Trump e le parole su Nato e Russia: la reazione di Usa, Ue e Italia
La condanna da parte del presidente americano e Casa Bianca, l'ironia di Borrell: "Siamo seri...". Tajani: "Non condivido". Peskov evita la domanda, cosa ha detto il tycoon
Le parole con cui Donald Trump ha ammesso di aver minacciato gli alleati Nato che avrebbe incoraggiato un'aggressione della Russia, sono "sconvolgenti e pericolose". E' quanto afferma Joe Biden commentando le dichiarazioni fatte dall'ex presidente durante un comizio in South Carolina, che stanno creando allarme tra gli alleati Nato, aggiungendo che se "il mio avversario potrà riprendere il potere, ha espresso nel modo più chiaro che abbandonerà i nostri alleati Nato in caso di attacco della Russia e permetterà alla Russia di fare quello che diavolo vuole".
"Essere comandante in capo è la responsabilità più alta che deve essere considerata con serietà dalle persone che ricoprono questo incarico - prosegue il presidente democratico - l'ammissione di Trump che intende dare luce verde a Putin per più guerra e violenza, per continuare il suo brutale assalto alla libera Ucraina ed espandere la sua aggressione ai popoli della Polonia e dei Paesi baltici è sconvolgente e pericolosa".
Queste affermazioni, continua Biden, "purtroppo sono prevedibili da parte di un uomo che premette di governare come uno dei dittatori che apprezza dal primo giorno se ritornerà nello Studio Ovale".
L''exploit' di Trump ha costretto ieri la Casa Bianca a correre immediatamente ai riparti, in un momento già complicato per il presidente Biden che cerca di contenere la strategia di Israele a Gaza. "Incoraggiare l'invasione dei nostri alleati più stretti da parte di regimi assassini è spaventoso e folle e danneggia la nostra sicurezza nazionale, la stabilità globale e la nostra economia", ha detto Andrew Bates, portavoce della Casa Bianca. D'altra parte, si fa notare, il trend rispetto alla denuncia di Trump è cambiato. Al 2022, sette Paesi Alleati (ora sono 31) spendevano almeno il due per cento del loro pil per la difesa. Erano solo tre nel 2014.
Borrell: "Idea sciocca da campagna elettorale, siamo seri"
"Siamo seri, la Nato non può essere un'alleanza à la carte: o esiste o non esiste. Non ho intenzione di impiegare il mio tempo commentando ogni idea sciocca che viene fuori durante questa campagna elettorale negli Usa", dice l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell, a margine del Consiglio informale Sviluppo a Bruxelles, commentando le parole dell'ex presidente. "Lasciatemi essere sarcastico - continua -, durante questa campagna elettorale sentiremo dire molte cose. Ma siamo seri: la Nato non può essere un'alleanza à la carte, un'alleanza che funziona a seconda degli umori del presidente degli Stati Uniti: un giorno sì, l'altro no, dipende da chi sei...suvvia, siamo seri", conclude.
La Commissione Europea sta intanto "preparando un processo interno strutturato, per prepararsi a tutti i possibili risultati delle elezioni presidenziali Usa", dice la viceportavoce capo della Commissione Arianna Podestà a Bruxelles durante il briefing con la stampa, a proposito delle possibili ripercussioni sui rapporti commerciali di una eventuale vittoria di Donald Trump. "E' una cosa che stiamo preparando: non abbiamo altre informazioni da condividere", conclude.
Tajani: "Trump? Non condivido"
"Il tema è quello della difesa europea, su cui insistiamo da tempo. Non entro nella campagna elettorale Usa" ma “non condivido le parole del candidato Trump sulla Nato", commenta Antonio Tajani a margine di una conferenza stampa alla Camera.
La reazione della Nato
A Trump, ha replica ieri anche - e soprattutto - il segretario generale della Nato. "La Nato resta pronta e in grado di difendere tutti gli alleati, ogni attacco alla Nato avrà una risposta forte e unita", ha detto Jans Stoltenberg, con parole che rispondono in particolare alle esigenze di Polonia e paesi baltici. Putin, d'altra parte, nella recente intervista al giornalista statunitense Tucker Carlson ha dichiarato che la Russia non ha nessun motivo per attaccare la Polonia - a meno che Varsavia non attacchi per prima - o la Lettonia. Rassicurazioni che, inutile sottolinearlo, non hanno nessun valore per i vertici polacchi, lituani, lettoni e estoni.
Peskov evita la domanda su Trump
''Sono ancora l'addetto stampa del presidente Putin, non quello di Trump''. Così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto, evitandola, a una richiesta di commento sulle affermazioni del tycoon.
Cosa ha detto Trump
L'ex presidente degli Stati Uniti, che punta dritto alla nomination repubblicana nella corsa alla Casa Bianca, ha rispolverato un vecchio cavallo di battaglia puntando il dito contro i membri della Nato che non investono il 2% del Pil per la Difesa.
Nel comizio di Conway, in South Carolina, Trump ha arringato la folla affermando che non esiterebbe a "incoraggiare" la Russia ad attaccare i Paesi della Nato che non rispettano i loro impegni finanziari. Un messaggio dirompente, in un contesto caratterizzato dalla guerra tra Ucraina e Russia, con Kiev che aspetta le armi dagli Usa per continuare a resistere all'offensiva di Putin. Il pacchetto da 61 miliardi di dollari è bloccato al Senato, a Washington, dove si fa sentire proprio l'influenza di Trump su una pattuglia di repubblicani.
L'ex presidente ha fatto sobbalzare l'Alleanza Atlantica raccontando che in passato, in una riunione della Nato, ha confidato a un altro capo di Stato che gli Stati Uniti sotto la sua leadership non avrebbero difeso nessun Paese considerato "delinquente". "Il presidente di un grande Paese si è alzato e ha detto: 'Beh, se non paghiamo, e se siamo attaccati dalla Russia, chi ci proteggerà?'". Trump in quella circostanza ha risposto: "Non paghi, sei un delinquente. Nessuno ti proteggerebbe. Anzi, li incoraggerei a fare quello che vogliono. Devi pagare, Devi pagare i tuoi conti".
Esteri
Cecilia Sala, Iran conferma l’arresto: “Ha...
Il ministro Tajani: "Trattativa delicata e non facile. Facciamo il possibile perché i tempi siano brevi". Intanto in Italia il legale dell'iraniano arrestato chiede i domiciliari
Cecilia Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". È quanto afferma il dipartimento generale delle relazioni con i media internazionali del ministero della Cultura di Teheran, citato dall'agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, confermando così l'arresto di Sala, avvenuto lo scorso 20 dicembre. Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, Cecilia Sala si trova in isolamento nel carcere di Evin da oltre 10 giorni.
"Il suo caso - si legge ancora nella dichiarazione citata dall'Irna - è ora nella fase delle indagini. Il suo arresto è avvenuto nel rispetto delle norme vigenti e l'ambasciata italiana a Teheran è stata informata". "Durante questo periodo" - si legge inoltre - a Cecilia Sala "è stato garantito l'accesso consolare ed è stata anche in contatto telefonico con la sua famiglia".
Tajani: "Tempi rilascio non ipotizzabili, trattativa delicata"
I tempi per il rilascio di Sala "non sono ipotizzabili, perché la trattativa è molto delicata e non è facile. Noi facciamo tutto il possibile perché i tempi siano brevi ma non dipende dall'autorità italiana, la situazione è abbastanza complicata per questo abbiamo chiesto il massimo riserbo", ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ospite a Zona Bianca.
"Il dialogo è aperto e noi stiamo cercando in tutti i modi per cercare di riportarla a casa il prima possibile. Il governo sta facendo il massimo", ha detto ancora Tajani assicurando di essere "in stretto contatto con la famiglia costantemente informata da me sull'evoluzione della situazione".
"Le condizioni di salute sono buone. Certamente è preoccupata per la sua condizione di detenzione e spera di uscire dal carcere il prima possibile", ha continuato il ministro.
Legale iraniano arrestato chiede domiciliari
Intanto in Italia il legale di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano bloccato a Malpensa il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana, sta per depositare un’istanza alla Corte d’Appello di Milano per chiedere gli arresti domiciliari del suo assistito. A dirlo all’AdnKronos è l’avvocato Alfredo De Francesco.
Esteri
Moglie sedata e fatta violentare per anni, Pelicot non...
L'uomo, condannato a 20 anni, non seguirà la strada intrapresa da almeno 15 degli altri 50 imputati nello stesso processo
Dominique Pelicot, condannato il 19 dicembre a 20 anni di carcere con l'accusa di aver sedato e fatto violentare per anni la moglie Gisèle, non ricorrerà in appello contro la sentenza a 20 anni di reclusione pronunciata a suo carico da un tribunale di Avignone. Ad annunciare che il suo assistito non seguirà la strada intrapresa da almeno 15 degli altri 50 imputati nello stesso processo, è stata la sua legale Béatrice Zavarro a France Info.
51 a processo, tutti condannati
Si è concluso con 51 condanne il processo per gli stupri ai danni di Gisele Pelicot. Il caso è stato seguito in tutto il mondo non solo per l'efferatezza dei reati commessi, ma per il coraggio della vittima. La donna ha deciso di lottare e ha voluto rendere pubbliche le udienze, in modo da allontanare da sé la vergogna e "farla ricadere altrove", come ha spiegato uno dei suoi legali.
La corte penale di Vaucluse ha condannato l'imputato Dominique Pelicot a vent'anni di reclusione. Dominique è stato giudicato colpevole di tutti i capi d'accusa, di aver violentato e sedato la moglie e di averla fatta violentare da decine di uomini, filmandola, per un periodo di dieci anni. Sono stati registrati quasi 200 stupri. L'uomo è stato anche riconosciuto colpevole di aver registrato e posseduto immagini scattate a loro insaputa alla moglie, alla figlia alle ex nuore. La condanna comporta una pena di sicurezza di due terzi - il che implica che per circa tredici anni l'imputato non può aspirare a facilitazioni. La sua situazione inoltre dovrà essere riesaminata per valutare la possibilità di una detenzione di sicurezza, procedura che consente di collocare in un centro di sicurezza socio-sanitario-giudiziario i detenuti che pur avendo scontato la pena presentano un rischio molto elevato di recidiva. La pena inflitta a Pelicot è la massima pena possibile per stupro aggravato.
Nessuno dei 50 co-imputati è stato assolto al processo di Vaucluse. Le condanne inflitte loro - la minima a tre anni - sono inferiori a quelle richieste dall'accusa, che aveva fissato una pena minima di dieci anni per gli stupri, e inferiori in modo netto rispetto a quella dell'imputato. Una progressione di pene con cui - scrive Le Monde - la Corte ha voluto sottolineare la netta differenza tra Pelicot e i co-imputati. Uno di loro, Jean-Pierre M. è stato condannato a dodici anni di carcere. Il pubblico ministero aveva chiesto diciassette anni di reclusione. L'uomo, 63 anni, è stato descritto come il 'discepolo' di Dominique Pelicot. È stato l'unico imputato a non comparire per atti commessi contro Gisèle Pelicot, ma contro la sua stessa moglie, che ha drogato affinché Pelicot potesse violentarla.
In tutto, l'accusa aveva chiesto 652 anni di reclusione contro i 51 accusati, ottenendo alla fine nei loro confronti condanne a trascorrere 428 anni dietro le sbarre, ha calcolato l'Afp. Al termine del processo, i 18 imputati già in custodia sono stati mantenuti in detenzione. Per i 32 imputati liberi, sono stati emessi 23 mandati di cattura con effetto immediato (presi direttamente in custodia). Tre ordini di rinvio a giudizio sono stati emessi a causa delle condizioni di salute di tre imputati (saranno incarcerati in strutture adeguate). Sei imputati sono stati rilasciati, o perché la sentenza emessa copre la custodia cautelare già scontata, o perché la loro pena sarà adeguata direttamente.
Esteri
Ucraina-Russia, Slovacchia: “Pace? Kiev dovrà cedere...
Il report degli 007 britannici. Usa annunciano nuovo pacchetto di aiuti a Kiev e consegnano 14,3 miliardi ricavati da beni russi congelati. Caschi blu in Ucraina con tregua, Mosca dice no
(Adnkronos/Dpa)
Alla strage di soldati nel fronte ucraino, il Cremlino reagisce lanciando degli 'incentivi' per le nuove reclute disposte a combattere. A rivelarlo è un rapporto dell'intelligence britannica, che parla di oltre 1.500 morti e feriti nel solo mese di novembre tra i soldati di Mosca, avvertendo degli sforzi russi per attirare nuove reclute cancellando i debiti di chi si arruola a partire da questo dicembre.
Il presidente russo Vladimir Putin ha promulgato a fine novembre una legge per cancellare i debiti di chi firma un contratto con le forze armate, con un limite massimo di 10 milioni di rubli (circa 92.000 euro). Questo si aggiunge ad altre misure che, secondo Londra, Mosca sta adottando per “avere abbastanza rimpiazzi” per coprire un numero “rapidamente crescente” di vittime.
L'intelligence britannica indica che più di 760.000 militari russi sono stati uccisi o feriti dall'inizio dell'invasione, con una media di 1.523 durante il mese di novembre.
Con questo tipo di “incentivo”, le autorità russe cercherebbero di evitare ulteriori mobilitazioni parziali, poiché tali appelli minano l'immagine del governo e possono incoraggiare l'emigrazione “su larga scala”. Tuttavia, i servizi britannici avvertono anche che “probabilmente aumenteranno le pressioni finanziarie” per un settore bancario già sotto la pressione delle sanzioni e dell'aumento dei tassi di interesse.
Nuovo pacchetto di aiuti Usa a Kiev, consegnati 14,3 miliardi da beni russi congelati
Gli Stati Uniti hanno intanto annunciato un nuovo pacchetto di aiuti alla sicurezza per l'Ucraina da circa 2 miliardi di euro, nel tentativo di fornire aiuto a Kiev prima che il presidente eletto Donald Trump entri in carica il prossimo 20 gennaio.
“Oggi sono orgoglioso di annunciare quasi 2,5 miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza per l'Ucraina, mentre il popolo ucraino continua a difendere la propria indipendenza e libertà dall'aggressione russa”, si legge in un comunicato del presidente Joe Biden.
Il premier ucraino Denis Shmigal ha quindi annunciato la consegna, da parte degli Stati Uniti, di 14,3 miliardi di euro ottenuti da beni russi congelati. La consegna, anticipata qualche giorno fa dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, fa parte dei 19 miliardi di euro concordati dagli Stati Uniti insieme ai partner G7, che prevedono un esborso totale di circa 47 miliardi di euro.
“L'accordo corrispondente è stato firmato dal Ministero delle Finanze ucraino e dalla Banca Mondiale”, ha dichiarato Shmigal. I fondi, ha spiegato, “saranno utilizzati per spese sociali e umanitarie”. “Ringraziamo gli Stati Uniti e la Banca Mondiale per aver attuato e sostenuto l'iniziativa che fa pagare alla Russia la sua aggressione contro l'Ucraina”, ha detti Shmigal.
Caschi blu in Ucraina con tregua, Russia dice no
La Russia si oppone intanto al dispiegamento di 'caschi blu' occidentali in Ucraina nel quadro di un eventuale e ancora tutto da negoziare accordo per una tregua, ha affermato il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, in una intervista all'agenzia Tass, dopo che dell'ipotesi avevano parlato di recente anche il Presidente francese, Emmanuel Macron e il Premier polacco, Donald Tusk.
"Non siamo soddisfatti delle proposte avanzate dai rappresentanti del Presidente americano eletto - che ha notoriamente garantito di essere in grado di definire un accordo di pace in Ucraina entro 24 ore dal suo insediamento, il 20 gennaio, ndr - che include lo slittamento dell'adesione dell'Ucraina alla Nato per 20 anni e l'invio in Ucraina un contingente di forze britanniche ed europee", ha dichiarato Lavrov. In precedenza, il Cremlino aveva detto che era "troppo presto per parlare di 'caschi blu'".
Slovacchia: "Pace? Kiev dovrà cedere territori a Mosca"
L'Ucraina potrebbe dover cedere parte del suo territorio per raggiungere la pace con la vicina Russia. A dirlo è stato il ministro della Difesa slovacco, Robert Kalinak, parole che arrivano poco dopo l'offerta, da parte del premier Robert Fico, di ospitare un futuro negoziato di pace tra Kiev e Mosca, un'offerta che il Cremlino ha definito “una delle opzioni”.
“L'Ucraina probabilmente non sa che non si troverà mai tra la Germania e la Svizzera, ma condividerà sempre il suo confine più lungo con la Russia. In questo caso è indubbio chi sia l'aggressore, perché la Russia ha oltrepassato tutte le regole e violato il diritto internazionale, ma bisogna anche vedere cosa succede in altre zone e se abbiamo lo stesso standard per altre dispute”, ha detto Kalinak in un'intervista all'emittente TA3.
Kalinak ha aggiunto che è nell'interesse della Slovacchia che la guerra in Ucraina finisca rapidamente, sostenendo i negoziati e il cessate il fuoco. “Per noi, l'interesse più grande è che la guerra si fermi immediatamente e che ci sia una sorta di negoziato di pace, una sorta di tregua, alla quale tutti noi, ovviamente, possiamo partecipare in qualche modo. Ma è importante che la gente smetta di morire”, ha detto il ministro.
Mosca: "Conquistato centro abitato di Novolenivka"
Il ministero della Difesa di Mosca ha intanto annunciato oggi l'avvenuta conquista del centro abitato ucraino di Novolenivka, nel Donetsk, punto di passaggio in direzione della città di Pokrovsk, di cui Mosca spera di assumere il controllo.
Le forze di Kiev hanno intanto assicurato sempre oggi di aver respinto nelle ultime 24 ore diversi attacchi sferrati in questa zona dalle truppe russe.
Ex calciatore russo Bugayev morto al fronte
L'ex calciatore della nazionale russa Alexei Bugayev è morto mentre combatteva per il suo Paese nell'invasione dell'Ucraina. Lo ha confermato il padre Ivan Bugayev al portale sports.ru: “Purtroppo la notizia della morte di Alexei è vera”, ha dichiarato.
Il 43enne Bugayev, difensore, aveva vinto sette titoli russi e partecipato a Euro 2004 in Portogallo. Ha militato, tra le altre, nella Lokomotiv Mosca e nel Krasnodar, prima di terminare la sua carriera nel 2010. Bugayev era stato condannato a nove anni e mezzo di carcere nel 2023 per traffico di droga e si è arruolato come soldato.