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L’iniziativa è ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria

Cinema, II edizione a Roma del Premio Film Impresa

Al via presso la Casa del Cinema a Roma la II edizione del Premio Film Impresa. L’iniziativa, ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria, mira a valorizzare, esaltare e comunicare i valori delle imprese e di chi ci lavora attraverso i diversi linguaggi del cinema che sempre più spesso le aziende realizzano per raccontare la loro storia, il loro prodotto, il lavoro delle persone, il rapporto con il territorio. La manifestazione è stata inaugurata con il talk 'Comunicare l’impresa, l’impresa di comunicare. Connessione, emozione, narrazione: il valore del racconto', al quale hanno partecipato il presidente del Premio Film Impresa Giampaolo Letta, il direttore artistico Mario Sesti e Ferzan Ozpetek, il noto regista a cui al termine del dibattito è stato consegnato il Premio Speciale Film Impresa da Francesco Rutelli, presidente Anica Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali.

All’apertura della manifestazione hanno partecipato anche Angelo Camilli, presidente di Unindustria, Alberto Tripi, presidente Almaviva, Cristina Parenti, responsabile relazioni esterne e comunicazione Edison, Luca Torchia, chief communication officer Gruppo Fs, Maria Raffaella Caprioglio, presidente Umana e Roberto Fiorini, Regional Manager Centro UniCredit. Il programma di giornata è proseguito con la visione di 'Corti da Rai Teche - C’era ancora domani|Flash. La donna che lavora - La fabbrica', di Ugo Zatterin e Giovanni Salvi, 1959.

La Sala Cinecittà ha poi ospitato la proiezione delle opere in concorso, a cui hanno partecipato anche gli autori e i rappresentanti delle imprese in gara. Le prime proiezioni in concorso hanno interessato la categoria 'Area Doc (parte prima) - a cura di UniCredit - Storie, testimonianze, fatti' con la visione delle seguenti opere in nomination: 'L’uomo, l’automobile, la città di Paolo Mancini (Produzione Manafilm per Automobile Club Roma), 'La storia di Peppino Fumagalli. La Candy, le imprese, la famiglia' di Massimiliano Finazzer Flory (Produzione Movie&Theater per Candy), 'Ceramics of Italy. Un viaggio nella sostenibilità di Esmeralda Calabria' (Produzione Aki Film per Edi.Cer), 'An Emperor’s Jewel' di Andrea Rovetta (Produzione Atomic per Bulgari).

Successivamente si è svolto l’evento speciale 'C’era ancora domani: Libertà, famiglia, impresa. dalla parità sul lavoro all’innovazione del brand' a cura di Caterina Taricano e con gli interventi di Francesca Cadin, customer service Enti, Istituzioni, Eventi Celebrativi di Rai Teche, Maria Raffaella Caprioglio, presidente Umana, e Sara Gay - Head of Group Diversity, Equity and Inclusion, UniCredit. A conclusione della prima giornata è andato in scena l’evento 'Video essay: Gabriele Salvatores: il suo canto libero. Lasciateci perdere: memoria, passione e cinema di un premio Oscar', al quale è seguita una conversazione con Gabriele Salvatores, Gloria Satta e Mario Sesti. Ad aprire la seconda giornata del Premio Film Impresa, in programma domani, l’evento speciale 'Streaming, web, serie: l’avventura continua. La nuova serialità sbarca nella comunicazione d’impresa', al termine del quale si svolgerà il talk 'Nuova serialità, comunicazione imprenditoriale e la generazione Zeta' con Andrea Minuz e Mario Sesti che dialogheranno con gli studenti e gli imprenditori presenti in sala.

A seguire, oltre alle proiezioni delle opere in concorso per le categorie Area Narrativa - a cura di Umana - Scrittura, immaginario, messa in scena e Area II&S: Innovative, Image & Sound - a cura di Almaviva - Ritmo, luce, percezione, in programma il talk 'Il talento non ha genere. Nel cinema, nello sport, in azienda. Equità di genere: un confronto su coraggio, libertà, visione e possibili rivoluzioni', a cura di Gruppo Fs. Si svolgeranno poi i seguenti eventi: 'Corti da Rai teche - C’era ancora domani|Flash. La stampa femminile (Casa e lavoro)', di Giulietta Vergombello, 1973, 'C’era ancora domani|Flash. Si dice donna' di Tilde Capomazza, 1977, 'C’era ancora domani: il privato, il lavoro, la libertà. Dal diritto all’occupazione all’autonomia dei sentimenti', dopo il quale seguirà una conversazione con Sabrina De Filippis, amministratore delegato e direttore generale di Mercitalia Logistics, Valeria Sandei, Ad Almawave - Gruppo Almaviva, Barbara Terenghi, responsabile sostenibilità di Edison, Roberto Bozzi, presidente di Confindustria Romagna, Roy Menarini, direttore de La Settima Arte Cinema e Industria e docente di Cinema e Industria Culturale all’Università di Bologna e Francesca Cadin, customer service Enti, Istituzioni, Eventi Celebrativi di Rai Teche.

A chiudere la seconda giornata spazio all’evento 'Pfi Focus - Innovazione, cura, formazione: il Campus Bio-Medico', con la proiezione di 'Campus Stories' di Andrea Pellizzer prodotto da Associazione Campus Bio-Medico di Roma, dopo il quale si svolgerà una conversazione con Carlo Tosti, presidente dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Giampaolo Letta, Mario Sesti e con donne e uomini protagonisti del documentario. Il Premio Film Impresa è patrocinato da Roma Capitale, Camera di Commercio di Roma e Rai Teche, in collaborazione con Confindustria e Regione Lazio, Anica, Una e Casa del Cinema di Roma.

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Cultura

Ritanna Armeni racconta Via Rasella: “I valori della...

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Esce il nuovo libro della giornalista: "Descrivo quegli eventi colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi quei giovani partigiani"

Ritanna Armeni racconta Via Rasella:

L'azione di v ia Rasella del 23 marzo del 1944 non è soltanto una pagina di storia imprescindibile nella lotta della Resistenza. I militanti che la misero a segno, ragazzi della classe intellettuale, hanno molto da insegnare ancora oggi. Non enunciarono semplicemente i valori di libertà in cui credevano ma li incarnarono mettendo a repentaglio la loro vita. La giornalista e scrittrice Ritanna Armeni ritorna su uno degli episodi più forti, significativi e tragici dell'occupazione dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Nel libro 'A Roma non ci sono le montagne', pubblicato da Ponte alle Grazie, ripercorre quelle ore descrivendole sotto forma di un romanzo da leggere tutto d'un fiato. Mette in luce le vicende personali, i sogni e le speranze dei protagonisti: piccoli tasselli che costituiscono un mosaico composito e variopinto.

Conversando con l'AdnKronos, Armeni sottolinea che il monito più prezioso che l'azione di via Rasella ci ha consegnato è che "i valori della libertà vanno praticati. Quei giovani - che provenivano da una classe sociale non bassa, dal momento che non erano operai ma studenti e professori universitari, avevano degli ideali che praticavano adeguandosi ai tempi che vivevano. Rischiavano la vita tutti i giorni. La loro testimonianza ha anche un grande significato morale per il presente. Noi spesso enunciamo i principi di libertà e di democrazia, ma poi in qualche modo ci adeguiamo alla realtà. A me quello che piace di questi ragazzi è il loro ardore giovanile, un ardore che non fa mai dimenticare che, accanto al principio, c'è l'azione". Certo, puntualizza Armeni, "non sto dicendo che oggi dobbiamo andare a mettere bombe, perché sono una pacifista. Però i valori vanno veramente praticati e ciascuno di noi sa come si può fare. Eravamo in una Roma occupata e sofferente e bisognava dare un messaggio in una situazione di guerra. Ora avremmo tanti modi per fare vivere i nostri messaggi".

Perché, però, concentrare l'attenzione su quei giovani, sulle loro vicende personali? Perché descrivere la grande Storia a partire dalle tante piccole storie che la compongono? "Racconto l'episodio di via Rasella - risponde l'autrice - perché sono rimasta colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi il gruppo di partigiani che realizzò l'attacco. Persone eroiche, in qualche modo, perché rischiarono la vita per fare quell'azione contro i tedeschi". Motivo per cui, spiega la giornalista, "ho voluto restituire il loro valore, il loro impegno, la loro abnegazione, la loro passione per la libertà. E' di questo che, in fondo, si tratta. Ho quindi descritto nuovamente i fatti di via Rasella dal punto di vista delle persone che hanno compiuto questo atto".

Un taglio narrativo grazie al quale Armeni ha tratteggiato le esistenze di coloro che misero a segno l'impresa rappresentando "chi erano, quello che avevano fatto prima, i loro sentimenti, le loro letture, i loro amori". La narrazione si sviluppa nell'arco temporale di poche ore ed è scandita da un lento conto alla rovescia che scivola fino al momento fatale. Un espediente che aumenta, mano a mano, il pathos e che mette in luce tutte le fasi dell'evento in modo analitico e avvincente.

Il volume si intitola, non a caso, 'A Roma non ci sono le montagne'. Una scelta che ha una motivazione particolare: "Nelle montagne - argomenta Armeni - il nemico si avvistava prima, ci si poteva nascondere meglio e si creava maggiore solidarietà tra le persone. A Roma, invece, si era esposti in ogni momento al nemico, al massimo ci si rifugiava in un portone o in un convento. Occorreva quindi una capacità maggiore di nascondersi. Soprattutto era molto importante il fatto di non essere traditi. A Roma chiunque ti poteva denunciare, mentre in montagna si era in qualche modo più protetti". In ogni caso, proprio Roma fu teatro "della più importante azione partigiana dell'Europa occupata dal nazismo. In nessuna capitale europea c'è stata una mossa così grande, né a Parigi, né a Oslo, né a Bruxelles. Quello di Rasella rimane l'atto partigiano più importante dell'Europa occupata dalla Wehrmacht".

I fatti di via Rasella, inoltre, hanno fatto salire agli onori delle cronache ancor più rispetto al passato il ruolo delle donne. Le combattenti, segnala Armeni, furono in grado di "rompere un certo tipo di stereotipo, un certo modo di vedere la partigiana. Prima era una staffetta subalterna che, a costo della vita, trasportava le armi obbedendo alla logica della guerra gestita dagli uomini. Le donne di via Rasella, invece, fecero le cose per conto loro: Carla Capponi se decideva di far esplodere un camion di armi tedesche lo faceva. Idem Maria Teresa Regard che, con una bomba nella valigia, andò alla stazione Termini. La mise in un bar dove c'erano i tedeschi e la face esplodere. L'altra cosa che mi ha colpito molto è la provenienza sociale di quei ragazzi: Carlo Salinari, che nel racconto è Spartaco, il nome che assunse in clandestinità, era un grandissimo intellettuale. E' stato in seguito anche preside della facoltà di Lettere dell'Università di Roma; Mario Fiorentini è diventato uno dei più famosi matematici a livello mondiale. A Roma la Resistenza la fecero gli intellettuali anche perché non c'era la classe operaia", conclude Armeni. di Carlo Roma

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Cultura

Paolo Cognetti sul Tso: “Quello che mi hanno fatto in...

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La denuncia alle Iene dello scrittore de 'Le otto montagne'

Paolo Cognetti - Agenzia Fotogramma

A dicembre Paolo Cognetti aveva rivelato di aver essere stato sottoposto a un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio), ora a 'Le Iene' spiega qualche dettaglio. "In ospedale - dice nel servizio di Gaston Zama andato in onda su Italia 1 - mi hanno legato a un letto con delle cinghie, mi hanno sparato un siringone nella coscia senza dirmi cosa fosse. Secondo me, quello che mi hanno fatto era illegale". E aggiunge: "Mi sono svegliato il giorno dopo a casa mia grazie a mia sorella perché mi aveva portato via".

Lo scrittore ha aperto le porte della sua baita, a Estoul in Valle d’Aosta, dove si rifugia per ritrovare se stesso, raccontando: "Ho subito un Tso per una grave depressione". Ripercorre quei momenti e descrive la diagnosi che ha cambiato il suo modo di vedere la vita: "Mi hanno diagnosticato un disturbo bipolare, che significa avere due fasi: una maniacale e una depressiva. Questa cosa l’ho sempre avuta, da quando ero ragazzo sicuramente". E ancora: "Il problema non è la fase maniacale. Il problema è quando arriva la fase depressiva. Stai a letto, pensi a come suicidarti e che tutta la tua vita è stata inutile. Io volevo attaccare una corda da alpinismo a quella trave e impiccarmi. Non mi hanno mai lasciato solo quest’estate, c’era sempre qualcuno con me. I pensieri suicidari sono molto comuni nella depressione". Nonostante tutto, guarda avanti: "Sto cercando di vivere senza farmaci. Non sono un no vax, ma vorrei vivere senza medicine". Cognetti non si limita a condividere solo momenti difficili: "Sto lavorando a qualcosa di nuovo. Credo che il ciclo della montagna, come lo chiamo io, sia per il momento esaurito. Ci sono tante altre cose nella vita".

Ripercorre anche la sua carriera e i suoi successi: "Con il Premio Strega ho capito che agli occhi del mondo ero uno scrittore. Questa unione è stata molto gratificante. Nel 2021 girano il film 'Le otto montagne' con protagonista Luca Marinelli. È stato qui con me due mesi, l’ho portato in montagna e allenato. La scena di cui vado più orgoglioso è quella in cui balla sulla pietraia, gliel’ho insegnata io". Tuttavia, ammette: "Il successo, la gente che ti riconosce… non è facile. Prima sei un tizio qua nella baita che si fa gli affari suoi e poi ti salutano tutti, ti fermano per strada, arrivano i soldi. Non è facile". Infine, parlando di ispirazioni, Cognetti rivela: "Mi piacerebbe parlare con Vasco Rossi. Trovo tanta verità nelle sue canzoni. La persona con cui vorrei parlare di più adesso è proprio lui".

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Cultura

Il fotografo Benedusi ricorda Toscani: “Perdo un...

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Amico e maestro, il fotografo scomparso a Cecina a 82 anni "era coraggioso e aperto alle novità - racconta -. E' come se la musica perdesse Bob Dylan"

Oliviero Toscani con Settimio Benedusi

Non solo un maestro. Per Settimio Benedusi, Oliviero Toscani era "un faro", un carissimo amico e una figura fondamentale nella sua carriera e vita privata. "Lo sto onorando nella maniera che a lui piacerebbe di più: lavorando" dice commosso Benedusi all'Adnkronos, ricordando il celebre fotografo scomparso a Cecina all'età di 82 anni. "Chi era Oliviero per me? Ci sono due metà della questione - spiega Benedusi - come fotografo, ovviamente un enorme maestro, colui il quale ha rivoluzionato il mondo e il linguaggio della fotografia. La sua è stata una rivoluzione totale e definitiva e tutto quello che ha fatto è nuovo e diverso rispetto a quello di altri".

A partire dalla fotografia di moda: "Prima di Oliviero - dice - erano solo belle modelle, dei manichini con vestiti addosso e basta. Lui ha usato la moda per raccontare un’etica, una morale, come faceva con la pubblicità. E' stato davvero rivoluzionario e incommensurabile quello che mi ha dato con il suo lavoro". Nella sua cameretta di adolescente, Benedusi aveva attaccato il poster di una campagna pubblicitaria Jesus Jeans, staccato da un muro della città. "Avevo 15 anni - ricorda - mentre gli altri avevano le immagini dei cantanti io avevo una delle sue prime campagne pubblicitarie, che mi aveva scioccato. Una fotografia semplice, efficace e potente che avevo staccato da una parete e attaccato nella stanza. Questo la dice lunga sul fatto che Oliviero fosse già il mio mito a 15 anni".

Mai avrebbe immaginato di diventare un giorno un suo carissimo amico. "Neanche nei miei sogni più rosei - ammette -. Poi nel tempo, al rispetto e alla conoscenza professionale si è unita quella amicale, anche più forte di quella professionale. Oliviero era una persona eccezione, il contrario di quello che pensa la gente: generoso, coraggioso, simpatico e divertente. Un uomo generoso e aperto alle novità. Se penso mi vengono in mente le infinite risate insieme". Durante il lockdown è stato Benedusi ad aprirgli le porte di Instagram: "Si poteva pensare che gli facesse schifo, perché Oliviero non amava i social - racconta - ma ci si è buttato come un adolescente. Facevamo infinite dirette. Aveva questa bramosia di novità, di essere al passo con i tempi".

Sin dal principio, Benedusi aveva coinvolto Toscani nel progetto 'Ricordi Stampati', ritratti fotografici d'autore per tutti a prezzi popolari. "Lui era nel futuro sempre - ricorda il fotografo - anche una settimana fa al telefono mi parlava di Ricordi Stampati e di come farlo al meglio. Fino a 10 giorni fa stava molto meglio. Era tornato pieno di energia. Io personalmente perdo un faro, un riferimento, una persona alla quale chiedere sempre consiglio. E anche se non lo avessi mai conosciuto direi la stessa cosa. Per chiunque fa il mio mestiere c’è un tempo prima e un tempo dopo Toscani. E' come se morisse Bob Dylan, un musicista che ha cambiato il linguaggio della musica e non a caso era il grande amore di Oliviero. Ecco, così come Bob Dylan ha usato la musica per parlare di politica, etica, e morale, in egual misura Toscani ha usato la fotografia per affrontare questi temi".

Tra i tanti scatti di Toscani ce ne è uno al quale Benedusi è particolarmente legato. "Oliviero parlava sempre del ritratto che fece a Carmelo Bene per Vogue - dice -. Era rivoluzionario rispetto a un'epoca in cui per la rivista si fotografavano modelli con la giacca precisa, perbene. Carmelo Bene arrivò negli studi di Vogue con la patta slacciata, tutto scombinato. Toscani sapeva, da un lato, che era sbagliato e non in linea con quello che si doveva fare ma dall’altro era tutto meravigliosamente perfetto, perché rivoluzionario". (di Federica Mochi)

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