Dalla militanza alla redazione, Roberto Roscani racconta le ‘tante storie’ de l’Unità
Una storia lunga cento anni. Un quotidiano che ha accompagnato l'evoluzione della società italiana descrivendone i cambiamenti, i passaggi politici più complessi e i fatti di cronaca che hanno colpito l'opinione pubblica. Eventi tragici come il delitto Pasolini, oppure l'addio di Calvino al partito Comunista. Fatti e vicende che L'Unità ha seguito fin dalla sua nascita, il 12 febbraio del 1924, cinque mesi dopo la proposta di Antonio Gramsci di dare vita ad un giornale che desse voce agli operai e ai contadini e al vasto mondo della sinistra. Vicende che il giornalista Roberto Roscani racconta nel volume 'L'Unità. Una storia, tante storie', pubblicato da Fandango Libri. Giovane militante del partito Comunista, Roscani entra a far parte della redazione romana del quotidiano nei primi anni Settanta rimanendovi fino al 2.000, quando il giornale chiude improvvisamente.
"Prima ancora di scriverci - racconta Roscani nell'introduzione del suo libro - l'Unità l'ho letta. Ma per prima cosa l'ho diffusa. Non venduta. Non dovete immaginare gli strilloni col giornale che ancora qualche anno fa si vedevano ai semafori. Diffondere voleva dire andare nelle case, suonando ai campanelli di domenica mattina, farsi dire cento no e qualche sì. A Ponte Milvio, il mio quartiere e la mia sezione del Pci, ne facevamo arrivare ogni domenica cento, duecento copie all'edicola in piazza".
Dalla diffusione, Rusconi è poi passato a scrivere per il quotidiano che, di fatto, è diventato la sua 'casa' per tanti anni. "Poi all'Unità ci sono finito dentro ed è diventata casa mia per decenni, fino a quando, in un'estate dell'Anno Santo, con Roma invasa di pellegrini e Papaboys, a fine luglio del 2000, non ha chiuso i battenti", afferma Roscani. Così, capitolo dopo capitolo, l'autore mette in scena le vicende redazionali rappresentando, al tempo stesso, la vita culturale e politica del Paese raccontata dal giornale. Facendo leva sui suoi ricordi e sull'esperienza maturata sul campo, il giornalista ritrae anche i colleghi, direttori e non solo, che con il loro impegno hanno contribuito a trasformare L'Unità in un punto di riferimento per generazioni di militanti e di avversari politici.
Cultura
Giuli e Rocca: “Oggi importante passo verso il Museo...
Ministro della Cultura: "Oggi, con l'approvazione definitiva della legge che istituisce il Museo del Ricordo nella Capitale, riportiamo nel cuore della nostra Nazione una storia troppo a lungo nascosta"
Il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, hanno espresso la loro soddisfazione per l’approvazione definitiva, oggi in Commissione Cultura alla Camera, in sede legislativa, del disegno di legge che istituisce a Roma il Museo del Ricordo. Il ddl, varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 31 gennaio su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro della Cultura, prevede lo stanziamento di otto milioni di euro e la nascita di una Fondazione, di cui faranno parte come soci fondatori il MiC, la Regione Lazio, Roma Capitale e la Regione Friuli-Venezia Giulia.
"Ricordare -ha affermato il ministro della Cultura, Alessandro Giuli - significa 'riportare al cuore'. Oggi, con l'approvazione definitiva della legge che istituisce il Museo del Ricordo nella Capitale, riportiamo nel cuore della nostra Nazione una storia troppo a lungo nascosta. Lo facciamo celebrando in questo modo anche il ventesimo anniversario dell’approvazione della legge n. 92 del 30 marzo 2004, che ha istituito il Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Legge storica, che il Parlamento ha di recente implementato e che ha consentito di spezzare quella congiura del silenzio che per troppo tempo ha avvolto la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo nell’oblio e nell’indifferenza. Ringrazio il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il mio predecessore Gennaro Sangiuliano, il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, per aver promosso questa iniziativa. E deputati e senatori che hanno sottoscritto, in maniera unanime, questa proposta. Il cammino della memoria prosegue, e siamo già al lavoro per organizzare nel 2025 una grande mostra al Vittoriano dedicato all’esodo giuliano-dalmata. Rinnovo il mio affetto e il mio ringraziamento per lo straordinario lavoro portato avanti dalle associazioni degli esuli, instancabili testimoni del ricordo".
"Finalmente - ha sottolineato il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca - il Museo del Ricordo sorgerà, in un importante spazio della Regione Lazio che sarà riqualificato ad hoc, colmando un vuoto durato troppo a lungo. Roma, Capitale d’Italia, e il Lazio, divengono custodi e promotori di una doverosa memoria collettiva e nazionale. Gli orrori generati dai totalitarismi del XX secolo devono farsi testimoni concreti e attuali presso le giovani generazioni e, soprattutto, presso quelle del futuro. Ringrazio, innanzitutto il Presidente del Consiglio per aver sostenuto sin da subito questa iniziativa, l’ex Ministro Sangiuliano per lo sviluppo dell’ambizioso progetto e il Ministro Giuli per aver dato continuità a questo lavoro sinergico. Il Museo del Ricordo è un progetto che, nel suo iter parlamentare, si è arricchito di partner importanti come Roma Capitale e la Regione Friuli Venezia-Giulia. Finalmente, in Italia e con una iniziativa votata all'unanimità, sorgerà un luogo-simbolo in grado di ricostruire non solo la storia del dramma vissuto dai nostri connazionali del confine orientale nel corso di tutto il '900, ma di far emergere dall'oblio tutti i ‘ricordi’ cancellati dalla storia. È un dovere morale cui la Regione ha sempre creduto fermamente".
Cultura
Dall’antifascismo alla ‘Fasciofobia’, in...
Prefazione di Daniele Capezzone
Un libro-inchiesta sugli allarmi di ritorno al fascismo lanciati dalla sinistra italiana divenuti pressocché "quotidiani da quando è nato il governo di Giorgia Meloni". E' Fasciofobia (edito da Signs Publishing, 256 pagg., 20 euro), saggio firmato dal caporedattore di Libero Alberto Busacca, che mette in fila la lunga serie di strilli "paradossali e sconclusionati" della propaganda politica. "Il mitico 'rischio-fascismo' non può svanire – scrive Daniele Capezzone nella prefazione – se lo facesse, in un colpo solo la destra risulterebbe legittimata e la sinistra costretta a fare i conti con le proprie divisioni, con le proprie ricette spesso fallimentari, con il disincanto dei propri sostenitori".
"Dai continui allarmi sul 'fascismo alle porte' al sogno di demolire i monumenti del Ventennio, dalle bufale su Giorgio Almirante all’inchiesta su una torta con la faccia del Duce, e poi gli orsi trasformati in nuovi partigiani, la caccia al Babbo Natale col braccio teso e la vergogna per gli antenati che hanno indossato la camicia nera: l’antifascismo - è la testi di Busacca - sta cambiando faccia, trasformandosi in una 'fasciofobia' totalmente incomprensibile e priva di senso del ridicolo, che ha finito per danneggiare l’antifascismo medesimo. A ormai ottant’anni dal termine della Seconda guerra mondiale, infatti, è sempre più evidente che il fantasma di Mussolini venga usato dalla sinistra solo per provare a conservare posizioni di potere in ambito politico, mediatico e culturale".
Cultura
Buchmesse, al Padiglione Italia dialogo su ‘Patria e...
Confronto tra il saggista Alessandro Campi e lo storico Andrea Romano
Nel fitto e variegato programma di incontri al Padiglione Italia della Buchmesse 2024, si è inserito oggi il panel "La cultura che unisce. Patria e nazione, destra e sinistra. Le ragioni di un dialogo", moderato dal giornalista Tommaso Ricci, con Alessandro Campi, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Perugia e Andrea Romano, storico, politico, giornalista ed editor.
Ad aprire il dibattito, una riflessione su patria e nazione, "due parole affascinanti e pericolose che si sono prestate nel corso della storia a una doppia cultura - afferma Campi - La patria nasce come concetto democratico. La Nazione, che nasce con la rivoluzione francese, è una formula che a un certo punto è stata inventata per consentire a una vasta comunità di persone di stare insieme e di riconoscersi al loro interno. Quando la nazione viene declinata come principio di esclusione, diventa pericoloso, ma nazione vuol dire anche riconoscersi intorno a valori, storia, leggi. Ha un valore elastico".
"La domanda che dovremmo farci e che cos’è la patria secondo noi? - esorta alla riflessione Andrea Romano - Penso che ci sia una declinazione di patria di destra e di sinistra. Ogni cultura politica ha la sua declinazione di patria ed è positivo che destra e sinistra si scontri sull’idea di patria, perché uno scontro giusto è sinonimo di democrazia".
Il confronto si è poi spostato sulle categorie 'Destra e Sinistra': "Inviterei a mettere la questione in prospettiva storica, quindi a non pensare che ci siano una destra e una sinistra assolute - sottolinea Campi -. Destra e sinistra cambiano nel corso della storia. Il politologo italiano Giovanni Sartori disse che destra e sinistra sono due contenitori che possono essere riempiti di cose diverse. I valori che oggi distinguono destra e sinistra? Secondo me oggi, la linea di distinzione tra destra e sinistra generalmente intese è la linea di divisione tra universalismo e particolarismo". Per Romano "esistono sinistre e destre diverse che spesso sono in conflitto tra di loro. La sinistra è stata universalista nella sua storia. Il rischio che vedo oggi è che l’universalismo sia annacquato da particolarismi un po’ caotici fatti di tante identità che non sono sicuro siano davvero reali. Quando la sinistra si trincera dietro a queste micro-identità, perdendo il suo messaggio universalistico, perde di identità".
Infine un passaggio sulle ragioni di un dialogo, come recita il titolo del panel: "Il valore del dialogo è indispensabile - aggiunge Campi - perché non c’è divertimento a confrontarsi con chi è della stessa posizione. Vorrei si uscisse dalla logica del monologo, è divertente e utile per un paese il dibattito costruttivo". "C’è bisogno di un confronto non destinato solo alla casta accademica - conclude Romano - Sono ottimista, c’è bisogno di confronti vitali, intensi e argomentati anche attraverso i social, dentro i quali siamo tutti immersi".