Polonia apre a armi nucleari Nato. Russia: “Così è scontro”
Oggi il segretario generale Stoltenberg a Varsavia
Armi nucleari in Polonia: l'ipotesi basta e avanza per alzare il livello di tensione nel quadro internazionale dominato dalla guerra tra Ucraina e Russia. Varsavia si dice pronta ad ospitare le armi nucleari della Nato, nell'ambito del piano di rafforzamento del fronte orientale dell'Alleanza, e Mosca replica subito. Il tema potrebbe tornare d'attualità in queste ore, con l'annunciata visita di Jens Stoltenberg a Varsavia.
Il segretario generale della Nato vedrà il primo ministro polacco, Donald Tusk. Nella capitale della Polonia sarà presente anche il premier britannico Rushi Sunak, uno dei principali alleati europei dell'Ucraina.
Il summit potrebbe essere l'occasione per approfondire i concetti tratteggiati dal presidente polacco Andrzej Duda, che ha aperto all'ipotesi di dispiegare armi nucleari 'targate Nato' sul territorio polacco. L'operazione sarebbe una risposta al dispiegamento degli armamenti della Russia nella vicina Kaliningrad e in Bielorussia, come ha spiegato il Capo dello Stato in un'intervista a un quotidiano locale 'Fakt': "Se i nostri alleati decidono di schierare armi nucleari nel quadro della condivisione nucleare sul nostro territorio per rafforzare la sicurezza del fianco orientale della Nato, siamo pronti a farlo".
La Polonia confina sia con l'exclave russa di Kaliningrad che con la Bielorussia, alleata della Russia. Duda è reduce da un viaggio negli Stati Uniti, ha avuto incontri presso l'Onu e ha discusso della guerra in Ucraina con l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. A marzo ha visitato Washington, dove ha incontrato il presidente Joe Biden. I legami con gli Usa, quindi, sono sempre più solidi e le interlocuzioni sono frequenti: le discussioni sulla cooperazione nucleare tra Polonia e Stati Uniti sono in corso "da qualche tempo", ha detto. "Devo ammettere che quando mi è stato chiesto di parlarne, ho dichiarato la nostra prontezza. La Russia sta militarizzando sempre più il distretto di Kaliningrad. Recentemente ha trasferito le sue armi nucleari in Bielorussia", ha sottolineato ancora.
L'apertura della Polonia, ovviamente, non è passata inosservata a Mosca. La Russia deve fare i conti già con l'allargamento della Nato a Svezia e Finlandia. Ora, Vladimir Putin rischia di vedere armi nucleari non lontano dal proprio territorio. Un ulteriore elemento di allarme per il Cremlino, in un quadro già caratterizzato dalla decisione americana di inviare armi e aiuti militari all'Ucraina per 61 miliardi di dollari. "Oggi gli Stati Uniti e i loro stati clienti della Nato sognano ancora di infliggere una 'sconfitta strategica' alla Russia e sono pronti a portare avanti la loro politica di deterrenza verso il nostro Paese 'fino all'ultimo ucraino'. Allo stesso tempo, l'Occidente si trova sull’orlo pericoloso di uno scontro militare diretto tra le potenze nucleari, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche", ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov.
Secondo il massimo diplomatico russo è particolarmente preoccupante il fatto che le tre potenze nucleari occidentali siano tra i principali sponsor del regime di Kiev e tra i principali promotori di diverse mosse incendiarie. "Ciò potrebbe creare seri rischi strategici e aumentare il livello della minaccia nucleare", ha osservato Lavrov.
Esteri
Cecilia Sala, il giornalismo è meno difeso e più...
L'informazione ha un problema di credibilità, investe di meno e ha perso la protezione dell'opinione pubblica
Cecilia Sala è una brava giornalista. Le parole che si stanno usando in queste ore, da quando è stata diffusa la notizia del suo arresto in Iran, sono tutte appropriate: intelligente, curiosa, preparata, prudente. Provano a descriverla, a raccontarla a chi ancora non la conosce e provano a dare conforto a chi la conosce, a chi deve dare un senso a quello che sta succedendo. Le parole aiutano sempre, anche quando si concedono alla retorica o alla celebrazione.
Le parole diventano invece pericolose quando sono fuori posto e finiscono al servizio della disinformazione. Sta avvenendo anche questo, come accade spesso, in Rete e sui social, dove la tentazione di esprimere gli istinti peggiori trova lo spazio per prevalere sul buon senso. Nel mirino dei fenomeni da tastiera ci sono la giornalista e il giornalismo. Gli argomenti che si usano sono contaminati dalla banalizzazione e dall'approssimazione ma anche da una sgangherata ideologia anti sistema, che ha l'ansia di depotenziare e delegittimare l'informazione, a maggior ragione quella di qualità che fanno giornalisti come Cecilia Sala.
L'arresto in Iran di una professionista affermata, che lavora per Il Foglio e per Chora Media, è un evento che rimette al centro dell'attenzione la funzione e la missione del giornalismo. A maggior ragione perché si lega al profilo di una giornalista giovane, 29 anni, e che ha una reputazione costruita anche sulla Rete, grazie alla capacità di raccontare quello che vede in giro per il Mondo su tutti i supporti disponibili, dalla carta al video, dai podcast ai reel. Nel caso di Cecilia Sala, non ci può essere la critica al 'vecchio' giornalismo, al presunto privilegio di una casta, alla rendita di posizione di una penna che spiega il mondo con una celebrata carriera alle spalle.
Cecilia Sala è il volto di un giornalismo 'nuovo', moderno, capace di mettersi in discussione quotidianamente per tenere insieme la professionalità con l'innovazione, le regole sacre del mestiere con la sperimentazione di tutti i mezzi disponibili per arrivare al lettore, allo spettatore, all'ascoltatore, all'utente.
Quello che rappresenta Cecilia Sala è però anche un giornalismo meno difeso e più ingombrante. Meno difeso, e più difficile da difendere, perché è meno forte, nel mondo e a maggior ragione in Italia, il peso delle testate, perché si sono ridotti, nel mondo e a maggior ragione in Italia, gli investimenti sull'informazione e perché, nel mondo e a maggior ragione in Italia, la reputazione e la credibilità del giornalismo è sempre più messa in discussione e ha perso la protezione dell'opinione pubblica. Il lavoro di Cecilia Sala è più ingombrante perché è più visibile, proprio lì nei luoghi dove la disinformazione, la censura e la propaganda sono più forti. E' più ingombrante, e più esposto, anche perché sono poche le altre voci capaci di portare il giornalismo lì dove serve, dove è più sottile la soglia fra quello che è vero e quello che si vuole rappresentare.
Questo aspetto del giornalismo porta oltre il caso specifico di Cecilia Sala e oltre il caso specifico dell'Iran. Tutti i giorni, in qualsiasi contesto, c'è una verità da cercare, più difficile da raccontare, perché è scomoda per qualcuno, e c'è una rappresentazione della realtà più accessibile, disponibile e conveniente. I giornalisti, il giornalismo, e anche l'editoria, si trovano continuamente di fronte a questa scelta. Cecilia Sala, e chi ha scelto di investire sul suo lavoro, hanno dimostrato che si può scegliere da quale parte andare, lavorando per avvicinarsi il più possibile alla verità. Una scelta che non è mai scontata, che comporta dei costi e dei rischi, che va ribadita tutti i giorni e che non rende immune dagli errori, che qualsiasi testate e qualsiasi giornalista devono mettere in conto.
L'unica opzione disponibile per difendere i giornalisti e il giornalismo è lavorare per recuperare credibilità e ridare peso alla funzione principale dell'informazione: vedere, conoscere, verificare e raccontare. Oggi però la storia di Cecilia Sala dice che è diventato più difficile farlo. E da qui si deve ripartire. (Di Fabio Insenga)
Esteri
In Italia numero più alto di imprenditrici in Ue, sono 1,6...
Nonostante il Paese continui ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa, presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti
Nonostante l'Italia continui ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa, presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita Iva che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all'imprenditorialità. A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
L'assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.
Circa il 56% delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20% opera nel commercio, mentre poco oltre il 10% è attivo nell'Horeca e circa un ulteriore 6% nell'industria, medesima percentuale si riscontra anche nell'agricoltura.
Il basso tasso di occupazione femminile in Italia è principalmente attribuibile all'elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne. Tuttavia, numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l'imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l'occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.
La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l'imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro.
Da Sud a Nord, il punto sulle imprenditrici
In Italia sono le province del Mezzogiorno a registrare l’incidenza percentuale più elevata di imprese a conduzione femminile sul totale delle attività presenti in ciascuna delle 105 realtà territoriali monitorate dall’Ufficio studi della Cgia. A guidare la graduatoria nazionale è Cagliari con il 40,5% delle attività guidate da donne sul totale provinciale (in valore assoluto sono 13.340). Seguono Benevento con 30,5% (9.227), Avellino con il 30,2% (11.149), Nuoro con il 29,3% (6.743) e Chieti con il 28,9% (11.009).
La prima provincia del Nord è La Spezia che si colloca al 18° posto a livello nazionale con una incidenza del 26,4% (4.582). Se, invece, riformuliamo la classifica nazionale in base al numero assoluto di imprese femminili, in vetta scorgiamo la Città Metropolitana di Roma con 76.519 attività “in rosa” (pari al 22,7% del totale delle imprese presenti a livello provinciale). Seguono Milano con 57.341 (17,9%), Napoli con 55.904 (21,7%), Torino con 44.051 (22,4%) e Bari con 27.975 (28,9%).
Esteri
Siria, 007 Mosca: intelligence Usa e Gb preparano attacchi...
Secondo il servizio di intelligence russo, il ruolo di esecutori sarebbe stato assegnato ai militanti dell'Isis
I servizi segreti americani e britannici starebbero preparando piani per effettuare una serie di attacchi terroristici contro obiettivi militari russi in Siria. A riferirlo è l'ufficio stampa del Foreign Intelligence Service (Svr) della Federazione Russa, riporta la Tass.
“I servizi segreti britannici stanno sviluppando piani per organizzare una serie di attacchi terroristici contro le strutture militari russe in Siria; il ruolo di esecutori è assegnato ai militanti del gruppo terroristico Isis, rilasciati dalle 'nuove autorità' dalle carceri di recente”, ha spiegato l'Svr.
Russia-Damasco, negoziati in corso sulle basi
Sono intanto in corso negoziati fra la Russia e le nuove autorità al potere a Damasco sul mantenimento degli accordi per l'uso, da parte delle forze di Mosca, delle basi di Tartus e Kmeimim, anticipano fonti informate sulla trattative citate dall'agenzia russa Tass. Le autorità siriane non sono intenzionate ad annullare gli accordi nel futuro a breve, vale a dire fino a che i negoziati non saranno conclusi, si aggiunge. Mosca chiede che circostanze di forza maggiore, incluse azioni militari e cambi di regime, non siano pretesto per cancellare gli accordi sull'uso a lungo termine delle basi. In discussione anche le dimensioni del contingente militare russo in Siria.
L'accusa: "Is approfitta del caos per attaccare curdi"
Le Forze Democratiche Siriane (Sdf), sostenute dagli Stati Uniti, hanno intanto ribadito la convinzione che il gruppo jihadista dello Stato Islamico stia “cercando di approfittare del caos” nel Paese a seguito della caduta del regime di Bashar al-Assad per aumentare gli attacchi alle aree sotto il controllo delle autorità curde.
“Di fronte allo stato di tensione in Siria, agli attacchi lanciati dall'occupazione turca e dai suoi mercenari contro le regioni settentrionali e orientali della Siria e alla preoccupazione delle Sdf nell'affrontarli, l'organizzazione terroristica dello Stato Islamico sta cercando di approfittare del caos per rianimarsi e rafforzarsi al fine di compiere atti terroristici”, si legge in una dichiarazione delle forze curde. Gli attacchi jihadisti “prendono di mira principalmente le aree settentrionali e orientali della Siria, in quanto sono le più sicure e stabili”.
“Questi attacchi avvengono in un momento in cui la regione sta vivendo tensioni sulla sicurezza a causa degli attacchi dell'occupazione turca e dei suoi mercenari”, hanno ribadito, insistendo sul fatto che “è chiaro che il pericolo rappresentato dallo Stato Islamico sta aumentando man mano che l'occupazione lancia i suoi attacchi, il che evidenzia il rapporto organico tra lo Stato Islamico e l'occupazione turca”. I curdi hanno reso noto di aver ucciso 22 “mercenari” intorno alla città di Manbij, riferendosi ai membri dei gruppi ribelli sostenuti da Ankara, dopo aver “respinto con successo un attacco su larga scala” alle loro posizioni nell'area.