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Negli ultimi anni, l’analisi del sistema sanitario italiano ha suscitato un dibattito intenso, alimentato da ricerche e sondaggi che rivelano una serie di criticità e speranze da parte dei cittadini. Due indagini, una condotta da Ipsos in collaborazione con la Fimmg e l’altra dall’Osservatorio Sanità di UniSalute, offrono uno sguardo approfondito sullo stato attuale della sanità nazionale.

Tre su quattro rinunciano alla cura nel SSN

Il sondaggio condotto da Ipsos, in collaborazione con la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg), getta nuova luce sulle opinioni e le esperienze dei cittadini italiani riguardo al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in occasione della Giornata Mondiale della Salute. I risultati rivelano una serie di sfide e speranze che delineano il panorama attuale della sanità pubblica nel nostro Paese.

I dati evidenziano che il 74% dei cittadini ha dovuto rinunciare almeno una volta a una prestazione del SSN a causa dei tempi di attesa e della mancanza di erogazione della prestazione nella propria zona, mentre è accaduto più frequentemente al 65% dei cittadini. Il 57% degli intervistati, invece, ha dovuto rinunciare perché la prestazione non era erogata nella propria zona Questo fenomeno, diffuso in tutto il Paese ma più accentuato nelle regioni del centro-nord e del centro-sud, solleva importanti questioni sull’accessibilità e l’efficienza del sistema sanitario.

L’80% dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Ssn ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16% ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali, evidenzia la Fimmg. Nonostante le evidenti lacune, il 64% del campione sostiene che la sanità debba rimanere esclusivamente pubblica, con la metà della popolazione addirittura disposta ad accettare un aumento delle tasse per sostenere il SSN, mentre il 26% accetterebbe un sistema misto pubblico-privato.

Un punto luminoso nel panorama sanitario è rappresentato dalla medicina generale, che si conferma come l’unico vero baluardo del SSN, garantendo un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche. Grazie alla medicina generale, i cittadini possono accedere a prestazioni senza liste d’attesa e visite programmate effettuate entro pochi giorni, il che contrasta con quanto accade in altri ambiti specialistici.

Scarsa prevenzione in Italia: liste d’attesa come ostacolo principale

Quattro italiani su 10 farebbero più prevenzione, sottoponendosi a più controlli medici, se i tempi di attesa fossero inferiori. Resta stabile al 41% la percentuale di persone che fa controlli regolari, mentre il 45% si cura solo quando inizia a stare male. Una donna su 4 (25%) non va dal ginecologo da oltre 3 anni e il 30% delle italiane non fa il Pap test. Insomma, si fa ancora poca prevenzione in Italia e tra i fattori che più scoraggiano ci sono proprio le liste d’attesa. Lo indica l’ultima indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, che sonda periodicamente, insieme a Nomisma, l’attitudine degli italiani nei confronti dei controlli e delle visite di prevenzione. La a ricerca ha coinvolto un campione rappresentativo di 1.200 persone, tra i 18 e i 75 anni, intervistate nel 2023.

Oltre alle attese, una parte di italiani è frenato da problemi organizzativi: il 22% si controllerebbe di più se ci fosse maggior disponibilità di date e orari. Tra i dati positivi: quasi la totalità del campione (93%) afferma di essersi rivolto al proprio medico di base almeno una volta nel 2023. Negli ultimi 12 mesi, 4 italiani su 5 (80%) hanno anche svolto delle analisi del sangue, con le donne più attente (l’83% le ha effettuate) rispetto agli uomini (77%). Risultano però ancora decisamente trascurate molte visite specialistiche: più di un italiano su 3 (35%), ad esempio, non fa una visita odontoiatrica o un’igiene dentale da oltre 3 anni, e il 44% non ha mai eseguito una visita dermatologica per la valutazione dei nei.

Oltre ai tempi di attesa, in molti casi influiscono anche considerazioni economiche: tra chi non ha effettuato alcun esame di prevenzione da oltre 3 anni, ben il 36% cita come motivazione i costi troppo elevati e il 47% dice che ne effettuerebbe di più se fossero gratuiti. Ma l’indagine evidenzia anche quanto pesi sulle decisioni degli italiani la scarsa cultura della prevenzione: circa 2 su 3 (64%) confessano di evitare le visite, rimandandole in caso di problemi di salute trascurabili (48%) o ammettendo di cercare di farne il meno possibile (16%). Quasi uno su 2 (45%), infine, dichiara di preferire curarsi solo quando comincia a soffrire di un disturbo o di una malattia vera e propria.

Le indagini condotte da Ipsos e UniSalute delineano un quadro complesso della sanità italiana, evidenziando sfide significative come i tempi di attesa prolungati e la scarsa cultura della prevenzione. Tuttavia, emergono anche segnali positivi, come il sostegno diffuso alla sanità pubblica e il ruolo cruciale della medicina generale nell’offrire un’assistenza di prossimità e accessibile.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Bologna, 12 brasiliani chiedono la cittadinanza perché...

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Ragazza con bandiera italiana

12 brasiliani hanno chiesto al tribunale di Bologna la cittadinanza italiana. La parte anomala della vicenda è che la richiesta si basa su un’antenata in comune, nata a Marzabotto nel 1876.

Una richiesta formalmente legittima, ma di dubbia ragionevolezza giuridica, tanto che, con ordinanza, il tribunale di Bologna “ha sollevato d’ufficio l’eccezione di illegittimità costituzionale della disciplina italiana in materia di cittadinanza, nella parte in cui prevede il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis senza alcun limite temporale”. Come spiegato dal presidente del tribunale Pasquale Liccardo, i giudici chiedono se sia legittimo riconoscere la cittadinanza anche se l’avo di riferimento sia nato molte generazioni prima (in questo caso quasi 150 anni fa) e i discendenti non abbiano alcun legame con la cultura, le tradizioni e la lingua italiana.

L’ordinanza del tribunale di Bologna

A firmare l’atto è stato il giudice Marco Gattuso, lo stesso che un mese fa aveva sollevato alla Corte di Giustizia Ue il rinvio pregiudiziale del decreto Paesi sicuri, attirandosi le critiche dell’esecutivo. In questo caso, Gattuso spiega che “la cittadinanza identifica l’elemento costitutivo del popolo, cui la Carta costituzionale riconosce la sovranità”, “il criterio che consente di distinguere il ‘popolo’ rispetto agli altri popoli”.

Da qui la questione di costituzionalità sullo ius sanguinis, che si applica senza alcun limite temporale purché la trasmissione di cittadinanza non sia mai stata interrotta con un atto formale di rinuncia. Il tribunale chiede alla Consulta di verificare se “tale disciplina sia o meno in contrasto con le nozioni di popolo e di cittadinanza richiamati nella Costituzione, con il principio di ragionevolezza e con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia anche nell’ambito dell’Unione europea”, sottolineando implicitamente l’illogicità del meccanismo.

I 12 brasiliani, spiega ancora il tribunale di Bologna “chiedono l’accertamento della cittadinanza italiana per la sola presenza di un’antenata italiana, fra le decine di loro antenati non italiani, nata nel 1876 e partita da giovane dal nostro Paese”.

Il confronto con gli altri Paesi e il rischio di un precedente

Recentemente, il dibattito politico si è acceso sul tema della cittadinanza tra ius scholae, ius soli e ius sanguinis. Il Referendum Cittadinanza proposto da +Europa ha superato agevolmente le 500.000 firme necessarie per far iniziare l’iter. Gli italiani saranno chiamati a votare probabilmente nella primavera 2025, comunque entro tre mesi dalla vidimazione delle firme. La modifica proposta punta a facilitare l’ottenimento della cittadinanza per 2,5 milioni di extracomunitari che dovrebbero risiedere in Italia per cinque anni, invece di dieci, prima di poter richiedere la cittadinanza italiana.

Intanto, tranne rare eccezioni, vige uno ius sanguinis particolare: “l’ordinamento italiano è uno dei pochissimi al mondo a riconoscere lo ius sanguinis senza prevedere alcun limite”, scrive ancora il tribunale di Bologna nell’ordinanza spedita a Roma. I giudici si rivolgono alla Consulta non solo in merito alla richiesta dei 12 brasiliani, ma anche considerando che l’Italia “presenta all’estero, secondo le stime più accreditate, diverse decine di milioni di discendenti da un antenato italiano”. Un precedente in tal senso potrebbe generare un effetto a cascata nonostante la dubbia ragionevolezza giuridica del meccanismo.

Seguendo una interpretazione restrittiva della legge, i richiedenti possono diventare italiani pur non avendo mai visto l’Italia se non in video o in foto. Nel frattempo, milioni di immigrati nati e cresciuti in Italia non riescono ad ottenere la cittadinanza perché, tranne in rare eccezioni, non vige lo ius soli, né lo ius scholae o lo ius culturae.

L’analogia con il “caso veneto”

La questione sollevata dal tribunale di Bologna ricorda il “caso veneto”, dove 92mila bambini e ragazzi, figli di genitori stranieri, vivono e studiano senza avere la cittadinanza, mentre 300mila oriundi nati all’estero, con un trisavolo veneto, riescono a ottenerla. Il fenomeno pone interrogativi sul senso di appartenenza e cittadinanza nel nostro Paese, ma anche sui criteri con cui vengono stabiliti i diritti civili.

Il Veneto è una delle regioni italiane più colpite da questa dinamica, a causa del suo passato di forte emigrazione verso le Americhe tra Ottocento e Novecento. Molti discendenti di emigranti veneti, principalmente in Brasile e Argentina, richiedono la cittadinanza italiana grazie alla legge sullo ius sanguinis. Salvatore Laganà, presidente del Tribunale di Venezia, ha confermato che il 43% delle richieste per discendenza in tutta Italia proviene proprio dal Veneto. Dal trasferimento della competenza nel 2022, il Tribunale ha gestito oltre 23mila pratiche, con ancora 18mila richieste pendenti.

La regione oggi si trova a gestire migliaia di richieste di cittadinanza, un compito che grava pesantemente sui piccoli Comuni. Il paradosso demografico è evidente: in un territorio in cui nascono sempre meno bambini – circa 30mila all’anno – il numero di nuovi cittadini per discendenza supera di gran lunga quello delle nuove nascite.

Per approfondire: Alcuni comuni veneti hanno più richieste di cittadinanza che nuovi nati

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Giulia Salemi, il messaggio al figlio contro la violenza...

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Giulia Salemi Gino Cecchettin Social Fotogramma

Giulia Salemi ha condiviso un commovente messaggio rivolto al figlio nella giornata della violenza contro le donne: “Caro amore mio – dice sui social – ancora non ti conosco, ma ogni giorno che passa ti immagino. Sarai il mio piccolo uomo, il cuore che batte fuori dal mio corpo, e il motivo per cui spero in un mondo migliore”.

La nascita del figlio di Giulia Salemi e del compagno Pierpaolo Petrelli, conosciuto nella Casa del Grande Fratello, è prevista per gennaio, e la modella italo-persiana si prepara così a diventare mamma per la prima volta.

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Un post condiviso da Giulia Salemi (@giuliasalemi)

Il videomessaggio di Giulia Salemi

“Oggi, mentre ti scrivo, è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. È una giornata dolorosa, perché ci ricorda quante ferite restano ancora da guarire. Ma è anche una giornata importante, perché ci insegna una cosa che voglio trasmetterti con tutta me stessa: il rispetto. Il rispetto per le donne – ricorda Giulia Salemi nel messaggio condiviso il 25 novembre – non è solo una parola, è un modo di vivere. È imparare a vedere il valore in chi hai accanto, a parlare con gentilezza anche quando è difficile, a essere un uomo capace di amare senza mai far sentire nessuno inferiore o in pericolo”.

Le parole della modella classe ’93 si inseriscono in un contesto di cambiamento sociale, dove si moltiplicano le segnalazioni al numero anti violenza e stalking 1522. Come dimostrano i dati pubblicati dal Dipartimento Pari Opportunità, da gennaio a settembre 2024, le chiamate al 1522 sono aumentate del 57% rispetto allo stesso periodo del 2023 per un totale di 48.000 chiamate. Qualcosa sta cambiando, ma la mutazione più profonda richiede un cambiamento culturale, un nuovo modo di concepire i rapporti.

Lo ribadisce Giulia Salemi nella sua lettera al figlio nascituro: “Sarai piccolo, poi grande, e un giorno forse sarai tu ad amare… Voglio che tu sappia che l’amore non è mai possesso, che la forza non è mai violenza, e che la libertà dell’altro è il dono più prezioso che puoi custodire”.

L’analogia con le parole di Gino Cecchettin

Le parole della modella fanno da eco a quelle di Gino Cecchettin, che, in un’intervista a La Stampa, ricorda di essere cresciuto in un contesto fortemente patriarcale. “Quando penso alla mia infanzia mi chiedo se mio padre fosse patriarca, e la risposta è sì, tantissimo. Per esempio, chi aveva il compito dell’educazione era mia madre. Mio padre si sentiva esentato, salvo per le punizioni corporali. Invece l’educazione è un lavoro che devono portare avanti entrambi i genitori”, dice Gino Cecchettin che insiste sul concetto di educazione sentimentale: serve “un’educazione all’altruismo, dove non si tolleri nessuna forma di violenza dei confronti di qualsiasi altro tipo di persona”.

Il papà di Giulia sottolinea quanto ciascuno di noi sia il frutto di ciò che vive. Parlando del padre, dice di averlo perdonato quando è diventato genitore anche lui: “Ho capito che mi voleva bene ma che aveva a disposizione mezzi per educare diversi dai miei. È cresciuto in un contesto in cui mio nonno diceva a mia nonna: ‘Taci tu che sei una donna’”.

Prendere una strada diversa dall’educazione ricevuta è difficile ma non impossibile: “Io e mia moglie sicuramente abbiamo peccato nei primi tempi, siamo stati anche noi patriarcali. Ci abbiamo lavorato tanto. Per questo servono i seminari e soprattutto il dialogo con i giovani”.

Anche Gino Cecchettin, insomma, ha rischiato di incarnare la trappola del patriarcato, ma è riuscito a uscirne nonostante i modelli di “Stallone, Rambo, James Bond che paragonava le automobili alle donne. Alla fine – spiega – non mi sono ritrovato nel ruolo di maschio alpha, forse non ne avevo il carattere. Non puoi risolvere sempre tutto con la forza, alla lunga è estenuante e ti porta alla solitudine”. Il tenore delle sue parole ricorda il messaggio di Giulia Salemi quando dice al figlio che porta in grembo che “la forza non è mai violenza, e che la libertà dell’altro è il dono più prezioso che puoi custodire”.

Una speranza per il futuro

L’influencer conclude il suo toccante messaggio al nascituro con una promessa e una speranza: “Io sarò qui, a insegnarti con tutto l’amore che posso. E spero che quando crescerai, nel mondo che ti accoglierà, ci saranno meno giorni come questo. Ti aspetto, piccolo grande uomo. Con tutto il mio cuore, Mamma”.

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Come riconoscere la violenza di genere, il decalogo Lines e...

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Violenza Di Genere Novembre Nessuna Scusa Canva

Un decalogo per riconoscere potenziali situazioni di violenza di genere, che sia psicologica, economica o sociale. Lo ha stilato Lines con WeWorld, organizzazione no profit italiana indipendente attiva in 26 Paesi compreso il nostro. Sostenuta dal 2020 da Lines, brand di Fater – joint venture paritetica tra Angelini Industries e Procter & Gamble – punta a promuovere lo sviluppo umano ed economico di chi si trova a vivere ai margini della società e in particolare che donne, bambine e bambini abbiano uguali opportunità e diritti, accesso alle risorse, alla salute, all’istruzione e a un lavoro degno.

In Italia, ricorda WeWorld, solo l’11% delle donne che subiscono violenza denuncia l’accaduto, di queste quasi il 40% addirittura non ne parla con nessuno, spesso per vergogna o perché le situazioni vissute sono ritenute la normalità. Si tratta di un problema ampio e molto sfaccettato, la cui soluzione passa intanto dalla consapevolezza da parte delle donne che certe situazioni non sono ‘normali’.

I ‘10 campanelli d’allarme’ della violenza di genere

Lines con WeWorld ha dunque stilato 10 ‘campanelli d’allarme’ che le donne non devono sottovalutare, ovvero quei segnali che indicano che ci si possa trovare di fronte a una forma di violenza:

1. Quando si rivolge a me è spesso aggressivo ed utilizza un tono di voce molto alto.
2. Quando siamo con gli altri, mi contraddice in continuazione e sminuisce quello che dico.
3. Di fronte ad impegni concordati, li nega e dice che sono io che ho capito male.
4. Quando esco con le mie amiche, mi dice che non sono una buona madre e/o una buona compagna.
5. Vuole accompagnarmi sempre e dappertutto, non mi permette di uscire da sola.
6. Quando non sono con lui, devo tenere il cellulare sempre a portata di mano per rispondere subito a messaggi e chiamate da parte sua.
7. Vuole conoscere tutte le mie password di accesso (pc, social media, cellulare).
8. Qualsiasi tipo di abbigliamento io indossi viene giudicato inadeguato, perché il mio partner ritiene che attiri l’attenzione.
9. Non vuole che esca con le mie amiche perché le giudica stupide e ha paura che possano avere una cattiva influenza su di me.
10. Quando gli dico che mi interessa un lavoro, mi dice che io non sono capace e che non mi serve perché tanto provvede lui a me.

Lines per gli ‘Spazio Donna WeWorld’

L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio di collaborazione tra Lines e WeWorld, di cui il sostegno del brand all’apertura degli ‘Spazio Donna WeWorld’ di Bologna nel 2021 e di Pescara nel 2022 è un altro esempio. In questo caso, l’idea alla base è che sostenere le donne a rischio di violenza e in situazioni di fragilità passi attraverso Spazi che offrano percorsi di supporto psicologico e per l’empowerment femminile.

I risultati ci sono: oltre 2500 donne, dall’apertura del primo degli otto spazi operativi presenti in Italia (Napoli, Roma, Bologna, Pescara, Cosenza e Brescia) hanno chiesto aiuto agli operatori dei diversi centri e di queste più di 700 lo hanno fatto in quelli sostenuti da Lines a Pescara e Bologna.

L’impegno di Lines con le scuole

L’impegno di Lines contro la violenza di genere non finisce qui, c’è tanto da fare anche sotto il profilo culturale, che è alla base del fenomeno. E proprio per diffondere una visione paritaria ed equa dei rapporti interpersonali Lines ha promosso il programma ‘Domande Scomode @School’, che ad oggi ha raggiunto oltre 200mila studenti. L’iniziativa mira a diffondere l’educazione all’affettività e ad aiutare i ragazzi, assieme ai docenti, a trovare risposte a quesiti importanti, dal ciclo mestruale e la sessualità alla gestione dei rapporti affettivi, fino ad altri temi delicati di cui spesso è difficile parlare.

Fater estende il congedo per le donne vittime di violenza

Anche Fater intende supportare la lotta alla violenza di genere, infatti ha appena annunciato l’estensione del congedo per le donne vittime di violenza dai 3 mesi previsti dal CCNL chimico-farmaceutico a 6 mesi, una misura che permetterà anche a chi si trova in questa drammatica situazione di far partire più velocemente il congedo. Un’azione tempestiva infatti, sottolinea l’azienda, in questi casi è fondamentale.

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