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Terremoto oggi a Campi Flegrei, scosse avvertite anche a Napoli

L'epicentro dello sciame sismico si trova nel comune di Pozzuoli

Sismografo - (Xinhua)

E' in corso una sciame sismico nell'area dei Campi Flegrei, con due scosse di terremoto che sono state avvertite anche in alcuni quartieri di Napoli come Vomero, Chiaia e Fuorigrotta, Pianura, Soccavo. A riportarlo l'Osservatorio Vesuviano, sede napoletana dell'Ingv, che parla di circa 25 scosse dalle 9.35 di questa mattina con magnitudo tra 3.1 e 3.7. L'epicentro dello sciame si trova nel comune di Pozzuoli e a varie profondità. Alcune scosse sono state registrate anche durante la notte.

In seguito all’evento la Sala Situazione Italia del Dipartimento della Protezione Civile si è messa in contatto con le strutture locali del Servizio nazionale della Protezione civile.

La scossa è stata avvertita dalla popolazione. Al momento non risultano danni a persone o cose. Lo fanno sapere in una nota i Vigili del fuoco, sul posto per gli per le aperture delle porte di abitazioni lasciate rapidamente durante le scosse.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Ucraina-Russia, Kim produce altri missili per Putin

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Le immagini satellitari documentano lo sforzo di Pyongyang per aumentare la produzione di armi utilizzate da Mosca

Putin e Kim - Afp

Dopo le munizioni e i soldati, Kim Jong-un promette altri missili a Vladimir Putin. Il sostegno della Corea del Nord alla guerra che la Russia sta conducendo da oltre 1000 giorni contro l'Ucraina è sempre più ampio e sale di livello. Da oltre un anno, Pyongyang fornisce munizioni e artiglieria alle forze armate russe. Da circa un mese, migliaia di militari nordcoreani combattono accanto ai russi nella regione di Kursk, invasa sin da agosto dall'Ucraina.

I missili di Kim per Putin

La Corea del Nord adesso lavora per ampliare un impianto utilizzato per la fabbricazione di missili impiegati dalla Russia. E' quanto emerge da una ricerca di un think tank con sede negli Stati Uniti rilanciata dalla Cnn, da immagini satellitari che indicano come i nordcoreani stiano 'allargando' uno stabilimento nella città di Hamhung con la costruzione di un secondo edificio per l'assembleggio finale dei missili e di alloggi per i dipendenti. Tutto mentre continua a rafforzarsi l'asse Mosca-Pyongyang e mentre arrivano le notizie su una visita in Corea del Sud del ministro ucraino della Difesa in cerca di aiuti per Kiev.

Secondo i ricercatori del James Martin Center for Nonproliferation Studies del Middlebury Institute of International Studies, il sito in questione fabbrica sia missili Kn-23 (Hwasong-11A e la Russia, evidenzia la rete americana, ne ha lanciati circa 60 quest'anno contro l'Ucraina) che missili Kn-24 (Hwasong-11B). Qui è stato spesso in visita il leader nordcoreano Kim Jong-un. I nordcoreani lo chiamano 'Stabilimento 11 Febbraio'.

"Sembra sia un tentativo di aumentare la capacità su questa linea di produzione", ragiona con la Cnn Sam Lair del Center for Nonproliferation Studies, che racconta come la 'crescita' dell'impianto sia iniziata nel 2020 e come il nuovo edificio, probabilmente per l'assemblaggio dei missili, indichi che "non stanno solo migliorando un elemento della linea di produzione, ma piuttosto stanno cercando di ampliarla".

Le foto satellitari

Secondo Lair, che si basa sull'analisi di immagini satellitari di ottobre di Planet Labs, la Corea del Nord starebbe anche aumentando la forza lavoro. "Appena fuori dal perimetro di sicurezza dell'impianto, vediamo quelli che sembrano essere nuovi appartamenti in costruzione - dice - Nelle immagini satellitari vediamo le fondamenta". Il sito, sottolinea, fa parte del complesso Ryongsong Machine Complex che fabbrica anche armamenti per i militari nordcoreani.

I media ufficiali nordcoreani avevano immortalato qui Kim durante una visita dell'agosto 2023, ma quelle immagini - evidenzia la Cnn - sono sparite dalle pagine dei siti web nordcoreani. E intanto Kim continua a insistere sul potenziamento dell'arsenale del Paese eremita. Dall'inizio di quest'anno, secondo le denunce delle autorità ucraine raccolte dalla rete americana, gli attacchi con missili nordcoreani hanno fatto almeno 28 morti e 213 feriti. Nel mirino di attacchi missilistici, gli ucraini affermano che un terzo degli armamenti utilizzati dai russi per colpire il loro Paese sono nordcoreani.

Ucraina-Corea del Sud, contatto

Intanto, scrive l'agenzia Yonhap, il ministro ucraino della Difesa Rustem Umerov, alla guida di una delegazione scelta per i colloqui con il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, mantiene il riserbo dopo le indiscrezioni su una presunta richiesta di aiuti militari alla Corea del Sud. E l'ufficio di Yoon conferma un incontro con la delegazione ucraina guidata da Umerov per condividere informazioni d'intelligence sulla "crescente cooperazione militare" tra Russia e Corea del Nord, con il conflitto in Ucraina che va avanti da oltre mille giorni, innescato dall'invasione russa avviata il 24 febbraio di due anni fa.

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Esteri

Ue, von der Leyen bis in carica con 370 voti: minimo...

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La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre. Il voto sulla Commissione 'spappola' i gruppi parlamentari

Ursula von der Leyen a Strasburgo - Afp

Malgrado le trattative febbrili della vigilia, la Commissione von der Leyen bis non ha raggiunto la soglia dei 401 voti a favore, quelli che aveva preso la presidente poco più di tre mesi fa. Il pallottoliere a Strasburgo ieri si è fermato ben al di sotto: il nuovo esecutivo Ue è stato eletto dal Parlamento Europeo con 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti, su 688 votanti. La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre, e appena del 51,46% se la si calcola sul numero dei componenti dell’Aula (719). Si tratta però di calcoli che lasciano il tempo che trovano, poiché bastava la maggioranza relativa, cioè un voto favorevole in più di quelli contrari (gli astenuti sono ininfluenti).

E’ un fatto politico, tuttavia, che dal 18 luglio scorso ad oggi, dopo l'apertura all'Ecr avvenuta nel frattempo, il collegio scelto dalla presidente rieletta ha preso ben 31 voti in meno. Trecentosettanta voti a favore sono il minimo storico, da quando la Commissione viene eletta dal Parlamento. La von der Leyen uno era stata approvata con 461 voti a favore, 157 contrari e 89 astensioni, nel novembre del 2019. Il numero di voti favorevoli ricevuti ieri è il più basso mai registrato: la Commissione Santer nel 1995 aveva ottenuto 417 sì; il collegio guidato da Romano Prodi ne aveva presi 510; la Barroso uno 478, la Barroso due 488, la Commissione Juncker 423.

Il voto sul von der Leyen bis 'spappola' i gruppi parlamentari

Come se non bastasse, il voto sulla nuova Commissione ha spaccato molti gruppi parlamentari, che si sono “spappolati”, secondo la definizione dell’eurodeputato Cinquestelle Gaetano Pedullà. Il Ppe ha votato massicciamente a favore, inclusi gli italiani di Forza Italia, ma ha perso il Pp spagnolo, impegnato in una ‘corrida’ contro la vicepresidente Teresa Ribera, del Psoe, e gli sloveni dell'Sds, il partito dell’ex premier Janez Jansa, che hanno votato contro, più 2 astenuti. Il grosso dei Socialisti e Democratici ha votato a favore della nuova Commissione, incluso il Pd, ma il gruppo ha registrato 25 contrari (tra cui due indipendenti eletti con il Pd, Cecilia Strada e Marco Tarquinio) e ben 18 astenuti.

Compatti i Patrioti, che hanno votato tutti contro, inclusa la Lega e gli ungheresi di Fidesz. Tutti no anche dai membri della Left, inclusi gli italiani del M5S e di Avs. Si sono schierati per il no anche i deputati dell'Europa delle Nazioni Sovrane, il gruppo di Alternative fuer Deutschland, la destra della destra. I Liberali di Renew hanno votato massicciamente a favore, con sei astenuti. I Conservatori dell'Ecr, come annunciato dal copresidente Nicola Procaccini che ha confermato la libertà di voto per i suoi eurodeputati (come era avvenuto nel 2019), si sono divisi: tra i favorevoli Fratelli d'Italia, i belgi dell'N-Va e i cechi dell'Ods; tra i contrari i polacchi del Pis; si contano anche 4 astenuti. Tra i Conservatori, sono più gli eurodeputati che hanno votato contro (39) la nuova Commissione rispetto a quelli a favore (33).

Spaccati i Verdi: tra i 27 favorevoli spiccano i Gruenen tedeschi, prima delegazione del gruppo; tra i contrari, una ventina, figurano anche gli italiani Ignazio Marino, Benedetta Scuderi e Leoluca Orlando. Ci sono anche sei astenuti. I voti di una stretta maggioranza degli ecologisti sono arrivati dopo che Ursula von der Leyen ha annunciato di aver nominato l’ex copresidente del gruppo Philippe Lamberts come proprio consulente per il Green Deal.

Il voto dalla prospettiva italiana

Guardando al voto attraverso il prisma della politica italiana, che a queste latitudini può risultare ingannevole perché nel Parlamento Europeo le dinamiche sono diverse da quelle nazionali, si sono spaccate sia la maggioranza che l’opposizione. Nella prima, Fdi e Fi hanno votato sì, la Lega no; nella seconda, il Pd ha votato sì, tranne due indipendenti, gli altri hanno votato contro. Sia il capodelegazione di Fdi Carlo Fidanza che quello del Pd, Nicola Zingaretti, hanno negato che i voti contrari alla Commissione espressi, rispettivamente, dalla Lega e dal M5S costituiscano un problema politico per i rispettivi partiti. Von der Leyen, dopo il voto, ha fatto buon viso a cattivo gioco: oggi, ha detto, “è un buon giorno per l’Europa. Il voto dimostra che il centro tiene”. Per Letizia Moratti, di Forza Italia, non ci sono “rischi di instabilità” per la nuova Commissione e i numeri sono imparagonabili con quelli di cinque anni fa perché “il mondo sta cambiando rapidamente”.

Di fatto, però, la maggioranza è uscita numericamente indebolita dall’apertura all’Ecr decisa da Manfred Weber, leader del Ppe, e assecondata da Ursula von der Leyen, con la nomina a vicepresidente esecutivo di Raffaele Fitto. Ciò nonostante, c’è chi sostiene che l’obiettivo dell’operazione non sia numerico, bensì eminentemente politico: quello di dividere le destre, sottraendo a quel fronte una parte dell’Ecr, quella al governo e quindi dialogante per definizione, oggi costituita da Fratelli d’Italia, dai cechi dell’Ods e dall’N-Va, che dovrebbe arrivare al potere in Belgio con Bart de Wever. E’ anche un fatto, come ha ricordato Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr, che nel Parlamento Europeo “non ci sono vincoli di maggioranza”, dato che le maggioranze si formano di volta in volta sui singoli dossier.

Fitto, anche ieri attaccato ripetutamente in Aula da sinistra, ha affermato via social che ora occorre "lavorare" in modo unitario, per il bene dell'Ue. Il capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti, dal canto suo, si è augurato un “radicale ripensamento” della strategia da parte di Manfred Weber, visto che la maggioranza, anziché allargarsi, si è ristretta, perdendo molti pezzi per strada. Il politico bavarese ha rivendicato in Aula la sua strategia, definendo AfD, Fidesz e il Rassemblement National dei “nemici politici”, e promettendo che non permetterà loro di distruggere “la mia Europa”. E’ un fatto, comunque, che nel Parlamento uscito dalle europee dello scorso giugno la destra pesa eccome e condiziona il processo legislativo: Zingaretti ha invitato a ricordare sempre che nell’Aula ci sono “duecento” deputati “di estrema destra”, che si fanno sentire.

E continueranno a farsi sentire, ha assicurato Carlo Fidanza, capodelegazione di Fdi: “Giocheremo la nostra partita su ogni singolo dossier, perché sappiamo che i numeri qui dentro sono cambiati”, ha detto. "I programmi, le lettere di missione, tutto quello che è stato fino ad oggi non dico che è come se non esistesse più, ma rimane un punto di riferimento che dovrà calarsi nella realtà democratica di un'Aula che ha dei numeri diversi”. E Procaccini, chiudendo un punto stampa dopo il voto, non ha nascosto la propria soddisfazione: “Andiamo a fare un brindisi: ce lo siamo meritato”, ha detto ai membri della sua delegazione.

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Politica

Canone Rai e sanità, doppio inciampo del governo. Ira...

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Doppio passo falso della maggioranza al Senato, con il governo battuto due volte: Forza Italia vota con l'opposizione sul canone, fallo di reazione della Lega sulla sanità calabrese

Salvini, Meloni e Tajani alla Camera - Fotogramma

Un pasticcio che poteva essere evitato. A Giorgia Meloni, raccontano, non sarebbe affatto andato giù il doppio passo falso di ieri della sua maggioranza al Senato, con il governo battuto una prima volta in commissione Bilancio sul canone Rai (Forza Italia ha votato con l'opposizione contro la riduzione del contributo per la tv pubblica da 90 a 70 euro fortemente voluto da Matteo Salvini) e una seconda volta, sempre a Palazzo Madama, su un emendamento sulla sanità calabrese firmato dal senatore azzurro Claudio Lotito, evidente fallo di reazione della Lega. Un inciampo che "non giova a nessuno", filtrava da Palazzo Chigi a stretto giro dal primo incidente di giornata.

Meloni irritata, ma nessun vertice in vista

La premier, riferiscono fonti parlamentari, sarebbe rimasta molto infastidita da quanto accaduto per aver dato l'immagine di superficialità e litigiosità a pochi giorni dal vertice di domenica scorso, dove avrebbe chiesto e strappato ai suoi alleati la promessa di evitare polemiche e forzature su temi divisivi. Da qui la freddezza nei confronti di Antonio Tajani, percepita ieri al Med Dialogues (rapida stretta di mano, ndr). "Se abbiamo trovato l'accordo per un cessate il fuoco in Libano possiamo farlo pure sul canone Rai", ha tagliato corto la premier con i cronisti, derubricando le frizioni "in schermaglie", nulla di "particolarmente serio". Ora bisogna andare avanti e lasciarsi tutto alle spalle in fretta, concentrarsi sui prossimi impegni, la linea che filtra infatti da Palazzo Chigi. Dove, assicurano, non figurano in agenda nuovi vertici di maggioranza: "Lasciar decantare e guardare avanti, il presidente tira dritto", confermano fonti parlamentari vicine a Meloni.

L'incidente sul canone Rai

Sul canone Rai ci sarebbe stato un combinato disposto di fattori, che avrebbero portato all'incidente, esponendo di nuovo il centrodestra all'ennesimo scivolone. Nella coalizione, insomma, si respira un clima di tutti contro tutti. C'è chi se la prende con il sottosegretario al Mef Lucia Albano, che forse avrebbe potuto fare di più per evitare il patatrac finale; chi invece accusa i leghisti di aver fatto una forzatura, violando il 'patto di non belligeranza' firmato chez Giorgia e chi, infine, se la prende con gli azzurri, che avrebbe potuto lasciare l'Aula o comunque scongiurare l'incidente.

Raccontano che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, abbia mediato fino alla fine. Tante le soluzioni che ha provato a mettere in campo, andando oltre l'invito ad accordarsi tra alleati. Ma nessuna ipotesi, durante i vertici di maggioranza a Palazzo Madama, ha portato a superare l'impasse. Da ultimo, ieri mattina, l'influenza ha tenuto lontano dalla Commissione Bilancio lo stesso Ciriani, mettendolo fuori gioco per un tentativo di conciliazione in extremis.

Antonio Tajani dice intanto chiaramente che la "posizione di Forza Italia non è mai cambiata": ''L'abbiamo detto sin dall'inizio che era sbagliato spendere 430 milioni euro per una partita di giro. Invece di tagliare il canone Rai che costa 50 centesimi al cittadino italiano, con quei 430 milioni di euro facciamo un'operazione per tagliare sul serio le tasse". Il ministro degli Esteri immaginava di ''metterli in un pacchetto dell'Irpef aggiungendoli a quelli del concordato fiscale o si poteva usarli per la sanità''.

Dietro il 'no' del partito forzista al 'taglio', chiarisce ancora una volta il vicepremier, non c'è la famiglia Berlusconi, né Piersilvio, né Marina. ''Sono grande e grosso, ho 70 anni, ma vi pare che prendo ordini da qualcuno?'', si sfoga il segretario nazionale di Fi, che aggiunge: ''Tanto, è inutile che vi dico delle cose, tanto scrivete sempre quello che volete... Così sulle banche, ora sul canone Rai: ogni cosa che facciamo, la facciamo perché c'è qualcuno che ci dice cosa dobbiamo fare".

La risposta leghista sulla sanità, la reazione di FdI

A chi dentro Fdi manifesta irritazione, Fi fa sapere di non aver certo forzato la mano. Abbiamo sempre detto 'no' al taglio del canone Rai, non lo si scopre adesso, fa sapere un big forzista a mezza bocca, che ricorda come all'ultimo vertice i leader centrodestra avevano detto che su temi divisivi, come la Rai, bisognava evitare di alimentare tensioni.

"La sforbiciata al canone andava evitata lo scorso anno, quando è stata introdotta - spiega una fonte di Fdi -, ormai è deleterio tornare indietro, per questo abbiamo deciso di votare a favore". I Fratelli d'Italia rimarcano inoltre di aver tenuto fede anche all'impegno sull'altro emendamento, sulla sanità calabrese, poi affossato dai leghisti che hanno così mandato di nuovo sotto il governo. Una 'risposta' che i meloniani non avrebbero gradito, men che meno la presidente del Consiglio. Salvini dice di ''non aver sentito Tajani (''avrà da fare, anche io ho da fare" ma "ci messaggiamo") e tira in ballo Silvio Berlusconi: ''Ricordo che Berlusconi riteneva che il canone fosse una tassa, una gabella" ma "non da cancellare".

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