Giornata Internazionale contro l’Omofobia, impatti e risposte in Italia
Nel panorama globale, la lotta contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia non può essere ignorata né minimizzata. Queste forme di discriminazione non solo violano i diritti umani fondamentali, ma hanno anche impatti significativi sul tessuto stesso delle nostre società. Oggi 17 maggio si celebra la Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia (IDAHOBIT – International Day against Homophobia, Biphobia, Transphobia) che non rappresenta solo una celebrazione simbolica, ma costituisce un momento cruciale per riflettere sulle sfide ancora presenti e per rinnovare il nostro impegno per una maggiore tolleranza e inclusione.
L’omofobia e la transfobia non sono semplicemente questioni personali o individuali; esse minano i fondamenti stessi su cui si basa una società civile e progressista. Queste forme di discriminazione non solo danneggiano direttamente le persone LGBTQ+ che ne sono vittime, ma minano anche i valori di uguaglianza e tolleranza su cui dovrebbero essere fondate le nostre comunità.
Dal microcosmo delle relazioni personali al macrocosmo dei contesti lavorativi e istituzionali, l’omofobia, la bifobia e la transfobia persistono come ostacoli significativi sulla strada verso una società veramente inclusiva e rispettosa della diversità. Queste manifestazioni di discriminazione non solo infliggono ferite emotive e psicologiche profonde, ma hanno anche effetti corrosivi sul tessuto sociale, minando la coesione e il benessere di intere comunità.
Definendo le discriminazioni
Definire le discriminazioni è fondamentale per comprendere appieno la complessità delle sfide che affrontano le persone LGBTQ+ nella loro lotta per l’uguaglianza e il rispetto. Questi termini non sono solo etichette; rappresentano le manifestazioni tangibili di pregiudizio e oppressione che molte persone affrontano quotidianamente.
L’omofobia è un termine che descrive la paura, l’odio o la discriminazione rivolta verso le persone lesbiche, gay e bisessuali. Si tratta di una forma di discriminazione che può manifestarsi in vari modi, dall’uso di linguaggio offensivo e stereotipi dannosi, fino a violenze fisiche e discriminazioni istituzionali. L’omofobia crea un clima di intolleranza e ostracismo che può avere gravi conseguenze sul benessere e sulla sicurezza delle persone LGBTQ+.
La bifobia riguarda la discriminazione e il pregiudizio nei confronti delle persone bisessuali. Queste persone sono spesso oggetto di negazione o ignoranza della propria identità sessuale da parte sia della comunità eterosessuale che di quella LGBTQ+. La bifobia può derivare da stereotipi che dipingono le persone bisessuali come indecise o promiscue, contribuendo a un clima di discriminazione e alienazione.
La transfobia è una forma di discriminazione rivolta verso le persone transgender, non binarie o di genere non conforme. Queste persone possono essere soggette a pregiudizi, violenze ed esclusioni basate sulla loro identità di genere. La transfobia può manifestarsi attraverso discriminazioni sul posto di lavoro, accesso limitato ai servizi sanitari, discriminazioni legali e violenze fisiche o verbali.
L’impatto demografico delle discriminazioni LGBTQ+
Le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere non solo minano i diritti umani fondamentali, ma hanno anche un impatto significativo sulle dinamiche demografiche delle comunità e delle società. Le persone LGBTQ+ possono essere soggette a discriminazioni sistematiche e strutturali nel lavoro, nell’accesso ai servizi sanitari e nei contesti sociali, influenzando profondamente le loro decisioni di vita.
Decisioni di vita e famiglia
Le discriminazioni possono influenzare le scelte riguardanti la convivenza, il matrimonio e la genitorialità tra le persone LGBTQ+. La mancanza di protezioni legali e di supporto sociale può ostacolare la formazione di relazioni stabili e la creazione di famiglie, limitando così le opportunità di realizzazione personale e di sviluppo familiare.
Fertilità e natalità
La segregazione e l’isolamento sociale possono anche influenzare la fertilità e la natalità tra le persone LGBTQ+. La mancanza di accesso a servizi di salute riproduttiva adeguati e la discriminazione possono scoraggiare le persone LGBTQ+ dal formare famiglie, limitando così il tasso di natalità all’interno di queste comunità.
Impatti sulla composizione demografica
Queste dinamiche possono avere impatti significativi sulla composizione demografica delle comunità e delle società. La mancanza di inclusione e di supporto può portare a una diminuzione della popolazione LGBTQ+ all’interno di determinate aree geografiche, con possibili conseguenze sulla diversità e sulla ricchezza culturale delle stesse.
Gli stereotipi e l’ignoranza
Le discriminazioni LGBTQ+ sono spesso radicate in stereotipi, ignoranza e rigidità culturale. L’educazione e la consapevolezza sono strumenti cruciali per combatterle, poiché contribuiscono a sfidare i pregiudizi e a promuovere un clima di rispetto e inclusione.
La situazione in Italia
Recenti dati rilasciati da Gay Help Line evidenziano una realtà allarmante riguardante l’omofobia, la bifobia e la transfobia in Italia. Nel corso dell’ultimo anno, su un totale di 21.000 contatti registrati dal servizio su tutto il territorio nazionale, il 53% delle persone ha subito violenze. Questo dato preoccupante conferma che tali forme di discriminazione continuano a crescere, con un impatto sociale negativo significativo sulla comunità LGBTQ+ italiana.
L’Italia si trova al 36º posto su 48 paesi europei monitorati per quanto riguarda la gestione dell’omofobia e della transfobia. I dati indicano che il 36% delle violenze avviene all’interno della famiglia, con una percentuale ancora più alta tra i giovani e gli adolescenti. Il coming out in famiglia ha spesso scatenato reazioni violente, con il 32,3% dei casi segnalati dalla Gay Help Line che hanno visto una risposta aggressiva da parte dei parenti, e il 27% delle vittime sono minori di età compresa tra gli 11 ei 18 anni.
Le violenze familiari contro i minori, in seguito al coming out, sono aumentate fino al 26,7%, mentre nel 27% dei casi sono stati riportati attacchi a coppie dello stesso sesso in luoghi pubblici come i trasporti e i locali della comunità LGBTQ+. Inoltre, il fenomeno delle rapine violente ai danni di ragazzi omosessuali ha visto un aumento significativo, rappresentando il 5,4% dei casi registrati, soprattutto nelle regioni del Lazio e dell’Umbria.
Le risposte delle istituzioni
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato l’importanza dei principi di eguaglianza e non discriminazione sanciti dalla Costituzione italiana, evidenziando la necessità di combattere l’intolleranza e garantire la piena realizzazione di ogni persona umana. Il Capo dello Stato ha ribadito che l’omotransfobia mina la convivenza democratica e ha richiamato l’attenzione sulle violenze e gli atti discriminatori che molte persone LGBTQ+ continuano a subire nel paese. “L’Italia non è immune da episodi di omotransfobia: persone discriminate, schiacciate da pregiudizi, che spesso sfociano in inaccettabili discorsi d’odio, aggredite verbalmente e fisicamente. Non è possibile accettare di rassegnarsi alla brutalità. La violenza dei giudizi, di cui tanti cittadini sono vittime solo per il proprio orientamento sessuale, rappresenta un’offesa per l’intera collettività” ha dichiarato il Presidente della Repubblica in occasione della Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Transfobia e la Bifobia.
“L’impegno delle Istituzioni deve essere orientato a fornire, soprattutto alle nuove generazioni, gli strumenti per comprendere le diversità delle esistenze e delle diverse esperienze umane, per una società inclusiva e rispettosa delle identità“, conclude il Capo dello Stato nel suo messaggio.
La premier Giorgia Meloni ha sottolineato l’impegno del governo nel contrastare ogni forma di discriminazione, violenza e intolleranza, assicurando il supporto alle vittime e la promozione di una società inclusiva e rispettosa delle identità. Meloni ha inoltre evidenziato l’importanza di mantenere alta l’attenzione sulle persecuzioni e gli abusi legati all’orientamento sessuale anche a livello internazionale, ribadendo il ruolo dell’Italia nel combattere queste ingiustizie: “Discriminazioni e violenze inaccettabili, che ledono la dignità delle persone e sulle quali i riflettori non devono mai spegnersi. Anche su questo fronte, il governo è, e sarà, sempre in prima linea“.
La Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia è molto più di una celebrazione simbolica; è un richiamo all’azione per affrontare le ingiustizie e promuovere la tolleranza e l’inclusione. L’omofobia, la bifobia e la transfobia non solo minano i diritti umani fondamentali, ma hanno anche impatti significativi sulle dinamiche demografiche e sociali.
Affrontare queste forme di discriminazione è essenziale per costruire un mondo in cui ogni individuo possa vivere pienamente e autenticamente, contribuendo così a una società più equa, prospera e sostenibile per le generazioni presenti e future.
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Tutti i vantaggi dell’allattamento al seno per il bambino e...
L’allattamento al seno è uno dei gesti più naturali e vitali che una madre possa fare per il suo bambino. Non solo fornisce i nutrienti essenziali per una crescita sana, ma diventa anche un momento di connessione profonda tra madre e figlio. Il latte materno è un vero e proprio elisir di vita, ricco di sostanze bioattive che proteggono il neonato dalle malattie e ne stimolano lo sviluppo fisico e psicologico.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il latte materno è la scelta migliore per il benessere del neonato. Raccomanda che il bambino venga alimentato esclusivamente con latte materno per i primi sei mesi di vita, per poi continuare anche dopo l’introduzione di alimenti complementari, fino ai due anni di età o oltre, secondo il desiderio della madre e del bambino. Ma perché è così fondamentale?
I benefici per il bambino
Il latte materno è un alimento completo che contiene tutti i nutrienti essenziali per la crescita sana del neonato. “Acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro e sostanze bioattive: il latte materno è una vera e propria medicina naturale”, spiega il dottor Marco Grassi, ginecologo presso l’ospedale ‘C. e G. Mazzoni’ di Ascoli Piceno. Ma non è solo una questione di nutrizione. “L’allattamento stimola anche lo sviluppo psicomotorio e intestinale del bambino e protegge dalla comparsa di patologie come obesità, diabete di tipo 2 e disturbi gastrointestinali”, aggiunge Grassi. I bambini allattati al seno, infatti, corrono meno rischi di contrarre infezioni come diarrea, vomito e otiti, oltre a sviluppare una maggiore resistenza ai virus.
La ricerca ha dimostrato che l’allattamento favorisce anche l’acquisizione di nuove abitudini alimentari, poiché i bambini che ricevono il latte materno sono più disposti a esplorare nuovi cibi e sapori. Eppure, gli effetti positivi non si limitano alla salute fisica: il legame emotivo che si crea tra madre e figlio durante l’allattamento è profondo e fondamentale per il benessere psicologico del bambino.
I benefici per la madre
Ma l’allattamento non è solo un beneficio per il bambino. Anche la mamma raccoglie i frutti di questo legame speciale. “Oltre a favorire una ripresa più rapida dopo il parto grazie all’ossitocina, che accelera il recupero fisico, l’allattamento aiuta la mamma a tornare in forma, contribuendo alla perdita del peso accumulato durante la gravidanza”, spiega Grassi. Ma i vantaggi non finiscono qui: l’allattamento riduce anche il rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e osteoporosi.
Inoltre, l’allattamento al seno ha effetti positivi sul piano psicologico della madre. La produzione di ossitocina durante l’allattamento non solo favorisce l’attaccamento al bambino, ma aiuta anche a combattere la depressione post-partum, migliorando l’autostima della madre. Un gesto che, oltre a nutrire, nutre anche il cuore della mamma.
Quando l’allattamento non è possibile
Non sempre l’allattamento al seno è possibile. In alcuni casi, per motivi di salute o altre difficoltà, le madri potrebbero non essere in grado di allattare. In questi casi, è essenziale che la mamma riceva informazioni adeguate e supporto per prendere la decisione migliore per la salute del suo bambino. “La consapevolezza è fondamentale. La scelta di allattare al seno o meno deve essere fatta nel rispetto delle condizioni di salute della madre e del neonato”, sottolinea il dottor Grassi.
Come allattare correttamente: i consigli dell’esperto
Per godere appieno dei benefici dell’allattamento, è importante seguire alcune semplici regole. “Allattare ‘a richiesta’ è fondamentale, poiché il neonato ha bisogno di poppare tra le 8 e le 14 volte al giorno nei primi mesi. È il bambino che stabilisce il ritmo della poppata”, consiglia Grassi.
Anche la posizione e l’attacco sono cruciali per evitare fastidi come dolori ai capezzoli o mastite. “Una corretta postura aiuta a prevenire questi inconvenienti, e non c’è un tempo fisso per ogni poppata, è il bambino che decide quando ha mangiato abbastanza”, spiega il ginecologo. L’allattamento esclusivo al seno è altrettanto importante nei primi sei mesi, anche per l’idratazione: quando ha sete, il bambino si attacca al seno e riceve anche acqua.
Infine, è meglio evitare l’uso di tettarelle e biberon nei primi mesi, poiché potrebbero interferire con l’allattamento naturale e compromettere l’attacco del bambino al seno. E non c’è bisogno di lavare il seno dopo ogni poppata, poiché le ghiandole dell’areola provvedono già a una pulizia naturale.
In definitiva, l’allattamento al seno è una delle esperienze più belle e benefiche per la salute del bambino e della madre. “Nonostante le difficoltà iniziali che alcune donne possono affrontare, con il giusto supporto e le informazioni adeguate, l’allattamento è un’esperienza che, oltre a essere nutriente, è estremamente gratificante”, conclude il dottor Marco Grassi. Un gesto che unisce, nutre e protegge, creando un legame che dura tutta la vita.
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“Motivi comprensibili”, niente ergastolo per doppio...
Un verdetto che lascia il paese intero attonito, una sentenza che sta scuotendo la coscienza collettiva: la Corte d’Assise di Modena ha condannato Salvatore Montefusco a 30 anni di reclusione, e non all’ergastolo come richiesto dalla Procura, per il duplice omicidio di Gabriela Trandafir e di sua figlia Renata, uccise a fucilate il 13 giugno 2022 a Castelfranco Emilia. La motivazione che ha scatenato il dibattito politico e sociale è quella della “comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il reato“, un concetto che ha suscitato indignazione tra le vittime e in ampi settori della politica.
Una sentenza che scuote
Il caso di Gabriela Trandafir e della figlia Renata ha sollevato un velo doloroso su una realtà che, purtroppo, continua a essere troppo spesso invisibile: la violenza di genere. La sentenza, emessa dalla Corte d’Assise di Modena, ha condannato Montefusco, un uomo di 70 anni, per aver ucciso la sua compagna e la figlia di lei. Sebbene l’imputato avesse collaborato con la giustizia, le attenuanti generiche, tra cui la confessione e l’atteggiamento collaborativo, sono state considerate in modo tale da ridurre la pena da quella che la Procura avrebbe voluto, ovvero l’ergastolo, a una condanna di 30 anni di carcere.
Barbara Iannuccelli, avvocata che assiste la famiglia delle vittime, ha definito la decisione “un messaggio grave”, affermando che tale sentenza rappresenta un segnale pericoloso nella lotta contro il femminicidio e la violenza di genere. Le sue parole, cariche di incredulità, riflettono la delusione per una decisione che considera in modo disgiunto le circostanze emotive dell’assassino rispetto alla brutalità del crimine stesso. “Questa sentenza ci riporta indietro nel tempo, quando omicidi di questo tipo venivano giustificati con la gelosia o le difficoltà familiari. Il messaggio che passa è grave: legittimiamo l’idea che in una situazione conflittuale, un uomo possa eliminare il problema a colpi di fucile”, ha dichiarato l’avvocato, che ha aggiunto come il testimone diretto, il figlio della vittima, avesse fornito una testimonianza cruciale nel processo.
Il caso ricorda la sentenza emessa nel 2016, che riguardava l’omicidio di Olga Matei, quando la corte d’appello aveva ridotto la pena per l’assassino, ritenuto in preda a una “tempesta emotiva” dovuta alla gelosia. Anche in quel caso, l’elemento umano, la comprensione dei motivi che avevano spinto l’autore al crimine, era stato preso in considerazione, creando un precedente che ha suscitato ampie polemiche.
Un messaggio che non può passare inosservato
L’incredulità di Iannuccelli è condivisa da numerosi esponenti politici, che non hanno mancato di esprimere il loro disappunto per la decisione dei giudici. Il ministro per gli affari regionali, Roberto Calderoli, ha commentato: “Non capisco come possano esserci motivi ‘umanamente comprensibili’ per uccidere a fucilate due donne. Come è possibile giustificare un atto così crudele? Non ho parole.” Calderoli ha aggiunto che, sebbene trent’anni o l’ergastolo possano apparire simili in pratica, è la motivazione dietro la pena a destare preoccupazione.
Anche il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha espresso forti perplessità sulla sentenza. “Se ciò che emerge dagli stralci pubblicati fosse confermato, la decisione conterrebbe elementi discutibili e certamente preoccupanti che rischierebbero di produrre un arretramento nella lotta contro i femminicidi e la violenza maschile sulle donne”, ha dichiarato. Secondo Roccella, il problema non è la pena inflitta, ma il ragionamento alla base della decisione: “Colpisce il principio secondo cui ‘la situazione familiare’ avrebbe ‘indotto’ l’imputato a compiere il tragico gesto, rendendo ‘umanamente comprensibili’ i motivi del reato. È un nesso causale pericoloso che potrebbe minare lo sforzo di cambiamento culturale contro la violenza di genere”.
La deputata del PD, Ilenia Malavasi, ha definito la sentenza “un insulto alle donne” e ha accusato i giudici di aver dato troppa importanza alle attenuanti, minimizzando le circostanze aggravanti del crimine. “Questa è la risposta che la giustizia dà alla violenza di genere? Un giudizio che riduce un duplice femminicidio a una mera conflittualità familiare? Un messaggio che rischia di legittimare la violenza maschile contro le donne”, ha detto la Malavasi, criticando l’uso di espressioni che sembrano avallare la cultura patriarcale e la giustificazione di atti violenti.
Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, ha rincarato la dose, affermando che le motivazioni della sentenza rappresentano “un pericoloso precedente” nel contrasto alla violenza di genere. “C’è ancora molto lavoro da fare per abbattere la cultura patriarcale che emerge anche nei tribunali”, ha commentato, sottolineando come una tale giustificazione possa alimentare la percezione che gli uomini possano risolvere i conflitti con la violenza.
Le critiche politiche e le richieste di cambiamento
La politica, nel suo complesso, ha risposto a questa sentenza con un coro di proteste che non lascia spazio a interpretazioni. Il Movimento 5 Stelle, attraverso la deputata Stefania Ascari, ha espresso il suo profondo turbamento per le motivazioni adottate dalla Corte d’Assise di Modena. Secondo Ascari, la giustificazione di un omicidio sulla base di “forti conflitti familiari” e di una condizione psicologica di “profondo disagio” è una riduzione inaccettabile della violenza di genere. “Queste motivazioni evidenziano le criticità di un sistema giudiziario che tende a giustificare la violenza e che non riesce a comprendere la gravità del fenomeno”, ha detto Ascari, chiedendo un cambiamento radicale nella formazione dei magistrati, degli avvocati e di tutti gli operatori del sistema giudiziario.
In una nota congiunta, le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere hanno sottolineato come la decisione della Corte di Assise di Modena rappresenti “un passo indietro”, soprattutto alla luce dei progressi ottenuti con le battaglie delle donne. “Questa sentenza riduce l’assassinio di due donne a un conflitto familiare”, hanno commentato le parlamentari, sollecitando la necessità di un’educazione giuridica che affronti il problema della violenza maschile contro le donne.
Anche Ilenia Malavasi, deputata del PD, ha espresso forti preoccupazioni, denunciando come il linguaggio utilizzato nella sentenza possa portare alla riabilitazione del vecchio delitto d’onore sotto nuove vesti. “Se le motivazioni della Corte non vengono correttamente interpretate e messe in discussione, rischiamo di legittimare la violenza e di dare spazio a giustificazioni che non hanno fondamento”, ha dichiarato.
Un’analisi che va oltre la sentenza
La sentenza della Corte di Assise di Modena, purtroppo, non è un caso isolato. Negli ultimi anni, si sono susseguite decisioni che hanno sollevato interrogativi sulle reali intenzioni della giustizia nel contrastare il femminicidio e la violenza di genere. La tendenza a considerare le dinamiche familiari e i conflitti come attenuanti in omicidi di questo tipo è un tema che continua a riaffiorare nelle aule di tribunale, minando la percezione di equità e giustizia per le donne.
Le critiche al sistema giudiziario sono rivolte soprattutto alla sua incapacità di trattare la violenza di genere con la necessaria severità. Le legislazioni più recenti, che hanno cercato di rafforzare la protezione delle donne, sembrano spesso non essere supportate da un’efficace interpretazione giuridica. “Le parole giuste sono fondamentali per cambiare la cultura della violenza”, ha detto Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva, sottolineando come il linguaggio giuridico possa perpetuare pregiudizi che vanno a minare gli sforzi per superare la cultura patriarcale.
La decisione della Corte d’Assise di Modena non è solo una questione giuridica, ma anche un problema sociale. “Le motivazioni di questa sentenza rischiano di far riemergere il delitto d’onore sotto nuove vesti”, ha dichiarato Mara Carfagna, deputata di Noi Moderati. Secondo Carfagna, l’idea che ci possano essere motivi “comprensibili” per un femminicidio mina le fondamenta di una società che dovrebbe invece proteggere le vittime e condannare senza esitazioni i colpevoli.
Le parole della sorella di Gabriela Trandafir, “l’ergastolo è per noi”, riassumono il dolore e l’amarezza di chi resta. Per i familiari delle vittime, questa sentenza rappresenta una sconfitta, non solo personale ma collettiva. È il fallimento di un sistema che, invece di tutelare le donne, sembra giustificare chi le uccide.
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Bambino inquadrato allo stadio, la scuola gli annulla la...
Antonio Gramsci diceva che “Il calcio è il regno della lealtà umana esercitata all’aria aperta”. Ecco, proprio l’area aperta, unita alle telecamere della televisione, ha incasinato Sammy, il giovanissimo tifoso del Newcastle che aveva saltato la scuola per andare a seguire in trasferta la propria squadra del cuore.
Non che lui se ne fosse fatto un problema, mentre celebrava a pugni chiusi e con un grande sorriso la vittoria dei Magpies a danno dell’Arsenal durante la semifinale di andata della Carabao Cup. La sua esultanza, però, è stata trasmessa in diretta televisiva e così la giustificazione apportata alla sua assenza non è stata ritenuta valida dalla scuola che ha scritto ai genitori del piccolo, presenti con lui allo stadio.
La lettera della scuola ai genitori
“Gentili genitori, vi informiamo che l’assenza di Sammy per martedì 7 gennaio 2025 sarà ora classificata come non autorizzata a causa della copertura mediatica che lo mostrava ad una partita di calcio a Londra. Non esitate a contattarci se desiderate discutere ulteriormente questo argomento”, ha scritto la scuola.
Dopo la partita, la pagina Facebook di Away Day Tours ha condiviso un’immagine di Sammy, colto in un momento di festa durante la trasmissione dal vivo, con la didascalia scherzosa che ha attirato l’attenzione di innumerevoli tifosi: “Questo giovane è stato colto a festeggiare la straordinaria vittoria del Newcastle sull’Arsenal. Ha saltato la scuola quel giorno, portando la sua famiglia a ricevere la seguente e-mail. Momenti come questi sono ciò che il calcio rappresenta. E diciamocelo, era un viaggio di geografia!”
Incluso nel post c’era lo screenshot di un’email inviata dalla scuola ai genitori di Sammy.
Le assenze in Inghilterra
Il riferimento “alla lezione di geografia” ha convinto i tifosi a schierarsi dalla parte del piccolo tifoso e della sua famiglia, ma perché l’assenza risulta ingiustificata anche se i genitori ne erano a conoscenza?
Alla base c’è una diversa disciplina della presenza scolastica. In Inghilterra, le assenze non giustificate da scuola possono comportare sanzioni pecuniarie per i genitori. Questo sistema di multe è stato implementato per incentivare la frequenza scolastica regolare e contrastare il fenomeno dell’abbandono o del disinteresse verso la scuola, aumentato considerevolmente dopo la pandemia.
Se un bambino salta la scuola senza l’autorizzazione del dirigente scolastico per almeno cinque giorni, i genitori possono ricevere una multa di £80. Se la multa non viene pagata entro 21 giorni, l’importo raddoppia a £160.
Se un genitore riceve una seconda multa per lo stesso bambino entro un periodo di tre anni, l’importo della multa sarà immediatamente di £160. Dopo la terza infrazione, le autorità possono considerare azioni legali alternative, che potrebbero includere procedimenti penali.
L’intento del governo è quello di promuovere una frequenza scolastica regolare e affrontare le disparità nelle politiche di sanzione tra diverse autorità locali. Nel 2022-2023, sono state emesse quasi 400.000 multe per assenze non autorizzate, con una prevalenza di casi legati a famiglie che prenotano vacanze durante il periodo scolastico.
Confronto con altri Paesi
In altri paesi europei, come la Francia e la Germania, esistono normative simili:
- Francia: I genitori possono essere multati fino a €1.500 per aver portato i figli in vacanza durante il periodo scolastico senza autorizzazione del dirigente scolastico;
- Germania: Le multe variano a seconda dello stato federale e possono arrivare fino a €1.000. Le autorità possono anche segnalare i genitori alla polizia per infrazioni ripetute.
Vista l’assenza di un solo giorno, comunque, nessuna conseguenza grave per Sammy. Anzi, un po’ di notorietà e il sorriso per la vittoria dei Magpies, che hanno battuto per 2-0 l’Arsenal e si preparano con più calma alla gara di ritorno del 5 febbraio al St. James’ Park.