto, girato di spalle, c'è Vannacci che replica: 'Certo, come io ho quelli nigeriani'.

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