Europee, confronto tv Meloni-Schlein 23 maggio: da Vespa a ‘Porta a Porta’
Vespa unico 'arbitro', tra Meloni e Schlein focus su idee e programmi. Le opposizioni protestano
Un unico arbitro: Bruno Vespa. Nessun dibattito allargato ad altri direttori, sarà lui e lui solo a dirigere la partita tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, giovedì 23 maggio a 'Porta a Porta'. A quanto apprende l'Adnkronos, dunque, nello studio di via Teulada saranno in tre: il giornalista e le due leader. Per un confronto che, viene spiegato, sarà "molto istituzionale": "L'obiettivo sarà quello di raccontare programmi, idee e proposte" in vista delle elezioni europee dell'8 e 9 giugno, che vedono entrambe candidate.
Le novità del confronto
Quanto alla scelta della Rai - nelle settimane scorse erano circolate anche ipotesi che vedevano in campo La7 e SkyTg24 - dallo staff di Meloni spiegano che "andare su un'emittente privata non era possibile: la sede naturale per accogliere il confronto del presidente del Consiglio dei ministri è il servizio pubblico". Da qui, lo studio di Vespa, ribattezzato da sempre dagli addetti ai lavori 'terza Camera dello Stato'. Per un confronto che vede per la prima volta due donne 'incrociare le spade', l'una presidente del Consiglio, l'altra leader dell'opposizione. Ma non sarebbe questo l'unico elemento di novità.
Dallo staff di Meloni rimarcano infatti come, con questo faccia a faccia, la premier si presti a "qualcosa che nella politica italiana non si è mai visto prima: non è mai successo, infatti, che un premier in carica, nel pieno del suo mandato e delle sue funzioni, abbia accettato di confrontarsi in un incontro pubblico con un altro leader dell'opposizione. I confronti che abbiamo visto negli anni, infatti - viene rimarcato - si sono tenuti a pochi giorni dal voto per le elezioni politiche", quindi al giro di boa, ovvero "a mandato praticamente finito. Gli altri confronti, invece, sono stati fatti da ex premier ma mai da premier in carica". Il che farebbe di quella di Meloni "una scelta senza precedenti".
Le reazioni
"Il confronto a due con le sole Meloni e Schlein a sfidarsi nel salotto di Bruno Vespa rischia di violare pesantemente la par condicio. Non è consentito a nessuno, e alla TV pubblica in particolare, prestarsi a quello che è a tutti gli effetti un escamotage per forzare le regole del gioco in vista delle europee", dice il capogruppo M5S in commissione di vigilanza Rai, Dario Carotenuto.
"Siamo alla vigilia di elezioni dove la dinamica maggioranza/opposizione non esiste, perché ciascuna forza politica va per conto suo. Ancora non c'è il premierato, per fortuna, e la Rai non può far finta che lo scontro sia solo a due né Meloni può scegliersi l'avversario a suo piacimento. Non ci interessa avere spazi in più ma siamo intransigenti nel dire no a giochetti di questo tipo. Già le liste elettorali sono piene di nomi che sono una presa in giro per gli italiani perché non andranno mai a Bruxelles, la Rai non può prestarsi a questa ulteriore presa in giro degli italiani", aggiunge.
"Chiediamo che non solo al Movimento 5 stelle e a Giuseppe Conte, ma ai leader di tutte le forze politiche venga riservato un trattamento analogo, con esattamente gli stessi tempi e le medesime fasce orarie e di ascolti. È un punto su cui è necessario che ci siano delle ampie e certe rassicurazioni, con specifica programmazione comunicata prima della data in cui la Rai ha programmato il confronto tra Meloni e Schlein", afferma ancora.
"Andrà in onda una farsa, il confronto televisivo tra Elly Schlein e Giorgia Meloni, due candidate civetta. La leader Pd e la Presidente del Consiglio un minuto dopo essere elette, non metteranno mai piede nella sede del Parlamento Europeo. Per loro le elezioni europee sono un sondaggio, un test sulla tenuta personale della loro leadership, ma dell’Europa e delle Istituzioni europee non gliene frega un fico secco", dice Davide Faraone, di Italia Viva.
"Diciamolo chiaramente: il confronto a Porta a Porta tra Meloni e Schlein è una enorme presa in giro degli elettori italiani. Un confronto fake, tra due candidate fake, a cui non si potrà chiedere nulla sul programma da realizzare a Strasburgo", afferma il segretario di Più Europa, Riccardo Magi.
"Sapete perché? Perché nessuna delle due ci andrà. Non so se è peggio la Rai che fa confrontare due leader di partito che già si sa non andranno all'Europarlamento, e quindi fa venire meno, ancora una volta, il suo ruolo di servizio pubblico, oppure le due leader che hanno proposto questo confronto, sapendo che per loro il valore delle elezioni europee è poco più di un sondaggio. Al contrario degli altri partiti, tutti i candidati della lista Stati Uniti d'Europa una volta eletti andranno a Strasburgo, a realizzare il programma per cui gli elettori li hanno votati scrivendo il loro nome sulla scheda elettorale. Questa è tutta la differenza tra un autentico progetto europeista e le liste che approcciano le Europee come fossero un concorso a premi con sorpresa, dove voti un candidato ma alla fine, ad essere eletto, sarà un altro", aggiunge.
In una nota intervengono anche i deputati di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, rispettivamente portavoce di Europa Verde e segretario di Sinistra Italiana: "Ci risiamo. È una specie di riflesso condizionato quello che ripropone a ogni turno elettorale l'idea che la politica possa essere ridotta a bianco e nero in un confronto duale che non rispecchia in nessun modo la realtà politica del nostro Paese. L'annuncio del confronto televisivo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein rappresenta l'ennesima violazione della par condicio. Non si tratta di una questione formale ma di un problema sostanziale".
"Le elezioni Europee - spiegano i due parlamentari - si svolgono con un sistema proporzionale e un confronto come questo assume le caratteristiche di una forzatura in senso maggioritario della competizione che non è tra due candidate o leader di partito, per quanto autorevoli, ma tra diverse e molteplici proposte politiche rappresentate da partiti che si confronteranno nelle urne l'8 e il 9 giugno. In questo modo, si rischia di falsare e condizionare la campagna elettorale per le europee", mettono in guardia Bonelli e Fratoianni.
Politica
Cecilia Sala, direttore Il Foglio: “Giornalismo non è...
"Il giornalismo non è reato, nemmeno nei paesi che reprimono tutte le libertà, compresa quella di stampa" dice Claudio Cerasa
"Il punto è tanto semplice quanto drammatico: il giornalismo non è un crimine, e per una volta tanto scriverlo non è retorica ma è una realtà viva, reale e spaventosa". Così il direttore del Foglio Claudio Cerasa in un editoriale pubblicato sul sito del quotidiano.
"Quello che segue è un articolo che non avremmo mai voluto scrivere ma la dinamica dei fatti ci costringe a dover dar conto di un fatto grave che riguarda anche questo giornale. Il 19 dicembre, la nostra giornalista Cecilia Sala è stata arrestata in Iran ed è rinchiusa nel carcere di Evin, nel nord della capitale".
"Cecilia era in Iran - spiega - con un visto regolare, per raccontare un Paese che conosce e che ama, un paese in cui l'informazione viene soffocata a colpi di repressione, di minacce, di intimidazioni, di violenza, di detenzioni, spesso ai danni degli stessi giornalisti. Abbiamo deciso di dar conto della storia di Cecilia dopo aver avuto rassicurazioni, dai capi della nostra diplomazia, che mettere al corrente i lettori della notizia del suo arresto non avrebbe rallentato gli sforzi diplomatici per riportarla a casa. L'Iran, come forse saprete, è uno dei posti peggiori al mondo dove essere giornalisti. E' uno dei paesi più repressivi del pianeta in termini di libertà di stampa, il famoso Press Freedom Index del 2024, pubblicato da Reporters Without Borders, lo classifica al 176° posto su 180 paesi valutati. Dal 2022, da quando cioè è iniziata la protesta 'Donna, vita, libertà', sono stati arrestati 79 giornalisti, alcuni condannati a pene severe".
"Solo nella prima metà del 2024 le autorità iraniane hanno arrestato o condannato almeno 34 giornalisti. E da anni l'Iran è accusato di fare pressione sui governi stranieri facendo quello che da anni fa anche il regime russo: arrestare illegalmente o 'prendere in ostaggio' cittadini stranieri. A metà dicembre, subito dopo l'arresto di un cittadino statunitense e iraniano, il giornalista Reza Valizadeh, condannato a dieci anni di prigione con l'accusa di 'collaborazione con un governo ostile', il portavoce del dipartimento di stato Matthew Miller ha ricordato che nell'anno che si sta per chiudere il governo iraniano ha ripetutamente represso la libertà di stampa attraverso minacce, intimidazioni, detenzioni, confessioni forzate e l'uso della violenza contro i giornalisti. Miller ha chiesto, per il giornalista, il 'rilascio immediato e il rilascio di tutti i prigionieri politici in Iran. E' lo stesso appello - scrive Cerasa - che rivolgiamo al governo, ai ministri, al presidente del consiglio, al capo dello stato, alle autorità delegate, agli organi competenti'".
"L'Iran, con l'arresto di Cecilia, ha scelto di sfidare non una giornalista, non un giornale, non una testata, ma tutto quello che l'occidente considera trasversalmente intoccabile: la nostra libertà. Non è il momento di essere retorici, non è il momento di ricordare cos'è la repubblica degli ayatollah, non è il momento di ricordare l'irresponsabilità di chi ha provato a considerare un regime islamista in grado di diventare moderato, non è il momento di ricordare quante occasioni l'opinione pubblica ha perso per provare a smascherare gli orrori del regime iraniano. E' il momento di ricordare l'ovvio. L'Iran - scrive ancora il direttore del Foglio - vuole utilizzare la vita di Cecilia per mostrare quanto è forte il regime".
"Facciamogli vedere noi quanto siamo forti facendo tutto il possibile per non far sparire per un solo giorno la sua storia dalle pagine dei nostri giornali, facendo tutto il possibile per ricordare alle autorità competenti quanto sia pericoloso cavillare intorno a un attentato alla libertà di stampa e facendo tutto il necessario per riportarla a casa. Il giornalismo non è reato, nemmeno nei paesi che reprimono tutte le libertà, compresa quella di stampa. Riportatela a casa", conclude.
Politica
Manovra, legge Bilancio allo sprint finale al Senato....
Conclusi i lavori della commissione, non c'è mandato a relatore. Le opposizioni: "Parlamento umiliato"
La commissione Bilancio del Senato ha ripreso i lavori sulla manovra, dopo la pausa per le festività natalizie. E'previsto il dibattito sugli emendamenti presentati dall'opposizione, oltre 800. Visti i tempi ristretti, i lavori in commissione sono terminati senza dare mandato al relatore, per poi porre la fiducia in aula di Palazzo Madama oggi e votarla domani entro l'ora di pranzo.
Gasparri: "Tempi più rapidi di Governi Pd-M5S"
“Siamo in Senato per l'approvazione della legge. Che avverrà con tempi più rapidi di quelli che furono impiegati da altri Governi del passato sostenuti dal Pd e dai grillini" dichiara il presidente dei senatori di Fi, Maurizio Gasparri. "I contenuti sono molto importanti e li illustreremo analiticamente nelle prossime ore. Con le azioni di governo del centrodestra l’occupazione ha superato i 24 milioni, la disoccupazione è scesa sotto il 6%, l'inflazione si è ridotta ai livelli minimi e lo spread sta intorno ai 100 punti. Tutti indicatori positivi che dimostrano come la politica del centrodestra è migliore di quella delle sinistre, composte da Pd e da grillini, che hanno devastato con i loro superbonus i conti pubblici. Noi andiamo avanti, loro ci avevano fatto precipitare nel baratro”.
Le dimissioni di Liris da senatore
Il senatore membro della commissione Bilancio del Senato, Guido Liris (Fdi), nel corso della seduta conclusa poco fa ha avanzato le dimissioni da relatore della manovra a Palazzo Madama"con la richiesta che si torni alla doppia lettura, che non viene più fatta dal 2018".
"In qualità di relatore proporrò che si vada senza mandato al relatore" in aula "perché non ci sono tempi e modi per poter arrivare alle 14 in aula esaminando 817 emendamenti e 60 ordini del giorno". "Al di là di questo - aggiunge - si auspica che non accada più quello che è successo questa volta, con i tempi che sono stati gestiti in maniera troppo stretta al Senato a causa della Camera. Ma non è solamente questo: dal 2018 si è acquisita un'abitudine che mentre aveva una giustificazione durante il Covid oggi non ha più giustificazione il fatto di essere arrivati a un monocameralismo sulla gestione di provvedimenti così importanti come quello del bilancio".
Le opposizioni
"Si sta verificando su tutti i provvedimenti, anche con i disegni di legge, che usciti da un ramo del Parlamento si finge di respingere gli emendamenti, per blindare il testo che esce in prima lettura" dice il capogruppo del Pd in commissione Bilancio del Senato, Daniele Manca. "E' questo è grave quando siamo in presenza di un decreto, ancora di più con un disegno di legge che non ha urgenza. Sulla legge di bilancio è ancora più grave perché si impedisce a un ramo del Parlamento di poter introdurre modifiche e proposte che avremmo potuto discutere in maniera adeguata". Quello che è emerso oggi "non può andare avanti" ed è "umiliante per il Parlamento e non è utile a maggioranza e governo". "Il merito di questa legge di Bilancio paradossalmente è che esce dalla Camera ancora peggio di come è entrata" aggiunge.
"Le dimissioni del senatore Liris da relatore della legge di bilancio sono una pagliacciata" dicono in una nota congiunta le senatrici di Italia Viva Raffaella Paita, coordinatrice nazionale del partito e componente della Commissione Bilancio del Senato, e Dafne Musolino, componente della Commissione Affari costituzionali di palazzo Madama. "L'ennesima di questa indecorosa pantomima che è stato l'iter della manovra. Una mossa senza precedenti, ma che sa di lacrime di coccodrillo. Se la maggioranza avesse tenuto così tanto alla doppia lettura e alla centralità del parlamento, non si sarebbe fatta umiliare in questo modo dal governo. Troppo facile porre il problema adesso, dopo il suk della Camera e la farsa del Senato".
"Sulla manovra economica siamo alla farsa" afferma il senatore dell'Alleanza Verdi e Sinistra Tino Magni, componente della commissione Bilancio del Senato. "Oggi la commissione Bilancio di palazzo Madama farà finta di esaminare gli emendamenti presentati dai gruppi parlamentari per poi andare in Aula senza nessuna possibilità di cambiare, nessuna possibilità di migliorare, nessuna possibilità di proporre. Tutto deciso e il Senato deve solo ratificare. Ormai siamo alla finta democrazia e allo svilimento del Parlamento. Una commedia sulle spalle degli italiani".
Politica
Report ‘Il club dei milionari’: boom follower...
La panoramica di Arcadiacom.it sull'attività social dei leader politici italiani nel periodo dal 1° gennaio al 27 dicembre 2024
Giorgia Meloni 'regina' di YouTube nel 2024, mentre su Facebook a registrare la migliore performance come crescita di follower è Antonio Tajani. Sono alcuni dei dati emersi dal report "Il Club dei Milionari - Flash Edition" di Arcadiacom.it, che fornisce una panoramica sull'attività social dei leader politici italiani nel periodo dal 1° gennaio al 27 dicembre 2024, analizzata tramite il tool Fanpage Karma.
Per quanto riguarda l'aumento dei 'seguaci' digitali, la presidente del Consiglio ha registrato la miglior percentuale di crescita su YouTube (+427%) e il maggior incremento assoluto su Instagram (+1.197.405 nuovi follower). Il leader dei Verdi e deputato di Avs Angelo Bonelli ha ottenuto la miglior percentuale annuale di nuovi follower su Instagram (+54%) e su X (ex Twitter) (+4,1%); su Facebook, invece, il leader con il miglior incremento percentuale è stato Antonio Tajani (+7,3%).
Il segretario della Lega Matteo Salvini guida la classifica delle interazioni totali su Instagram con oltre 43 milioni, registrando anche il miglior engagement rate annuale su questa piattaforma (5,3%). Il post con più like (ovvero il video-selfie con il primo ministro indiano Modi) è stato pubblicato su Instagram da Giorgia Meloni, raccogliendo 2,8 milioni di apprezzamenti. Sempre Meloni si è distinta su TikTok, dove il suo video più visto ha superato i 14,5 milioni di visualizzazioni: si tratta di una clip nella quale la leader di Fdi assaggia delle ciliegie "varietà Giorgia".
Il report ha analizzato anche la frequenza con cui i leader postano sui social. Carlo Calenda, fondatore di Azione, è stato il leader più prolifico, con 3.100 post pubblicati su X. Matteo Salvini detiene il primato nella pubblicazione di reel su Instagram, che rappresentano il 42,5% dei suoi contenuti. La segretaria dem Elly Schlein vince la classifica dell'engagement su Facebook (1,7%) e su X (1,7%). Riccardo Magi di Più Europa realizza invece la miglior percentuale annuale di engagement su TikTok (5%). Il leader con il sentiment positivo più alto è Antonio Tajani (45% nelle conversazioni digitali). A proposito del coinvolgimento del pubblico, le conversazioni digitali che riguardano Matteo Renzi hanno coinvolto la percentuale più alta di utenti donna (52%), mentre quelle relative a Giuseppe Conte hanno attratto principalmente uomini (60,5%).
Spazio anche ai trend 'curiosi': per esempio, l'emoji più 'cliccata' dagli utenti per commentare i contenuti dei leader del centrodestra è stata la bandiera italiana, mentre la faccina sconvolta è stata la più utilizzata per interagire con gli esponenti del "campo largo". Infine, Giorgia Meloni domina su Whatsapp con 222.906 iscritti al suo canale. Giuseppe Conte risulta l'unico leader attivo sulla piattaforma emergente Bluesky.