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Lo studio dell'Istituto europeo di oncologia di Milano fa chiarezza e avverte: la sola dieta rischia di peggiorare la malattia

Provette - Fotogramma

Cura del digiuno contro il cancro? Uno studio italiano fa chiarezza e avverte: la restrizione calorica da sola non funziona. "Pur ottenendo inizialmente uno stop alla crescita delle cellule tumorali, in realtà nel tempo favorisce il ritorno della malattia in forma più aggressiva". Tuttavia l'effetto della dieta "può essere non solo preservato, ma anche incrementato grazie a uno specifico farmaco". Un mix che potrebbe perfino "ottenere la scomparsa della malattia", secondo dati preclinici che è necessario approfondire. E' la conclusione di una ricerca pubblicata su 'Nature Communications' da un team guidato da Pier Giuseppe Pelicci e Luca Mazzarella dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano.

Lo studio

Il lavoro mette in luce "una complessità inattesa nel rapporto fra nutrizione e cura dei tumori". La spiegazione, "il segreto - illustra Pelicci, direttore del Dipartimento di Oncologia sperimentale Ieo e coautore dell'articolo - sta nelle cellule staminali del cancro, quelle con maggiore capacità di rigenerare i tumori e di resistere ai farmaci". Una sorta di 'benzina' che alimenta la malattia. "Nel nostro lavoro - descrive lo scienziato - abbiamo analizzato gli effetti della restrizione calorica sulla crescita di vari tumori, inclusi leucemia mieloide acuta e tumore della mammella, nel modello animale. Come prima cosa, abbiamo visto che la restrizione calorica rallenta notevolmente la crescita delle cellule della leucemia e di quelle del tumore della mammella, confermando numerosi studi precedenti ottenuti in altri tipi tumorali. Con sorpresa, però, abbiamo anche osservato che la malattia si ripresentava in tutti gli animali, nonostante continuassero la restrizione calorica, addirittura con un tasso di crescita più elevato. Studiando questo effetto paradosso, abbiamo capito che è dovuto alle cellule staminali del cancro, che con la restrizione calorica aumentano di circa 5 volte". In altre parole, con la dieta soltanto si rischia di 'fare il pieno' alla macchina cancro.

I risultati

"La nostra prima conclusione è che, da sola - ammonisce Pelicci - la restrizione calorica conduce ad un vantaggio terapeutico molto limitato. Anzi, favorisce l'espansione delle cellule staminali del cancro e la malattia finisce inesorabilmente per ripresentarsi in forma ancora più aggressiva". Ma gli scienziati Ieo non si sono fermati qui, svelando una strategia in grado di mantenere e rafforzare l'effetto-digiuno.

I ricercatori hanno capito che, alla lunga, le cellule tumorali riescono a salvarsi dai danni della restrizione calorica - arrivando addirittura a risorgere più forti - perché imparano ad adattarsi alla deprivazione di energia indotta dal digiuno riprogrammando in maniera globale l'espressione dei propri geni e il proprio metabolismo. Un meccanismo di sopravvivenza che gli scienziati hanno studiato e compreso: dipende da una proteina detta Lsd1. E' un regolatore dell'epigenoma, ossia dell'espressione dei geni del nostro Dna in risposta a stimoli ambientali.

"Lo studio ha portato ad un risultato ancora più sorprendente - sottolinea Luca Mazzarella, group leader in Ieo e coautore della ricerca - Lsd1 è così importante per la capacità delle cellule tumorali di adattarsi alla restrizione calorica, che le cellule tumorali sviluppano una vera dipendenza da Lsd1". Finiscono cioè per essere 'drogate' di Lsd1. "Questa è apparsa subito come una buona notizia - precisa lo scienziato - perché la proteina Lsd1 può essere inibita con una classe di farmaci già in studio per il trattamento di alcuni tumori del sangue. E infatti, quando abbiamo aggiunto l'inibitore di Lsd1 alla restrizione calorica, nel 90% degli animali trattati le cellule staminali del cancro sono sparite definitivamente, e con esse il tumore, contro il 40% degli animali trattati con il solo farmaco ma nutriti normalmente, o lo 0% degli animali sottoposti alla sola restrizione calorica". Invece "non abbiamo osservato questo effetto del farmaco nelle cellule staminali normali, dove la restrizione calorica ha continuato a mostrare il suo effetto benefico sulla loro funzione, come già ampiamente dimostrato".

"Il nostro studio dimostra che le cellule staminali tumorali sanno adattarsi alla mancanza di energia e che l'inibizione farmacologica di questa capacità di adattamento, se si colpisce Lsd1, riesce ad eradicare la malattia", commenta Rani Pallavi, giovane ricercatrice Ieo, coautore della ricerca. "Quindi in sintesi - riassume la scienziata - la restrizione calorica da sola non funziona, ma diventa efficace con i farmaci inibitori di Lsd1. Ovviamente servono numerose conferme prima di arrivare a trattamenti innovativi per l'uomo", puntualizza Pallavi. "Tuttavia - raccomanda - una conseguenza immediata è l'invito alla cautela nell'uso della restrizione calorica o simili regimi alimentari in pazienti con tumore". Una precisazione doverosa: "Il tema in discussione è il ruolo della nutrizione nella terapia dei tumori. Rimangono invece invariate le raccomandazioni in ambito prevenzione, dove il controllo del peso e la lotta all'obesità sono e restano elementi fondamentali e imprescindibili".

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Salute e Benessere

Nuovo presidente Cda Fondazione Gemelli, prende quota...

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L'ex ministro dell'Economia del governo Draghi sembrerebbe il profilo giusto

Daniele Franco

Prende quota il nome dell'ex ministro Daniele Franco come prossimo presidente della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. Entro la fine del mese dovrebbe essere nominato tutto il nuovo Consiglio d'amministrazione della Fondazione Policlinico che si è insediato a metà ottobre 2020. Nulla trapela dal Gemelli ma il nome di Franco - secondo quanto apprende l'Adnkronos Salute - sembrerebbe essere il profilo giusto. Franco è un economista, tra gennaio 2020 e febbraio 2021 ha ricoperto il ruolo di ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo Draghi, ma è stato in precedenza Ragioniere generale dello Stato e direttore generale della Banca d'Italia.

Il Cda della Fondazione privata no-profit è nominato dagli enti fondatori del Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore e l'Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ed è costituto da 11 componenti. Oggi ne fanno parte: Carlo Fratta Pasini (presidente); Sergio Alfieri; Alessandro Azzi; Renato Balduzzi; Antonio Gasbarrini; monsignor Claudio Giuliodori; Giuseppe Guerrera; Cesare Mirabelli; Alfredo Pontecorvi; Mario Taccolini. Nel Cda c'era anche il rettore dell'Università Cattolica, Franco Anelli, prematuramente scomparso il 23 maggio scorso.

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Salute e Benessere

Giovagnoni (Sirm): “Su teleradiologia una normativa...

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Al convegno Fism, 'tavolo aperto con Agenas e società scientifiche europee per trovare una soluzione'

Giovagnoni (Sirm):

"La teleradiologia sta al centro di numerosi dibattiti. Abbiamo aperto diversi tavoli di discussione, uno con Agenas, proprio per cercare di trovare una soluzione ai problemi di vecchia normativa che ci sta un pochino inchiodando e limitando quello che è stato, parallelamente, l'avanzamento tecnologico in questi anni". Lo ha detto Andrea Giovagnoni, presidente Sirm, Società italiana radiologia medica, partecipando al convegno organizzato dalla Federazione delle Società medico-scientifiche italiane (Fism) sul tema della trasformazione digitale e dell'intelligenza artificiale, oggi al ministero della Salute.

"Le norme - spiega Giovagnoni - sono di 10 anni fa. Le cose adesso sono cambiate, le norme non lo sono, ma bisogna non fare il passo più lungo dalla gamba. E' una delle materie di cui discuteremo negli Stati generali a novembre, quando riuniremo i 12.500 radiologi iscritti alla società scientifica, e che raccolgono diverse anime all'interno della professione per trovare una quadra, soprattutto per un tema così importante". A tale proposito, "da qualche anno abbiamo aperto un tavolo di confronto con altre due società scientifiche internazionali, francesi e spagnole, proprio perché abbiamo problemi simili e forse, proprio con la contaminazione di esperienze diverse europee, potremmo trovare sicuramente un inquadramento per quella che - conclude - è la via giusta per prendere".

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Salute e Benessere

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza...

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All'Esmo 2024 presentato studio promosso e realizzato dall'ospedale Niguarda di Milano

Carcinoma retto, guarigione completa per 1 su 4 anche senza chirurgia

Un paziente su 4 con carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato guarisce completamente anche senza la chirurgia. Ne sono convinti gli autori dello studio No-Cut, i cui risultati sono stati presentati al Congresso Esmo 2024 in corso a Barcellona. I ricercatori dello studio - promosso e realizzato dall'Ospedale Niguarda di Milano - hanno dimostrato che preservare l'integrità del retto, garantendo gli stessi livelli di sicurezza e guarigione dati dall'approccio chirurgico tradizionale, è possibile.

Allo studio, condotto dal 2018 al 2024, hanno partecipato con radioterapisti, oncologi medici, chirurghi, radiologi, endoscopisti, patologi, biologi, farmacisti, coordinatori di studio, amministrativi e ricercatori in 4 istituzioni in Italia: l'Ospedale Niguarda di Milano (ente promotore), l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. A illustrare i dati nel simposio presidenziale 'Eyes to The Future' l'oncologo Alessio Amatu di Niguarda: "Gli obiettivi traslazionali di genomica e trascrittomica, presentati per la prima volta al congresso Esmo, riguardano il valore predittivo del Dna tumorale circolante (ctDna, liquid biopsy) e dell'Rna tumorale e sono anch'essi significativi e indicativi perché in grado di predire la risposta clinica".

Nei tumori del retto localmente avanzato, una delle strategie di cura attualmente più utilizzate prevede la rimozione chirurgica della malattia. In particolare, i casi di carcinoma del retto medio-basso localmente avanzato fino al 2017 venivano sempre curati in tutti i casi con chemio-radioterapia e chirurgia del retto, e a seguire chemioterapia precauzionale (adiuvante) post-chirurgica per diminuire il rischio di recidiva. Con lo studio No-Cut i ricercatori hanno voluto invece indagare l'efficacia di un percorso di cura che potesse preservare l'integrità del retto garantendo gli stessi livelli di guarigione e sicurezza dati dalla chirurgia. Il protocollo ha previsto la somministrazione preventiva di una terapia più intensa, composta da una prima fase di chemioterapia seguita da una seconda potenziata con radioterapia. Successivamente, se alla rivalutazione clinica strumentale (con esame rettale, risonanza magnetica nucleare, ecoendoscopia rettale e biopsia) veniva evidenziata una remissione clinica completa della malattia, il paziente poteva evitare la chirurgia rettale venendo invece sottoposto a sorveglianza attiva con stretti controlli nel tempo.

Nello studio in questi anni sono state curate e studiate 180 persone e il risultato clinico è stato che una persona su 4 ha raggiunto la remissione clinica completa che si è mantenuta nel tempo. Una caratteristica che ha consentito loro di evitare la chirurgia del retto e la colostomia, migliorando sensibilmente la qualità di vita. All'interno dello studio No-Cut, inoltre, sono stati studiati alcuni biomarcatori multiomici (caratteristiche radiologiche e patologiche, 'radiopatomica'; Dna del tumore e circolante nel sangue, 'genomica e biopsia liquida'; Rna del tumore, 'trascrittomica'), con lo scopo di identificare a priori in quali casi fosse possibile evitare la chirurgia del retto o coloro che, non raggiungendo una remissione clinica completa, avrebbero potuto beneficiare in futuro di nuove terapie.

"L'obiettivo principale dello studio - commenta Salvatore Siena, direttore Oncologia dell'Ospedale Niguarda di Milano e principal investigator di No-Cut - è molto innovativo e rilevante per lo sviluppo della terapia senza chirurgia del carcinoma del retto localmente avanzato: si tratta di verificare se evitare la chirurgia (il Non-Operative Management, Nom) condizioni il tasso di metastasi del tumore. L'obiettivo principale è stato raggiunto ed è positivo, perché seguendo la Nom la sopravvivenza dei pazienti a distanza di 30 mesi era del 97%, e libera da metastasi. Un risultato ampiamente più favorevole di quanto atteso".

Lo studio No-Cut è finanziato dal grant IG-20685 di Fondazione Airc Ets, da Fondazione Oncologia Niguarda Ets e dal Fondo Divisionale della Struttura complessa Oncologia Falck di Niguarda.

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