Ansia, crisi di panico, scoppi di rabbia improvvisa, svenimenti. E ancora disturbi del sonno, alterazioni dell'umore, ritardato sviluppo del linguaggio, tachicardia, azzeramento, o quasi, dei rapporti sociali. Possono essere questi e tanti altri i contraccolpi all'uso sconsiderato di smartphone, videogiochi e altri dispositivi digitali da parte dei bambini molto piccoli e degli adolescenti. Per correre ai ripari il pediatra-deputato M5S all'Assemblea regionale siciliano, Carlo Gilistro, ha messo a punto un ddl voto che punta a delegare al Parlamento nazionale una legge che miri a realizzare una campagna di informazione sui pericoli derivanti dall'uso precoce e smodato di queste apparecchiature e, soprattutto, a vietarle fino a tre anni, limitandone fortemente l'uso negli anni successivi, e sanzionandone l'utilizzo per fini non didattici nelle scuole, "perché, se usate male, possono provocare disastri irreparabili nei nostri bambini e nei nostri ragazzi".
"Siamo consapevoli – dice Gilistro – che un divieto del genere è difficile da fare rispettare e, quindi, da sanzionare, ma la nostra vuole essere soprattutto una provocazione. Un disperato grido di allarme che risuoni forte nelle orecchie dei genitori che molto spesso scambiano un cellulare per un baby-sitter e per tenerli buoni affidano ai propri figli, anche in tenerissima età, uno smartphone o un ipad, non sapendo che rischiano di minare per sempre la loro salute psico-fisica". Per Gilistro "i segnali che abbiamo ormai oltrepassato i livelli di guardia ormai sono tantissimi. È proprio di questi giorni la notizia che il sindaco di New York ha deciso di portare in tribunale TikTok, Faceboook, Instagram e similari, accusando questi gettonatissimi social di aver alimentato una crisi mentale tra i giovani su scala nazionale a livelli che non si erano mai visti".
Recenti studi dicono che in Italia il 30 per cento dei genitori usa lo smartphone per calmare i propri figli già durante il loro primo anno di vita e che su 10 bambini tra i 3 e i 5 anni, 8 sanno usare il cellulare dei genitori. "Se i genitori – dice Gilistro – fossero informati dei pericoli cui espongono i propri bambini si guaderebbero bene da affidargli queste apparecchiature, che, è bene sgomberare il campo da possibili equivoci, sono importantissime se usate bene e alla giusta età, ma che se lasciate in mano a bambini piccoli, e per giunta molto a lungo, possono essere un attentato alla loro salute, provocandogli addirittura disturbi permanenti". L'idea di dichiarare guerra all'uso sconsiderato di cellulari e apparecchiature digitali in tenera età e nella prima adolescenza nasce per Gilistro qualche anno fa nel suo studio medico, meta sempre più di frequente di genitori che raccontano di svenimenti, scoppi di rabbia, crisi di panico e altri malesseri dei propri figli, "spesso con un unico denominatore: il cellulare e gli apparecchi digitali".
"I casi – dice Gilistro - si sono decuplicati negli ultimi dieci anni. Quasi sempre i bambini accusano sintomi aspecifici, innescando una serie di esami inutili e dannose radiografie, alla ricerca di inesistenti patologie, cosa che non fa altro che provocare ulteriori danni ai bambini ed evitabili spese alla sanità, contribuendo giocoforza a gonfiare le liste d'attesa". Sulla necessità normare l'uso degli apparecchiature elettroniche in età precoce si è espressa recentemente la società italiana di Pediatria emanando le linee guida, recepite dal ddl Gilistro, che bandisce l'uso delle apparecchiature digitali prima dei due anni di età, durante i pasti e prima di andare a dormire e ne suggerisce l'uso limitatissimo negli anni immediatamente successivi. Un netto altolà a smartphone, tablet e similari è arrivato anche dal mondo della scuola. Nel dicembre del 2022 il ministero dell'Istruzione ha emanato una circolare che ne evidenza i potenziali effetti dannosi, stabilendo un divieto di uso in classe con eccezione per le finalità didattiche e formative.
Politica
Hackerato il profilo Pd di Pistoia Centro:...
La pagina ufficiale: "Abbiamo già segnalato a Meta-Facebook..."
Sono state pubblicate delle immagini a luci rosse sul profilo del Partito Democratico di Pistoia Centro. Scrollando tra le storie di Facebook, alcuni utenti si sono imbattuti in un video in cui una ragazza in bikini balla in modo sensuale e ammiccante verso la telecamera: un contenuto che non ti aspetteresti da un partito politico. E infatti, il motivo è stato presto svelato: "Siamo stati hackerati".
Il video hot
Secondo quanto riferisce la pagina ufficiale di Instagram (in possesso del circolo del Partito Democratico di Pistoia), il profilo è stato hackerato tempo fa: "In molti ci state segnalando che la Pagina Facebook di uno dei nostri Circoli sta pubblicando contenuti impropri", scrivono i democratici pistoiesi dopo aver ricevuto diverse segnalazioni dagli utenti sui social.
Interessante questo programma della sezione di Pistoia Centro del #PartitoDemocratico @nonleggerlo @CrazyItalianPol pic.twitter.com/X5rzINHLwW
— Niccolò Masiani (spunta blu digitale) (@NMasiani) January 3, 2025
Il video è diventato virale su X, ma dal Pd di Pistoia fanno sapere che non è più in loro possesso il profilo Facebook a causa dell'hackeraggio: "Purtroppo si tratta di una Pagina che era già stata hackerata da tempo e a cui i referenti del Circolo PD non hanno più accesso. Abbiamo già segnalato a Meta-Facebook tale pagina, e stiamo continuando a farlo, affinché possa essere cancellata".
E con tono sarcastico concludono: "Grazie a tutti e tutte per le segnalazioni... in effetti, per iniziare bene l’anno, un po’ di prese in giro ci mancavano!".
Politica
Sardegna, Todde: “Ho pieno supporto, certa di...
La presidente della regione in conferenza stampa sui possibili errori: sono "sicuramente non nel merito"
"Chiaramente ho il supporto della mia forza politica e di tutte le forze politiche della mia maggioranza che ovviamente stanno lavorando per sostenermi". Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde in conferenza stampa, dicendosi certa della legittimità del suo operato.
"Abbiamo una posizione che è completamente diversa rispetto a quella della Corte d'Appello, che sarà discussa nella sede opportuna. È inutile, in questo momento, discutere del merito, lo faranno gli avvocati. Quello che posso dire è che io sono assolutamente certa della legittimità del mio operato e che i miei atti sono stati corretti", ha aggiunto.
Sui possibili errori, secondo la governatrice sono "sicuramente non nel merito, poi chiaramente nella forma e nei formalisti, non essendo una giurista, ovviamente non posso entrare".
"Sono serenamente al lavoro, dopo anche un confronto con la mia maggioranza. Ovviamente l'atto amministrativo che è arrivato dalla Corte d'Appello di ieri seguirà il suo percorso e sarà ovviamente gestito dai miei avvocati. Io ribadisco la piena fiducia nei confronti della magistratura, sulle azioni che sono state fatte dal comitato che mi ha rappresentato per le elezioni. Quello che io posso dire è che ho la piena motivazione e la piena legittimazione di continuare a lavorare per i sardi e così farò", ha detto ancora aggiungendo: "Noi siamo stati eletti per servire i sardi e, fino a quando non ci sono atti definitivi, noi continuiamo a lavorare con assoluta motivazione".
La presidente regionale hai poi ribadito che farà ricorso: "È una scelta assolutamente normale, credo che ci si debba ovviamente difendere. Io, e soprattutto i miei avvocati, non condividono le osservazioni. Senza entrare nel merito perché non è mio compito, è giusto ribadire le proprie ragioni nelle sedi competenti, e questo è quello che noi faremo. Io, come ho ribadito ieri, ho piena fiducia alla magistratura. Come deve essere, essendo una persona lineare per bene e quindi in questo mi muoverò. Poi, le dinamiche della politica sono altre dinamiche che non devono entrare nei contesti giudiziari o nei contesti amministrativi, credo siano mondi distinti".
Dal punto di vista politico, ha spiegato Todde, "noi siamo una maggioranza legittimata che ha il dovere di governare per i sardi e questo continueremo a fare fino a quando non ci saranno atti definitivi. Questo lo voglio dire in maniera forte e chiara, perché non voglio che i sardi pensino che questa vicenda ci possa distrarre: abbiamo temi importanti che sono quelli della sanità, dei trasporti, della povertà, del lavoro. E noi siamo stati eletti per questo, di questo ci dobbiamo occupare".
Cosa succede
L'analisi delle spese per la campagna elettorale della Sardegna avrebbero fatto emergere delle irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali. Le verifiche effettuate dal Collegio regionale di garanzia elettorale, che ha sede nella Corte d'Appello di Cagliari, hanno portato alla dichiarazione di decadenza dalla carica di consigliera regionale.
Ceccanti: "Sarà aula a decidere decadenza Todde'"
Stefano Ceccanti, ex deputato del Partito democratico e costituzionalista, spiega la situazione che deve coinvolta la presidente della regione Sardegna, Alessandra Todde: "La normativa applicabile al caso Todde è quella della legge regionale sarda 27 gennaio 1994, n. 1, che tratta della normativa di contorno per le elezioni regionali, compresa la rendicontazione delle spese. Essa prevede nel suo articolo 5 comma 3 che siano applicabili alcune sanzioni introdotte per le elezioni politiche nazionali dall’articolo 15 della legge 10 dicembre 1993, n. 515 e in particolare dal comma 7 di detto articolo, ossia la decadenza su delibera del Consiglio regionale in seguito alla decisione definitiva del Collegio regionale di garanzia elettorale. Quindi gli organi competenti sono solo due: il collegio regionale di garanzia elettorale e, in seguito, il Consiglio regionale sardo, che si deve esprimere con un voto decisivo".
"I consiglieri che condivideranno le tesi del Collegio voteranno per la decadenza, - conclude Ceccanti - quelli che invece saranno d'accordo con le controdeduzioni della presidente voteranno contro. Secondo la legge vigente sarà quindi l'aula a decidere".
Politica
Migranti, Meritocrazia Italia: “No a ghettizzazione...
Meritocrazia Italia "chiede interventi immediati contro il fenomeno della ghettizzazione" dei migranti, "ma anche migliore garanzia dell’effettivo rispetto di regole rigide, contro il degrado e la sicurezza di stazioni, parchi e periferie". Questo, in estrema sintesi, l'appello rivolto da Mi al governo Meloni.
"Si lamenta da più lati il rigore punitivo di un Governo ‘di destra’ considerato poco inclusivo, teso a strizzare l’occhio alla politica semplicistica dei ‘porti chiusi’. Probabilmente, però, è proprio quello che ci si attendeva fin dal principio: finalmente fatti e prosa contro la poesia di una sinistra che invoca inclusione, accoglienza e maggiore facilità di accesso alla cittadinanza italiana, ignorando i gravi problemi dell’immigrazione irregolare massiva degli ultimi anni. A domanda, chi ha scelto di votare questa maggioranza risponde di avervi visto la soluzione alle preoccupazioni legate soprattutto all’immigrazione. Eppure, a conti fatti, sono tantissime le città d’Italia che avvertono ancora forte il dramma della scarsa sicurezza pubblica - spiega in una lunga nota il presidente di Mi Walter Mauriello -. La marginalizzazione degli stranieri aumenta il disagio e genera antistato, con forte pregiudizio sia per la popolazione ospitante sia per quella ospitata, rigorosamente divise".
"In migliaia arrivano in Europa pieni di speranze e illusioni in nome delle quali spendono tutto quello e affrontano un viaggio a volte suicida. Chi fugge dal proprio Paese lo fa per cercare migliore fortuna, per poter tornare a casa con la capacità di aiutare chi è restato, ma poi resta vittima del mercato delle illusioni creato dai trafficanti di esseri umani. È il risultato di una politica migratoria inconsistente, che non prevede percorsi di crescita e integrazione, né, va da sé, piani di inclusione occupazionale. Si aggiungono le tante inefficienze del Paese, che fanno sì che attecchisca facilmente ogni forma di criminalità".
"È vero che il problema è complesso - riconosce Mauriello -, che ha a che fare con esigenze economiche, sociali e culturali, oltre che con obblighi internazionali e dinamiche geopolitiche globali. Ma questo dimostra soltanto che la risposta non è mai soltanto ‘di destra’ o ‘di sinistra’. Gli affanni del Paese non hanno nulla a che fare con le ideologie. La reale integrazione, si sa, non è mera convivenza. Vuole dire saper condividere, favorire lo scambio culturale con reciproco arricchimento. Vuol dire fare in modo che persone provenienti da contesti diversi partecipino pienamente alla vita sociale, economica e politica di una società".
In questo senso, Meritocrazia Italia "chiede interventi immediati contro il fenomeno della ghettizzazione, ma anche migliore garanzia dell’effettivo rispetto di regole rigide, contro il degrado e la sicurezza di stazioni, parchi e periferie. Meritocrazia invoca anche interventi adeguati di recupero economico direttamente nel territorio africano, con progetti concreti di sviluppo, per cambiare il paradigma di sfruttamento commerciale che è subentrato allo sfruttamento coloniale e che ha portato al depredamento delle risorse naturali africane a danno delle popolazioni locali. È fondamentale, dopo decenni di sfruttamento da parte di imprese senza scrupoli e del predominio dei vari signori della guerra, saper contribuire allo sviluppo reale del territorio, per il bene di tutti gli africani e, di riflesso, per gli equilibri internazionali".
"Per questo, il cosiddetto “Piano Mattei” non dovrebbe restare uno slogan, ma avere concreta attuazione in ogni ambito previsto, specie cooperazione allo sviluppo, promozione delle esportazioni e degli investimenti, istruzione, ricerca e innovazione, salute, agricoltura e sicurezza alimentare, approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture, sostegno all’imprenditoria. Tutti settori nei quali l’Italia ha una competenza grazie alla quale può giocare un ruolo fondamentale nel contribuire alle politiche di sviluppo e stabilizzazione dell’Africa, portando le aziende ed esperti in agricoltura per iniziare a coltivare e produrre i beni alimentari di cui hanno bisogno le popolazioni africane. Meritocrazia invoca, ancora una volta, un miglior dialogo con tutti gli altri Paesi aderenti al trattato di Schengen, anche per l’adozione di parametri e requisiti condivisi per l’attribuzione della cittadinanza. Una migliore sinergia sul tema dell’immigrazione potrebbe favorire anche la conservazione di più stabili equilibri nei rapporti in un’Europa oggi invece molto divisa".