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Gaza e il dopoguerra, è scontro aperto nel governo israeliano

Nel mirino dell'estrema destra il ministro della Difesa, Yoav Gallant, e le parole sullo stop a "un governo civile o militare israeliano nella Striscia dopo Hamas". Ben Gvir chiede le dimissioni, la dura replica di Netanyahu. E l'opposizione attacca

Benjamin Netanyahu - Afp

Scontro aperto nel governo israeliano sul post-guerra nella Striscia di Gaza. Nel mirino dell'estrema destra c'è il ministro della Difesa, Yoav Gallant, il quale ha sollevato un caso sostenendo che "non permetterà" che si imponga "un governo civile o militare (israeliano, ndr) a Gaza dopo Hamas". Dichiarazioni che hanno subito fatto scattare il primo ministro, Benjamin Netanyahu, che ha affermato di "non essere pronto a sostituire Hamas con il Fatahstan", riferendosi con quest'ultimo termine a Fatah, il partito di riferimento dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) in Cisgiordania.

"Israele si sta occupando da mesi della questione su chi governerà Gaza dopo Hamas", le parole di Netanyahu in una dichiarazione video, dove ha ribadito che "fino a quando non sarà chiaro che Hamas non governa Gaza militarmente, nessuno sarà pronto ad accettare di governare Gaza per paura per la propria incolumità". Qualsiasi discorso sul "giorno dopo" non avrà senso finché Hamas non sarà sconfitto.

"Non c’è alternativa a una vittoria militare", ha detto ancora Netanyahu. "C’è solo un’alternativa alla vittoria: la sconfitta. Una sconfitta militare e diplomatica, una sconfitta nazionale. E il mio governo non sarà mai d’accordo su questo".

"Il ministro della Difesa Gallant oggi ha annunciato il suo sostegno alla creazione di uno Stato terroristico palestinese come ricompensa a Hamas per il più terribile massacro del popolo ebraico dai tempi dell'Olocausto", la condanna del ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich.

Ad attaccare, quindi, anche il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che ha chiesto le dimissioni del ministro della Difesa, sostenendo che "dal punto di vista di Gallant, non c'è differenza se Gaza è controllata dai soldati delle Idf o se è controllata dagli assassini di Hamas - ha scritto sul social X - Questa è l'essenza della concezione di un ministro della Difesa che ha fallito il 7 ottobre e continua a fallire anche adesso. Un tale ministro della Difesa deve essere sostituito per raggiungere gli obiettivi della guerra".

Il leader dell'opposizione israeliana, Yair Lapid, ha intanto accusato il governo Netanyahu di aver perso il controllo, sottolineando che finché quest'esecutivo sarà al potere Israele non sarà in grado di vincere la guerra contro Hamas. "Il governo ha perso il controllo - ha scritto Lapid sul social X - Ogni giorno a Gaza vengono uccisi soldati e loro litigano in televisione. Il gabinetto non funziona".

Hamas respingerà qualsiasi soluzione per il post-guerra a Gaza che la veda esclusa, ha poi sottolineato il capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, secondo quanto riportano le tv satellitari arabe. Haniyeh ha anche incolpato Israele per lo stallo attuale nei negoziati che dovrebbero portare a un cessate il fuoco e alla liberazione degli ostaggi. Le richieste israeliane di modificare la proposta di cessate il fuoco "hanno portato i negoziati ad un vicolo cieco", ha detto Haniyeh, ribadendo che qualsiasi proposta deve avere come obiettivo finale la fine della guerra a Gaza.

Operazione a Rafah, cosa sta succedendo

I carri armati israeliani si sono intanto spinti nella parte orientale di Rafah, raggiungendo alcuni quartieri residenziali della città di confine meridionale dove più di un milione di persone si sono rifugiate dopo essere state sfollate a causa della guerra contro Hamas.

Gli alleati internazionali di Israele hanno ripetutamente esortato a non effettuare un'incursione di terra nella città dove si trovano i rifugiati, avvertendo di una potenziale catastrofe umanitaria. Tel Aviv dal canto suo afferma che sta agendo per evacuare i civili prima di muoversi in nuove aree. Afferma che un'operazione a Rafah è necessaria come parte del suo sforzo per eliminare i restanti battaglioni operativi di Hamas. Netanyahu ha quindi aggiunto che Israele sta evacuando i civili da Rafah e che finora se ne sono andati quasi in 500.000. "Il disastro umanitario di cui hanno parlato non è avvenuto, né accadrà", ha detto.

In un resoconto delle sue attività, l'Idf ha dichiarato che le sue forze hanno eliminato diverse cellule armate in combattimenti ravvicinati sul lato gazanese del valico di frontiera di Rafah con l'Egitto. Nella parte orientale della città, ha detto, ha anche distrutto cellule di uomini armati e una postazione di lancio da cui venivano sparati missili contro le truppe dell'Idf.

Una delegazione di funzionari israeliani della sicurezza e dell'intelligence guidati dallo Shin Bet si è intanto recata ieri al Cairo per tenere colloqui con funzionari egiziani mirati a risolvere la crisi relativa all'operazione delle Idf e alla chiusura del valico locale, ha riferito sul social X il giornalista Barak Ravid di Axios, citando una fonte israeliana. "Lo scopo dei colloqui al Cairo è quello di allentare le tensioni con l'Egitto e di stabilire rapporti cordiali", ha affermato la fonte.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Zelensky contro Usa, Nato e alleati. Russia esulta:...

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Non solo Alleanza atlantica e Stati Uniti per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino critica anche l'Occidente per la reazione "nulla" all'arrivo delle truppe di Kim. E Mosca attacca

Volodymyr Zelensky - Fotogramma /Ipa

Non solo Nato e Usa per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky critica anche l'Occidente per la non-reazione all'arrivo delle truppe nordcoreane mandate da Kim Jong-un in Russia. Le dure parole del leader di Kiev arrivano in un'intervista rilasciata ai media sudcoreani, colloquio durante il quale ha anche affermato di essere in particolare "sorpreso dal silenzio della Cina" su questo dispiegamento. Pyongyang ha inviato migliaia di militari in Russia: in totale, dovrebbero essere circa 12mila. Le prime unità avrebbero raggiunto la regione russa di Kursk, invasa dalle forze di Kiev all'inizio di agosto, e sarebbero pronte ad entrare in azione.

"Penso che la reazione su questa questione sia stata nulla", ha detto Zelensky, che solo poche ore prima aveva già alzato la voce contro Stati Uniti e Alleanza Atlantica per gli aiuti centellinati e i divieti imposti in una fase decisamente critica del conflitto. Mosca infatti continua intanto a compiere progressi sul fronte nel Donetsk mentre l'esercito di Kiev è surclassato in termini di armamenti.

"Le truppe nordcoreane non hanno ancora iniziato a combattere, ma è questione di giorni, non di mesi", ha poi sottolineato ai media sudcoreani mentre gli Usa parlano di 8mila soldati di Pyongyang già dispiegati a Kursk. "Quando saranno schierati, saranno spinti in prima linea e subiranno pesanti perdite", ha detto ancora il presidente ucraino, secondo cui "la Russia cerca di minimizzare la mobilitazione delle proprie truppe, una questione politicamente delicata per Putin a livello nazionale" perché "danneggia il suo indice di gradimento". Per Zelensky, "la maggioranza" in Russia non sostiene la mobilitazione.

A esultare intanto per l'evidente difficoltà del leader ucraino è, ovviamente, la Russia. Secondo il rappresentante di Mosca presso le Nazioni Unite, Vasili Nebenzia, il “crollo” delle truppe ucraine in prima linea sarebbe infatti dovuto principalmente alla perdita di “ogni legittimità” da parte del presidente Zelensky.

"La ragione principale del crollo delle truppe ucraine in prima linea è che la gente ha semplicemente smesso di credere a quell'ex attore, che già da maggio ha perso ogni legittimità", le parole di Nebenzia in riunione del Consiglio di Sicurezza riprese dalla Tass. Il rappresentante russo ha quindi sottolineato che "anche Washington e i suoi alleati" si sono già resi conto di questa situazione e stanno iniziando a capire che "il problema del regime di Zelensky non è che non ha abbastanza armi e munizioni", ma che ha perso la fiducia della sua stessa popolazione.

La critica e il messaggio agli Usa

"Prima del summit di Washington" a luglio, "i nostri partner hanno detto che non erano pronti ad accogliere l'Ucraina nella Nato ma avrebbero fornito 6 o 7 sistemi di difesa aerea per proteggere i nostri cieli. Non abbiamo ancora ricevuto questi sistemi e abbiamo avuto solo il 10% del pacchetto varato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2014. Non è questione di denaro ma di burocrazia e logistica", aveva detto due giorni fa Zelensky nella sua critica agli Usa.

"Riteniamo che la Russia riceva tra i 10 e 12 miliardi di dollari al mese" tra aiuti e operazioni che sfuggono alle sanzioni. "Se consideriamo il sostegno che l'Ucraina ha ricevuto durante la guerra da tutti i partner, vedrete che è inferiore a quello che ha ricevuto la Russia perché le sanzioni funzionano ma non al 100%", affermava.

C'è un motivo particolare, poi, che induce Zelensky a esprimere una dose di malcontento supplementare. Il New York Times ha diffuso la notizia secondo cui Kiev avrebbe chiesto invano agli Usa la fornitura di missili Tomahawk. "Era un'informazione riservata", spiegava. La richiesta di missili Tomahawk con una gittata di 2.400 chilometri faceva parte del "pacchetto di deterrenza non nucleare" segreto incluso nel piano di vittoria dell'Ucraina.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Harris-Trump, è testa a testa in Georgia e North Carolina:...

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La dem e il tycoon praticamente appaiati nei due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale

Cartelli per Harris e Trump - Fotogramma /Ipa

Kamala Harris e Donald Trump sono praticamente appaiati in Georgia e North Carolina, due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale. E' quanto emerge da nuovi sondaggi condotti da Ssrs per la Cnn, secondo i quali Trump è in vantaggio su Harris 48% a 47% tra i 'probabili elettori' in Georgia, mentre lo scenario si ribalta in North Carolina.

I distacchi tra i due candidati si trovano all'interno del margine di errore e quindi non c'è un chiaro favorito in alcuno dei due Stati. Il North Carolina ha votato repubblicano nelle ultime tre elezioni presidenziali, anche se nel 2020 Trump ha vinto su Biden di poco più di un punto percentuale. Quattro anni fa in Georgia, invece, Biden sconfisse Trump con un margine inferiore a un punto, dando ai democratici la prima vittoria dopo quella di Bill Clinton nel 1992.

Sono intanto oltre 60 milioni gli elettori che hanno già votato in 47 Stati e nel Distretto di Columbia, dove si trova la capitale Washington, riferisce la Cnn, precisando che si tratta di circa il 38% dei circa 158 milioni di voti espressi nel 2020. Secondo l'emittente, 10 Stati hanno già superato il 50% dei voti totali di quattro anni fa, guidati dalla Georgia, dove i voti espressi sono già oltre due terzi.

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Esteri

Netanyahu avverte: “Israele può raggiungere qualsiasi...

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Secondo il NYT per la Guida suprema dell'Iran "non rispondere significa ammettere la sconfitta". Ma arriva l'avvertimento del premier israeliano alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf

Ali Khamenei - Fotogramma

La Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, ha ordinato al Supremo consiglio per la sicurezza nazionale del Paese di prepararsi ad attaccare Israele. Lo ha riferito il New York Times, citando tre funzionari iraniani. Khamenei, scrive il giornale americano, ha preso la decisione dopo aver esaminato un rapporto dettagliato di comandanti militari sull'entità dei danni provocati dal raid israeliano della scorsa settimana alla capacità di produzione missilistica del Paese, ai sistemi di difesa aerea intorno a Teheran, alle infrastrutture energetiche critiche e a un porto situato nel sud.

La portata dell'attacco di Israele e i quattro soldati iraniani uccisi negli attacchi aerei sono "troppo grandi per essere ignorati" e secondo i funzionari citati, "non rispondere significherebbe ammettere la sconfitta".

L'avvertimento di Netanyahu

Ma il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, durante un discorso pronunciato alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf ha messo in guardia: "Oggi Israele ha più libertà di azione in Iran di quanta ne abbia mai avuta" e "può raggiungere qualsiasi luogo in Iran se necessario", ha dichiarato.

"L'obiettivo principale che ho fissato è impedire (che l'Iran si doti di, ndr) armi nucleari", ha osservato Netanyahu, citato dal sito di Haaretz. Il primo ministro ha anche parlato del rapporto tra il suo governo e la Casa Bianca, sostenendo di "apprezzare la politica degli Stati Uniti, ma quando è necessario, dico di no".

Se ci fosse una rappresaglia dell'Iran per l'attacco subito da Israele, gli Stati Uniti sosterranno lo Stato ebraico ha intanto riferito ieri la Casa Bianca, chiedendo a Teheran di non rispondere alla rappresaglia israeliana.

L'intelligence israeliana ritiene intanto che l'Iran si stia preparando ad attaccare lo Stato ebraico dal territorio iracheno nei prossimi giorni, possibilmente prima delle elezioni presidenziali statunitensi in programma il 5 novembre, hanno riferito due fonti israeliane ad Axios, secondo le quali per l'intelligence israeliana l'attacco dovrebbe essere condotto utilizzando un gran numero di droni e missili balistici.

Lanciare un attacco attraverso le milizie filo-iraniane in Iraq e non direttamente dal territorio iraniano - nota il portale di notizie - potrebbe essere un tentativo da parte dell'Iran di evitare un'altra rappresaglia israeliana, la terza, contro obiettivi strategici nella Repubblica islamica.

Idf: abbattuti 2 droni partiti da Iraq

Intant l'Idf fa sapere che sistemi di difesa aerea israeliani hanno abbattuto due droni partiti dall'Iraq, precisando che i due aerei senza pilota sono stati intercettati prima che entrassero nello spazio aereo israeliano e sono stati abbattuti vicino alla zona del Mar Morto.

Iran: "Risposta sarà brutale"

Nonostante l'avvertimento, l'Iran ha avvertito che risponderà in modo “brutale” all'attacco israeliano contro le sue installazioni militari, e Israele “se ne pentirà”, riporta l'agenzia di stampa iraniana Tasnim. “La recente azione del regime sionista, che ha attaccato parti del nostro Paese, è stata un atto disperato, e la Repubblica islamica dell'Iran risponderà in un modo brutale che farà rimpiangere Israele”, le parole di Mohammad Mohammadi Golpayegani, capo dello staff della Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei.

Il Paese risponderà in modo "definitivo e doloroso" probabilmente prima delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ha detto ieri una fonte di alto rango alla Cnn. "La risposta della Repubblica islamica dell'Iran all'aggressione del regime sionista sarà definitiva e dolorosa", ha affermato la fonte. Sebbene la fonte non abbia fornito una data esatta per l'attacco, ha affermato che "probabilmente avverrà prima del giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti".

Tregua in Libano, le condizioni di Netanyahu

Un qualsiasi accordo di cessate il fuoco con Hezbollah ''deve garantire la sicurezza di Israele'', ha detto intanto il primo ministro israeliano durante l'incontro a Gerusalemme con i due inviati degli Stati Uniti per il Medioriente, Amos Hochstein e Brett McGurk.

"Il primo ministro ha chiarito che la questione principale non sono le carte per questo o quell'accordo, ma la determinazione e la capacità di Israele di garantire l'applicazione dell'accordo e di prevenire qualsiasi minaccia alla sua sicurezza da parte del Libano", ha affermato l'ufficio di Netanyahu in una nota al termine delll'incontro.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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